A Messi in questi Mondiali si chiede un’impresa leggendaria: trascinare quasi da solo una squadra dai mezzi modesti e dalle mille contraddizioni interne alla vittoria della competizione più difficile del calcio. È una missione che, lo sappiamo tutti, si chiede a Messi praticamente da sempre, da parte di un popolo che tende a interpretare i propri numeri 10 come anelli di congiunzione tra il cielo e la terra. Se lo ha fatto Maradona deve farlo anche Messi, non solo e non tanto per essere all’altezza del “Pibe”, ma per rispondere a una specie di chiamata divina. «Come noi dipendevamo da Maradona, oggi dipendiamo da Messi», ha dichiarato Burruchaga, come fosse la cosa più naturale del mondo.
E così il disastro dell’Argentina ha la faccia di Leo Messi. Letteralmente.
In questi giorni sono circolate un gran numero di foto di Messi triste, con le mani nei capelli, gli occhi chiusi, la testa bassa. Le macchine fotografiche lo hanno cercato con la morbosità che si riserva all’osservazione della caduta degli dei. Un topos senza tempo che Messi sta incarnando alla perfezione: un semi-dio baciato da un talento trascendentale che all’improvviso perde i propri poteri e conosce l’asprezza della sconfitta e del fallimento. L’efficacia di questa narrazione è amplificata dal successo di Cristiano Ronaldo, l’eterno rivale di Messi sta camminando sulle acque (o quasi, visto il rigore sbagliato ieri contro l'Iran) e le delusioni dell’argentino sembrano ancora più significative. Questo dovrebbe essere il Mondiale che definisce, una volta per tutte, la loro reciproca grandezza. Un’interpretazione che Messi ha in qualche modo confermato facendosi fotografare dal suo sponsor insieme a una capra, probabilmente in una citazione dell’acronimo GOAT (Greatest of All Time).
Non è certo la prima volta che Messi sta soffrendo in in Nazionale, dove ha conosciuto quasi solo il dolore. È diventato il miglior marcatore di sempre con 55 reti ma ha perso addirittura quattro finali, e dopo l’ultima finale di Copa America persa contro il Cile ha annunciato il suo ritiro dalla Nazionale. Messi ha poi ritrattato l’idea e qualche mese dopo ha trascinato l’Argentina al Mondiale con una tripletta nella partita decisiva contro l’Ecuador. Va ricordato quindi che l’Albiceleste senza Messi quasi sicuramente neanche sarebbe arrivata a questi Mondiali.
Eppure le sue facce disperate sono la copertina di questi (finora) disastrosi campionati del mondo, più della confusione di Sampaoli, della stanchezza di Mascherano, degli infiniti litigi di spogliatoio. Sperando gli porti fortuna per momenti più felici, ho raccolto le foto più tristi di Leo Messi a questi campionati del mondo, dalla meno triste alla più triste.
Messi con la mano sulla bocca guardato da Rakitic
Foto di Clive Brunskill / Getty Images
Prima della partita contro la Scozia a Rakitic era stata fatta la domanda di rito: “come si ferma Messi”. «Non c’è nulla che già non si sappia su Messi, siamo nell’epoca di Youtube, quindi di lui si sa tutto, e per me è difficile dare consigli al mio CT. Leo è il miglior giocatore del mondo e fermarlo è quasi impossibile». Anche noi ne avevamo scritto in questo pezzo, dove Daniele Morrone faceva una premessa importante: il presupposto per fermare Messi è che non sia nelle migliori condizioni di forma. E a questo Mondiale, Leo sembra essere arrivato stanco e nel contesto più disfunzionale possibile alla sua stanchezza.
Prima l’Islanda e poi la Croazia gli hanno costruito delle gabbie molto poco immaginarie attorno, circondandolo di uomini (le foto di Messi circondato di gente è un altro grande topos fotografico). Messi in questa foto sembra quasi accorgersi per la prima volta che l’Argentina è un passo da uno psicodramma incredibile. La mano sulla bocca e gli occhi assenti danno a Messi l’aria di uno che ha appena scoperto un delitto. Rakitic, suo compagno al Barcellona, sembra guardarlo con compassione. Dopo la partita dirà: «Leo rimane il numero uno. Spero che l’Argentina si qualifichi in un modo o nell’altro».
Messi si strofina la barba
Per chi ha imparato a familiarizzare con la tristezza di Messi sa che nei momenti di difficoltà più critica il numero 10 ha il riflesso involontario di toccarsi il pizzetto. Tra qualche anno forse assoceremo questa barba rossa di Messi alla sua fase più tarda e dolorosa, alla coperta di linus su cui strofinare le delusioni.
Messi guarda il pallone sul disco di centrocampo
Foto di Dimitar Dilkoff / Getty Images
Lo scrittore Hernan Casciani ha definito Messi un “uomo-cane” per come riesce a disinteressarsi di tutto ciò che lo circonda per dedicare la sua completa attenzione al pallone. Quella dell’attenzione autistica di Messi è però solo un capitolo della storia del rapporto intimo fra gli argentini e il pallone, che - a partire da Riquelme - descrivono la palla come un’amante da trattare con sensibilità e amore, oppure come una sorta di divinità capricciosa a cui bisogna tributare rispetto per avere in cambio rispetto. In questa foto Messi sembra guardare il pallone e interrogarlo come gli eroi di Sofocle si rivolgevano disperati agli dei.
Messi triste a centrocampo
Nonostante WikiHow ci dica che le mani sui fianchi siano un segnale seduttivo, con cui l’uomo vuole apparire forte e sicuro di sé, è evidente che in questo caso sono un simbolo di impotenza. L’inquadratura dall’alto, come quelle nei film di Antonioni, schiaccia Messi nella sua piccolezza, in un universo troppo grande e ostile.
Messi si tiene la faccia
Come la Vergine Maria sotto al crocifisso, Messi si tiene la faccia dal dolore all’altezza delle guance, come se potesse cadergli di lato da un momento all’altro. Certe pose tristi di Messi sono così enfatiche da somigliare alla recitazione di Eleonora Duse, alla sua interiorità cupa e alienata.
Messi guarda la Croazia festeggiare
Foto di Dimitar Dilkoff / Getty Images
Un altro topos fotografico è Messi che guarda altri esseri umani essere felici con le mani sui fianchi. Fa impressione la voglia di Messi di guardare i nemici che banchettano sul proprio cadavere. Nel testo La Melanconia, di Roberto Gigliucci, questa attitudine a non distogliere lo sguardo dal male viene descritta come una forma di malinconia auto-distruttiva, molto presente ad esempio nei romanzi di Thomas Bernhard ma che non fatichiamo a trovare anche nella storia di Messi. In questo video ad esempio una telecamera lo aveva cercato durante i tre gol della Roma all’Olimpico, nella partita più sofferta della stagione di Messi, cogliendolo sempre fermo a guardare gli altri festeggiare.
Un uomo solo e triste guarda una squadra felice. Tra tutte, questa è forse l’immagine che più rimanda il senso di impotenza di Messi in questo Mondiale.
Messi con la faccia nelle mani
Foto di Johannes Eisele / Getty Images
Se la rabbia di Cristiano Ronaldo è sempre visibile perché rivolta verso l’esterno, quella di Messi è sottile e per questo ancora più dolorosa. La tristezza di Messi è sempre introflessa e in questa foto affonda gli occhi nella sua mano come un martire cristiano.
Messi guarda per terra
Foto di Gabriele Rossi / Getty Images
Contro la Croazia a un certo punto Messi non riusciva a staccare lo sguardo da terra, senza mai preoccuparsi del proprio linguaggio del corpo (di assomigliare effettivamente a un cane bastonato). I giornali hanno ripreso questi momenti impietosamente (SB Nation ha scritto che l’Argentina ha già vinto il Mondiale della tristezza). In questa perversione verso il dramma argentino vale la pena scomodare il concetto di Shadenfreude, una forma di sottile piacere verso la sofferenza e la sfortuna altrui.
Messi si tocca la fronte durante l’inno
Foto di Johannes Eisele / Getty Images
Dopo il pareggio contro l’Islanda - una partita manifesto dell’impotenza del numero dieci dentro quest’Argentina - Messi è stato massacrato. Ancora prima che la tragedia si consumasse, durante il canto degli inni contro la Croazia, era già triste. In questa foto ha gli occhi chiusi e si strofina la fronte come se provasse a raccogliere la concentrazione in un momento di grande pressione. Ci sono anche altre foto di quel momento: Messi che poi abbassa leggermente la testa, passa la mano sopra gli occhi, ignaro di tutto quello che lo circonda. Indifferente alle telecamere che lo avrebbero ripreso impietosamente, facendone ancora un caso, leggendo il suo atteggiamento come una profezia del futuro psicodramma.
Messi con le mani sulle ginocchia
Questa è la foto più triste in assoluto. Contiene tutti i dettagli già presenti nelle altre foto - lo sguardo basso, le mani sui fianchi - ma in più c’è l’elemento della fascia da capitano, tolta come se senza si potesse prendere fiato e respirare meglio. È una posa che tra l’altro ricorda quelle in cui sta per vomitare, chissà che non sia quella l’origine della tristezza di Messi. Galeno aveva sviluppato la teoria secondo cui la patologia malinconica nascerebbe dallo stomaco.