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Mega guida ai Playoff di Serie B
25 mag 2023
Un modo per orientarsi in questo bellissimo e pazzo mini-torneo.
(articolo)
27 min
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«In Serie A o in Serie C, generalmente, quando costruisci squadre per vincere, vinci o comunque ci vai vicino: difficile arrivare dodicesimi. La Serie B è diversa: è come se tutti avessero una bomba in mano e non si sa chi esplode». Questa è una dichiarazione di Ciro Polito, direttore sportivo del Bari, che forse voleva rinfrescare la memoria ai suoi tifosi. Quello è il tipo di categoria che avrebbero ritrovato, quattro anni dopo il fallimento.

Neanche quest’anno la Serie B è riuscita a essere troppo diversa da una partita di Exploding Kittens. Guardate la classifica e fatevi venire le vertigini: il Venezia, che occupa il primo posto utile per i play-off, ha chiuso con dieci punti in più del Perugia retrocesso; il Pisa, finalista uscente, ha sprecato il match-point per l’ottava posizione in casa contro una Spal già in C; il Benevento è ritornato in Lega Pro con una rosa composta, tra gli altri, da Nwankwo Simy, Camillo Ciano, Pasquale Schiattarella e Kamil Glik.

Nel calcio, lo sappiamo, può succedere di tutto. In Serie B però l’adagio è un po’ più vero rispetto alle altre categorie. Archiviate le promozioni di Frosinone e Genoa - un monologo per la squadra di Grosso, una poderosa rincorsa quella del Genoa, che dall’arrivo di Gilardino ha fatto il vuoto, con una media di 2.13 punti a partita - è il momento tanto atteso dei play-off.

Se il campionato è una gara a chi non esplode, gli spareggi sono l’esasperazione della regular season e proprio per questo è il periodo dell’anno in cui ogni allenatore pronuncia più volte la parola “lotteria”, come a voler attribuire un qualcosa di mistico alle partite che si giocheranno. Quest’anno la fauna è molto varia: ci sono due neopromosse (Bari e Sudtirol), due fresche retrocesse (Cagliari e Venezia) e due deluse della scorsa stagione di B (Reggina e Parma).

Come è andata la loro stagione, come arrivano all’appuntamento più importante dell’anno, che idea di calcio hanno, quali giocatori sono pronti alla Serie A a prescindere dal destino dei play-off.

Bari

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Ruben Botta

Calciatore che viene più ammonito: Raffaele Maiello

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Aurelien Scheidler, ex aequo con Damir Ceter

La coda lunga dei festeggiamenti per la promozione in B nasconde una patina di scetticismo in città: i De Laurentiis vogliono davvero questa doppia scalata? La domanda passa di bocca in bocca nei mesi del mercato estivo. La struttura è ancora grossomodo quella che ha vinto il campionato precedente, con soli tre innesti dal piano superiore e qualche altra scommessa dalla Lega Pro se non addirittura dalla Serie D.

A preoccupare non è il blocco della C, ma l’attacco: Mirco Antenucci ritorna in B, ma sembra attempato; Walid Cheddira si presenta all’esordio in categoria come centravanti titolare dopo una stagione incoraggiante ma povera di gol (7 in 31 partite in Lega Pro). Nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo in un quarto di finale dei mondiali da lì a pochi mesi.

I baresi più scafati annusano l’aria della grande stagione. La connessione pubblico-squadra, a Bari più che altrove, sembra incidere molto sui risultati e storicamente il San Nicola si gode le migliori annate quando parte a fari spenti, ultimi esempi la promozione di Conte o i 50 punti in A di Ventura. È come se l’entusiasmo, per manifestarsi, debba passare da un pregiudizio e poi gonfiarsi mano a mano.

La squadra lavora su un 4-3-1-2 ormai molto consolidato e l’innesto di Folorunsho si rivela il tassello mancante per alzare la qualità del centrocampo. Il Bari scopre le prime carte in Coppa Italia, quando travolge 4-1 il Verona con tre gol di Cheddira e si prepara a un inizio di campionato fulminante.

