Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Per chi crede ancora in Maxence Caqueret
13 gen 2025
Il centrocampista francese ha scelto il Como per rilanciarsi.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / Poolfoto UCL
(copertina) IMAGO / Poolfoto UCL
Dark mode
(ON)

Nell’estate di cinque anni fa, il calcio sembrava essere una meravigliosa allucinazione collettiva. Usciti dalla prima ondata di Covid-19, con ben altri pensieri in testa, ci ritrovavamo ad assistere a questo strano spettacolo di partite estive che finivano quasi a mezzanotte. Abituati a darlo per scontato nelle nostre vite, dopo quattro mesi di astinenza in ogni partita sembrava di riscoprire il calcio daccapo, un po’ come quando eravamo bambini e ogni giocatore, ogni squadra era affascinante perché rappresentava qualcosa di nuovo – o, in quel caso, qualcosa che avevamo quasi dimenticato per via del lockdown.

Così ci siamo ritrovati una calda sera d’agosto, alla ripresa della Champions League, a chiederci chi fosse questo centrocampista francese dall’aria aristocratica, il volto quasi androgino, i capelli impomatati all’indietro su una fronte spaziosa, le spalle strette, e una capacità magnetica di tenere il pallone tra i piedi nel silenzio dell’Allianz Stadium, con la quale aveva frustrato ogni velleità della Juventus di accedere ai quarti di finale. Una bella forma portata a compimento, come diceva Dostoevskij dei francesi ne Il giocatore.

Maxence Caqueret era comparso per la prima volta nelle nostre vite ma in realtà aveva già accumulato una manciata di minuti in campionato con il Lione, ancora prima dell'inizio della pandemia. La Ligue 1 infatti era stato uno dei campionati che aveva deciso di non riprendere a giugno e pertanto Caqueret era rimasto sconosciuto pressoché a tutti. Tutti tranne gli appassionati di calcio giovanile e i tifosi più accesi del Lione, che in quel periodo, in meandri remoti del web, spammavano clip di Caqueret, Cherki e Gouiri intenti a esibirsi in giocate strabilianti contro i loro pari età.

All’andata Rudi Garcia aveva costruito la vittoria sulla solidità del centrocampo Tousart-Bruno Guimarães, con una concessione di libertà solo per Aouar. Al ritorno, invece, si era presentato con questo ventenne a cui sembrava impossibile togliere la palla, con il preciso scopo di spezzare il ritmo della Juventus e mandarla fuori giri. Il piano aveva avuto successo, ma la confidenza con cui Caqueret era sceso in campo poteva sembrare ancora troppo poco, visti gli impacci di quella Juventus.

Una settimana dopo, però, dovevamo di nuovo rimettere in discussione il nostro punto di vista. Contro il Manchester City di Guardiola, che aveva zoppicato in Premier League ma che aveva appena eliminato il Real Madrid, Caqueret si era rivelato di nuovo imprendibile. Il City aveva dominato, aveva avuto le occasioni per chiudere la partita, ma Caqueret e Aouar avevano trovato il modo di infilarsi negli interstizi dell’incontro e generare dubbi negli avversari, dubbi che si sarebbero trasformati in un incubo con la doppietta di Dembélé sul finale di partita. Rodri, Gündogan e De Bruyne erano diventati piccoli al suo cospetto, incapaci di entrare simbiosi con la competizione che da sempre si innamora dei centrocampisti capaci di impadronirsi delle partite. Caqueret, invece, lo aveva fatto, parlava il linguaggio dei grandi, a vederlo giocare era normale credere di aver trovato l’erede dei maestri del centrocampo che avevano segnato l’epoca precedente. E anche nella semifinale persa per 3-0 contro il Bayern Monaco era stato uno dei migliori, lanciando transizioni puntualmente sprecate da Depay e Toko Ekambi. Innamorarsi d’estate è facile, farlo con Caqueret lo era stato ancora di più.

Poi però qualcosa è andato storto. Caqueret in Champions League non si è fatto più vedere e noi ci siamo dimenticati di lui. Quelle partite contro Juventus, Manchester City e Bayern Monaco sono rimaste il sogno di una notte di mezza estate, un'illusione in cui Caqueret finiva per raccogliere l’eredità di Xavi, Iniesta e Modrić.

COSA È ANDATO STORTO

Cosa è successo dall'estate del 2020, quindi? Perché quattro anni e mezzo dopo si ritrova a scendere nei bassifondi della Serie A a lottare per la salvezza anziché giocare in Champions League?

Chiusa l’estate del Covid, Caqueret ha iniziato ad accumulare sempre più minuti in prima squadra, fino a diventare titolare nella seconda parte di stagione. Nel 2020/21 Caqueret è stato uno dei migliori centrocampisti della Ligue 1 e il Lione ha chiuso il campionato al quarto posto, a soli due punti dalla qualificazione in Champions League.

View post on X
Stagione 2020/21, un centrocampista eccellente in entrambe le fasi, a dispetto di quanto la stazza potesse suggerire.

