Nella piscina dell’Estádio da Barra, nella notte italiana tra martedì e mercoledì, andrà in scena uno dei duelli più affascinanti di queste Olimpiadi e all'acqua dolce magari si mescoleranno poche lacrime di un campione del nuoto contemporaneo. Potrebbero essere le lacrime d’addio del cannibale Michael Phelps, capace di portarsi a casa 18 medaglie d’oro (divenute 19 con la 4x100 di Rio) ai Giochi, il nuotatore più vincente di tutti per tre edizioni consecutive. Oppure quelle del giovane campione di Londra 2012, Chad Le Clos, incapace di bissare quattro anni dopo l’impresa di battere il migliore.
Londra 2012 avrebbe dovuto rappresentare l’apoteosi della carriera di Phelps, che nella capitale britannica è diventato l’atleta più titolato della storia delle Olimpiadi moderne ma che, sempre lì, ha perso nella "sua" gara, sentendosi vecchio forse per la prima volta. «Nuotare è la cosa che mi è riuscita meglio nella vita. Poi sono diventato padre», ha detto un giorno Phelps, ma quell’argento è l’unica medaglia (delle 23 vinte alle Olimpiadi) ad avergli anche spezzato il cuore, difficilmente l'avrà dimenticata.
Quella medaglia d’argento, o d’oro se si usa il punto di vista di Le Clos, è stata anche anche una delle storie più belle delle Olimpiadi del 2012: la vittoria del sudafricano nei 200 metri delfino (o farfalla, come preferite) è stata una cosa da non credere, e persino rivedendo il video per le millesima volta viene da chiedersi come abbia potuto, un ventenne di Durban, alla sua prima finale olimpica, battere il mito vivente del nuoto. Le Clos sembrava indietro, spacciato, fino alla penultima bracciata. Per carità è già una grande soddisfazione aver lottato fino alla fine con Phelps, ma sembrava non ci fosse storia. E invece.
Per cinque centesimi di secondo Chad ha vinto l'oro e il padre è impazzito di gioia in mondovisione durante la premiazione, gridando ai microfoni della BBC: «Guardate il mio bellissimo ragazzo, oggi è il giorno più felice della mia vita». Le Clos è diventato campione olimpico nella gara per antonomasia di Phelps, quella del suo primo oro ufficiale, al Mondiale di Fukuoka 2001, quella che più lo rappresenta e in cui lo ricorderemo.
Sono passati quattro anni e Phelps è rimasto fermo per due stagioni, è diventato padre, si è fatto ritirare la patente per guida in stato di ebbrezza, ha fumato marijuana (lo faceva anche prima), è ingrassato. Poi ha chiesto scusa, è stato strapazzato dai media e si è rimesso il costume, ricominciando a fare quello che gli viene meglio. Ricominciando a vincere. Gli Stati Uniti lo hanno scelto come loro portabandiera e a Rio farà tre gare: 200 misti, 100 e 200 farfalla (o delfino); che poi sono le sue ultime tre gare in assoluto.
Chad Le Clos, invece, nel frattempo è cresciuto: ha stabilito i record di 100 e 200 metri delfino in vasca corta (quelli nella piscina da 50 metri li detiene Phelps, manco a dirlo) e nel 2015, a Kazan, si è laureato campione del mondo nel 100 farfalla ribadendo che il più forte adesso è lui. Phelps ai Mondiali non c’era a causa della squalifica successiva alla storia della patente, ma ai Trials americani gli ha risposto in piscina con un tempo migliore, che ha commentato dicendo: «I complimenti a Le Clos sono una spinta per me». La replica di Chad non si è fatta attendere: «Facile vincere senza avversari, ci vediamo a Rio».
L’ultimo anno di Chad
Ma il tempo continua a passare e le cose accadono: adesso Le Clos si trova ad affrontare le Olimpiadi da campione con il padre che è stato appena operato per un tumore alla prostata e la madre nel pieno della chemioterapia, dopo aver subito una doppia mastectomia per la ricomparsa di un cancro al seno.
Sugli ultimi 18 mesi di Le Clos c'è un documentario girato dall’ex campione inglese di canottaggio Matthew Pinsent (intitolato “Unbelievable” in ossequio alle parole pronunciate a Londra dal padre di Le Clos, Bert, a Londra), in cui Chad a un certo punto afferma che baratterebbe le sue medaglie con la salute dei propri genitori. Poi, però, aggiunge: «Non mi sono mai allenato tanto duramente: voglio che i mie genitori siano fieri di me». Le Clos vive una situazione molto diffusa nello sport sudafricano, e delle Nazioni che non dedicano al nuoto l’attenzione e i mezzi che forniscono ad altri (in Italia ne sappiamo qualcosa): i suoi allenamenti si tengono in una piscina nei sobborghi di Durban in cui l’acqua non viene riscaldata e nemmeno pulita da insetti e foglie, in cui spesso si formano onde. «Vorrei che grazie a me in Sudafrica si accorgessero che non esistono solo cricket, calcio e rugby».
Anche Michael Phelps, da parte sua, ha dichiarato motivazioni che vanno oltre la semplice voglia di rivalsa: «Voglio nuotare oltre la leggenda». E sembra sincero quando dice: «Lo faccio solo per me, e magari per confrontarmi con i miei avversari più duri. Mi sono innamorato di nuovo del nuoto».
Vincerà la determinazione e la forza del più grande di tutti, arrivato all’ultima tappa di una carriera irripetibile, o il ragazzo che nuota per i suoi genitori e per lo sviluppo del proprio sport in Patria? Lo sapremo tra poco, e dovremo stare attenti a non confondere le lacrime con l'acqua della piscina, distratti dall'epicità e da quell'oro e quell'argento che per Le Clos e per Phelps varranno comunque più della altre medaglie. È per gare come questa che le Olimpiadi sono nate.