La prima sconfitta di campionato arriva solo a metà ottobre, dopo 5 vittorie e 3 pareggi, in trasferta il Bari si esalta cercando ripetutamente la profondità per le corse fluttuanti di Cheddira. Letta questa traccia, il Bari si fa prendere le misure e - all’alba della partenza del suo capocannoniere per i Mondiali col Marocco - perde le posizioni di vertice che aveva conquistato con una serie di pareggi di troppo. Sembra il momento in cui la stagione può impantanarsi verso una salvezza tranquilla - che a Bari equivale alla morte - ma Mignani modifica l’assetto, inserendo una mezzala in più - Benedetti, altra scoperta dalla C - e alzando Folorunsho sulla linea dei trequartisti in un 4-3-2-1 più fluido.

Qui vediamo la miglior espressione del Bari: le soluzioni offensive sono meno codificate, ma spesso affidate alla capacità di associazione dei tre attaccanti che svariano senza dare troppi riferimenti alle difese. Il Bari così diventa il miglior attacco del campionato senza il suo finalizzatore e tra inverno e primavera si imbarca verso un’altra striscia di sette risultati utili consecutivi.

Il mercato di gennaio allunga la rosa e l’esperienza, e porta una sconosciuta ala sinistra dal Renate: Gregorio Morachioli. Un giocatore devoto al dribbling in tutte le sue forme, arte rara in una squadra associativa e poco abituata a mandare i giocatori in isolamento.

Se prima il Bari pensava a consolidare il terzo posto, per qualche settimana accarezza speranze di A diretta (-4 dal Genoa a 4 turni dal termine con scontro diretto all’ultima giornata) ma si schianta su due pareggi deludenti, un po’ vittima di stanchezza e un po’ auto-sabotato da un eccesso di prudenza. Il terzo posto resta un piazzamento di cui essere orgogliosi per una squadra che a fine anno si presenta con nove undicesimi provenienti dall’ultimo campionato di Serie C, e la possibilità di guadagnare il ritorno in A dopo 12 anni con quattro pareggi.

Il Bari dell’ultimo mese ha dato la sensazione di aver speso parecchie energie mentali per rincorrere il Genoa, ma arriva ai play off forte di un’euforia generale per questa stagione al di sopra delle aspettative. Ai play-off occhi puntati su Sebastiano Esposito, arrivato a gennaio dall’Inter e provato nelle ultime settimane come trequartista a ridosso di Cheddira e Folorunsho, sempre più spesso avanzato tra gli attaccanti.

La sensazione è che Mignani voglia ripartire dalle certezze acquisite durante tutto l’anno e servirsi dei suoi jolly dalla panchina, come Morachioli, forte anche del piazzamento che gli permette di pareggiare tutte le partite.

Il Bari ha imparato a soffrire ma questa solidità è stata anche la croce degli ultimi mesi: in finali così episodiche, con due risultati su tre a disposizione, il rischio è che il Bari tenda a compassarsi e lasciare campo in eccesso agli avversari, come successo nelle due partite che hanno spento le speranze di A diretta dei biancorossi.

In semifinale arriverà il Sudtirol, una squadra che non ama particolarmente avere la palla, o la Reggina, più offensiva ma spesso disordinata nelle transizioni. Una caratteristica, quest’ultima, che potrebbe venire a genio al Bari, abile nelle ripartenza in campo aperto a calare i suoi assi da novanta, come dimostra il primo posto nella classifica di punti in trasferta della B (10 vittorie, 5 pareggi e 4 sconfitte).

I giocatori che andranno comunque in Serie A

Hanno esordito in B solo quest’anno, ma Elia Caprile e Walid Cheddira possono quasi certi di giocare la prossima Serie A. Il primo ha garantito un inizio trionfale nei momenti in cui i codici difensivi erano ancora da affinare, dimostrando straordinaria reattività ma anche carisma. Ha già una discreta confidenza con la fase di impostazione e se dovesse migliorare anche qui sarà facile immaginarlo in competizione per uno dei tre posti in Nazionale tra qualche anno.

Cheddira non aveva mai raggiunto la doppia cifra in carriera ed è ironico sia riuscito a farlo al battesimo in B. La sua esplosività fisica lo rende spesso imprendibile per le difese avversarie ed è una delle ragioni che lo ha portato a segnare 17 gol in campionato. Il campionato di Cheddira è finito in riserva, probabilmente stremato anche da un mese di Mondiale, ma ciò che è certo è che al Bari servirà l’attaccante dei giorni migliori per tagliare la curva del traguardo.

Bonus track per Michael Folorunsho, che con strapotere fisico e straordinaria capacità di accompagnare ogni attacco (2.4 tiri per partita) merita di passare al livello successivo, e Gregorio Morachioli, uno di quei giocatori di cui di solito il Sassuolo si innamora.