Era un Lione di transizioni che, come tutte le squadre di Rudi Garcia, demandava ogni responsabilità offensiva all’istinto dei giocatori migliori. La scelta di puntare su Peter Bosz come erede del tecnico francese avrebbe segnato un netto cambio di direzione per il Lione.

La rosa, però, non ha mai digerito i dettami del nuovo allenatore, troppo rigidi per gli standard del calcio francese e di un organico pieno di talenti difficili da incasellare in un sistema posizionale. Caqueret, comunque, dopo un inizio di assestamento ha ripreso in mano la squadra. In un'annata grigia come la 2021/22 è stato uno dei pochi, se non l’unico, a distinguersi. Giunti in primavera, però, un infortunio al menisco lo ha costretto a saltare il momento decisivo della stagione, quando il Lione avrebbe dovuto accelerare nella corsa ai piazzamenti europei e, soprattutto, avrebbe dovuto affrontare il West Ham nei quarti di finale di Europa League (in una stagione in cui ad arrivare in finale furono Eintracht Francoforte e Glasgow Rangers). Chiusa la Ligue 1 all’ottavo posto, fuori dalle coppe, anche la stagione successiva per Caqueret è partita in maniera tribolata, con un infortunio alla caviglia che lo ha costretto a saltare tutta la preparazione.

Gli inizi a rilento sembrano, a questo punto una costante della sua carriera; anche nel 2022/23 Caqueret riprende quota nel girone di ritorno, con Blanc che prende il posto di Bosz, e vive la miglior stagione della carriera dal punto di vista realizzativo con 4 gol e 7 assist, quasi tutti realizzati nella seconda parte di campionato: ottimi numeri se si considera che Caqueret è un centrocampista incaricato di determinare il ritmo della partita, non di deciderla.

Poi, però, in estate si infortuna ancora e salta di nuovo la preparazione. Il Lione vive un inizio disastroso, languisce in zona retrocessione, cambia quattro allenatori. Caqueret gioca ma non brilla. Di tanto in tanto sembra ricordarsi del suo talento e offre delle prestazioni all’altezza delle aspettative, come a fine aprile, appena 8 mesi fa, contro il Monaco secondo in classifica. Troppo poco, però, per uno che prometteva di diventare uno dei migliori in Europa nel suo ruolo.

La verità, probabilmente, è che per quanto inizialmente sia riuscito a esprimere il proprio genio, alla fine Caqueret ha finito per adeguarsi alla mediocrità del Lione. Sono anni che la squadra non sa che direzione seguire, né dal punto di vista societario né dal punto di vista tecnico: il passaggio da Aulas a Textor, l’alternarsi di allenatori così diversi l’uno dall’altro ha condannato il club a campionati in cui l’aspirazione massima era qualificarsi per il rotto della cuffia in Europa League. Insomma, Caqueret sembra aver sofferto il contesto, d'altra parte inevitabilmente è così per tutti. Il talento da solo può arrivare solo fino a un certo punto, soprattutto nel caso di un giocatore particolare come lui, chiamato a potenziare i compagni più che a determinare da solo le partite.

A posteriori il rinnovo di contratto firmato a maggio 2022 è stato la sua condanna. Caqueret aveva il contratto in scadenza nel 2023 – si era parlato di un interesse del Milan in quel periodo – e inizialmente aveva rinnovato fino al 2026. Non contento, appena un paio di mesi dopo, a luglio, avrebbe esteso ulteriormente l’accordo fino al 2027.

Una scelta della quale deve aver sentito tutto il peso quest’estate, quando sembrava già intenzionato a salutare l'OL. All’inizio di questa stagione, in un’intervista a RMC, Pierre Sage, l’allenatore del Lione, aveva giustificato le sue cattive prestazioni dicendo che in estate Caqueret aveva spinto per lasciare la squadra e, una volta realizzato che invece non sarebbe andato da nessuna parte, «potrebbe aver vissuto una “fase di lutto” vista l’idea di partire e vivere un’altra avventura». Una decina di giorni dopo questa confessione, Sage lo ha escluso dai convocati per la partita contro l’Auxerre. Da allora Caqueret è finito ai margini della squadra. La sua storia col Lione, iniziata quando aveva 11 anni e ancora giocava a futsal, si è chiusa così, in maniera triste.

View post on X

Per Caqueret trovare una nuova squadra è diventato quindi più urgente che mai. La contingenza dei problemi economici del Lione non ha fatto altro che favorire il processo. Così è arrivato il trasferimento al Como per 15 milioni di euro più 2 di bonus, con un contratto fino al 2029. Caqueret ha scelto la Serie A per rilanciarsi e, se non possiamo sapere quanto abbia influito sulla sua scelta la presenza di un illustre collega come Fábregas, né se i due si siano parlati, possiamo comunque immaginare che il Como sia una squadra affine alle sue caratteristiche.

