Michael Folorunsho è una piccola dimostrazione di come sia possibile scovare talenti nelle serie inferiori e di come, forse, il concetto di categorie, nel mondo del calcio, sia più sfumato di quanto pensiamo. La carriera di un giocatore è decisa da molte variabili, che possono aiutarlo od ostacolarlo, e soprattutto che sfuggono al suo controllo: gli infortuni al momento sbagliato, le idee dell’allenatore, un colpo di fulmine da parte di dirigenti e scout di squadre più affermate, anche un pizzico di fortuna. Non è detto, insomma, che alcuni giocatori di Serie B o Serie C non abbiamo qualità sufficienti per arrivare in Serie A: semplicemente, a volte, non incontrano le condizioni ideali che gli consentono di raggiungere il gradino più alto del calcio italiano.
Chi, a 26 anni compiuti, quelle condizioni le ha finalmente trovate, è Michael Folorunsho, giocatore rivelazione dello stoico Verona di Marco Baroni, una squadra per la quale, per una volta, ha un senso utilizzare l’aggettivo resiliente. Chiunque sabato è rimasto estasiato dal suo gol al volo contro la Juve, ciliegina sulla torta di un’ottima prestazione.
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Gli appassionati di serie minori guardano sempre con affetto ai giocatori che, dopo la gavetta, riescono ad affermarsi ai livelli più alti. È un sentimento che prescinde dalla fede calcistica. Ad esempio, quando a settembre ho visto Folorunsho titolare in Serie A, a San Siro contro il Milan, la mia mente è tornata ad un’anonima partita di Serie C tra Catanzaro e Virtus Francavilla disputata nell’inverno del 2019, vinta dai pugliesi per 2-3.
Il centrocampista del Verona, all’epoca in forza alla Virtus Francavilla, era una perfetta mezzala da 3-5-2, che faceva i tagli verso l’esterno e riempiva l’area sui cross. Quel pomeriggio Folorunsho col suo atletismo, unito a una buonissima tecnica nel portare palla, era stato imprendibile per i giocatori del Catanzaro. Chiunque avesse assistito a quella partita ne era uscito con la netta sensazione che si trattasse di un giocatore che poco aveva da spartire con la Serie C.
Il 2018/19 era il secondo anno tra i professionisti per Folorunsho, cresciuto nelle giovanili della Lazio, dove era stato allenato da Simone Inzaghi. In quella stagione di Serie C aveva segnato 7 gol in 31 presenze, ottimi numeri per un centrocampista. Il suo procuratore lo aveva definito «un Guarín con più gamba». Il rendimento gli era valso l’interesse da parte del Leeds di Bielsa in estate. Alla fine, però, era stato il Napoli ad acquistarlo, per poi girarlo in prestito al Bari, ancora una volta in Serie C.
L’esordio in Serie B è arrivato nel 2020/21 con la maglia della Reggina. Quella stagione, a posteriori, è stata decisiva per averlo in Serie A oggi. Gli amaranto, infatti, a dicembre ingaggiarono Marco Baroni per raddrizzare un campionato partito a rilento. Col tecnico toscano, da riserva Folorunsho divenne titolare fisso. Baroni lo convinse ad avanzare di posizione e con lui in panchina segnò 5 gol in 21 presenze: «Quando siamo stati insieme alla Reggina mi ha cambiato la carriera. Mi ha completamente aperto la mente: prima di incontrarlo, nella mia testa ero una mezzala e potevo fare soltanto quello […] Mi ha fatto capire che posso fare tanti ruoli diversi e farli tutti bene», ha dichiarato a settembre.
È grazie a quella stagione che il centrocampista romano si è affermato in cadetteria. L’anno della svolta, però, è stato senza dubbio il 2022/23 a Bari, dove ha firmato 8 gol in 27 presenze. L’epilogo della scorsa Serie B per i “galletti”, come sappiamo, è stato drammatico. Folorunsho non ha potuto disputare i playoff da titolare a causa di un infortunio che ne ha condizionato l’ultima parte di stagione. Entrato a dieci minuti dal termine nella finale di ritorno contro il Cagliari, sul punteggio di 0-0, all’83’, ha colpito un palo con un tiro dal limite dell’area che ancora oggi rappresenta il più grande rimpianto per i tifosi del Bari.
Tornato a Napoli dopo l’amara sconfitta per 0-1 col Cagliari, Folorunsho si è guadagnato un posto in Serie A al Verona, anche stavolta in prestito. Nella scelta della destinazione, probabilmente, ha avuto un peso decisivo proprio la presenza sulla panchina gialloblu di Marco Baroni.
Folorunsho nel Verona
Se è vero che trasformandolo in un trequartista Baroni aveva permesso a Folorunsho di compiere un passo in avanti nella propria carriera, negli anni successivi il centrocampista scuola Lazio ha ricoperto ruoli differenti. Mignani a Bari lo utilizzava da mezzala e quest’anno Baroni stesso lo ha fatto ruotare in diverse posizioni.
Il tecnico toscano è solito giocare con una coppia di centrocampisti, per cui Folorunsho non ha avuto la possibilità di muoversi stabilmente da mezzala. Ha giocato da mediano, da trequartista in una coppia di mezzepunte alle spalle del centravanti, da ala destra di un 4-2-3-1 e anche da seconda punta in un 4-4-2, come nell’ultima gara contro la Juve.
Fino alla scorsa stagione, Folorunsho si era segnalato soprattutto per il modo in cui, partendo da dietro riusciva ad attaccare l’area di rigore, per la sua capacità di ribaltare il campo in conduzione e per i suoi tiri dalla distanza.
In Serie A ha dovuto ridurre gli inserimenti dalla seconda linea e le corse palla al piede. Nonostante questo, ha trovato ugualmente il modo di rendersi utile. Un centrocampista con quel fisico, infatti, è vitale per una squadra come il Verona, che cerca di raggiungere la salvezza attraverso l’intensità, la compattezza senza palla e la capacità di creare occasioni da gol anche in maniera sporca o episodica.
Folorunsho è alto un metro e novanta e pesa novantadue chili. Un fisico del genere, unito a buone intuizioni con la palla, gli consente di rendersi utile anche in vesti diverse da quelle dell’incursore. La partita contro la Juve è stata un ottimo esempio. Baroni lo ha schierato da seconda punta e lo ha utilizzato per risalire il campo con i lanci.
Nel 4-4-2 del Verona, con i difensori in possesso, l’esterno del lato palla (Lazović a sinistra e Suslov a destra) veniva incontro portando con sé l’esterno della Juve (Cambiaso o Kostić). Così Folorunsho poteva tagliare alle loro spalle, dettare il lancio e vincere il duello aereo isolato con Locatelli o con il difensore juventino di turno.
Folorunsho è alto e imponente, ma ha un’ottima corsa, per cui con i tagli interno-esterno riesce ad allungare la squadra e a isolarsi col difensore. Dopodiché, sa farsi valere negli stacchi aerei ma è anche abile ad utilizzare il petto per addomesticare la sfera. A volte gli basta piantare i piedi per impedire al marcatore di staccare, lasciando sfilare il pallone per recuperarlo in un secondo momento o per favorire un compagno. È una soluzione che il Verona ha sperimentato non solo contro la Juve ma anche, ad esempio, in casa del Napoli.
Secondo WhoScored, se si escludono i difensori centrali per ovvi motivi, Folorunsho è il sesto giocatore della Serie A per duelli aerei vinti in totale (49), preceduto tra i centrocampisti solo da Cristante (55). In alcuni frangenti della partita di sabato scorso, da seconda punta utilizzata come testa di ponte ricordava quasi Raúl García nell’Atlético Madrid di Simeone di dieci anni fa.
La partenza di Djurić, probabilmente, deve aver convinto Baroni a far diventare i duelli aerei di Folorunsho ancora più centrali per la manovra dell’Hellas. Il gioco aereo, però, non è il solo modo in cui l’ex Virtus Francavilla permette ai suoi di guadagnare campo. Quando Baroni lo schiera in posizioni avanzate, torna utile anche con il suo gioco spalle alla porta: Folorunsho riceve con l’uomo dietro, copre il pallone, guadagna punizione e consente ai compagni di alzarsi. Ad oggi è il terzo giocatore della Serie A per falli subiti in totale (54), più di lui ne hanno conquistati solo Ferguson (56) e Lautaro (59).
Le doti offensive di Folorunsho
Insomma, la mezzala che sapeva trasformarsi in attaccante aggiunto è diventata a tutti gli effetti una punta, chiamata però a sacrificarsi per il bene della squadra, mettendo in secondo piano alcune delle peculiarità che lo avevano reso speciale nelle categorie inferiori.
Eppure non mancano i momenti in cui emerge la sua vera natura, di calciatore a cui, forse, piacerebbe avere più possibilità di giocare fronte alla porta. I duelli aerei e i movimenti profondi sono le giocate con cui riempie le sue partite e che lo rendono imprescindibile per il Verona. Agli occhi degli spettatori, però, rimangono gli highlights come il gol alla Juve o quello alla Roma. Il primo, un tiro al volo quasi zidanesco, che più che la grazia da ballerina di un carillon del francese contro il Leverkusen, esprime tutta la sua potenza. Quel tiro, eseguito col piede debole, il sinistro, è solo l’ennesima dimostrazione di una qualità balistica che è sempre stata di alto livello.
Quello contro la Roma, invece, rivela il fondamentale che ha dovuto sacrificare avanzando in attacco: le conduzioni. Una corsa palla al piede partita dalla propria area, in cui ha fatto valere il suo ottimo passo in allungo e in cui ha dimostrato di saper rompere le linee, rimanere in controllo e sterzare anche al cospetto di una squadra di Serie A.
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Altrettanto sacrificati sono gli inserimenti senza palla. Folorunsho ha sempre avuto ottime letture degli spazi. Sa attaccare la porta con tempismo e quando arriva in area in corsa, con quel fisico, è difficile da arginare. Da mediano poteva accompagnare l’azione, ma non con la stessa libertà che aveva lo scorso anno a Bari. Da attaccante, invece, è più difficile cogliere le difese di sorpresa perché parte più vicino all’area di rigore.
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Il Verona al momento è terzultimo a pari punti con il Sassuolo. Marco Baroni sta riuscendo nell’impresa di mantenere la squadra a galla nonostante i problemi societari e il mercato di gennaio, che gli ha cambiato quasi del tutto la rosa a metà stagione. Michael Folorunsho è tra i pilastri che hanno consentito ai gialloblù di mantenere la rotta. Un giocatore che non si è fatto problemi a sposare la causa del suo allenatore adattandosi a nuovi compiti e dimostrandosi estremamente competitivo.
Sarebbe interessante osservarlo in un contesto diverso, dove non debba sostenere il peso dell’attacco e dove possa assaltare l’area in corsa e arrivare al tiro dal limite. Indipendentemente da quale sarà il suo futuro, comunque, a 26 anni può dire di essersi ritagliato finalmente un posto in Serie A.