Forse mai come quest'anno la lotta per la salvezza in Serie B è stata così incerta. A turno in zona retrocessione ci sono finite il Perugia, la stagione precedente ai playoff, il Cosenza, che come ogni anno prova a risorgere nel girone di ritorno, ma anche squadre che nelle ultime stagioni hanno fatto capolino in Serie A, come Venezia, Spal, Brescia. Alla fine Spal e Perugia sono effettivamente retrocesse e non sono state nemmeno la più grande notizia perché all'ultimo posto si è qualificato il Benevento, che fino a poco tempo fa potesse rimanere dignitosamente in Serie A.
Sono passate due stagioni dalla disastrosa striscia di risultati che condannò la squadra di Inzaghi alla retrocessione. Nel frattempo, Vigorito ha costruito una rosa piena di calciatori esperti, tutti di altissimo livello per la cadetteria: Glik, Letizia, Schiattarella, Ciano, Farias, Simy. Evidentemente, però, i grandi nomi non sono bastati. I risultati hanno stentato ad arrivare e durante la stagione i giallorossi hanno cambiato quattro allenatori. Il 10 aprile, mentre arrivava una sconfitta in casa per 3-1 contro la Spal, i tifosi si sono lanciati in una pesante contestazione: «la Primavera, vogliamo la Primavera» cantava la Curva Sud. Con ironia, potremmo dire che un coro tanto drastico, per una volta, sembrava avere una motivazione logica. L’unico spiraglio di luce nella stagione del Benevento, infatti, è stato Lorenzo Carfora, classe 2006 e entrato stabilmente nelle rotazioni nelle ultime giornate di campionato.
Napoletano di Barra, stesso quartiere di Pasquale Mazzocchi, Carfora arriva dalle giovanili giallorosse e in autunno aveva già ricevuto una convocazione da parte della Nazionale Under 17 di Bernardo Corradi. Prima dell’esordio con i professionisti, tra i pari età aveva messo a referto diciannove gol e sei assist in venti partite. La prima presenza in Serie B è arrivata a marzo, nella sconfitta casalinga per 2-0 contro il Sudtirol. Carfora è entrato nel secondo tempo e contro una delle squadre più spigolose del campionato ha brillato per tecnica e personalità: senza paura del contatto contro avversari ben più grandi, non stava nella pelle per farsi dare palla, puntare l’uomo e combinare con i compagni. Un paio di giornate più tardi, al San Nicola contro il Bari, è arrivato anche l’esordio dal primo minuto. Carfora, così, è diventato il primo 2006 a partire titolare tra i professionisti in Italia. Come contro il Sudtirol, si è fatto notare per la sua intraprendenza, in una partita che però il Benevento ha giocato in inferiorità numerica dal 40’.
Con la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere, Carfora, a differenza dei suoi compagni, non sembrava condizionato dalla disperazione della squadra. In ognuna delle partite disputate, ha rubato l’occhio per il modo in cui ha saputo esprimere la sua tecnica, anche in situazioni complesse. La notizia migliore è che lo ha fatto contro alcune delle squadre più ostiche della Serie B: Sudtirol, Bari, Pisa, Reggina, erano tutte squadre in lotta per i playoff, e i loro difensori non hanno risparmiato nemmeno un contrasto al piccolo Carfora, delle volte con entrate palesemente intimidatorie. Lui, però, non ha battuto ciglio, se ha potuto ha ricambiato con qualche spallata e, soprattutto, si è dimostrato un giocatore eccitante, capace di distinguersi anche in mezzo ai professionisti.
Il coraggio di chiamare palla
A rendere speciale il giovane attaccante del Benevento non c’è solo la precocità. Carfora non solo sa stare tra i grandi, ma lo fa in maniera abbastanza appariscente con un modo di stare in campo che è quasi impossibile rintracciare tra trequartisti, ali e seconde punte italiani. Carfora, infatti, adora giocare tra le linee ed ha tecnica e rapidità in abbondanza per sopravvivere nello stretto. Per ricevere, il classe 2006 dei sanniti non ha bisogno di rimanere aperto e aspettare la palla sui piedi. Non occorre neanche che si abbassi a prenderla dai centrocampisti. Col baricentro basso e con un primo controllo notevole, può permettersi di trovare la posizione alle spalle dei mediani avversari, oppure nelle intercapedini tra i difensori, e invitare i compagni a verticalizzare su di lui.
Abituato a guardare cosa accade alle sue spalle prima di ricevere, Carfora riesce sempre ad allontanarsi dal marcatore con il primo controllo, nel migliore dei casi anche a saltarlo. È veloce a separarsi da chi lo segue prima dello stop, così da avere più margine di manovra e sa addomesticare il pallone anche in maniera poco convenzionale, non solo col piede lontano, ma anche con tocchi di collo esterno o di tacco. A diciassette anni è facile immaginare che il suo fisico possa ancora svilupparsi, ma per adesso il numero 35 del Benevento ha una conformazione perfetta per praticare il tipo di calcio mostrato in queste prime apparizioni.
Dato che non si tratta nemmeno di un giocatore della Primavera, su Internet non ci sono indicazioni sulla sua altezza e sul suo peso. Ad occhio, dovrebbe essere alto intorno al metro e settanta. Il suo corpo è secco, senza nemmeno un filo di muscoli o di grasso, ma di questo non sembra risentire, anzi: la struttura filiforme lo rende più agile, capace di insinuarsi dovunque ci sia spazio per mantenere palla. In più, resiste ai contrasti, copre bene il possesso inarcando la schiena ed è abbastanza smaliziato da usare le mani per tenere lontano l’uomo. Grazie alla somma di tutte queste caratteristiche, più volte nell’ultimo scorcio di stagione gli è capitato di girarsi col primo controllo e di mandare a vuoto l’uscita del difensore.
Galleggiare tra le linee, però, non è solo una questione di tecnica o di fisico. Occorre anche intelligenza nell’individuare la posizione giusta e nell’invitare il compagno al passaggio con la postura. Carfora, in questo senso, possiede una comprensione del gioco tra le linee fuori dal comune per un giovane agli esordi. Osservare il modo in cui fiuta gli spazi per trovare un cantuccio in cui ricevere è interessante quasi quanto vederlo toccare il pallone. In una gara di metà aprile contro la Reggina, ad esempio, ogni volta che il 3-5-2 dei calabresi scivolava verso il lato palla e che il mediano si allontanava dal centro, Carfora si infilava in quella tasca di spazio e dettava così la verticalizzazione ai difensori. Se il terzo di difesa degli amaranto scalava lateralmente in aiuto al quinto di centrocampo, allora si alzava tra lui e il centrale, come una seconda punta.
Anche quando il Benevento sviluppava sulla fascia, Carfora è bravo a posizionarsi per farsi dare il pallone in orizzontale al centro. Se poi tra le linee non c’è proprio spazio, allora scivola verso la fascia, preferibilmente quella di sinistra, da dove è abile a far filtrare nuovamente il pallone verso l’interno con passaggi corti ma di difficile esecuzione.
Insomma, dai piedi si intuisce subito che si tratta di un talento sopra la media, almeno in Italia, e non è un caso se la sua intelligenza nel trovare la posizione abbia convinto del tutto Stellone a dargli fiducia nel finale di stagione. Della volontà di chiamare il pallone, di rendersi sempre visibile agli occhi dei compagni, si è accorto chiunque lo abbia visto giocare, anche i giornalisti di una tv locale di Benevento, che gli hanno chiesto proprio di questa sua caratteristica: «Sono sempre stato così, sin da piccolo ho sempre avuto il coraggio di chiamare palla e l’ho trasmesso anche in campo stasera», ha detto dopo l’esordio contro il Sudtirol.
Cosa rende speciale Carfora
Se all’intelligenza senza palla e alla tecnica tra le linee aggiungiamo una buona dose di estro, ecco che potremmo davvero essere di fronte a un talento speciale. A Carfora piace saltare l’uomo, e una volta fronte alla porta cerca sempre il compagno più vicino per triangolare. Per dimezzare i tempi di esecuzione in spazi stretti, dopo essersi aggiustato il pallone lo scarica con l’esterno, senza soluzione di continuità nei suoi tocchi, e subito dopo corre in avanti per farselo restituire. Come detto, sono caratteristiche rare tra gli italiani, che non possiede nessun suo pari ruolo da anni. Lui e Baldanzi, in questo senso, sono molto simili, non solo per il numero di maglia, e potrebbero rappresentare una ventata d’aria fresca in un sistema che ormai di giocatori creativi tra le linee non ne produce dai tempi di Cassano.
Che Carfora sia un virtuoso, lo si nota anche da come addomestica certi palloni alti in situazioni concitate. Ha una grande sensibilità negli stop di petto, che usa anche come sponda, e se non è possibile mettere a terra la sfera con un primo tocco, allora se la aggiusta con il palleggio, anche in mezzo agli avversari.
La sua azione più bella, per ora, è arrivata contro la Spal, un concentrato di tutte le migliori qualità del giocatore di Barra. Il Benevento sviluppa sulla destra. Schiattarella allarga per Improta e la difesa a quattro della Spal scivola verso la fascia. Dopo aver scaricato, Schiattarella corre in profondità e abbassa il mediano avversario. Così, si crea un buco nel centrocampo ferrarese, che Carfora capta ed occupa. Improta lo vede e torna da lui con un passaggio in orizzontale. Prima di ricevere, Carfora dà un’occhiata ai difensori e vede che ha spazio per girarsi, ruotando verso l’interno col primo controllo, mentre la palla gli rimane incollata al collo del destro. Su di lui esce il centrale e, per anticiparlo, con grande rapidità, in un unico movimento, scarica sulla punta Pettinari con un colpo d’esterno. A quel punto Carfora corre in avanti per chiudere il triangolo, comprime il campo e sfila alle spalle di Pettinari, che di tacco gli restituisce il pallone.
Il centrocampista della Spal fa per mettere il piede, Carfora finge di sterzare verso la porta con il destro, ma in realtà lascia sfilare il pallone e se ne va sul sinistro, con l’avversario che rimane sul posto. Il tiro col mancino, il piede debole, sembra abbastanza potente ma è centrale, il portiere lo respinge di pugno.
Carfora che si trasforma in Pablo Aimar e sfiora il gol
Il gol è proprio ciò che gli è mancato in queste sue prime partite tra i professionisti. Non ha avuto un gran numero di occasioni, ma non è stato nemmeno oculatissimo nelle scelte. Più volte, dopo aver ricevuto sul vertice sinistro dell’area, è rientrato sul destro, ha saltato l’uomo e ha calciato. A quel punto, però, altri difensori erano usciti su di lui e il suo tiro gli è sbattuto addosso. In generale Carfora deve imparare ad usare meglio la rapidità con cui converge e con cui supera l’avversario. Del resto, di aspetti da migliorare, a quell’età, ce ne sono a bizzeffe. Avere un diciassettenne così sfrontato, tecnico e svelto, però, non è qualcosa che accade tutti i giorni in Italia.
Oltretutto, Carfora sta emergendo in una squadra che non fa molto per favorirne le caratteristiche, visto che il Benevento spesso gioca in fretta sugli attaccanti spalle alla porta e gran parte delle sue azioni si risolvono in cross da posizioni poco redditizie. Carfora si è mosso sia da trequartista che da ala, su tutti e due i lati. Quando c’era da limitarsi ai cross lo ha fatto, ma non è quello il suo gioco. E adesso vedremo come si comporterà in Serie C, dato che il Benevento proprio ieri ha deciso di fargli firmare il suo primo contratto da professionista e al momento sembra difficile che possa tornare in Serie B.
Chissà cosa potrebbe fare in una squadra dal palleggio più sviluppato, con tanti compagni vicini con cui potenziare il suo talento. D’altra parte, il fatto di eseguire giocate ad alto coefficiente di difficoltà, in zone calde di campo e nonostante il contesto difficile, promette bene e ci lascia sperare in un talento più autosufficiente, chissà magari anche al livello delle piccole ali tecniche che negli ultimi anni il calcio italiano ha dimostrato di saper produrre (Insigne, Berardi, Caprari). C'è da dire che il talento nello stretto, il coraggio di Carfora sembra promettere persino di più.
Certo, ripartire dalla Serie C non sarà facile per lui. Il posto da titolare, nonostante la retrocessione, è tutt'altro che assicurato, e nel girone C troverà campi sconnessi e avversari chiusi e fallosi. Insomma, non il contesto ideale all'interno del quale crescere un talento come il suo. Non bisogna però nemmeno dimenticare che è emerso forse nella peggiore situazione possibile, con un allenatore arrivato per salvare l'impossibile e una squadra allo sbando. Se c'è una cosa che Carfora ha già dimostrato di saper fare è proprio fiorire nel deserto.