«Di me hanno detto spesso che mi piaceva essere il pesce grande nello stagno piccolo. Sarò onesto: è vero, amavo essere al centro dell’attenzione, sentire la pressione delle aspettative che la gente riponeva nei miei confronti. Non ho mai sopportato l’idea di deludere queste persone, volevo farle divertire. Vincere è grandioso ma non è mai stato tutto per me, e credo che sia stato questo a rendermi diverso dagli altri. Non sono mai stato un buon perdente, non mi piaceva perdere, ma c’era una parte di me che voleva dare spettacolo, far apparire un sorriso sul volto della gente. E mettere spesso un pallone sotto l’incrocio da 25 metri mi sembrava un buon modo per riuscirci».
Tutto o quasi, a Guernsey, sfila via a una velocità diversa dal resto del Regno Unito, come se l’orologio che regola le necessità dei suoi abitanti scorresse più lento del normale. Sono circa mille quelli che ancora parlano il guernésiais, una variante della lingua normanna che risale ai tempi del Ducato di Normandia. Un modo per restare ancorati al passato, alle tradizioni, alla lentezza come virtù e non come segno di arretratezza. Guernsey è una delle Isole del Canale, più vicina alla Francia che all’Inghilterra eppure amministrativamente sotto la dipendenza della Corona britannica, anche se il sovrano del Regno Unito può esercitare il suo potere non in quanto tale, ma poiché Duca di Normandia.
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