Parma

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Cristian Ansaldi

Calciatore che viene più ammonito: Franco Vazquez, ex aequo con Stanko Juric e Nahuel Estevez

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Roberto Inglese

Kruse deve aver fatto 2+2. Vista l’età media della sua rosa - 24.9 anni, pochi se consideriamo la presenza in rosa di Buffon, Ansaldi e Franco Vazquez - ha chiesto in giro il numero dell’allenatore con due promozioni cucite sul petto, Fabio Pecchia, che aveva appena deciso di rinunciare alla panchina della Cremonese, da lui portata in Serie A.

I ducali arrivano da un biennio deludente: prima la retrocessione, poi una stagione immaginata per risalire ma naufragata troppo presto sulle coste di un anonimo dodicesimo posto.

Pecchia lavora con buona parte dell’organico che ha deluso l’anno prima, consapevole da subito di allenare giovani talentuosi da cui tirare fuori un potenziale ancora grezzo. Costruisce una squadra che cerca il controllo della palla e che vuole mettere l’avversario all’angolo.

Di tutto il lotto play-off è quella che ha conservato per più tempo lo stesso sistema di gioco: il 4-2-3-1 è il centro gravitazionale di una squadra che può permettersi la creatività di Franco Vazquez, Valentin Mihaila e Dennis Man a sostegno della punta centrale.

Ma la punta centrale è Inglese, che alla fine non ingrana mai; più passa il tempo e più aumenta il rimpianto per la leggera cessione estiva con cui il Parma lascia al Bari Walid Cheddira per 380 mila euro + il 50% della futura rivendita, salvagente economico per compensare la perdita tecnica.

L’inizio è molto promettente ma quando il talento collettivo sembra essersi messo finalmente a fuoco, la stagione prende una piega schizofrenica. I risultati del Parma sembrano estratti a sorte da un computer e le tre sconfitte consecutive in casa di fine 2022 rigettano l’ambiente nello sconforto. Lo stesso Pecchia, sconsolato, arriva a dire che «quando giochiamo sotto tono perdiamo, quando esprimiamo un livello alto al massimo pareggiamo».

Il Parma chiude ogni partita con un volume di occasioni alto e spesso finisce per incassare gol all’unico tentativo avversario, momento che apre una parentesi dimenticabile di 4-3-3.

L’esperimento si chiude dopo il 4-0 incassato a Bari, un crollo che convince Pecchia a tornare sui suoi passi. I risultati restano all’apparenza casuali - in due settimane perde 0-1 con l’Ascoli ma vince 3-4 a Frosinone in 9 vs 11 - ma il lavoro sembra piano piano introiettarsi in tutti i giocatori.

In mancanza dei gol degli attaccanti, il 4-2-3-1 si ridisegna: Franco Vazquez si alza come falso nove e Benedzyack entra in pianta stabile tra i titolari nell’atipico ruolo di ala sinistra.

Galleggiando tra le linee, El Mudo riesce a fare ciò che gli riesce meglio: trovare spazi che in B sono riservati solo alla sua vista. Se oggi il Parma inizia i play-off dalla semifinale probabilmente lo deve al suo giocatore più visionario, quello a cui basta venire indietro a prendersi la palla per cercare le imbucate giuste su Benedzyack e Man, i cui tagli verso l’interno diventano presto un marchio del gioco offensivo che Pecchia cerca dal primo giorno di ritiro.

Dopo l’ultima sosta il Parma aggredisce il finale di stagione con cinque vittorie e due pareggi. Tra le vittorie c’è n’è una più dolce di altre, quella in rimonta contro il Cagliari: il segno di una squadra che per la prima volta ribalta completamente uno svantaggio ma soprattutto una vittoria decisiva a posteriori, perché a parità di punti con i sardi può volare direttamente in semifinale.

Se c’è un pessimo momento per affrontare il Parma, è questo. Per tutto l’anno ha dato l’impressione di essere devastante quando riesce a schiacciare l’avversario ma allo stesso tempo così fragile da poter rovinare tutto in pochi secondi. In teoria sarebbe una squadra ideale da affrontare nei playoff, ma Pecchia pare essere riuscito a mascherare i difetti della squadra e le ultime vittorie casalinghe con Cagliari e Venezia, le due più in forma del finale di stagione, danno la misura della crescita.