CAQUERET NEL COMO

Trovare collocazione nel calcio italiano, per centrocampisti come Caqueret, oggi è più difficile che mai. Per giocatori senza troppo atletismo, poco inclini a inserirsi – a fare da invasori, come si dice oggi – sembra impossibile poter giocare da mezzali – ruolo ideale per il francese – e negli ultimi tempi trovano poco spazio anche da metodisti. Il Como, però, potrebbe essere un’eccezione, perché il tipo di centrocampista rappresentato da Caqueret è il profilo che manca a Fábregas.

Di dare sicurezza in uscita palla e connettere la prima costruzione col resto dello sviluppo probabilmente, nei piani del tecnico catalano, avrebbe dovuto occuparsi Sergi Roberto. L’ex Barcellona, però, non è affidabile dal punto di vista fisico. Così, Fábregas ci ha messo un po’ per trovare la quadra in mezzo, dove nelle ultime giornate sembra essersi stabilizzata la coppia Da Cunha-Engelhardt. Se si analizza il minutaggio della rosa del Como, però, è evidente come il centrocampo sia il reparto con meno certezze. Tra gli uomini impiegati in mediana, solo Da Cunha ha superato i 1000’ (1143’), per di più giocando anche in altri ruoli; gli altri i 1000’ non li hanno nemmeno sfiorati: Engelhardt è fermo a 769’, alle sue spalle Perrone ne ha 662, mentre Sergi Roberto è fermo a 620. Ben più di staccati, al di sotto dei 400’, i vari Mazzitelli, Braunöder e Baselli.

Viste le caratteristiche dei giocatori impiegati attualmente, è facile pensare che Caqueret possa prendere il posto di Da Cunha. Per chi se lo ricorda, Caqueret non ha bisogno di presentazioni. Se lo aveste dimenticato, beh, si tratta dello stesso giocatore del post-Covid, dotato di un primo controllo straordinario e di quella capacità, propria solo dei migliori centrocampisti, di ruotare su sé stesso per eludere l’avversario e sfuggirgli via, oppure proteggere la palla. Tutto ciò, unito alla qualità nelle conduzioni e nelle combinazioni sullo stretto, lo rende perfetto per una squadra come il Como che, nonostante debba combattere per rimanere in Serie A, aspira a costruire con ordine con la palla.

Caqueret potrà sia assecondare gli istinti più posizionali del Como di Fabregas, perché sa leggere lo spazio e sa orientarsi alla perfezione in vista del primo controllo, sia aggiungere quel pizzico di spontaneità necessaria dal centrocampo in su per portare in prima persona la palla sulla trequarti e connettersi con Nico Paz. La tecnica di Caqueret, infatti, si nutre del suo dinamismo: il francese ama condurre per avvicinarsi ai compagni e triangolare, farsi vedere su più altezze del campo.

Se poi dovessero esserci spazi per attaccare in transizione, avrebbe la capacità di verticalizzare, come nei suoi migliori momenti al Lione e come in quella meravigliosa estate con Rudi Garcia. Per una squadra costruita con l’obiettivo di salvarsi, insomma, Caqueret in fase di possesso potrebbe rappresentare un lusso non da poco. In questo caso, poi, le sue caratteristiche sembrano adatte anche in fase difensiva.

A differenza di molte piccole, infatti, il Como cerca in maniera attiva il recupero della palla. Secondo StatsBomb i lariani hanno il quarto PPDA più basso di tutto il campionato (9,98; il PPDA, ricordo, si legge "al contrario": più è basso, quindi, più una squadra riesce con qualità e costanza a togliere palla all'avversario in alto), sono l’ottava squadra per pressioni esercitate nella metà campo avversaria ogni 90’ e la settima per riaggressioni nella metà campo avversaria (nonché la seconda per palloni conquistati in riaggressione, 4,21). Caqueret non sarà un corazziere di quelli che trovano fortuna nelle mediane del nostro campionato, ma è un centrocampista che ama difendere in avanti, ha una grande istinto per pressing e riaggressione.

Nel 2021/22 era secondo, tra i centrocampisti della Ligue 1, per palloni conquistati in riaggressione (0,98 ogni 90'), mentre è stato decimo nella passata stagione (0,74).

Anche nelle sue annate peggiori, come potete vedere dai grafici di StatsBomb in basso, Caqueret aveva mantenuto un rendimento buono, se non ottimo, rispetto agli altri centrocampisti dei principali campionati europei nelle voci difensive.

«Rubare palla è una questione d’intelligenza. Tutti possono recuperare palloni. So di non essere forte, quindi devo pensare più rapidamente dei miei avversari. L’intelligenza è la chiave», aveva dichiarato in un’intervista a L’Équipe. Per fortuna di Caqueret, Fábregas sembra pensarla come lui. Ora però il centrocampista francese dovrà calarsi subito nella nuova realtà e adattarsi ad un campionato che non conosce. Non sarà facile ma chissà che non sia il primo passo verso le vette che ci aveva promesso qualche anno fa. A 24 anni c’è ancora tempo.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura