E così finalmente è arrivata la tanto attesa serata delle 18 partite di Champions League in contemporanea. Un momento a suo modo storico, il culmine dell’intrattenimento offerto dal nuovo formato, l’evento che in una certa misura avrebbe dovuto giustificarne l’esistenza. A meno che la vostra squadra del cuore non avesse avuto qualcosa da giocarsi, se da spettatori neutrali avete seguito la diretta gol a 17 partite (Inter-Monaco era in esclusiva su Prime Video e non faceva parte del multicast di Sky Sport), probabilmente avrete avuto una sensazione strana, diversa dal solito. Una sensazione che gli appassionati del giovedì conoscevano già, ma che per chi si limita alla Champions deve essere stata un’esperienza collettiva simile a Sanremo (se Sanremo fosse costretto a cedere la linea ogni cinque minuti a una partita degli Young Boys).
Non abbiamo avuto nemmeno un paio di minuti per distenderci sul divano e aggiustarci il plaid che gli eventi hanno subito iniziato ad accavallarsi tra di loro. Alle 21:05 i telecronisti già fanno fatica a commentare gli avvenimenti, perché arrivano ben cinque gol di fila, qualcosa forse di mai visto nella storia delle Diretta Gol. Prende la linea Birmingham per il primo gol dell’Aston Villa contro il Celtic. Giusto lo spazio per un replay che subito interviene Salisburgo, dove Griezmann ha aperto le marcature per l’Atlético Madrid. Senza soluzione di continuità arriva l’annuncio del gol con cui Saharoui ha portato in vantaggio il Lille sul Feyenoord. Insomma, nemmeno il tempo di realizzare chi-stesse-giocando-contro-chi che già avevamo avuto una striscia di gol pressoché in contemporanea conclusa dal raddoppio dell’Aston Villa sul Celtic con Morgan Rogers. Se la serata fosse proseguita in questo modo, probabilmente, avremmo fatto la fine di Peter Griffin di fronte alla finta videocassetta di The Ring, stramazzati al suolo con la bocca aperta.
Anche se, come era inevitabile, le 36 squadre non hanno continuato a segnare a quel ritmo, sono successe tantissime cose. Per questa ragione abbiamo deciso di fare questa sorta di pezzo miscellanea, in cui abbiamo raccolto il meglio e il peggio della serata di ieri (a parte Barcellona-Atalanta, di cui abbiamo scritto a parte). Buona lettura.
IL MILAN HA BUTTATO UN’OCCASIONE D’ORO
C’è stato un momento, dopo l’insperato pareggio di Pulisic al 53', in cui il Milan si è ritrovato improvvisamente tra le prime otto squadre. Sono stati sette minuti che rimarranno nella memoria dei tifosi rossoneri, e che potrebbero ripresentarsi come fantasmi se il sorteggio dovesse essere infausto, ricordandogli l’incredibile occasione buttata al vento con la Dinamo Zagabria. È stata una sconfitta per certi versi casuale, con il brutto errore in impostazione di Gabbia che ha propiziato l’1-0 di Baturina, l’ingenua doppia ammonizione di Musah che ha impiccato definitivamente la serata, e il rigore tolto a Leao nel secondo tempo che ha ammazzato anche la speranza di una rimonta impossibile. Sono serate che capitano a tutti, ma rimane il fatto che il Milan aveva una via piuttosto semplice per evitarsi due partite difficili e arrivare direttamente agli ottavi, e invece i suoi problemi si sono ripresentati nel peggiore dei momenti.
Ovviamente è difficile fare ragionamenti tattici su una partita giocata per più di un tempo in dieci, ma la difficoltà cronica a trovare un equilibrio inizia a questo punto della stagione ad essere preoccupante. Si pensava fosse frutto delle velleità con il pallone di Paulo Fonseca, ma evidente che i problemi fossero più profondi. Il Milan tende a spaccarsi in due, non sa come gestire le transizioni difensive e sembra avere una coperta sempre troppo corta. Quando porta troppi uomini sopra la linea della palla rischia di prendere gol, quando ne porta troppo pochi non sa come essere pericoloso. È ingiusto chiedere a Conçeicao tutte le soluzioni in poche settimane, ma la partita di ieri ha dimostrato che la strada da percorrere è ancora lunga.