La squadra che arriva ai playoff sembra più matura, e aiutata dall’inserimento di giovani vibranti come Camara e Bonny, un trequartista del 2002 il primo e un esterno 2003 il secondo. Quando la partita è bloccata riescono ad aggiungere spesso un po’ di sana entropia.

I giocatori che andranno comunque in Serie A

Se l’anno scorso la stagione si era chiusa con diffusi barlumi di speranza per la successiva, grande merito è del talento scintillante di Adrien Bernabè. Pur in una stagione meno appariscente, Bernabè ha preso per mano il centrocampo emiliano. Il suo baricentro basso non gli impedisce di resistere agli urti ed è un piacere vederlo uscire in tutti i modi possibili sulla prima ricezione: che sia un controllo orientato, una verticalizzazione spalle alla porta o un duello fisico, il regista catalano ordina il gioco come un veterano senza tralasciare del tutto l’aspetto più ludico del gioco.

È un giocatore entusiasmante da guardare, un regista capace di dribblare (1.5 a partita) ma soprattutto offrire al pubblico l’unità minima per avvicinarsi al calcio: il divertimento.

Cagliari

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Filippo Falco

Calciatore che viene più ammonito: Nahitan Nandez

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Nicholas Viola

3 gennaio 2023. Claudio Ranieri è appena tornato a Cagliari, dove sta tenendo la sua conferenza stampa di presentazione. Eredita una squadra piena di grandi nomi - Lapadula, Pavoletti, Nandez, Mancosu, Rog e Viola su tutti - ma ferma a un deludente quattordicesimo posto, con 22 punti in 18 partite.

Dopo mezz’ora di esibizione dialettica, sta per salutare i presenti. La calma paterna con cui arrotonda ogni concetto è confortante. Il suo ritorno in B sembra così fuori dal mondo che nessuno in quel momento dubiterebbe della rimonta. Tranne un giornalista che gli chiede il tempo di un’ultima domanda, con Ranieri più in piedi che seduto. «Lei ha visto qualche partita del Cagliari di quest’anno?». Ranieri risponde di sì, ha visto le ultime cinque-sei. E il giornalista lo incalza: «Come fa a dire che dobbiamo fare una squadra di guerrieri? Ha visto i problemi che ci sono?»

Ranieri - con la saggezza di chi pare conoscere i segreti nascosti del gioco - gli dice solo: «Mi dia tempo».

Ranieri è il genitore in controllo, quello che non solo sa quanto ci vuole ma anche come sistemare ogni cosa al suo posto. Se anche non lo sapesse, nessuno riuscirebbe a sospettarlo. A Natale il Cagliari ha solo tre lunghezze sulla zona retrocessione, è andato dieci volte in svantaggio e ha sul groppone due mesi consecutivi senza successi. Lapadula si assume il ruolo di leader tecnico ed emotivo della squadra: è un trascinatore non solo per i 21 gol con i quali si arrampica sulla classifica marcatori, ma per la sua capacità di leggere i momenti della partita.

Annusa i cali di concentrazione delle difese e soprattutto dei suoi compagni; nelle fasi più dormienti prova ad accendere piccole micce: una scivolata con un pressing improvviso o un tiro dalla distanza provato tanto per far vibrare lo stadio, alimentare il fuoco.

Lapadula è un giocatore fuori scala per questo campionato ed è bastato costruirgli attorno un sistema di gioco con un minimo di senso che sta trasformando in oro tutto ciò che tocca. Chiude la stagione regolare da capocannoniere con un filotto di undici reti in undici partite, la statistica che smaschera i giocatori in grado di trovare il bug nel sistema.

Ma è il suo atteggiamento battagliero a raccontare ciò che Ranieri intende quando parla di squadra di guerrieri. Una squadra aggressiva, determinata a chiudere la stagione senza rimorsi. Tra febbraio e aprile pareggia quasi tutti gli scontri diretti che si trova a giocare - Bari, Venezia, Frosinone, Genoa, Sudtirol e Pisa - nel finale il Cagliari sembra essersi plasmato a sua immagine e somiglianza, portando a casa alcune vittorie larghe (0-4 con la Reggina e 0-5 col Perugia) ma soprattutto una striscia di quattro successi consecutivi.

