Il nome completo di Mattéo Guendouzi è Mattéo Elias Kenzo Guendouzi Olié, e quando è comparso nel 2018 sui campi inglesi sembrava fuori posto. Gambe lunghe da modella, occhi color nocciola, ricci minuti come il pelo di un lagotto lunghi fin quasi al sedere. Si muoveva con grazia e leggerezza dentro la maglia bianca e rossa, ma sembrava arrivato in ritardo.
Sarebbe stato l’acquisto perfetto di Arsene Wenger, il giocatore dell’Arsenal ideale 1996-2010, quando a Londra arrivavano acerbi giocatorini francesi che sui campi piovosi parevano tanti Timothée Chalamet in quel film in cui interpreta un principe medievale. Giocatori così carini che sporcarli era un peccato. Quando è arrivato Guendouzi, però, Wenger era già andato via dall’Arsenal, in panchina c’era Emery, il calcio inglese era ormai completamente continentalizzato e certi centrocampisti eleganti non sembravano avere un granché senso. Guendouzi era in un certo senso il prodotto di quell’Arsenal. Cresciuto nella periferia parigina da genitori emigrati dal Marocco, da bambino guardava con suo padre le partite dell’Arsenal degli invincibili: la classe di Thierry Henry, soprattutto il carisma assertivo di Patrick Vieira.
Arrivato in Inghilterra dopo una stagione da rivelazione con la maglia del Lorient, avevamo frainteso Guendouzi: non è un giocatore tecnico e raffinato, ma uno a cui piace la guerra. O meglio, è entrambe le cose.
Arrivato all’Arsenal, Guendouzi cerca di rigare dritto. Viene dalla seconda serie francese, ma Emery lo mette subito titolare, ci crede tanto, e Guendouzi - che non ha mai difettato in fiducia in sé stesso - si mette a dirigere le operazioni al centro del campo con un talento e una maturità notevoli. In quell’Arsenal un po’ scalcagnato, è una delle cose più positive, con le sue corse ondeggianti, le conduzioni palla fatte per bene e un’attitudine guerriera che non si vedeva da un po’ nell’Arsenal, squadra svampita se ce n’è una. Quando prende un cartellino rosso in Carabao Cup, contro il Blackpool, il confine tra tensione agonistica e vera, autentica, rabbia, pare ancora in controllo. Secondo Emery, Guendouzi gioca «con spirito, ma non penso abbia perso il controllo». In quel momento Guendouzi ci mostrava solo il suo lato luminoso, quello di un giocatore passionale, con un’aggressività da pub romantica nel contesto inglese. Il tipo di giocatore che per dare il meglio ha bisogno di entrare in comunione emotiva con i tifosi della sua squadra. Guendouzi, quindi, che dopo una bella vittoria nel derby del nord di Londra contro il Tottenham - in un momento in cui Emery sembrava una scelta sensata - festeggia per le strade di Londra insieme ai tifosi gooners, stringendo i pugni e digrignando i denti.
Il direttore dell’accademia del Lorient, però, avvisava già sul suo lato oscuro: «Le partite sono state un problema serio per lui. Col tempo sembra aver imparato a gestire meglio la frustrazione della sconfitta, eppure non sono ancora del tutto convinto». A 17 anni, dopo una sostituzione che non condivideva, si era rifiutato di stringere la mano all’allenatore, Mickael Landreau. Quello lo ha messo fuori squadra per tre mesi e una volta finito il periodo in punizione, Guendouzi si è rifiutato di tornare. Il PSG, che aveva cacciato dal settore giovanile a tredici anni, a quel punto si è fatto avanti per ricomprarlo ma Guendouzi ha preferito andare all’Arsenal. È la squadra di cui è tifoso, gli avrebbe permesso di giocare col fuoco dentro. Ma con quanto fuoco si può giocare?
A Londra il meglio, in effetti, doveva ancora venire. Forse Guendouzi doveva prendere più confidenza, o solo svilupparsi come persona, per mostrare davvero il suo stile.
