Stiamo vivendo un periodo senza precedenti, straniante, caratterizzato da cambiamenti ed accorgimenti che hanno coinvolto anche lo sport, anzi soprattutto lo sport: all’inizio si è fermato totalmente, poi qualcosa ha ripreso con cautela. Le MMA si sono fermate per un periodo brevissimo e oggi, grazie alla Yas Island (un’isola artificiale costruita ad Abu Dhabi, dove la UFC sta organizzando la maggior parte dei suoi ultimi eventi) e a condizioni particolari ma non così influenti, ad esclusione dell’assenza di pubblico, non sono cambiate poi tanto. Gli eventi continuano e i fighter combattono: abbiamo visto Justin Gaethje terminare la striscia positiva di Tony Ferguson; abbiamo visto Masvidal accettare un match con sei giorni di preavviso contro Usman e perderlo; in generale i nomi più “grandi” non hanno tradito le attese, ed era un po’ quello che ci si aspettava. Ci sono state però alcune sorprese ed è arrivato il momento di fare il punto su quei fighter che, in questo periodo strano, più hanno impressionato.
Il ritorno di Aljamain Sterling
All’inizio della sua carriera Aljamain Sterling sembrava il prospect più interessante arrivato in UFC nella divisione dei pesi gallo. Grappler solido e molto duro, ma al contempo rapido e fluido, dotato di un footwork che probabilmente è il più interessante non solo della divisione, ma probabilmente dell’intero roster UFC. Ogni passo è differente rispetto al precedente, il che aiuta l’elusività di Sterling. Dotato di un ottimo timing e di grande scelta dei momenti del match, probabilmente si era sentito già arrivato a cavallo fra il 2016 ed il 2017, quando invece ha subito tre sconfitte consecutive. Le prime due per decisione non unanime, l’ultima invece abbastanza scioccante, frutto di una ginocchiata al volto cortesia di Marlon Moraes. Da quel dicembre 2017, però, Sterling non ha fatto che migliorare e vincere.
Dopo un anno di stop, da giugno 2019, è tornato in scena a UFC 250, lo scorso giugno, regalandoci una delle migliori prestazioni della sua carriera, dominando e vincendo in meno di un minuto e mezzo contro Cory Sandhagen, reduce da una striscia di ben 7 vittorie consecutive, 5 delle quali in UFC e contro nomi di blasone. Adesso Sterling reclama una title shot, contro il campione in carica Petr Yan, uscito vincente dall’incontro con Jose Aldo, altro atleta in forma straordinaria. Sterling-Yan potrebbe essere uno degli incontri più interessanti della categoria e non vediamo l’ora di sentire il suono dei loro pugni.
Anche Cody Garbrant è tornato da un lungo viaggio
La parabola di Cody Garbrandt è una delle più interessanti degli ultimi anni: campione giovanissimo, da imbattuto, con uno stile aggressivo e dominante, feroce, spietato, davvero senza macchia fino alla conquista delle cintura contro la leggenda Dominick Cruz. Poi però l’arrivo in vetta gli ha tolto aria e Garbrandt è disceso direttamente negli inferi delle MMA: venendo prima sconfitto dal suo acerrimo rivale TJ Dillashaw, due volte, e poi dal power-puncher Pedro Munhoz, a UFC 235, nel marzo di un anno fa. Era dal dicembre del 2016 che Garbrandt non vinceva, prima di tornare in scena a UFC 250.
Ritrovare la fame, la voglia di vincere e quella di rimanere fra coloro che contano non è facile, specie dopo un periodo che definire nero sarebbe ancora riduttivo. Ma Cody Garbrandt ha soltanto 29 anni ed è dotato di una potenza da categoria superiore e di un footwork tanto rapido da farlo sembrare di una categoria inferiore. Soprattutto, ha ancora voglia di dimostrare il suo valore. La mancanza di lucidità nella volontà di scambiare a viso aperto gli hanno fatto pagare lo scotto, ma forse è ancora in tempo per rientrare nel giro titolato. La dimostrazione l’ha data a UFC 250 quando ha sconfitto uno dei rebus più complicati dell’intera divisione che, per intenderci, vanta anche una vittoria su Sterling, di cui si scriveva sopra.
Raphael Assunçao nel corso della sua carriera vanta vittorie su Marlon Moraes, TJ Dillashaw, Rob Font, Joe Lauzon e Jorge Masvidal, e si è sempre mostrato un avversario difficile da decifrare, data la sua rapidità di pensiero ed esecuzione, la bravura nei cambi di livello, l’abilità nel cambiare guardia a piacimento. Insomma, il test per Cody “No Love” Garbrandt è stato più che sufficiente e lui è riuscito ad approfittarne realizzando uno dei KO più devastanti dell’anno, fintando e mettendo a segno un gancio al suono della sirena del secondo round, dopo una prestazione intelligente, accorta, per certi versi attendista, senz’altro evoluta nei suoi precedenti difetti.
Una reazione non solo degna di sé nel senso atletico, ma anche e soprattutto dal punto di vista mentale, una conferma definitiva che l’ex campione è ancora sul pezzo ma che è cambiato. Cody Garbrandt rimane lì in vetta e non ha alcuna intenzione di mollare la presa. Con un’altra vittoria impressionante non sarebbe delittuoso chiedere un’altra title shot. La fossa dei leoni è pericolosa, ma lui sembra pronto.