LA SERATA PARADOSSALE DELLA DINAMO ZAGABRIA
Per il pubblico italiano la Dinamo Zagabria significava farsi un sorriso di fronte a Fabio Cannavaro invecchiato in panchina, magari ignorando quanto si stesse giocando nella serata di ieri. La squadra croata ha fatto un grande percorso in Champions League, arrivando alla sfida contro il Milan con 8 punti conquistati con due vittorie su Slovan Bratislava e Red Bull Salisburgo, e due pareggi con Celtic e Monaco. La Dinamo Zagabria ha perso con le squadre contro cui non aveva scampo (Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Arsenal) e per il resto ha fatto il massimo che poteva fare. Anzi, più del massimo. Insomma, va bene l’espulsione di Musah e il rigore tolto a Leao, ma chi si aspettava che ieri potesse anche solo cavare un punto contro il Milan?
Alla fine con un grande gol di Marko Pjaca (che, insieme all’ingresso di Marko Rog, ha completato il quadro dei nostri ricordi), la Dinamo Zagabria di punti ne ha ottenuti addirittura tre ed è stato piuttosto straniante vedere al fischio finale i suoi giocatori distrutti dopo aver ottenuto una delle vittorie più prestigiose della loro storia. È stata una scena speculare a quella che intanto andava in scena all’Etihad, dove i giocatori del Club Brugge festeggiavano la sconfitta per 3-1 contro un Manchester City che li aveva appena superati in classifica, buttando fuori dalle prime 24 proprio la povera Dinamo Zagabria. Secondo vari modelli matematici, tra cui quello di Opta, con 11 punti c’erano più del 99% di probabilità di qualificarsi ai playoff. Insomma, la Dinamo Zagabria ha vissuto quasi l’equivalente di essere colpiti dal frammento di un meteorite caduto dal cielo camminando per strada, e giudicate voi se questo dettaglio vi esalta sul funzionamento di questa nuova fase campionato della Champions o meno. Di certo ci metterò qualche giorno a dimenticarmi la faccia di Josip Misic che, dopo aver festeggiato con i compagni a metà campo, viene a sapere dell’eliminazione subito dopo la fine della partita.
LA JUVENTUS È IN CADUTA LIBERA
Sin dai primi collegamenti con l’Allianz Stadium, il giudizio di Daniele Barone, telecronista di Sky e decano della Diretta Gol, è stato inappellabile: la Juventus soffriva e il Benfica sembrava di un altro livello. La squadra di Motta ha subito praticamente dal calcio d’inizio, concedendo due grandi occasioni nel primo minuto e mezzo di gioco. Poi, subito dopo aver perso un altro difensore per infortunio, ha anche incassato il primo gol: un lancio in alleggerimento di un difensore del Benfica è stato letto male da Gatti e ha spalancato l’area di rigore a Bah che così ha servito tutto solo Pavlidis, abbronzatissimo e stempiatissimo centravanti greco di 27 anni che ha tutto per diventare il centravanti di culto di questa edizione della Champions League. Il greco non segna molto in campionato (4 reti), ma quello di ieri è stato il suo quinto gol in Champions League. Sarà l'aria delle notti europee.
Per il Benfica affrontare la Juventus è stato come giocare al gatto col topo: ogni volta che i portoghesi muovevano il pallone i bianconeri sembravano troppo lontani - o forse era la tecnica dei portoghesi a dilatare gli spazi: possono cambiare gli allenatori, ma gli "encarnados" mantengono sempre un livello qualitativo altissimo.
Non c’è stato un singolo aspetto - tecnico, tattico, mentale, atletico - in cui la Juventus abbia saputo competere. Il 2-0 finale di Aktürkoglu è servito solo a certificarlo.
