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Il mercato NBA che verrà
30 giu 2015
Tutto quello che c'è da sapere sulla classe di free agent 2015, per arrivare preparati al momento più divertente dell'anno.
(articolo)
13 min
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Più passa il tempo e più penso che la NBA sia veramente una Lega unica al mondo per il modo in cui gestisce i momenti topici della sua stagione. Proprio quando sembra che il pubblico si possa distrarre su altre cose, con la conclusione delle Finali NBA e l’inizio dell’estate, ecco subito due eventi clou della stagione a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, per tenere sempre viva l’attenzione sulla Lega: il Draft e l’apertura del mercato dei Free Agent. Praticamente non si ha nemmeno il tempo di metabolizzare quanto successo nelle Finali—sono passate meno di due settimane!—che è già arrivato il momento di pensare alla prossima stagione, in un loop continuo che praticamente non ha mai fine, per dodici mesi all’anno.

Per questo è decisamente appropriato che sul mercato di questa stagione penda l’ombra lunga dell’anno prossimo, quando il salary cap esploderà del 25-30% per via dell’enorme contratto televisivo firmato con ABC e TNT (2,6 miliardi di dollari l’anno) e, di conseguenza, anche i giocatori vedranno i loro contratti salire del 25-30%. Per questo, avere la possibilità di sondare il mercato a luglio 2016 diventa quasi un imperativo per tutti i free agent di quest’anno, soprattutto per quelli sotto i 30 anni che possono ragionevolmente pensare di trovare condizioni contrattuali identiche (per non dire migliori) l’anno prossimo. Perciò, il grande protagonista del mercato 2015 dovrebbe essere il contratto corto annuale (per giocarsi le proprie carte “scommettendo su sé stessi” alla ricerca dei Soldi Veri l’anno prossimo) o il biennale con la possibilità di uscire dopo il primo anno (la “player option”, che dà ai giocatori il controllo sul proprio destino e allo stesso tempo li mette al riparo da possibili gravi infortuni). Guarda caso, è esattamente il contratto che vorrà—e otterrà—LeBron James dai Cleveland Cavaliers, il più importante (finto) free agent della classe del 2015.

Ma non di solo LeBron vive la NBA, perciò diamo un’occhiata approfondita e cerchiamo di prevedere come si muoveranno i vari giocatori sul mercato per cambiare i propri destini e andare alla ricerca del titolo NBA dei Golden State Warriors.

DISCLAIMER, soprattutto per i meno avvezzi: il mercato NBA non funziona come il calciomercato. Per fare un paragone facile e immediato, i Los Angeles Lakers non possono “andare a spendere 150 milioni” e rifare la squadra comprando nuovi giocatori. Per farsi un’idea di base su come funziona il mercato in NBA e la sua terminologia, consiglio la lettura della mini guida realizzata l’anno scorso dal nostro Fabrizio Gilardi sul blog di Ball Don’t Lie. I dati saranno leggermente diversi—il cap è atteso a quota 67.1 milioni di dollari, per le altre cifre esatte rimando a questo ottimo recap di Eric Pincus su Basketball Insiders—ma il funzionamento generale è identico. Per gli appassionati di podcast, invece, consiglio l’ultima puntata di Dunc’d On su Real GM, nella quale si “simulano” le contrattazioni di tutti i free agent più importanti della off-season.

Go Big or Go Home

Se sentite la necessità di mettere un’etichetta al mercato 2015—oltre a “Quelli Che Aspettano i Big Money Tra Un Anno”—potrebbe tranquillamente essere “L’anno Dei Lunghi”. Non fatevi ingannare dalla conclusione delle Finali NBA: i centri Andrew Bogut e Timofey Mozgov saranno anche progressivamente usciti dalla serie per l’incapacità di reggere gli alti ritmi del gioco perimetrale moderno, ma nel corso dell’anno sono stati fondamentali per ancorare le difese delle loro squadre nei pressi del ferro. Per arrivare a giocarsi l’anello, in parole povere, è ancora molto importante avere dei lunghi capaci di aiutare sui due lati del campo, ed è per questo che la guerra di quest’estate si giocherà sui destini dei giocatori alti più di 2.08—anche perché, banalmente, sono quelli di maggior talento tra i disponibili sul mercato.

Però è ironico che la canzone dei playoff si sia chiamata proprio così nell’anno in cui Draymond Green—due metri “e tanta voglia di crescere”—ha vinto il titolo da centro titolare.

Tra questi, quelli che sicuramente comanderanno un contratto al massimo salariale sono Marc Gasol, LaMarcus Aldridge e DeAndre Jordan, praticamente i Big Three di questa classe. Il modo in cui questi tre si spartiranno la Western Conference potrebbe determinare molto del futuro prossimo della Lega: non è un mistero che arrivare a uno di questi sia il progetto dei San Antonio Spurs, così come altre squadre meno quotate come Mavericks, Lakers e Knicks proveranno a strapparli dalle loro squadre attuali, che però hanno il vantaggio di poter offrire più soldi (incrementi annuali del 7.5% invece che del 4.5%) e un anno in più di contratto (5 contro 4). Questi vantaggi, oltre al fatto di rimanere “a casa” in squadre certamente da playoff, dovrebbero convincere Gasol e Jordan a rifirmare con le loro squadre—anche se DAJ potrebbe cercare un contratto più corto, per via del discorso fatto all’inizio e di una (non meglio precisata) difficile coesistenza con Chris Paul—, mentre i giorni di Aldridge a Portland sembrano essere veramente arrivati al capolinea. La sua ammirazione per gli Spurs, per Duncan e per Popovich è nota da tempo—in un’intervista su Rivista Ufficiale NBA ha dichiarato di essere «onorato anche solo che mi si paragoni [a Duncan] e poi che si possa pensare a me per rimpiazzarlo, eventualmente»—e tra le pretendenti sarebbe quella che gli dà maggiori possibilità di vincere subito, considerando che a luglio compirà 30 anni. Parker, Leonard, un ultimo anno con Duncan&Ginobili (a meno di ritiri al momento non previsti) e il sistema Spurs con Pop in panchina: non facile dire di no.

Anche i due lunghi più importanti dei Cavs, Kevin Love e Tristan Thompson, sono attesi a un contratto al massimo salariale o attorno a quelle cifre: per entrambi, però, pare piuttosto sicura la permanenza a Cleveland, un po’ per meri motivi economici, un po’ per la concreta possibilità di giocarsi il titolo già l’anno prossimo—due argomenti che le altre squadre non possono mettere sul tavolo. Anche qui, sarà più che altro la durata dei contratti a dirci quali sono le loro reali intenzioni: Love avrebbe interesse sia a firmare nel breve periodo (per ridiscutere l’anno prossimo e tenersi aperta l’opzione di andare in un’altra squadra) che nel lungo (per mettere fine alle voci di un suo addio e “assicurarsi” in caso di infortunio, visto che è particolarmente incline). Per Thompson è probabile un accordo di 4 anni per porre le basi a una carriera da Cavalier “per tutta la vita”, come si augura LeBron James (con il quale condivide l’agente, Rich Paul. Che poi è anche suo amico d’infanzia. Che poi è anche suo socio in affari. Come dire, tutto in famiglia).

Quello che rende interessante il mercato del 2015 è che anche il secondo “tier” di lunghi è di ottimo profilo: si va da due possibili max come Greg Monroe (su di lui sembra forte già da qualche tempo l’interesse dei Knicks) e Paul Millsap (che a 30 anni potrebbe decidere di monetizzare le ultime due stagioni da All-Star scegliendo più per i soldi che per il “fit”). Ci sono poi anche i gemelli Lopez (Brook pare rifirmi con i Nets a 60 milioni in 3 anni, Robin è il piano di riserva di quelli che non riusciranno a prendere i big), e anche centri esperti dal rendimento sicuro come Tyson Chandler, Kosta Koufos, Brandan Wright e Omer Asik, che dovrebbero più o meno tutti ricevere offerte attorno ai 10 milioni all’anno (o più alte in caso di accordo di un solo anno).

Più indietro, ma non per questi meno interessanti, finiscono una serie di 4 come David West (che ha rinunciato a 12 milioni dai Pacers), Thaddeus Young (che però dovrebbe rimanere a Brooklyn), Paul Pierce (ormai uno stretch 4, per quanto nominalmente un 3), Ed Davis, Amir Johnson e Josh Smith, che aspetteranno le mosse di quelli davanti a loro per accasarsi in squadre alla ricerca di contributi tra la panchina e il quintetto titolare. Come per ogni contrattazione, il timing sarà un aspetto fondamentale: trovare l’accordo subito potrebbe precludere un’offerta migliore dalle squadre che hanno mancato obiettivi più grossi (ad esempio, i Lakers e i Knicks se non arrivano a uno dei Big Three); allo stesso modo, aspettare troppo prima di firmare potrebbe costringere i giocatori ad accontentarsi di accordi meno redditizi. È una linea sottile su cui i migliori agenti hanno costruito le loro carriere.

Restricted

Come ogni anno, il mercato dei free agent restricted è di particolare interesse. A differenza degli altri giocatori senza contratto, le squadre di appartenenza di questi giocatori hanno la possibilità di pareggiare qualsiasi offerta essi accettino sul mercato e quindi di tenerseli. Tra questi, i nomi più caldi sono sicuramente Kawhi Leonard, Jimmy Butler e Draymond Green, i tre giovani migliori sul mercato di quest’anno. Per tutti e tre il discorso è simile: non importa tanto in che squadra giocheranno l’anno prossimo—è pressoché certo che Spurs, Bulls e Warriors li terranno—ma è interessante scoprire che tipo di contratto firmeranno. Tutti e tre avrebbero interesse a trovare accordi più brevi (con un minimo imposto di 3 anni per Leonard e Butler per offerte dalle altre squadre) per poter sondare di nuovo il mercato nel 2018 piuttosto che legarsi per 5 anni alla propria squadra a cifre più basse, ma allo stesso tempo si troveranno davanti al primo contratto “importante” della loro carriera—e quando ti offrono 90 milioni di dollari a 23 anni è dura dire di no. Occhio in particolare alla situazione di Butler, forse quello più in bilico tra i tre—un po’ perché col front office dei Bulls non si può mai sapere, un po’ perché lui non sta nascondendo la sua voglia di provare a giocare in una squadra “sua” e non in quella che sarà per sempre quella “di Derrick Rose” (o almeno questo è ciò che il suo agente intende farci pensare).

Però c’è un motivo per cui tutti vorrebbero trovare “il nuovo Jimmy Butler”.

Discorso diverso invece per la seconda fascia dei restricted, quella formata da Brandon Knight, Reggie Jackson, Tobias Harris e Khris Middleton: loro, da un certo punto di vista, sono quelli che più beneficeranno dell’esplosione del cap dell’anno prossimo. Il loro massimo salariale, infatti, inizierà con un primo anno attorno ai 15/16 milioni di dollari—un contratto che nei prossimi anni diventerà piuttosto comune per giocatori del loro livello—e un’offerta di quel tipo da parte delle altre squadre è l’unico modo per portarli via da Suns, Pistons, Magic e Bucks. E non è detto nemmeno che basti, dato che per i primi due sono stati impegnati asset importanti alla trade deadline di febbraio, e per gli ultimi due rimarrebbe comunque un contratto facile da scambiare negli anni a venire. Tra i quattro, quello con più possibilità di partire è Harris, ma sarà il mercato a decidere quanto interesse c’è attorno a un giocatore di indiscutibile talento, ma con limiti ben precisi.

Alla ricerca del 3&D

Negli ultimi anni, il giocatore “3&D”—ovverosia capace di segnare da 3 sugli scarichi e di difendere in maniera eccellente sul perimetro—sta diventando merce sempre più rara e sempre più ricercata sul mercato, specialmente per le squadre che hanno già a roster una stella capace di attirare i raddoppi delle difese. Tra questi, i più interessanti di questo mercato saranno Danny Green (che gli Spurs farebbero fatica a tenere se arrivasse LaMarcus Aldridge), DeMarre Carroll (in uscita dalla miglior stagione della carriera), Wesley Matthews (forse il migliore di tutti, ma reduce dalla rottura del tendine d’Achille), Arron Afflalo (su cui paiono essere piombati gli immancabili Knicks) e su un livello inferiore i vari Jae Crowder e Iman Shumpert (entrambi restricted), e volendo anche Corey Brewer (poco 3 e poco D, ma dalla panchina il suo lo fa), Al-Farouq Aminu (niente 3 ma moltissima D) e Dorell Wright (più 3 che D).

Tutti giocatori limitati offensivamente—difficile chiedere loro di creare qualcosa in proprio dal palleggio o dal pick and roll—ma capaci di punire le difese quando lasciati liberi di tirare e contemporaneamente in grado di prendere in consegna il miglior attaccante esterno degli avversari: merce rara, che andrà pagata attorno ai 10 milioni all’anno con contratti medio-lunghi, perché per giocatori del genere è importante trovare la sicurezza economica adesso, dato che un infortunio grave metterebbe a rischio i loro guadagni futuri.

I casi Heat e Mavs

Tra tutte le squadre, quella che si trova con la situazione più complicata sono i Miami Heat di Pat Riley: Luol Deng ha deciso di esercitare la propria opzione per rimanere nel contratto e guadagnerà 10 milioni di dollari, mentre sia Goran Dragic che Dwyane Wade diventeranno free agent. Per il primo a febbraio sono stati sacrificati asset importanti (due prime scelte nel 2018 e 2021) ed è quindi obbligatorio rifirmarlo il più a lungo possibile—anche perché solo un anno fa è stato votato nel terzo quintetto All-NBA ed è nettamente la miglior PG disponibile sul mercato. Per Wade invece la questione è più lunga e complessa, ma per un mero discorso di lealtà nei confronti del giocatore più importante della storia della franchigia, gli Heat finiranno per restituirgli i milioni a cui ha rinunciato lo scorso anno per riportare in Florida LeBron James (senza successo). Perdere Wade sarebbe un colpo d’immagine troppo grosso per Riley e il proprietario Micky Arison, e quest’ultimo sarà costretto a pagare una consistente luxury tax per una squadra che però, se sana, può sperare di dire la sua nella Eastern Conference—in attesa che nel 2016 si parli anche del rinnovo di Hassan Whiteside.

Il più terrificante imperfetto che i tifosi degli Heat potessero sentire: «Quando ero a Miami».

Diametralmente opposta è la situazione dei Dallas Mavericks: anche loro hanno il backcourt in scadenza, dato che sia Rajon Rondo che Monta Ellis diventeranno free agent, ma al contrario degli Heat hanno pochissima intenzione di riportarli in Texas, perché per un motivo o per un altro le loro bizze non sono più sopportate da Cuban e Carlisle. Cercare di capire dove finiranno è difficile: potrebbero trovare squadre disposte a scommettere su di loro (Sacramento per Rondo? Indiana per Ellis?), ma con contratti brevi di un anno o al massimo due, sicuramente non nel lungo periodo. Paradossalmente, anche giocatori reduci da un’annata tra il buono e l’ottimo come Lou Williams (Sesto Uomo dell’Anno, pur senza altri candidati forti), Rodney Stuckey e JR Smith rischiano di rimanere con un pugno di mosche e di rimandare all’anno prossimo la speranza di un contratto lungo.

Italiani

E gli italiani? Tre dei nostri quattro connazionali impegnati in NBA saranno alla ricerca di un contratto dal primo di luglio: quello che sicuramente lo troverà è Belinelli, perché di tiratori c’è sempre bisogno e nei suoi due ultimi anni ha dimostrato di saper giocare anche (se non soprattutto) in un contesto vincente. Il problema saranno le cifre che gli verranno proposte, perché dopo aver accettato uno sconto due anni fa, alla soglia dei 30 anni e già con un anello al dito potrebbe essere arrivato il momento di monetizzare la carriera avuta finora in NBA. Discorso diverso per Andrea Bargnani e Gigi Datome: per entrambi non mancheranno le offerte, ma saranno probabilmente annuali con stipendio tendente al ribasso: per loro conterà soprattutto il contesto per avere minuti e non sprecare quelli che dovrebbero essere gli anni migliori delle loro carriere—oltre alla possibilità di ripresentarsi con credenziali migliori al mercato 2016. Da questo punto di vista, se non ci fosse molto mercato negli USA e arrivassero proposte economiche e tecniche interessanti dall’Europa, potrebbe essere nei loro interessi un ritorno nel Vecchio Continente. Anche perché c’è un Europeo molto importante in arrivo a settembre, e avere la testa sgombra da altre preoccupazioni potrebbe essere d’aiuto in vista di un appuntamento fondamentale per il futuro della nostra Nazionale.

Conclusioni

Ci sarebbero altre situazioni da dover affrontare (cosa faranno i Thunder con Enes Kanter e Kyle Singler? I Raptors come utilizzeranno tutto lo spazio che hanno? Chi si prende Patrick Beverley e Matthew Dellavedova? Riuscirà Doc Rivers a rifirmare suo figlio Austin senza farlo sembrare un enorme conflitto di interessi?), ma domani sarà già il primo luglio e bisognerà vivere attaccati ai tweet degli insider NBA per rimanere al passo di tutte le firme di quello che è ormai diventato un momento fondamentale della stagione NBA—allo stesso livello delle Finali e del Draft, perché il successo della prossima stagione passa anche (se non soprattutto) dalla free agency.

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