Ribelle senza causa
Mentre l’Arsenal sprofonda nel caos, tra cambi di allenatore e sessioni di calciomercato indiavolate, Guendouzi ne approfitta per tirare fuori la parte peggiore di sé. La stagione 2019/20 è quella in cui Guendouzi perde progressivamente il senno. All’inizio, episodi da niente, come questo piccolo litigio con Dan Gosling del Bournemouth. Guendouzi commette fallo e poi si porta via il pallone, come un bambino che fa finta di non ascoltare i genitori che gli dicono di tornare a casa. Mentre tutti stanno fermi a chiedersi che cosa stia facendo, Gosling lo rincorre a muso duro, lui si gira e lo butta per terra. Mentre corricchiava a gioco fermo, dando le spalle a tutti, probabilmente pregava che qualcuno gli andasse a dire qualcosa.
Se c’è da fare un fallo, naturalmente, Guendouzi non si tira indietro. È un artista, uno di quelli per cui i tifosi inglesi possono alzarsi in piedi ad applaudire dopo un tackle. Guardate questo placcaggio da Football Americano contro Zaha lanciato in campo aperto.
Ma questo fa ancora parte del gioco, le cose degenerano per davvero verso la fine della stagione, quando si ritorna in campo dopo la pandemia. Guendouzi deve aver accumulato dell’energia in eccesso, e quando a fine giugno si gioca col Brighton, e Neal Maupay si permette di segnare il gol vittoria, Guendouzi capisce che vale la pena di litigare. Con indosso la maglia con scritto “Black Lives Matter”, va in giro per il campo a far notare ai giocatori avversari che non sono niente, visto che persino lui guadagna più di tutti loro messi assieme. Il tipo di trash talking che, si dice, Guendouzi ama fare un po’ in tutte le partite. Poi va da Maupay, autore del gol vittoria, lo prende per la gola e lo butta per terra. Guendouzi non è uno che si lascia andare a un momento di follia, e dopo l’intervento dell’arbitro si placa per preservarsi dalle apparenze e dai provvedimenti disciplinari. Non è, cioè, come la maggioranza dei calciatori di oggi. Guendouzi innesca la miccia per poi godersi il caos e la violenza intorno. Quando si alza la tensione, c’è un brutto intervento, qualche occhiataccia, Mattéo Guendouzi arriva a tempo di record col suo mantello di capelli, il ditino alzato, la faccia mezza divertita e mezza incazzata. Un po’ Begbie di Trainspotting nella scena del pub, ma con l’aria da efebico personaggio di Cocteau. Sembra il tipo che si infila in una rissa per prendere gli schiaffi per primo, ma sempre con spirito. Questo video raccoglie alcuni suoi momenti di gloria.
Fatto sta che dopo quella partita col Brighton le cose per Guendouzi si mettono male. Nel frattempo sulla panchina dell’Arsenal è arrivato Mikel Arteta, che lo mette fuori squadra, e poi getta più di qualche ombra sul suo futuro a Londra. Dopo l’episodio l'allenatore e il direttore sportivo Edu chiamano Guendouzi a colloquio, che però secondo The Athletic non lascia buone impressioni. Arteta ha un approccio rigido, e Guendouzi non ha nessuna intenzione di chiedere scusa, o quantomeno di mostrarsi dispiaciuto per quanto accaduto. Già a febbraio c’erano stati problemi: nella tournée a Dubai si era concesso una mezza rissa con un compagno in allenamento, e durante una festa aveva deciso di togliersi e sventolare la camicia. I suoi atteggiamenti non piacciono all’Arsenal, che lo mette sul mercato.