Con la media di 1.78 punti a partita (Liverani esonerato con 1.25) Ranieri chiude al quinto posto, un risultato insperato a dicembre che non gli eviterà però di partire dal preliminare contro il Venezia, una delle squadre più in forma di questo finale di stagione. Sarà forse la partita da tenere d’occhio in questi playoff. Il Cagliari ci arriva nel momento migliore possibile e non sembra un caso. Come tutti gli allenatori di grande esperienza, Ranieri ha portato la sua squadra al livello più alto in prossimità dei play-off. Quando gli chiedono se la squadra è ormai matura, dice di sì, riportando l’attenzione sul livello di agonismo raggiunto dai suoi ragazzi: «È la Serie B a richiederlo».

Ai play-off ci aspettiamo quello che abbiamo visto nelle ultime partite: una squadra verticale, che cerca sempre le punte a costo di alzare la palla in aria una volta in più. La capacità di ripulire palloni di Pavoletti e Lapadula attiva spesso Mancosu, occhi e mente di questa squadra.

Dai suoi piedi le scelte diventano varie: Azzi o Zappa da portare al cross, Nandez da servire sulla corsa o un dialogo più diretto con le punte. Il Cagliari fa leva su un volume molto alto di palloni che atterra nella metà campo avversaria e sulla conquista delle seconde palle, ma quando incontra squadre più abbottonate ha tecnica a sufficienza per girare palla in attesa di varchi e isolare Azzi, un terzino che ricorda Spinazzola per lo stile con cui dribbla o entra dentro il campo.

Difensivamente i sardi sono già un’eccellenza: nonostante i 23 gol subiti durante la gestione Liverani, Ranieri è riuscito a chiudere con la terza miglior difesa del campionato dopo Frosinone e Genoa. In Serie B sono poche le squadre che accettano la palla in impostazione e per i sardi sembra sempre troppo facile arginare posizionalmente gli attacchi avversari.

Grossi difetti strutturali il Cagliari non ne ha, se non un piccolo campanello d’allarme suonato nella regular season: eccezion fatta per lo 0-4 inflitto alla Reggina, i sardi non hanno mai battuto una delle prime otto. Questi spareggi saranno un ulteriore esame per confermare la bontà del percorso di Ranieri che, gradualmente, ha restituito ai rossoblù l’identità che merita e la sensazione di poter ribaltare tutte le statistiche avverse.

I giocatori che andranno comunque in Serie A

La maggior parte della rosa ha già vissuto la Serie A e nella Sardegna vede una scelta di vita: è il caso di Nandez, che sembrava destinato a lidi più ambiziosi già a gennaio dell’anno scorso o di Lapadula, che ha dichiarato di voler restare più tempo possibile. Sarebbe curioso rivederli di nuovo nella massima serie, con Ranieri in panchina. Difficilmente Giulini smobiliterà l’ossatura in caso di mancata promozione, ma se dovessimo segnalare due giovani promettenti arrivano entrambi dalla difesa: Andrea Dossena e Adam Obert.

Dossena è un difensore centrale del ’98, scuola Atalanta, molto fisico: praticamente mai utilizzato da Liverani, dall’arrivo di Ranieri ha spesso e volentieri tolto il posto a Goldaniga e Altare. Parliamo di un marcatore puro, molto abile nelle letture e forte nell’uno contro uno con l’attaccante avversario. Nel girone di ritorno ha silenziato parecchie bocche di fuoco della B e la sua prima stagione in questa categoria si chiude con il 64% dei duelli vinti e otto clean sheets.

Qui è bravo a rimediare a un anticipo leggermente lungo usando il corpo per proteggere il tentato scippo e fermare una potenziale ripartenza a campo scoperto.

Obert è un 2002 ed è fra i tre U-20 più utilizzati del campionato: prospetto della primavera già apprezzato da Mazzarri lo scorso anno, lo slovacco - già convocato in nazionale maggiore - è diventato presto perno di una squadra che all’occorrenza lo ha utilizzato anche in fascia. A differenza di Dossena, Obert predilige più la costruzione dal basso ed è un’ottima alternativa in fase di impostazione.

Ma Ranieri non risparmia nessuno dalla sacra arte della difesa, e dopo qualche errore nel girone d’andata sembra aver messo apposto le lacune di Obert come un osteopata: oggi il numero 33 porta a casa l’etichetta di centrale affidabile con 29 partite al primo anno di B, e ha già le spalle più larghe.

Sudtirol

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Joaquin Larrivey

Calciatore che viene più ammonito: Andrea Masiello

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Joaquin Larrivey

Il Sudtirol è davvero la squadra su cui nessuno avrebbe puntato un euro a inizio anno. Ironico, se pensiamo che solo nell’ultima giornata gli altoatesini sono stati spodestati dall’accesso diretto alla semifinale, dopo un girone di ritorno condotto interamente in quarta posizione.

