Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Messi contro il Barcellona
27 ago 2020
Come si è arrivati alla rottura tra il numero 10 e la dirigenza Bartomeu.
(articolo)
15 min
Dark mode
(ON)

C’è un motivo per cui i tramonti a Barcellona non sembrano arrivare mai. Il dittatore Francisco Franco decise di adeguare il fuso orario spagnolo a quello dell’Europa centrale, portando l’estate spagnola ad avere due ore di differenza rispetto al moto del sole. Quando alle 20 di martedì sera i tifosi del Barcellona sono arrivati fuori dai cancelli del Camp Nou, quindi, c'era ancora piena luce. Era passata più di un’ora dalla notizia del burofax con cui Messi ha chiesto la rescissione unilaterale del contratto, mettendo in moto una serie di eventi che rischiano di spostare gli equilibri del calcio europeo.

Per una carriera iniziata con la leggenda del primo contratto scritto su di un tovagliolo di carta è significativo che a concluderla sia stato un burofax spedito dagli avvocati - a proposito, la notte del 24 agosto la ricerca su Google della parola “burofax” ha avuto un’impennata che ha toccato il valore 100, ovvero il massimo della scala di Google per monitorare l’interesse su di un argomento. Ma per capire come si è arrivati a questo bisogna iniziare parlando del rapporto tra Messi e l’attuale dirigenza del Barcellona.

Cosa rappresenta Bartomeu

Va detto anzitutto che rispetto alla filosofia del mondo blaugrana questa è la dirigenza della corrente avversa al “cruyffismo”, quella del cosiddetto “nuñismo”, che si rifà alle idee del periodo di gestione dei presidenti Núñez (da cui il nome) e Gaspart, dalla fine degli anni ’70 fino all'inizio del 2000, e che è tornata al potere con Rosell e Bartomeu dal 2010 ad oggi. È la corrente vicina ai grandi gruppi economici catalani, stampa compresa, rappresentata dal gruppo Godó che controlla il Mundo Deportivo, ma che sul campo ha più interesse nella vittoria a tutti i cosi che nel modo in cui si dovrebbe conseguirla. Una corrente, va da sé, che non ama che ci siano figure di campo più grandi del Barcellona stesso.

Appena eletto nel 2010, Sandro Rosell ha messo alla porta Johan Cruyff, togliendogli la presidenza onoraria e ogni ruolo di consulenza, perché ritenuto troppo ingombrante. Poi, nel 2012, ha contribuito a far andare via Guardiola, portandolo allo sfinimento e togliendogli ogni protezione nella logorante battaglia contro Mourinho. Quella attuale è una dirigenza che ha fatto terra bruciata anche con i giocatori rappresentativi del precedente ciclo di vittorie: che si è inimicata leggende come Puyol, Dani Alves e Xavi (con quest’ultimo che per due volte ha rifiutato la panchina perché preferisce tornare con una nuova dirigenza) e che in questi dieci anni ha utilizzato la Masia non come serbatoio per la prima squadra, ma per mettere a posto i conti con le plusvalenze.

La fortuna di questa corrente di pensiero è stata quella di presentarsi alla rielezione poco dopo la vittoria del triplete del 2015, vincendo con una maggioranza schiacciante. Da allora, però, sono finiti più volte in tribunale macchiando l’immagine della squadra (ad esempio, nel caso Neymar, avendo dichiarato di aver speso meno di quanto effettivamente fatto) e mostrando evidenti limiti di gestione, nel rapporto con lo spogliatoio, e di costruzione della squadra, sostituendo giocatori che avevano fatto la storia del club o comunque di primissima fascia con giocatori molto diversi: Dani Alves con Semedo, Neymar con Coutinho.

