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Daniele V. Morrone

Marsiglia per De Zerbi è il banco di prova

In Francia sarà la sfida più grande della sua carriera finora.

“Sono molto felice di approdare all’Olympique Marsiglia, sentivo un desiderio fortissimo di approdare a questo club. Non vedo l’ora di sedermi sulla panchina del Vélodrome ​​e aiutare il club a riconquistare il posto a cui il Marsiglia appartiene”. Con queste parole, probabilmente scritte dall’ufficio stampa del club, è stato ufficializzato l’inizio dell’avventura di Roberto De Zerbi a Marsiglia.

 

La strada che lo ha portato nel sud della Francia è stata lunga e complicata. Fino a metà giugno l’OM sembrava aver puntato su Sergio Conceição, che negli ultimi anni ha fatto benissimo col Porto, ma nel giro di pochi giorni il suo annuncio è sfumato, e il club francese ha deciso di virare su De Zerbi. L’allenatore italiano si era separato dal Brighton un mese prima, dopo diversi contrasti sulla strategia di mercato adottata dal club inglese. Lo scorso mercato di gennaio, in particolare, aveva aperto una frattura insanabile tra De Zerbi e Tony Bloom, il presidente del Brighton. La squadra aveva fuori per infortunio giocatori chiave come Kaoru Mitoma, Solly March e Pervis Estupiñán e il mercato ha portato solo Valentín Barco, terzino sinistro di 19 anni, e Adrian Mazilu, ala destra di 18 anni. Già l’estate precedente De Zerbi aveva chiesto gli acquisti a centrocampo di Mohammed Kudus e Fred per sopperire alle partenze di MacCallister e Caicedo verso Liverpool e Chelsea, ma la dirigenza ha preferito prendere gratuitamente James Milner e Mahmoud Dahoud, e poi investire sul diciannovenne Carlos Baleba del Lille.

 

Nel girone di ritorno, con due competizioni in ballo, il Brighton è passato dall’ottavo posto di gennaio all’undicesimo finale, vincendo solo quattro partite di Premier e uscendo male dall’Europa League contro la Roma. Dopo l’eliminazione, le parole di De Zerbi sono frecce conficcate sulla figura di Bloom: «Credo che questa serata sarà d’insegnamento per tutto il club. A partire dal presidente… Era anche la prima volta che lui affrontava questa competizione, quindi migliorerà anche in futuro nell’organizzare tutto ciò di cui la squadra ha bisogno per essere migliore». Non è un caso, insomma, se il divorzio è arrivato nel momento di pianificare la nuova stagione, mentre varie grandi panchine europee stavano cambiando allenatore. Le ambizioni del tecnico e della squadra erano divergenti: mentre De Zerbi sentiva di voler fare un passo in più nella sua carriera, il Brighton voleva prima stabilizzarsi a metà classifica.

 

In queste due stagioni abbiamo visto tutte le potenzialità e i limiti del Brighton di De Zerbi. Una squadra con una proposta di gioco tra le più interessanti d’Europa, che in buona giornata può battere chiunque, ma che allo stesso tempo sembrava molto fragile, e con la giornata storta poteva prendere imbarcate imbarazzanti. Anche la scorsa stagione, non esaltante appunto, ha mostrato delle luci. Il tecnico bresciano ha un carattere spigoloso davanti ai microfoni, ma grazie alla sua esperienza in Premier ormai è riconosciuto come un tecnico all’avanguardia e dal gioco riconoscibile. Nell’ultima stagione il lavoro di De Zerbi ha ricevuto anche la canonica benedizione di Pep Guardiola, il tiranno illuminato della Premier League: «È un allenatore coraggioso, non gli interessa chi è l’avversario. Ha una costruzione dal basso fantastica, tra le migliori che abbia mai visto. È una persona perfetta per il calcio, ha idee chiare: ha fatto bene in Italia e in Ucraina, ha avuto tanti problemi in questa stagione tra infortuni e cessioni, ma il suo modo di giocare è sempre molto riconoscibile. Sono un suo grandissimo fan e mi piace tantissimo guardare il suo Brighton».

 

Negli ultimi mesi De Zerbi era stato accostato anche alle panchine di Barcellona, Bayern Monaco, Milan, Chelsea e Manchester United. Il domino degli allenatori ha fatto sì, però, che, nel momento in cui ha annunciato che avrebbe lasciato il Brighton, le panchine a cui poteva ambire sono diventate solo le due della Premier League. Poi il Chelsea ha scelto Enzo Maresca e l’unica panchina rimasta era quella del Manchester United, con cui De Zerbi ha anche avuto un colloquio. I “Red Devils”, però, hanno confermato di non voler esonerare Erik ten Hag.

 

De Zerbi poteva a questo punto mettersi sulla riva del fiume ad aspettare, guardare la corrente che scorre e trovarsi davanti la prima occasione giusta a stagione in corso. Magari sarebbe arrivato il cadavere di Paulo Fonseca, che al Milan è posto di fronte a una sfida difficile, o magari proprio quello di Erik ten Hag, che al Manchester United non sembra mai solidissimo. Per certi versi andare a Marsiglia è una soluzione di ripiego, che gli permette però di iniziare con la preparazione della squadra e impostare il suo lavoro da subito. Tra De Zerbi e il Marsiglia, poi, il corteggiamento andava avanti da tempo. È però una scelta coraggiosa, che non può essere sottovalutata o sminuita, spiegheremo perché.

 

Su richiesta di De Zerbi la squadra non lascerà la Francia e si allenerà in casa.

 

Già dopo aver lasciato l’Ucraina nel 2022 c’erano stati contatti tra il club e l’allenatore. «Sì, è vero, c’era la possibilità di venire qui e per me era una soluzione da sogno, ma non abbiamo trovato un accordo», ha detto De Zerbi quando il Brighton è andato a giocare a Marsiglia la scorsa stagione per l’Europa League, «Mi è dispiaciuto, perché lo stadio e questi tifosi sarebbero stati una grande motivazione per me. Il club mi ricorda un po’ il Napoli quando ero lì come giocatore, in termini di passione».

 

La dirigenza dell’OM oggi comprende lo spagnolo Pablo Longoria, che è stato per anni osservatore in Serie A, e Mehdi Benatia – sì, esatto, proprio quel Mehdi Benatia. In concomitanza con l’arrivo di De Zerbi è stato fatto arrivare anche Giovanni Rossi, l’ex direttore sportivo del Sassuolo dal 2018 al 2021, per fare da figura di raccordo tra la dirigenza e l’allenatore. La scelta di puntare su di lui, insomma, non sembra improvvisata, e il Marsiglia sembra consapevole dei rischi.

 

L’accordo è per un contratto triennale (da 6 milioni lordi a stagione) che, per chi conosce la storia del Marsiglia, sa che è solo una formalità. All’OM l’allenatore è continuamente sotto esame e basta un filotto negativo per far saltare la panchina. L’ambiente è esigente e incendiario da sempre e le dirigenze che si sono susseguite negli ultimi anni si sono dimostrate ambiziose ma confusionarie, forse proprio a causa della pressione che le circonda. Nelle ultime quattro stagioni il Marsiglia ha cambiato otto allenatori, e solo due di questi hanno completato una stagione (Sampaoli e Tudor). In questo periodo ha chiuso due volte al secondo posto, una volta al terzo, uno al quinto e nell’ultima stagione all’ottavo, un piazzamento umiliante (26 punti dietro al PSG campione e solo 21 sopra il Metz terzultimo) e che lo tiene fuori dall’Europa. Il miglior giocatore della stagione è stato il 37enne Aubameyang con i suoi 17 gol. Nessun altro ha segnato più di 3 gol. Non è stato un periodo del tutto negativo, insomma, anche se forse pesa a Marsiglia il fatto che le rare volte in cui il PSG ha mancato l’appuntamento con il titolo nazionale a presentarsi sono state altre squadre (il Lille nel 2021 e il Monaco nel 2017). 

 

Probabilmente la squadra verrà profondamente rinnovata. Il primo acquisto è stato ufficializzato poco dopo l’arrivo di De Zerbi: è Ismaël Koné, centrocampista canadese 22enne preso dal Watford. A breve dovrebbe arrivare anche la chiusura per il difensore 24enne Lilian Brassier del Brest. Tra gli obiettivi principali ora c’è il trequartista argentino diciannovenne Valentin Carboni dell’Inter, forse una richiesta proprio di De Zerbi. L’idea almeno per la prima stagione sembra quella di creare una base giovane e puntare sulla capacità di far crescere il talento di De Zerbi in vista del futuro.

 

I quattro membri italiani dello staff che De Zerbi ha portato con sé anche a Marsiglia.

 

Per De Zerbi è la quarta squadra diversa nelle ultime sei stagioni, il quarto Paese diverso in cui allena. A Marsiglia riuscirà a trovare un po’ di pace? Certo, la vita a Marsiglia per chi sta bene economicamente ha pochi paragoni. Una città viva, col clima mite, il mare Mediterraneo davanti e tutta la Francia alle spalle, le isole proprio davanti al porto per chi ama la barca, o a pochi minuti di macchina le scogliere del parco delle Calanques e poi Tolone e ancora la riviera francese continuando verso est, oppure la foce del Rodano e il parco della Camargue andando invece verso ovest, a nord si sale per il montagnoso entroterra della Provenza. Marsiglia è una città da sempre accogliente verso gli italiani, con le diverse ondate di immigrazione partite fin dal XIX secolo. Certo, De Zerbi non sarà un italiano come gli altri.

 

Marsiglia è una città che respira calcio, con una passione non paragonabile con qualunque altra piazza francese, e forse anche europea, e la squadra rappresenta una parte integrante dell’immaginario della città stessa. Lo stemma è ovunque, il tifo per la squadra rappresenta l’identità del cittadino marsigliese. L’atmosfera dello stadio Velodrome in festa è una delle meraviglie del calcio moderno, ma anche fuori da Marsiglia l’OM è una squadra seguitissima, si contano in almeno una decina di milioni i tifosi in tutta la Francia. L’OM non ha il peso politico del PSG, ma è la seconda squadra più importante della Ligue 1, il suo rivale perenne anche nel rapporto tra la capitale e le sue province, che in Francia è un tema praticamente da sempre.

 

Per tutto questo oltre ad essere una delle più titolate (ad oggi è ancora l’unica francese ad aver vinto una Champions League), è una squadra che necessariamente parte ogni stagione con l’obiettivo di lottare per il titolo (reale o solo come desiderio astratto) e fare bella figura in Europa. Certo, ormai raramente ci riesce e da anni ormai è considerata un gigante dormiente del calcio europeo. Che poi dormiente fino a un certo punto, se pensiamo a tutti gli allenatori che sono stati bruciati nel tentativo di svegliarlo. Da questo punto di vista, De Zerbi non arriva da una stagione così positiva da poter essere considerato il salvatore della patria. 



«Il Brighton dove si è classificato in campionato la scorsa stagione? Era dietro a tutte le grandi squadre. È come il Reims. Ben fatto. Questo è il suo livello. Prima era al Sassuolo, ha fatto un solo anno allo Shakhtar Donetsk. Non ho nulla contro il fatto che sia italiano. Si è reso conto che l’anno prossimo sarebbe arrivato quindicesimo al Brighton e per questo se n’è andato, ma non dico che non sia un buon allenatore». Le parole di Raymond Domenech a L’Équipe intercettano il sentimento di chi è scettico per l’arrivo di De Zerbi a Marsiglia. D’altra parte, per l’allenatore italiano l’OM è effettivamente un cambio di paradigma: la sua carriera finora è passata per piazze che o avevano una tifoseria organizzata assente o non avevano ambizioni da grande squadra. Pensiamo, in Italia, al Foggia in Serie C, o a un Palermo e un Benevento in caduta libera in Serie A. Poi il Sassuolo, in cui la piccola base di tifo si legava anche un’ambizione di metà classifica, e lo stesso si può dire per il Brighton.



Anche la parentesi ucraina nello Shakhtar è stata particolare. La squadra giocava infatti lontano dalla sua città per via di una guerra decennale e l’esperienza è stata interrotta per via dell’invasione russa. Il passaggio al Brighton aveva senso e per lui può dirsi sostanzialmente positivo per la vetrina internazionale che ha portato in dote. Ma il lavoro non era così dissimile da quello fatto a Sassuolo: portare una squadra senza pressioni ambientali a stabilizzarsi nella metà della classifica, magari riuscendo a qualificarsi a una coppa europea, sviluppando giocatori da rivendere in estate. Ora De Zerbi si ritrova in un mare completamente sconosciuto.



In Francia, per questioni di disparità di risorse economiche e quindi di qualità nella rosa, pensare di arrivare sopra il PSG su 34 giornate di campionato è quasi sempre un miraggio. Certo, i tifosi non sono stupidi, e a De Zerbi basterà raggiungere (almeno inizialmente) una sensazione di competitività, più che la vittoria del campionato. Lavorare per riuscire a riportare l’OM ad avvicinarsi al PSG sarà difficile ma per De Zerbi sarà un viatico fondamentale per approdare a una panchina di una squadra che è “costretta” a vincere ogni stagione. Una piazza, quindi, dove non basta piazzarsi bene giocando un bel calcio per chiudere la stagione con un giudizio positivo. Ha scritto Andy Naylor su The Athletic: “Il risultato dell’esperienza nel sud della Francia determinerà se De Zerbi verrà ingaggiato da un club veramente d’élite o se sarà destinato a continuare ad allenare a un livello leggermente inferiore”. Per questo Marsiglia è di gran lunga la sfida più grande mai affrontata in carriera. Una scelta scomoda, in cui De Zerbi non è subito passato “all’incasso” ma ha deciso di mettersi alla prova in un contesto profondamente diverso dai precedenti, e nel quale il rischio di bruciarsi è molto alto. Con la scelta di accettare l’OM De Zerbi, insomma, si è dimostrato diverso da come lo vuole la narrazione che lo accompagna, specie in Italia.

 

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Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987, per l'Ultimo Uomo scrive di calcio e basket. Cruyffista e socio del Barcellona, guarda forse troppe partite dell'Arsenal.