
Vi ricordate dove eravate, la sera di Italia-Turchia? Era l’11 giugno del 2021 e i primi giorni d’estate ci si poteva ancora permettere una camicetta leggera sopra la maglia a maniche corte. Abbiamo visto la partita in un parco pubblico che aveva montato un maxi-schermo. Si mangiavano arrosticini e si beveva birra. Era passato un solo anno dall’estate del Covid, con le partite di Champions giocate stranamente a luglio.
Ricordo la voglia di stare insieme, ma anche la felicità del calcio, l’aspettativa gioiosa che circondava la Nazionale Italiana. Non c’era un’ombra di preoccupazione. Al massimo qualcosa di vago che scacciavamo con leggerezza. E invece c’era un esotico desiderio di stupire. Non faceva parte della nostra natura di italiani, pessimisti o scaramantici, ma quella Nazionale, dallo spirito così leggero, ci aveva contagiato. Ripenso a quella partita, a quella squadra allenata da Roberto Mancini, e faccio fatica a ricostruire il processo emotivo che ci aveva portato lì. Mi sembra inconcepibile, oggi: sono trascorsi solo quattro anni ma ne sembrano passati quaranta.
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