![](https://cdn.sanity.io/images/ba9gdw6b/production/519fea86a79f00cb91acefb3eea44c25d1cad105-5001x3333.jpg?w=1&q=40&auto=format)
Una macchia blu si aggira per i campi in cemento di Rotterdam, città portuale olandese che ospita uno dei tornei più belli dell’anno, l’ATP 500 ABN AMRO Open. Bandana blu in testa, maglia bianca Adidas, pantaloncini neri Adidas e scarpe bicolore della Nike. Visto dall’alto, con la sua wild bandana, Mattia Bellucci ha qualcosa di piratesco, sia per il suo tennis sfrontato e offensivo che per il suo modo di stare in campo, fuori posto nell’epoca del power tennis. Non che manchino i riferimenti illustri di tennisti muniti di bandana, con due che sono, non a caso, due idoli di Bellucci come Andre Agassi e John McEnroe. E visto contro Daniil Medvedev viene anche il dubbio che il russo e l’italiano pratichino davvero lo stesso sport, nel bene e nel male.
Se già questo non basta per renderlo un giocatore di culto ci pensa il suo atteggiamento nei confronti della moda tennistica. L’ultimo tennista di rilievo a portare in campo un guazzabuglio di marchi diversi era stato l’enigmatico Aslan Karatsev, spuntato dal nulla e tornato nel nulla. Una volta che gli è scaduto il contratto di sponsorizzazione con Lotto, ha scansato le offerte, in attesa che la sua classifica migliorasse. Come raccontato da Lorenzo Ercoli, ha investito su sé stesso. Nel frattempo può vestirsi come preferisce ed esprimere il proprio stile. È appassionato di vintage e da fine 2024 è sponsorizzato da CP Company per l'abbigliamento off the court - brand italiano di Massimo Osti, grande sperimentatore sui tessuti, molto amato anche dal mondo ultras.
In allenamento Bellucci è un caleidoscopio di completi, con maglie vintage di Agassi e di McEnroe. E poi tantissime sneakers, di cui è collezionista. La scommessa ha pagato. Mattia Bellucci si è preso le semifinali dell’ATP 500 di Rotterdam, scalando ventiquattro posizioni in classifica e raggiungendo il best ranking di numero 68 del mondo. Chi lo ha visto la prima volta a Rotterdam sarà rimasto sicuramente sorpreso. Bellucci è un tennista forse più vicino stilisticamente ed esteticamente all’ideale del tennista italiano prima dell’esplosione del movimento: un jack of all trades, più bravo nelle giocate di fioretto che nella potenza più tipica dei tennisti italiani prodotti negli ultimi anni.
Non che manchino gli artisti tra i tennisti italiani di nuova generazione, basti pensare a Lorenzo Musetti. Il tennis di Bellucci però fa parte di una nicchia “ecologica” sempre più ridotta e costretta a lottare per la sopravvivenza, quella dei tennisti senza particolari colpi killer da fondocampo e che devono basare il loro tennis più sulla varietà e sul tenere costantemente l’avversario in dubbio su quello che farà dopo. E in questo Bellucci è veramente un maestro, ricordando per certi aspetti tecnici e tattici il tennis di un illusionista come Florian Mayer.
Questa varietà l'ha sperimentata sulla propria pelle Daniil Medvedev. Il russo ha iniziato in maniera drammatica la sua stagione, ma resta un tennista capace di mandarti al manicomio, specialmente se non hai la possibilità di sfondare il suo muro o correre la maratona con lui. Un matchup sulla carta, oltre all’ovvia differenza di classifica, anche piuttosto sfavorevole, considerando che Bellucci ha un dritto non eccezionale dal punto di vista della spinta e che la sua diagonale migliore ricade proprio su quella preferita dal russo, il rovescio. Il tennista ideale per soffocare la creatività del tennis dell’avversario.
Belucci ha fatto impazzire la già fragile psiche del russo con la sua ricerca costante del colpo più inatteso, che era anche l’unico modo per non cascare nella ragnatela di Medvedev. Bellucci non ha mai avuto paura, che fosse usare la battuta dal basso per stanare il russo dalla sua posizione in risposta o cercare il corpo di Medvedev sui passanti anche quando c’era spazio. E forse proprio questa è stata la rivelazione di Bellucci, un tennista estremamente sicuro dei propri mezzi e in grado di far sentire la propria presenza fisica e tecnica.
Contro Medvedev ha sprecato due match point nel secondo set, nella prossemica del tennis quasi sempre l’anticamera della sconfitta, ma non ha battuto ciglio resistendo a inizio terzo set e prendendosi la vittoria più importante della carriera con autorità. Ha disposto di Tsitsipas nella sfida dopo, e per quanto sia stato ipotizzato un infortunio per il greco resta comunque impressionante la capacità di Bellucci di travolgere un avversario di quel calibro con relativa facilità. Specialmente se si considera che Bellucci non possiede colpi killer da fondocampo, se non uno splendido rovescio piatto molto simile nella sua esecuzione a quello di Cameron Norrie.
In tutto questo che abbiamo detto è chiara una cosa: a Bellucci il carattere non manca. Per chi segue poco il tennis Bellucci si era iscritto in quella categoria immaginaria (e paranoica) di nemici del sinnerismo. Il tennista di Busto Arsizio aveva risposto in maniera particolare a una domanda su Jannik Sinner da parte di Supertennis. Bellucci ha incontrato più volte sul campo Sinner a livello giovanile; hanno la stessa età essendo entrambi tra i migliori della categoria tra gli 11 e i 14 anni, dimostrandosi uno dei principali rivali dell’altoatesino a livello giovanile.