Col senno di poi si può dire la squadra abbia pagato l’impatto traumatico con il nuovo campionato. Dopo una stagione di C resa ancor più esaltante dai soli nove gol incassati in un anno, i biancorossi partono in ritiro senza l’allenatore della promozione, Javorcic, per cui il Venezia ha pagato la clausola rescissoria.

Il sostituto, Zauli, smette di convincere già durante le amichevoli e non fa neanche in tempo a iniziare che il suo contratto viene già cestinato. Nel momento di maggior confusione il campionato inizia con l’allenatore in seconda in proroga, Leandro Greco, e le prime tre partite se ne vanno con un solo gol fatto e otto subiti. Ovviamente zero punti. La scelta, come spesso capita in questi casi, ricade su un profilo esperto e coincide col nome di Pierpaolo Bisoli.

Gli allenatori subentrati dicono sempre di non avere bacchette magiche, figuriamoci in un club neo-promosso che ha appena attraversato una piccola apocalisse. Bisoli, però, conosce così bene questo campionato che la bacchetta se la ritrova già in mano. Si presenta con l’obiettivo di raggiungere la salvezza all’ultimo minuto dell’ultima giornata e invece ci vuole il Genoa per fargli perdere la prima partita dopo tre mesi, alla sua tredicesima panchina.

La cura è di quelle ancestrali: un 4-4-2 denso, dove la palla viene consegnata per scelta agli avversari, come dimostra il 37% medio di possesso. È una squadra che vive di duelli fisici e che in fase offensiva riempie l’area di corpi e fa piovere cross. Davanti Odogwu è stato una straordinaria rivelazione del campionato. 33 anni, una vita tra dilettantismo e Lega Pro, il numero 90, che in estate era in uscita, sta vivendo il suo riscatto personale grazie alla posizione centrale cucita da Bisoli.

E se da una parte c’è un centravanti-cestista, sulle fasce Bisoli cerca di portarsi a casa la restante parte del fatturato dei tiri con i talenti di Casiraghi e Rover, i due giocatori da cui transitano tutte le azioni biancorossi per la loro capacità di creare superiorità numerica, venire dentro al campo o semplicemente raccogliere una sponda di Odogwu.

Alla coda di un grande girone di ritorno, nelle ultime 8 partite gli altoatesini vincono una sola volta ma soprattutto perdono l’ultima giornata contro un Modena già sicuro di salvarsi, scivolando in sesta posizione. Una sconfitta che comunque non sminuisce in nessun modo il cammino esaltante portato avanti dal Sudtirol.

Ora però la squadra sembra stanca.Basare un’intera stagione sull’intensità fisica e sulla concentrazione maniacale di tutta la fase difensiva ha un prezzo, di gambe e di testa. Bisoli dice di aver visto la squadra in netta crescita fisica e in molti casi è vero che basta superare il primo turno per recuperare energie supplementari.

I due risultati su tre contro la Reggina portano la squadra sul territorio di maggiore comfort, con gli avversari costretti a scoprirsi e lasciare spazi lunghi in contropiede. E poi Tait e compagni sembrano conoscere il segreto per far finire le partite 0-0 quando vogliono farle finire 0-0. Una buona notizia in vista della Reggina ma con il crescente rammarico di non aver chiuso in una posizione che gli avrebbe garantito di pareggiare più volte.

Se è vero che il Sudtirol arriva come la meno in forma di tutte, è anche quella che più liberamente può godersi questo traguardo senza l’ansia della Serie A e soprattutto quella che con il suo spirito iper-agonistico potrà tenere aperte tutte le partite fino all’ultimo secondo disponibile.

Si può riassumere la foga di una squadra con una sola azione di un gol annullato? Probabilmente sì: un pestaggio al pallone e i giocatori che non potendo più entrare in possesso del pallone sfondano letteralmente sugli avversari, fanno retrocedere i difensori uno ad uno finché non entrano con la palla dentro. Spettacolari le proteste.

I giocatori che andranno comunque in A

Luca Belardinelli è un centrocampista centrale del 2001 e in estate farà ritorno all’Empoli, da dove arriva in prestito.Questa è stata la sua prima stagione di B, in un sistema tattico molto definito in cui tra le richieste principali doveva coprire porzioni molto ampie di campo e smistare palla sulle fasce.

Reggina

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Joel Obi

Calciatore che viene più ammonito: Zan Majer

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Thiago Cionek

Sono i minuti di recupero di una stagione travagliata. Chi vince tra Reggina e Ascoli, conquista un posto ai play-off; in caso di pareggio, si qualificherebbe il Palermo. Lo 0-0 sembra inchiodato quando il portiere amaranto Nikita Contini invita tutti a salire. La palla atterra precisa in direzione di Fabbian, cinturato alle spalle: il centrocampista di proprietà dell’Inter accetta la caduta e - con una mezza rovesciata - ripulisce in volo l’azione. È una di quelle giocate che accendono il fuoco negli altri. Le due punte subentrate - Gori e Galabinov - scambiano e mandano in isolamento Gigi Canotto, che sfida a viso aperto il suo marcatore e angola il tiro sul secondo palo. Il Granillo impazzisce. Pippo Inzaghi esulta come fosse ad Atene, probabilmente anche di più. È un settimo posto insperato.

Quello della Reggina è un anno difficile da raccontare ma con due orizzonti temporali ben distinti tra loro. La spensieratezza del girone d’andata, con Jeremy Menez che cammina sulle acque da falso nove, il 4-3-3 meccanico di Inzaghi, i colpi di testa di Fabbian, la regia di Hernani, i dribbling di Canotto.

Jeremy Menez, in sintesi.

Poi c’è la pesantezza del girone di ritorno, con i 5 punti di penalizzazione, il mercato di gennaio fermo e la squadra smarrita. Arrivano 7 sconfitte in 9 partite. Gli amaranto non solo abbandonano ogni speranza di A diretta, ma fanno i conti con la concreta possibilità di uscire dai play-off. Inzaghi stringe la cinghia e si avvia al finale di stagione con un 3-5-2 che riduce il potenziale offensivo ma spegne gli incendi difensivi. I risultati sono alterni, eppure la Reggina - gattonando - si tiene a ridosso dei play-off fino alla fine. Il resto è la storia che conosciamo.

Ora la squadra brillante di inizio stagione non c’è più, e per Inzaghi sarà difficile ritrovarla ai play-off, considerando che a Bolzano mancheranno Rivas e Menez, due dei giocatori più creativi. Al preliminare la Reggina avrà un solo risultato a disposizione contro il Sudtirol, una squadra che ama soffocare gli spazi e aspettare gli avversari. I calabresi probabilmente riceveranno il pallone in consegna dal primo minuto e servirà una gara misurata per trovare interstizi che solitamente gli altoatesini non lasciano. Sarà interessante, in questo senso, scoprire il piano gara di Inzaghi, spesso a suo agio in un gioco diretto che arrivi velocemente sugli attaccanti e probabilmente costretto a rivedere qualcosa contro l’avversario dalla più bassa percentuale di possesso palla ai play-off (37%).

D’altro canto la qualificazione insperata potrebbe restituire alla Reggina la leggerezza di inizio anno, il cerchio potrebbe chiudersi. Nel frattempo c’è Jeremy Menez che aspetta la fine della squalifica seduto su una semifinale ipotetica.

I giocatori che andranno comunque in A

Giovanni Fabbian è uno dei talenti più luminosi dell’intero campionato di B. A 19 anni sembra già aver capito molto bene come usare il proprio corpo: a dispetto di una tecnica ancora non molto evoluta, è una mezzala intensa che attacca continuamente gli spazi in verticale e riempie l’area di rigore. Il giocatore perfetto per chi cerca un centrocampista fisico nei duelli difensivi ma anche bravo in area di rigore.

Ma non è il solo: Niccolò Pierozzi, esterno 2001, tornerà quasi sicuramente a Firenze (viola proprietari del cartellino) come vice Dodò. Sperimentato sia in una linea a quattro dietro che come quinto, Pierozzi ha conquistato Reggio per lo slancio atletico con cui percorre la fascia ogni sabato. Quando la palla passa dai suoi radar sembra indemoniato. Non conosce ritmi bassi e diffondela sensazione di poter sempre far vibrare le partite. A Vincenzo Italiano piacerebbe.

Venezia

Calciatore che non sapevi dove fosse finito: Luca Ceppitelli

Calciatore che viene più ammonito: Francesco Zampano

Calciatore con poche probabilità di segnare il gol promozione, motivo per cui sarebbe bellissimo se accadesse: Dennis Johnsen

Prima dell’arrivo di Paolo Vanoli il Venezia sembrava una squadra abituata a perdere. L’intenzione dichiarata era il ritorno veloce in Serie A, ma i risultati erano sconfortanti. Prima dell’arrivo di Paolo Vanoli il Venezia è al penultimo posto, la Serie C ha un coltellino puntato sulla sua gola. Nessuno sa cosa aspettarsi da un allenatore che meno di un anno fa otteneva la sua prima panchina allo Spartak Mosca, vincendo una coppa di Russia ma abdicando subito a causa della guerra.

Le esperienze però non mancano: prima di guidare una squadra, è stato assistente di Ventura in Nazionale e collaboratore tecnico di Antonio Conte tra Chelsea e Inter, un periodo che lo aiuta soprattutto nella gestione di giocatori dalle nazionalità molto diverse com’è nel caso del Venezia. L’allievo di Conte, dunque, arriva in laguna e come prima cosa blinda il 3-5-2.

Perde la prima ma con sorprendente velocità detta l’organizzazione e setta tutto il gruppo sulla salvezza. Quando oggi gli chiedono cosa sia cambiato dal suo arrivo, dice: «L’ambiente era triste e i motivi sono almeno due. Il primo è che quando retrocedi, se la società non capisce dove intervenire, porti avanti il problema; il secondo è che i giocatori non capivano perché tutti quelli che ci affrontavano, dicevano che eravamo forti. Io gli ho detto che se siamo ultimi non siamo forti, e quindi dovevamo solo pensare a salvarci con umiltà e sacrificio. E piano piano siamo riusciti a fare questa grande cavalcata».

In poco tempo il metabolismo della squadra cambia: il Venezia affronta le partite con la foga delle squadre di bassa classifica ma non snatura mai la sua identità, che passa dalla supremazia con il pallone e dal controllo del ritmo partita. I tre difensori aggrediscono in alto (ognuno di loro ha medie da 1.3 a 1.9 intercetti per gara) e non danno mai il tempo di rifiatare agli altri. Gli esterni di centrocampo - Zampano e Candela - non sono difensori aggiunti e invece attaccano. Le due punte dialogano secondo i precetti aggiornati di Antonio Conte, e Pohjanpalo intercetta un’onda su cui sale senza più scendere.

Non è mai sbagliato guardare una compilation di gol di Joel Pohjanpalo.

Tra febbraio e marzo, però, arriva il periodo peggiore: un mese intero senza vincere complica di nuovo la classifica e Vanoli lascia intravedere un piccolo segno di sfiducia. «Sto facendo fatica a fargli capire cosa sia la Serie B, lo ammetto. Ci sono tanti giocatori che - come me d’altronde - vogliono giocare a pallone, ma dobbiamo imparare che ci sono gare in cui devi essere sporco».

Nell’arco di tre partite - contro Palermo, Ternana e Modena - realizza 12 gol e costruisce le premesse per una qualificazione ai playoff insperata. Ora però il Venezia ha il vento a favore. Il cammino fatto ha tracciato un percorso, e forse a ogni tifoso basta sapere di avere una direzione per bollare un’annata come soddisfacente. La squadra più in forma del campionato ha il lato della tabella più complesso: sabato affronta il Cagliari con un solo risultato su tre, e se dovesse andare bene troverà il Parma in semifinale. Il Venezia ha già dimostrato di sapersi spingere oltre le proprie possibilità, e presentarsi agli spareggi con grande serenità è l’aspetto che più di tutti può giocare a favore di una nuova impresa.

I giocatori che andranno comunque in A

È innegabile che chiunque voglia vedere Pohjanpalo all’azione in Serie A ma difficilmente andrà via anche in caso di permanenza in B. Il suo attaccamento alla città lo conosciamo ormai. La curiosità allora si stringe su Andrea Carboni, grande protagonista da gennaio della risalita arancioneroverde.

Il difensore 2001 aveva lasciato un’ottima impressione nella disastrosa stagione del Cagliari e quest’anno il Monza ci aveva puntato per il suo primo anno di A. Le cose non sono andate bene e il difensore sardo, mai impiegato, ha preferito recuperare minutaggio giocando per la penultima in classifica di B. È un difensore attento nelle letture e spregiudicato negli uno contro uno. Carboni permette al Venezia di avere un giocatore bravo a impostare, e sempre aggressivo in avanti.

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