Con la partita di ieri, i precedenti tra Juve e Benfica parlano di 9 incontri, un pareggio, una sola vittoria bianconera e addirittura 7 sconfitte: insomma, se la storia ci ha insegnato qualcosa è che il Benfica non era di certo l’avversario contro cui Motta avrebbe dovuto trovare risposte. Il presente, però, dice che Juventus e Milan potrebbero incrociarsi negli spareggi e che la vincente potrebbe addirittura pescare l’Inter. Se già la stagione delle due squadre è un disastro, l’eventuale eliminazione in un derby europeo la renderebbe una tragedia storica - o un'occasione di riscatto?
PICCOLI MOMENTI DI FOLLIA DELLA SERATA DI IERI
Le squadre italiane, comunque, erano solo una piccola parte dello spettacolo, tranne per chi era appollaiato sul trespolo per gufare Milan o Juve. E così la Diretta Gol ha continuato a passare da un campo all’altro regalandoci momenti di intrattenimento: per esempio la riscossa di PSV e Celtic (seppur temporanea). Col formato attuale della Champions, se da una parte, per l’assenza dei gironi, diventa difficile capire su quali partite sintonizzarsi di settimana in settimana, dall’altro possiamo conoscere squadre alle quali altrimenti avremmo prestato meno attenzione. Chi, negli scorsi mesi, ha scelto di seguire la Champions League con la Diretta Gol, ha avuto modo di apprezzare due squadre frizzanti come il PSV di Bosz e il Celtic di Brendan Rodgers. Gli olandesi riescono a coniugare come pochi qualità tecnica e verticalità. Certo, il Liverpool sconfitto ieri per 3-2 era pieno di riserve, ma potrebbero essere la sorpresa di questa Champions League (agli spareggi potrebbero incontrare o questa Juve non proprio irresistibile o il Feyenoord post-Slot, e potrebbero battere entrambe).
Il Celtic, che finirà per pescare Bayern o Real Madrid, invece ha saputo rimontare il 2-0 iniziale dell’Aston Villa. Nel secondo tempo, però, grazie a un contropiede e a un errore degli scozzesi in costruzione, la squadra di Emery è riuscita ad avere la meglio per 4-2. Nel mezzo, un errore tragicomico di Ollie Watkins dal dischetto, che su calcio di rigore è scivolato e col destro ha finito per calciarsi addosso sulla caviglia sinistra, un po’ come aveva fatto Carlos Bacca in un Sassuolo-Milan di qualche anno fa (stavolta la palla è finita altissima).
Sì, sono io. Probabilmente ti starai chiedendo come sono finito in questa situazione.
È inevitabile che in una serata con 18 partite prima o poi spuntino dal nulla momenti paradossali del genere. Ci ha messo del suo anche Norberto Murata detto Neto, portiere che ricorderanno i tifosi di Fiorentina e Juventus. Lanciato titolare in un Arsenal pieno di seconde linee in casa del Girona, alla mezz’ora, su una palla in profondità per Danjuma, ha pensato bene di uscire dalla porta senza nessun motivo valido, come una persona che viene schierata per la prima volta in vita sua in porta ma in una partita di Champions League. Cosa ancora più divertente: nonostante fosse fuori area, Neto ha provato lo stesso a parare con le mani. Rotto per rotto rompiamolo tutto, si dice dalle mie parti.
INTERMEZZO SUL CAMPO NON COLLEGATO: COME È ANDATA INTER-MONACO
Sotto la campana di vetro dell'esclusiva Prime si è giocata Inter-Monaco e chi non l’ha potuta seguire col doppio schermo si è perso una prestazione luccicante della squadra di Inzaghi. Forse la prima mezzora migliore della stagione, se queste statistiche avessero davvero senso. Bastava anche un pareggio ma Inzaghi ha schierato la migliore formazione possibile e chi è sceso in campo l’ha fatto con la determinazione di chi voleva chiudere rapidamente la pratica. Fin dal fischio d’inizio l’Inter ha schiantato la squadra francese, manipolando le sue marcature a uomo in pressing alto. Anche per gli standard piuttosto alti della squadra di Inzaghi, raramente si è vista così lucida sulla trequarti avversaria e nella capacità di arrivare con più uomini a ricevere in area.