«Per me, una clausola o il denaro non significano niente. Voglio un progetto vincente». Messi ha sempre detto che l’unica cosa che chiedeva per rimanere al Barcellona era un gruppo competitivo attorno, ma la dirigenza si è dimostrata incapace di assecondare questa richiesta. Ad esempio l’impressione è stata che non abbiano fatto tutto il possibile per riportare Neymar a Barcellona come chiesto dallo spogliatoio. Bartomeu ha preferito acquistare Griezmann, che lo spogliatoio ha quindi rigettato rendendogli difficile l’inserimento. Ma la dirigenza ha sbagliato per anni la pianificazione della rosa, ritrovandosi a dover dare sempre più responsabilità proprio a Messi, celebrato quando si vince, ma anche primo imputato quando si perde.

La radio spagnola Cadena SER ha scoperto come il Barcellona aveva contrattato un’impresa (I3 Ventures) per migliorare l’immagine pubblica della dirigenza sui social, attraverso l’utilizzo di profili diffamatori e bot indirizzati contro i giocatori stessi. I profili più colpiti erano non a caso quelli di Piqué e Messi. Quando hanno chiesto all’argentino cosa ne pensasse ha risposto: «Mi sembra tutto molto strano».

Lo stesso Abidal, compagno di squadra di Messi, da direttore sportivo ha compromesso il proprio rapporto con lo spogliatoio molto presto, soprattutto per via dell’intervista dello scorso gennaio in cui ha provato a giustificare il licenziamento di Valverde con il fatto che qualche giocatore non si allenava abbastanza seriamente con lui. Parole a cui Messi, in quanto capitano, ha risposto duramente sul suo stesso profilo di Instagram, chiedendo ad Abidal di fare i nomi di chi non riteneva si stesse impegnando abbastanza.

La pandemia ha accelerato le cose

Lo scontro più grande è arrivato con la pandemia, con una negoziazione tra i giocatori e la squadra per un ritocco al ribasso del 70% ai contratti dei giocatori per aiutare i conti del Barcellona, che i giocatori accordano a patto di fare un fondo per assicurare il 100% del salario ai lavoratori del Camp Nou e del centro di allenamenti rimasti a casa. Ma, in piena negoziazione, la dirigenza annuncia pubblicamente che per via della pandemia sarà costretta a mettere in cassa integrazione il personale.

La risposta è arrivata poche ore dopo: con un post sui social di Messi, poi condiviso da tutto lo spogliatoio, in cui annunciava che i giocatori si sarebbero abbassati lo stipendio e criticava quella che riteneva una mossa di pressione dirigenziale a scapito di chi lavora nel club: «È giunto il momento di annunciare che, oltre alla riduzione del 70% del nostro stipendio durante lo stato di allarme, faremo anche in modo che i dipendenti del club possano raccogliere il 100% del loro stipendio finché dura questa situazione. Ci teniamo a precisare che la nostra volontà è sempre stata quella di applicare una riduzione allo stipendio che riceviamo, ma non smette mai di sorprenderci che dall'interno del club ci sia chi ha provato a metterci in cattiva luce, cercando di metterci pressione per fare qualcosa che abbiamo sempre detto che avremmo fatto».

È da mesi, insomma, che Messi è in pessimi rapporti con la dirigenza, che pur di salvare il posto negli ultimi mesi di gestione si è fatta scudo con i giocatori a ogni difficoltà. Probabilmente, dopo la sconfitta contro la Roma ai quarti di Champions di due anni fa (4-1 all’andata, 0-3 al ritorno) il gruppo storico aveva deciso per un ultimo tentativo con Valverde, di cui si fidavano e che sentivano di aver deluso, con una sconfitta di cui si sentivano in colpa. Pensavano di essere ancora in grado di competere contro i migliori, ma l’ultima stagione ha detto il contrario. A questo si aggiunge il modo in cui la dirigenza ha scelto di affrontare l’addio di Valverde e la scelta, rivelatasi disastrosa, di Quique Setien (i cui metodi in allenamento pare abbiano creato più malumori che altro). Persino il modo in cui Bartomeu ha affrontato la sconfitta per 8-2 con il Bayern Monaco, ai microfoni dopo la gara, è stato sfacciatamente furbo.

Quando poi, il giorno dopo la sconfitta con il Bayern, Bartomeu ha detto che quella del Barcellona è una crisi sportiva e non istituzionale, facendo i nomi di chi sarebbe rimasto (e facendo quindi capire chi no) Messi probabilmente aveva già deciso di andare via. Sul quotidiano sportivo spagnolo Sport hanno scritto che addirittura già dopo la sconfitta con l’Osasuna, alla penultima giornata della Liga, Messi avrebbe detto a Bartomeu che non sarebbe rimasto, e che dopo l’8-2 neanche si sono sentiti.

Colpo di stato?

La battuta più in voga in questi giorni in Spagna è che Bartomeu è il miglior presidente della storia del Real Madrid. A questo proposito, una possibilità di cui si è parlato in queste ore è che Messi, con questo colpo di mano, starebbe chiedendo la testa del presidente Bartomeu e della sua giunta in una sorta di colpo di stato (con una mossa simile a quanto fatto con l’Argentina con il ritiro annunciato e poi annullato). Questa teoria, però, stride con la tempistica scelta dal numero 10 argentino. Le elezioni con cui i soci nomineranno la nuova giunta sono infatti già programmate per metà marzo 2021 e la giunta attuale non ha nessuna intenzione di farsi da parte. Non è solo sete di potere, c’è un motivo tecnico: dimettersi prima della naturale scadenza del mandato, se così si può dire, significherebbe lasciare prima della chiusura dell’esercizio economico e quindi anche coprire le eventuali perdite della squadra al momento delle dimissioni di tasca propria perché, secondo quanto previsto dallo statuto del Barcellona, la giunta non può lasciare con la squadra in rosso. Questo spiega perché Bartomeu in questi ultimi mesi non abbia nemmeno mai preso in considerazione la possibilità di dimettersi, nonostante tutto.

Alcuni soci si sono già riuniti per presentare una mozione di censura contro la giunta, cioè il processo giuridico per forzarne l’uscita. Ma i tempi burocratici non permetterebbero comunque di risolvere la cosa in tempo per l’inizio della nuova stagione, che di fatto è già alle porte.

Anche gli indizi che provengono dalla galassia che gira intorno a Messi in Catalogna sembrano indicare che la sua decisione sia ormai irreversibile. L’ex capitano Carles Puyol, ad esempio, si è esposto pubblicamente con un tweet di supporto alla sua decisione di andare via. Allo stesso modo, il presidente della Catalogna Quim Torra ne ha fatto uno in cui lo ha ringraziato per gli anni passati a Barcellona.

Certo, c’è da dire che se è vero che per quanto detto sembra difficile che questa battaglia si concluda con una permanenza di Messi a Barcellona, è anche vero che allo stesso modo anche le modalità attraverso cui dovrebbe andare via sono ancora poco chiare. I dirigenti del Barcellona, infatti, da un punto di vista legale si sentono tutelati dal fatto che Messi ha un contratto che teoricamente scade nell’estate 2021. Allo stesso modo, però, anche il numero 10 argentino è convinto di stare nel giusto da un punto di vista legale per via della clausola che gli permette di rescindere unilateralmente il contratto a fine stagione. Il pomo della discordia, quindi, sarà probabilmente cosa si intende precisamente con “fine stagione”, termine che quest’anno, con la pandemia di Covid-19, assume tutto un altro significato. Teoricamente il termine doveva essere il 10 giugno, ovvero entro 10 giorni dal finale previsto della stagione. Ma visto che la stagione è effettivamente non è finita a fine giugno ma a fine agosto, gli avvocati di Messi sono convinti di poter far valere la clausola anche oggi.

Lo stesso presidente Bartomeu all’ultimo rinnovo del giocatore argentino aveva parlato della clausola che l’avrebbe liberato: «Leo si è guadagnato il potere di decidere ogni anno cosa fare del suo futuro. Conosco il suo impegno assoluto con il Barcellona e lo vedo bene, non c'è bisogno di dubitare di Leo in qualsiasi momento. Rimarrà tutti gli anni che riterrà nel Barcellona e speriamo di averlo fino ai 40 anni». Adesso, però, il contesto è ovviamente cambiato del tutto e il Barcellona sembra voglia trincerarsi dietro i termini burocratici per salvare una situazione che sembra ormai compromessa e costringere quindi Messi a presentarsi con l’offerta del club in cui vorrà andare, per avere perlomeno il prezzo del cartellino.

Dove potrebbe andare Messi

In questo senso, escludendo a priori il Real Madrid (più per la salvaguardia della salute mentale dei tifosi del Barcellona) e la Juventus - perché far rientrare nei conti sia il contratto di Cristiano Ronaldo che quello di Messi sembra veramente impossibile al momento - come possibili destinazioni rimarrebbero verosimilmente Manchester United, Inter, PSG e Manchester City. A queste, per dovere di cronaca, si deve aggiungere anche l’opzione del ritorno in Argentina, magari nel Newell’s Old Boys, la squadra di Rosario in cui è nato e in cui è cresciuto e di cui è tifoso al pari del Barcellona. È noto il suo desiderio di chiudere lì la carriera dopo l’Europa e gli stessi dirigenti del Newell’s sono stati a Barcellona a marzo per parlare con Messi.

A 33 anni, però, Messi sembra avere ancora almeno due, tre stagioni ad altissimo livello e quindi sembra più plausibile una permanenza in Europa. E quindi è più giusto chiedersi quale squadra europea avrebbe più senso per lui adesso. Da diverso tempo ormai si dice che l’Inter possa, anche per i vantaggi fiscali che da qualche tempo l’Italia concede ai club di Serie A per i giocatori e gli allenatori che vengono dall’estero, accontentare Messi portandolo nel campionato italiano. La stessa famiglia Messi si dice abbia comprato casa a Milano per spostare alcuni affari lontano dagli occhi del fisco spagnolo. E non è sfuggita a nessuno l’immagine con cui Suning ha messo la sagoma di Messi a fare ombra al Duomo in un post diretto al mercato cinese.

Sicuramente l’Inter gli garantirebbe un campionato con ritmi a lui congeniali e la possibilità di lottare per lo scudetto, ma non è detto che sia quello che vuole, anche perché significherebbe “andare da Cristiano” - un tipo di narrazione molto diffusa ma che lui ha sempre esplicitamente rifiutato. Ma soprattutto andare all’Inter significherebbe mettersi in una squadra che al momento non sembra ancora pronta per lottare per la vittoria della Champions League, cosa che a Messi sta molto a cuore. Anzi, a giudicare da quanto ha detto e fatto nelle ultime stagioni la vittoria della quinta Champions League è per Messi ormai quasi un’ossessione al pari della vittoria della Coppa del Mondo.

Il numero 10 argentino vorrà tentare un’ultima volta di vincerla nella sua prossima squadra e questo penso abbia il peso specifico maggiore sulla sua decisione finale. Questo è anche il motivo per cui il Manchester City e il PSG sono sulla carta avvantaggiate rispetto all’Inter e allo United.

Il PSG ha dalla sua il vantaggio di avere fondi potenzialmente illimitati e una squadra che è già altamente competitiva, visto che già è arrivata a un passo dal vincere la Champions League quest’anno. C’è poi il grande amico Neymar ad aspettarlo a braccia aperte e un posto libero a destra per costruire il miglior attacco al mondo con lui e Mbappé. Il campionato francese però non ha l’attrattiva della Serie A, figuriamoci della Premier League. Lo svantaggio competitivo di giocare la Ligue 1 può risultare enorme per un giocatore tanto competitivo in ogni partita come Messi. Per questo motivo, il Manchester City sembra avere più carte in mano rispetto alla concorrenza.

I “Citizens” hanno dalla loro la capacità economica di uno stato sovrano (letteralmente) per potersi sobbarcare il contratto e forse anche l’eventuale costo del cartellino senza dover fare sacrifici con la rosa. In questo senso, sembrano perlomeno plausibili le voci che vedono il City offrire a Messi un triennale da 50 milioni a stagione che prevede anche la possibilità di andare tra due anni a giocare in MLS per la squadra newyorchese del City Football Group. Al City giocherebbe nel campionato più mediatizzato del mondo e ritroverebbe il suo grandissimo amico Agüero, oltre ovviamente al suo mentore Guardiola. Ma a parte tutto questo il Manchester City è soprattutto una squadra che sembra avere tutto per vincere la Champions League e a cui è mancato sempre qualcosa in questi anni. E quel qualcosa potrebbe adesso essere Messi.

In ogni caso, dovunque vorrà andare, Messi ha almeno altre tre stagioni ad altissimo livello davanti. Che sia avvicinandosi all’area come vogliono gli allenatori, o arretrando il raggio d’azione come sembra indicare il suo istinto in campo, qualsiasi squadra farà carte false per averlo, consapevole dell’impatto sportivo ed economico che significa averlo in campo con la propria maglia. E a proposito di maglia, bisogna aggiungere che proprio ieri il “Kun” Agüero ha tolto il numero 10 dal suo nome utente su Instagram. Forse solo una coincidenza, o forse no, lo sapremo nelle prossime settimane.

Nel frattempo la tifoseria catalana sembra compatta (almeno sui social network) nell’accusare questa dirigenza e nel giustificare Messi, a cui è stato lasciato il diritto di voler dire basta. Certo, non mancano i tifosi che si sentono traditi e delusi dalla sua decisione adesso che la squadra è nel punto più basso da anni. Una frangia minoritaria che non a caso viene sostenuta dai giornali catalani più vicini alla presidenza come il Mundo Deportivo.

Io che sono tifoso e socio del Barcellona non posso che augurarmi due cose. Da una parte che lo strappo di Messi, al di là di come vada a finire, possa portare all’addio di questa giunta. Dall’altra che il Barcellona lasci a Messi la libertà di fare la scelta che ritiene migliore. Nel caso in cui decidesse per l’addio, poi, spero che la squadra blaugrana inizi a costruire una statua in suo onore il giorno successivo all’addio davanti al Camp Nou. Al momento, davanti allo stadio di Barcellona ci sono le statue di Johan Cruyff e Ladislao Kubala, i due più importanti giocatori del Barcellona nello scorso secolo, accanto a loro deve starci quella del più importante giocatore di questo secolo. Un gesto simbolico, ovviamente, che in ogni caso non sarebbe in grado di mostrare appieno a chi verrà al Camp Nou nel futuro quello che Messi ha significato per questa squadra. Ma sarebbe comunque importante.

D’altra parte, Messi non ha nulla da rimproverarsi nel rapporto con i tifosi. Alla fine è stato esclusivamente per merito suo se questo ciclo del Barcellona sia finito solo adesso, cioè almeno tre anni dopo quella che sembrava essere la sua conclusione naturale, dopo gli addii di Luis Enrique e Neymar a seguito del 3-0 inflitto dalla Juventus nel 2017. Invece raccogliendo ancora più responsabilità emotive come capitano, e facendo in campo da regista, rifinitore e finalizzatore delle giocate del Barcellona di Valverde, Messi ha permesso alla squadra di vincere ancora due volte la Liga e di arrivare fino a una semifinale di Champions League.

Insomma, Messi ha fatto tutto ciò che era in suo potere per tenere il Barcellona ai vertici del calcio mondiale. E come sappiamo il suo potere è smisurato. Ma per quanto si può ritardare, il tramonto prima o poi arriva sempre.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura