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Messico e grandine
20 giu 2016
Una delle squadre favorite per la vittoria finale ha perso 7 a 0 contro il Cile.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto di AFP/Getty Images
(copertina) Foto di AFP/Getty Images
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La sfida tra il Cile e il Messico era senza dubbio il quarto di finale più interessante e sulla carta equilibrato di questa Copa América: i campioni in carica contro una delle migliori squadre del torneo. Ma la realtà ha smentito qualsiasi previsione: il Cile ha umiliato i messicani con una delle peggiori sconfitte della loro storia, un 7-0 assurdo e in parte inspiegabile, una catastrofe che però tatticamente è riassumibile in quattro punti.

Il Messico ha pressato male

Sia il Cile che il Messico hanno adottato un approccio aggressivo senza palla e l’organizzazione dei rispettivi pressing ha fatto la differenza. In negativo, per i messicani.

Nell’immagine qui sopra il Messico ha ben quattro giocatori orientati sui tre del Cile che iniziano l’azione, con l’abbassamento di Díaz tra Medel e Jara. Hernández si divide tra Medel e Díaz, cercando di accelerare le loro giocate e indurli all’errore; Corona e Lozano sono orientati per uscire su Jara e Medel, Herrera è bloccato al centro per uscire su Díaz in un secondo momento. Vidal e Aránguiz vengono seguiti da Guardado e Dueñas. In questo modo, però, Fuenzalida e Beausejour, i due terzini, sono lasciati liberi: una scelta strana, perché nonostante l’inferiorità numerica al centro del campo i cileni riescono a far girare il pallone e a guadagnare la superiorità numerica sulla fascia.

Nel proseguimento dell’azione, infatti, Vidal e Díaz hanno scambiato il pallone, mentre Aránguiz ha allontanato Dueñas, dando la possibilità a Jara di ricevere e avanzare palla al piede. L’esterno messicano Lozano è preso in mezzo tra Jara e Beausejour e non può far altro che temporeggiare.

La possibilità della “Roja” di liberare i due centrali difensivi, Medel e Jara, per dar loro la possibilità di avanzare e impostare è stata la chiave per dare il via alle azioni dei primi due gol.

Qui sopra Fuenzalida porta via Corona e Vidal può servire Medel, che ha spazio per ricevere e impostare in tranquillità. È il via al gol del vantaggio, segnato da Edson Puch.

In questo caso, invece, conta molto l’abilità individuale di Jara nel saltare Herrera ed evitare l’intervento di Lozano con uno “scavetto”. L’azione proseguirà e il Cile conquisterà il fallo laterale da cui arriverà il 2-0.

Il Cile ha pressato bene

Al contrario di quello messicano, il pressing cileno si è dimostrato molto efficace, anche perché il CT Juan Antonio Pizzi può schierare due centrocampisti eccezionali per aggressività e bravura nel pressare l’avversario diretto: Charles Aránguiz e Arturo Vidal. Il punto più alto si è toccato in occasione del 3-0 segnato da Alexis Sánchez, nato proprio da un recupero di Vidal vicino all’area di rigore messicana.

https://www.dailymotion.com/video/x4hc1ad_alexis-sanchez-goal-hd-mexico-0-3-chile-copa-america-centenario-18-06-2016-hd_sport

In generale il pressing cileno è stato più ordinato e meno incline a portare squilibri nello schieramento difensivo, senza rinunciare all’aggressività, un marchio di fabbrica della Nazionale cilena dai tempi di Bielsa e Sampaoli. Anche quando non ha portato vantaggi diretti, come in occasione del terzo gol, ha contribuito a rendere inoffensivo il Messico, forzandolo a tornare indietro o a lanciare lungo. L’immagine qui sotto è un buon esempio.

Layún restava molto alto a inizio azione e il Messico costruiva da dietro con una linea composta dagli altri tre difensori, Aguilar, Araújo e Moreno. Il Cile li prendeva col suo tridente, Sánchez, Vargas e Puch, anche se quest’ultimo partiva in una posizione a metà tra Moreno e Layún per coprire un’eventuale verticalizzazione sul terzino prima di uscire su Moreno. Vidal e Aránguiz marcavano Guardado e Dueñas e in questo modo il Messico non riusciva a iniziare l’azione da dietro, con ovvie ripercussioni negative sulla fase offensiva.

Il piano del Messico era inadeguato

La strategia offensiva del Messico si basava sostanzialmente sulla ricerca di Moreno e Guardado a inizio azione, con movimenti (ad esempio Layún molto alto per permettere a uno dei due di allargarsi) finalizzati a dar loro il tempo e lo spazio per impostare la manovra, in assenza del “gran Capitán” Rafa Márquez, in panchina dopo il permesso per la nascita del figlio Leonardo. Le strade che si aprivano davanti a loro erano due: il passaggio corto a sinistra, dove “El Tri” poteva giocare un calcio più associativo grazie ai movimenti combinati di Corona e Layún (soprattutto con l’esterno che entrava dentro il campo per favorire la sovrapposizione del terzino), oppure il cambio di gioco per isolare Lozano (il terzino destro Aguilar restava bloccato per marcare Sánchez).

Il piano si è rivelato troppo semplice per creare problemi al Cile, superiore nei duelli individuali e abbastanza organizzato per forzare errori tecnici (passaggi affrettati, lanci troppo lunghi, etc): è stato quindi facile sabotare i progetti di Osorio. E anche quando riusciva ad aggirare l’aggressività cilena, il Messico si è perso in errori banali o scelte sbagliate. In questo caso l’assenza di Márquez ha pesato.

In questo contropiede il Cile è disposto bene su due linee, ma resta pur sempre un 5 contro 5 sprecato dal Messico per un passaggio sbagliato di Herrera.

Inizialmente il Messico reagisce bene al pressing del Cile. Moreno si sposta dalla sinistra al centro, Layún si abbassa permettendo al compagno di essere libero per impostare.

Invece di giocare il pallone sulla sinistra, però, sfruttando il buco lasciato da Fuenzalida, Moreno cerca (e sbaglia) il cambio di gioco su Lozano, una situazione meno pericolosa e più facile da gestire per il Cile.

Il Cile ha esaltato i suoi punti di forza

Nonostante inizi l’azione da dietro e non si faccia problemi a girare il pallone da un lato all’altro per trovare il varco per costruire la manovra, il Cile non risale il campo consolidando il possesso, ma verticalizza immediatamente, riducendo così al minimo i tempi del passaggio alla fase di rifinitura. Vargas e Sánchez fanno un grande lavoro per allungare la linea difensiva, Vidal e Aránguiz si muovono di continuo e sanno dividersi il campo in verticale (uno si abbassa, l’altro va alle spalle del centrocampo avversario) per arrivare velocemente sulla trequarti avversaria, Beausejour si sovrappone con tempi perfetti.

Il Cile ha quindi diverse opzioni per velocizzare la manovra e arrivare in pochi secondi alla porta avversaria: il lancio per il taglio alle spalle della difesa di Vargas e Sánchez, il palleggio passando dal centrocampo, lo scarico sulla fascia per attivare le catene laterali. Il Messico non è riuscito a difendere tutte queste situazioni: l’inefficacia del pressing, unito alla linea difensiva molto alta, hanno aperto spazi in cui i cileni sono stati devastanti.

Tutti i gol sono nati da tagli alle spalle della difesa, l’arma offensiva più pericolosa della “Roja” a cui Osorio si è esposto in maniera scriteriata, senza mai riuscire a rimediare nel corso dei 90 minuti. Anche quando la situazione era compromessa e l’unico obiettivo dei messicani era diventato quello di limitare i danni. Il gol dell’1-0, ad esempio, è nato da un taglio di Sánchez seguito dal terzino destro Aguilar.

Sánchez porta via Aguilar e Puch segna proprio dalla zona lasciata libera dal terzino destro messicano.

Il 5-0 è un’azione molto veloce a sfruttare gli spazi lasciati dal pressing sbagliato del Messico, quasi un invito a farsi punire dalla verticalità esasperata della “Roja”, in cui, per dare un termine di paragone, un dribblomane ipercinetico come Sánchez interpreta il paradossale ruolo di rifinitore, che dà la pausa necessaria a chiudere l’azione con i tempi giusti.

Il Messico è stato colpito continuamente da combinazioni veloci e sovrapposizioni sulle fasce, con una costanza difficile da vedere a questi livelli.

Beausejour è uscito, ma non cambia nulla. González prende il suo posto sulla sinistra e l’esito è lo stesso: 6-0 di Vargas, ma avrebbero potuto segnare sia Aránguiz che Puch. Siamo sul 5-0 e il Cile attacca l’area con tre giocatori contro due messicani.

È un contropiede dopo un calcio d’angolo, una situazione difficile da difendere, ma il Messico, che pure è in superiorità numerica, concede una prateria all’inserimento di Puch.

Il Messico era imbattuto da 22 partite e sembrava una candidata credibile per giocarsi fino in fondo questa Copa. È caduto invece in maniera fragorosa e inaspettata, dimostrando di dover salire ancora di livello per competere con le Nazionali sudamericane più forti. Il Cile di Pizzi, che aveva suscitato più di una perplessità, trova al contrario la prestazione che la proietta come principale rivale della favorita Argentina. A distanza di un anno, la “Roja” può dare un altro dispiacere a Messi e compagni. Colombia permettendo.

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