Un esempio. Lancio in profondità dalla difesa e, dopo un bellissimo primo controllo, Di Marco può arrivare a crossare basso dall’altra parte per Dumfries, che però manca il contatto col pallone.
L'allenatore del Monaco, Adolf Hütter, ha forse sottovalutato la fluidità dell’Inter, le connessioni sempre nuove e imprevedibili che si formano tra i suoi giocatori. In venti minuti si sono visti due gol, almeno altre due occasioni buone e in mezzo un cartellino rosso per fallo da ultimo uomo del povero centrale Mawissa, che ha provato come poteva a fermare Thuram lanciato in porta. Ritrovarsi con i due centrali in parità numerica contro Lautaro-Thuram è finita come ci si poteva immaginare - soprattutto l’atletismo strabordante del francese è risultato ingestibile per il marcatore diretto. Il terzo gol di Lautaro è arrivato solo al 67’ per via della decisione dell’Inter di gestire la partita. La giocata che forse i tifosi nerazzurri ricorderanno, però, è il doppio tocco in aria di Barella, che proprio ci teneva a ricordarci quanto sia forte.
TRAUNER, O TRAUNER
Gernot Trauner è il tipo di persona che non sembrerà mai davvero un calciatore professionista, anche se ha una carriera già bella lunga. Adesso ha quasi 33 anni ma non sembra essere stato mai veramente atletico, e c’è qualcosa di sinceramente commovente nel fatto che nel 2021, quando aveva 29 anni, è passato a una squadra di vertice nei Paesi Bassi, cioè il Feyenoord, dopo una vita passata in Austria.
Trauner ha tenuto la parte migliore della sua carriera quando il suo prime ormai era passato. Ha partecipato per la prima volta a una finale europea a trent’anni, e la scorsa stagione, quando gli anni sono diventati 31, ha esordito nella fase finale della Champions League. Purtroppo le cose non sono andate proprio come previsto.
Trauner era già un personaggio mitologico tra i tifosi della Roma per essere il difensore ad essersi fatto scappare Zaniolo nella finale di Conference League a Tirana, ma ieri, come dire, ha sfondato la quarta parete dell’assurdo diventando il primo giocatore della storia a segnare due autogol in una stessa partita di Champions League. È stata una tragedia nella tragedia più grande del Feyenoord, che a sua volta è diventata la prima squadra nella storia della Champions a farsi tre gol da sola, l’ultimo dei quali ha visto Trauner inciampare nel pallone in area dopo aver chiesto invano al guardalinee di alzare la bandierina del fuorigioco.
Ci dispiace rimarcare la crudeltà di un giocatore che, dopo essere arrivato dove non avrebbe mai sognato con il sacrificio e con il sudore, viene ricordato per i motivi sbagliati. A volte, purtroppo per Trauner, i detti “chi la dura la vince” e “attento a cosa desideri perché poi si avvera” possono però essere veri contemporaneamente.
PARTITE DI CUI NON FREGAVA NIENTE A NESSUNO
Arrivati all’ottava giornata di questa prima fase della nuova Champions League, era normale che qualche squadra non avesse più nulla da chiedere alla competizione. Anche le gare senza nulla in palio, però, hanno fatto parte dell’esperienza Diretta Gol. Ovviamente hanno avuto meno spazio, ma hanno trovato comunque il modo di farsi notare.
Young Boys e Stella Rossa di Belgrado, ad esempio, erano entrambe già eliminate, l’incontro di ieri era puro esercizio di stile. Da Berna ci saranno stati al massimo tre o quattro collegamenti. Uno di questi è servito a mostrarci l’incredibile errore sotto porta di Cherif Ndiaye, attaccante dei serbi, capace di mandare alle ortiche un’occasione che secondo FBref valeva l’enormità di 0,93 xG.