Intervistato per la realizzazione del libro Diventare Sinner Bellucci si era lasciato andare a una descrizione senza troppi peli sulla lingua del poi numero uno del mondo. «La grandezza di Sinner viene dal lavoro. Non è un extraterrestre come disse il kazako Bublik dopo aver preso una lezione da Jannik a Miami nel 2021. Arrivare dove è arrivato lui si può, lo possono fare anche altri, lo potrei fare anch’io». Dichiarazioni non prese molto bene, specialmente tra i tifosi di Sinner. A prima vista sicuramente arroganti, ma che dimostrano ancora una volta come Bellucci non sia prono ai compromessi, sul campo e fuori.
Per capire meglio cosa intendesse bisogna scavare nella vita di Bellucci. Il tennista di Busto Arsizio ha fatto molta fatica nella transizione tra i successi giovanili e il professionismo, complice una scelta di vita ben precisa. Con il supporto della sua famiglia Mattia ha deciso di completare gli studi al Liceo linguistico, sacrificando quindi una certa regolarità di allenamenti in favore della scuola. Si allenava quindi con il padre, titolare di una scuola tennis, ma fino ai 18 anni mancava della costanza necessaria per poter puntare forte al professionismo, giocando pochi tornei Junior. La svolta per Bellucci arriva proprio a quell’età, con la fine del percorso scolastico decide di passare direttamente al professionismo e andare direttamente nei tornei Futures.
Da un lato quindi è anche comprensibile che ci sia un po’ di umano rimpianto nel vedere un tennista con cui ci si è battuti per anni passare al numero uno del mondo e vincere Slam. Dall’altro quello di Bellucci era un complimento all’etica del lavoro di Sinner e alla sua persona. Proprio perché ha potuto assistere alla sua crescita in maniera diretta non c’è elogio più grande, specialmente per un tennista così orgoglioso come Bellucci, che essere stati capaci di “costruirsi” una carriera così vincente. «Lui da quando aveva 13/14 anni mette tutti i giorni i piedi in campo con un obiettivo. L’obiettivo sin dall’inizio non era vincere in quel momento, ma diventare n.1. L’obiettivo era sempre preparare la partita successiva, lavorare oggi per vedere certi risultati tra sei mesi. Si è costruito bene nel tempo sotto una marea di punti di vista, con una mentalità che aveva già da bambino».
Anche sul fatto di credere di poter raggiungere quel livello c’è poco da stupirsi. Gli sportivi di alto livello sono essenzialmente dei superuomini che necessitano di credere costantemente nei loro superpoteri, e l’alternativa è venire schiacciati da altri superuomini. Citando Danielle Collins: «Provo sempre ad essere la migliore in quello che faccio, e anche se non ci riesco mi ripeto di esserlo». Senza contare che, come dimostrato dai numerosi Sinner-Bellucci in epoca giovanile, i tennisti crescono nella stessa grande bolla e ci sono rivalità che si trascinano fin da quell’epoca. Basti pensare a come Richard Gasquet battesse Rafael Nadal con costanza da ragazzini e come i loro confronti diretti siano passati ad essere a senso unico con il professionismo. Per uno che l’ha visto come un pari per anni non c’è complimento migliore da fare per Bellucci.
Il suo percorso a Rotterdam si è fermato con una sconfitta pesante, in termini di punteggio, con un ispirato Alex De Minaur. Neanche sotto i colpi dell’australiano, indemoniato da fondocampo, Bellucci ha perso il suo estro, prodigandosi in colpi come un tweener nei pressi della rete e mantenendo un atteggiamento propositivo. È chiaro che al momento De Minaur sta in ben altre categorie rispetto all’italiano, e forse il valore dell’australiano sta diventando paradossalmente sottovalutato a causa di…Sinner. Ma in partite come quella con Bellucci il numero sei del mondo è semplicemente imperdonabile da fondocampo, e il suo tennis è capace di stritolare un tennista vario ma troppo leggero per lui.
Bellucci ha passato il 2024 a rincorrere la top100 in un remake tennistico di Achille e la Tartaruga, con la classifica sempre ad un passo ma negata più volte da exploit vari o sconfitte inaspettate. Ora ha la certezza del 68mo posto del ranking e di entrare direttamente in tabellone in tanti tornei ATP, inclusi i 1000 senza passare per le qualificazioni. Il prossimo torneo per Bellucci saranno le qualificazioni dell’ATP500 di Acapulco, e le prospettive di classifica sono ottime se si considera che la cambiale più pesante sono gli 80 punti del terzo turno degli US Open.
Personalmente ricordo Bellucci come uno dei tanti giovani promettenti italiani, ma ancora di bassissima classifica, visti ogni tanto nei tabelloni degli ITF esotici in giro per il mondo. E forse la cosa più bella dell’exploit del tennis italiano recente è questa: vedere un tennista come Bellucci passare dal perdere una finale ITF a Sharm El Sheikh contro il cipriota Chrysochos alla semifinale di un ATP 500. Una storia nemmeno tanto assurda se si pensa a come negli ultimi anni siano esplosi, lontani dai radar, Flavio Cobolli e Matteo Arnaldi. Bellucci ha il potenziale per diventare un’altra bella storia del tennis italiano, e nella faretra delle frecce a disposizione del movimento manca un tennista fuori dagli schemi dentro e fuori dal campo come lui.