Guendouzi ha 20 anni e non si capisce se è semplice ribellione giovanile o se è proprio così: una persona che ama il conflitto, insofferente alla disciplina e alle istituzioni. Solo un anno e mezzo prima valeva 40 milioni di sterline, Mertesacker lo descriveva come un futuro leader, Lauren lo considerava una potenziale leggenda dell’Arsenal. E invece Mattéo Guendouzi, nell’estate del 2020, finisce in prestito all’Hertha Berlino. In Germania gioca e non gioca, il rapporto con la piazza è freddo, le sue dichiarazioni diventano istituzionali. Ma non si stava calmando, si stava solo annoiando. L’inverno a Berlino, lo sappiamo, può essere duro. A volte il vento è così teso e gelido che giocare a calcio pare un controsenso. Quindi Guendouzi cerca di movimentare le cose, di portare la festa, a modo suo. In una partita contro il RB Lipsia cerca di dribblare un avversario nella propria area di rigore, perde palla e la sua squadra subisce il gol. Si vede che nel frattempo non aveva fatto molto per farsi amare, visto che il suo allenatore, Dardai, commenta con una descrizione di Guendouzi alla Giovane Holden: «È come se fosse in pubertà. È un ribelle, ma dovrebbe imparare dove sono i limiti. Deve imparare molte cose». Anche in Germania, chissà in che lingua, Guendouzi prova a litigare con più persone possibili, ed Emmanuel Petit lo avvisa: «Ha da ridire con arbitri, avversari, a volte anche con i compagni. Deve imparare a controllarsi».
Da anni tutti dicono a Guendouzi di dover controllare le sue emozioni, ma se lui non volesse? Se lui avesse semplicemente bisogno di lasciar andare la rabbia e il suo gusto per il conflitto? Ma chi può garantirglielo, nel calcio del 2021? C’è un solo posto e un solo uomo al mondo.
Marsiglia, casa
Il 6 luglio l’Olympique Marsiglia annuncia l’acquisto di Mattéo Guendouzi, in mezzo a una campagna acquisti psichedelica. Insieme a Guendouzi arrivano, fra gli altri:
- Il compassato centrocampista brasiliano Gerson.
- L’indecifrabile e confusionario esterno turco Under.
- Le ex promesse Pol Lirola, Amin Harit e William Saliba
- Il portiere poco del mestiere Pau Lopez.
- L’intrigante spagnolo-statunitense-di-origini-haitiane Konrad de la Fuente.
Spin doctor di questo delirio, ovviamente, Jorge Sampaoli, tecnico che Fabrizio Gabrielli aveva descritto con un insieme di aggettivi da personaggio di Jodorowski: «ribelle, bipolare, metodico, pazzo, ma soprattutto ossessionato». Pieno di collane e con l'aria perennemente sull'orlo del collasso emotivo, proverà a portare un po' di follia sudamericana in Francia. A Marsiglia, città ardente, Guendouzi ha trovato una casa; si trova per la prima volta in un posto in cui non cercheranno di limitarne l’emotività, ma anzi la asseconderanno.
In un inizio di stagione in cui gli stadi francesi sembrano l’anticamera della guerra civile, tra maxi-risse e invasioni di campo, Guendouzi è un pesce nell’acqua. È tornato innanzitutto il suo talento, quello di un centrocampista dinamico, tecnico, che ama il rischio. Il suo allenatore al Lorient lo ha descritto come un giocatore che ama contribuire a sbilanciare lo schieramento avversario e creare occasioni da gol. All’Arsenal, nei primi tempi, sembrava un regista, un centrocampista d’ordine, ma Guendouzi ama soprattutto andare in verticale e pensare in maniera offensiva. La conduzione palla è la sua qualità migliore, la leggerezza e la sensibilità con cui corre tra i corridoi: è tra i migliori in Ligue 1 per metri guadagnati col pallone. Ha anche servito due assist e segnato due gol, di cui uno al Lorient, la squadra che lo ha accolto quando il PSG lo aveva cacciato dalle giovanili. Un gol francamente bellissimo, segnato con uno stacco di testa sul primo palo a scavalcare il portiere sul secondo. Se vi state chiedendo se Guendouzi ha esultato, beh, ha fatto una cosa a metà: ha esultato come un pazzo, con in mezzo una parentesi in cui - a braccia alte - voleva comunicare che non stava esultando.
A vederlo correre con quella eleganza non si direbbe, ma Guendouzi gioca bene perché litiga bene, Guendouzi litiga e quindi è.
Quando la curva del Nizza ha provato scendere in campo per innescare la guerriglia, chi è il primo ad arrivare sotto il settore? Ma Guendouzi ovviamente. In realtà sarebbe più corretto dire che ci si fionda, saltellando e superando tutti, provocando i tifosi del Nizza, cercando di capire se si poteva fare qualcosa in quel macello. Certo, non si capisce niente, si vede la testa di Sampaoli rossa di rabbia che galleggia tra la folla cercando lo scontro, Payet faccia a faccia coi tifosi avversari, Guendouzi rischia di passare in secondo piano. Così dopo la partita posta una foto di lui con dei segni rossi sul collo, sostenendo che sia stato un tifoso. Non c’è alcuna immagine visibile dell’episodio e il presidente del Nizza, senza girarci intorno, ha detto che Guendouzi se lo è inventato. Cosa dobbiamo pensare, che Guendouzi abbia praticato l’auto-strangolamento per passare da vittima? Nella conferenza post-partita, con senso dell’umorismo, ha insistito per parlare solo di calcio.
Neanche i compagni possono stare tranquilli. Dopo aver subito un gol in transizione dal Lens, Guendouzi è andato a rimproverare Gerson chiedendogli direttamente: «Quand’è che inizierai a correre?», il tutto animato da una mimica da commedia all’italiana. Secondo l’Equipe i compagni di squadra starebbero facendo fatica a sopportare Guendouzi: «Incolpa sempre gli altri, in allenamento si mette in ginocchio a invocare Dio se qualcuno sbaglia un passaggio».
Quando in Europa League hanno sorteggiato l’Olylimpique Marsiglia nel girone della follia - con Lazio, Lokomotiv Mosca e Galatasaray - a Guendouzi non pareva vero. La partita col Galatasaray pareva l’evento a cui erano tese tutte le strade della sua vita. Nel secondo tempo Guendouzi riceve palla appena dentro l’area di rigore, è pressato da dietro da van Aanholt e cade a terra. L’arbitro in un primo tempo chiama un rigore che poi revoca al VAR, nel frattempo Guendouzi e van Aanholt stanno faccia a faccia a dirsi di tutto, e Guendouzi, col solito ditino, chiede di vedersi dopo la partita. Forse intendeva sui social, perché è lì che van Aanholt posta una foto di Fellaini che tira i capelli e Guendouzi e scrive: «Likkleman (pugile inglese affetto da nanismo nda) ha bisogno di rilassarsi prima che gli strappi la parrucca».
Questa la foto postata da van Aanholt, una foto davvero buffa, in cui uno dei più celebri capelloni del calcio mondiale commette fallo su un altro tirandogli i capelli.
Anche gli avversari in Ligue 1 cominciano a essere insofferenti. A L’Equipe parla un avversario vuole restare anonimo: «Insulta gratuitamente, ma sa bene con chi può permettersi comportamenti simili. Un giorno però se la prenderà con la persona sbagliata e allora finirà molto male. Guendouzi, nel frattempo, è diventato un idolo della tifoseria dell’OM: ne incarna lo spirito passionale e antagonista, una certa inclinazione a rendere ruvido il calcio, nonostante uno stile di gioco, in fondo, piuttosto tecnico. Ha detto che non è mai stato felice in vita sua come a Marsiglia, che come giocatore ha bisogno di sentirsi amato e lì lo è. Contro il PSG è andato in scena l’eterno derby simbolico della Francia: l’istituzionale capitale della Repubblica contro il riottoso sud, ma anche un derby emotivo per Guendouzi. Naturalmente è stato tra i migliori in campo, e in questo video potete ammirare la sua straordinaria influenza box-to-box.
Un paio d’anni fa sarebbe stato difficile da dire, ma Guendouzi ha tutte le credenziali per essere l’erede di quei centrocampisti anni '90 che in campo amavano il conflitto e il gioco sporco. Se riuscirà a trovare un equilibrio tra il suo bollore umano e il calcio, diventerà anche un grande centrocampista. Come gli era successo all’Arsenal, anche all’OM ha vinto il premio di giocatore del mese del campionato appena arrivato. Sapere cosa aspettarsi ora è impossibile, ogni partita per Guendouzi è un’avventura.