Un’altra partita da cui non avevamo nulla da chiedere era Stoccarda-PSG. A dire la verità, entrambe si giocavano la qualificazione, sarebbe bastato un punto a testa. Per questo si pensava al più classico dei biscotti, meglio due feriti che un morto direbbe il saggio. Ousmane Dembélé, però, non lo sapeva e, in una partita che avrebbe dovuto disputarsi all’insegna dell’amicizia e dei buoni sentimenti, ha scelto la violenza. Così, dopo il gol iniziale di Barcola, l’ex Barcellona ci ha messo il carico con una tripletta totalmente senza senso, confermandosi king assoluto del garbage time: cosa sarebbe Dembélé se a calcio si potesse giocare sempre con l’interruttore del cervello spento?
COSA PENSARE?
La diretta gol si conclude con le ultime partite quasi in dissolvenza, mentre le grafiche con la classifica e i possibili accoppiamenti diventano protagonisti. Si conclude così una serata in cui l’intrattenimento, per una volta, è sembrato più importante della competizione: tanti gol, pochi momenti morti e quindi poche distrazioni. Avrebbe certamente gradito Andrea Agnelli, secondo il quale il calcio andrebbe trasformato in una sequela di highlights per competere con gli streamer di Twitch e attrarre la generazione Z. Era questa la direzione nella quale avrebbe voluto costruire la sua Superlega e, in effetti, non va dimenticato come questo nuovo formato della Champions sia stato una sorta di concessione della UEFA ai grandi club, divenuta effettiva dopo il tentativo di colpo di stato della Superlega.
Domani ci saranno i sorteggi per capire come verranno accoppiate le squadre nei playoff, che si giocheranno tra l'11 e il 19 febbraio. La prima differenza rispetto al precedente formato, quindi, è che la Champions, che già è arrivata lunga con questa fase campionato, non si ferma davvero. Ricordiamo tutti i mesi di distanza dall’ultima partita della fase a gironi, il modo in cui caricavano di un’attesa impareggiabile l’arrivo degli ottavi di finale: tra dicembre e febbraio poteva cambiare tutto e le sorti di un’intera stagione dipendevano spesso da come una squadra avrebbe saputo gestire quel momento di stacco e la tensione che inevitabilmente si sarebbe accumulata. Forse il calcio contemporaneo dà troppo poco valore a questo tipo di pause, al carico emotivo che aggiungono, senza contare le preoccupazioni per la salute dei calciatori legate a tutte queste partite in più.
Sulla riuscita o meno della serata con tutte le partite in contemporanea, però, pesano soprattutto questioni di natura pratica alle quali forse si potrà porre rimedio con gli anni. Guardare tutte quelle partite, a un certo punto, è diventata un'esperienza fine a sé stessa, perché era impossibile tenere a mente tutti i cambi di classifica derivati dai risultati con ciò che avrebbero comportato per gli spareggi. Forse la classifica era anche meno mobile di quanto si pensasse all'inizio, alla fine non c'erano davvero tutte queste squadre a giocarsi qualcosa di decisivo.
Quali erano le questioni in sospeso? Quali i centri narrativi? Qualcuno davvero dubitava che il Manchester City non battesse il Club Brugge? Certo, c’è stato quel tornante dei secondi tempi in cui Lille, Aston Villa, Atalanta e Milan si sono contesi gli ultimi posti della top-8. Col Milan che però non riusciva nemmeno ad avvicinarsi alla porta della Dinamo, fare ragionamenti sulla differenza reti che stava diventando favorevole per il Lille (che intanto ne aveva fatti 6 al Feyenoord) è diventato puro sofismo. C'entra sicuramente anche il calendario che ha messo di fronte alle due squadre più in difficoltà (PSG e City) avversari molto abbordabili, oppure il fatto che gli ultimi minuti, di solito i più eccitanti in serate del genere, siano stati quelli più noiosi.
Chissà, magari è stato solo un caso, nel frattempo siamo sicuri che avrete già iniziato a farvi un'idea.