Mike Perry
“Platinum” Mike Perry non è un fighter continuo, ma è sempre emozionante. Fra queste due cose (la prima è un’esigenza più che altro per la promotion, che non riesce a dargli match di livello assoluto poiché lo statunitense non riesce a riconfermarsi) passano delle prestazioni che fanno alzare il sopracciglio ai più critici. Negli ultimi due anni, costellati anche da momenti negativi fuori dall’ottagono, con risse nei ristoranti e uscite talvolta imbarazzanti, Perry pare essersi ritagliato un ruolo da duro eccentrico, con poche ambizioni se non quella di offrire spettacolo per i fan. Eppure, dopo aver perso in maniera inaspettata contro Donald Cerrone (e dopo averlo preso in giro dicendogli che stava invecchiando), nel novembre del 2018, Perry ha raccolto un record di 2-2 nei Welter che lo mette in una posizione interessante.
Un anno dopo Vicente Luque gli ha distrutto il naso (le immagini hanno fatto il giro del mondo e sottolineato la sua durezza psicofisica) in una battaglia all’ultimo sangue terminata con una decisione non unanime dei giudici che ha premiato il suo avversario; poi Perry è stato letteralmente annichilito dal possente George Neal, che lo ha schiantato in appena un minuto e mezzo a suon di head kick e pugni in ground and pound. Dopodiché - siamo arrivati allo scorso giugno - Perry prende la poco condivisibile decisione di presentarsi al suo match successivo con nessun altro al suo angolo che non fosse la fidanzata, e contro Mickey Gall dà sfoggio di un’evoluzione che non può essere casuale.
Dominato Gall sia sul piano dello striking che su quello del grappling, Perry ha mostrato grandissimi miglioramenti anche nel cardio, ma soprattutto nel ground game. Passaggi di guardia, controllo, reazioni inaspettate da terra, dove il favorito era senz’altro il suo avversario, gli hanno regalato la vittoria per decisione unanime in un momento che lo vedeva davvero in crisi. Perry non è materiale da contesto titolato, questo è poco ma sicuro, ma ha dimostrato di potersi evolvere e offrire una versione più tecnica e ragionata di sé, da affiancare al temibile technical brawler. Perry si sta dimostrando pronto a imparare e a evolversi, il che non può che renderlo ancora più interessante.
Marvin Vettori
Campanilismo? Sarebbe davvero riduttivo parlare per spirito patriottico di un fighter entrato finalmente nella top 15 dei Pesi Medi e abbastanza giovane da tentare la scalata. Certo, Vettori è anche il punto di riferimento più alto per le MMA italiane dal dopo-Sakara, ma è anche un fighter che si è migliorato ad ogni occasione possibile, commettendo pochissimi passi falsi e migliorando in tutti i campi del combattimento. E che, oltretutto, è passato in mezzo a mille difficoltà, culminate nel forfait di Karl Roberson, con il taglio del peso già effettuato, e l’incontro spostato di un mese (dal 21 marzo al 13 giugno).
Al di là del clamore mediatico suscitato dal loro incontro nella lobby dell’hotel, l’incontro tra Roberson (che ha mancato il peso anche nella seconda occasione) e Vettori, ha premiato la pazienza dell’italiano e messo finalmente in luce tutte le sue qualità, con quattro minuti di dominio schiacciante conclusi da una rear-naked choke che gli è valsa il bonus Performance of the Night, oltre che lo spot numero 14 in classifica. Nonostante il periodo nero dovuto alla pandemia e i cambi di data, Vettori è riuscito nell’impresa di portare a casa la vittoria con la miglior prestazione mai sfoggiata in carriera, dimostrando con i fatti le sue ambizioni. Da qui in poi, niente è escluso a priori.
Petr Yan
Uno dei due campioni UFC presenti in questa lista, con un record di 15 vittorie e una sola sconfitta. Petr Yan è forse il fighter che ha ottenuto di più in termini di carriera nell’ultimo periodo, beneficiando del ritiro di Henry Cejudo e confermandosi ai primissimi posti di una delle divisioni più interessanti all’interno del roster UFC. Yan ha sfidato Jose Aldo a UFC 251 per la corona della categoria al limite delle 135 libbre e se l’è presa con il suo solito stile solido e intelligente. Yan è capace di leggere il match in maniera maniacale e di decidere il momento in cui affossare l’avversario grazie a un'imponente fisicità, alla grande esplosività nel pugilato, alla durezza psicofisica. L’incontro con Aldo non è stato poi molto diverso dai suoi precedenti: nonostante il brasiliano fosse partito molto bene, Yan ha resistito a colpi pesanti, ha risalito la china e schiantato il suo avversario nel corso dell’ultimo round, ottenendo un TKO. Yan ha consolidato la sua posizione all’interno del roster e conquistato la corona di categoria ed anche la posizione numero 12 nella classifica pound for pound. Soprattutto, è difficile immaginare qualcuno che possa togliergli la cintura facilmente.
Mounir Lazzez
Mounir Lazzez è noto all’underground dei fan italiani per aver sconfitto recentemente Arber Murati. Successivamente, ha vinto per decisione unanime anche con Abdul Razak Alhassan, combattente solido, potente, sicuramente non dal fight IQ elevato, ma pericoloso e letale quando va a segno. Lazzez ha subìto l’arrembaggio di Alhassan nel corso del primo round, ma non si è mai scomposto, non ha subito knockdown ed è sembrato mantenesse grande tranquillità nelle fasi di scambio. Dotato di una kickboxing pericolosa e al contempo paziente, con un’ottima scelta degli angoli e dei tempi, Lazzez è riuscito anche ad avere la meglio nel ground game, pur non mostrando particolare predilezioni per le sottomissioni, quanto invece per il controllo a terra. L’UFC adesso ha un peso Welter spettacolare, oltre che concreto e solidità che grazie al lavoro duro eseguito durante il periodo di quarantena sembra arrivato a una dimensione nuova.
Jack Hermansson
Jack “The Joker” Hermansson (che ha combattuto anche per la promotion italiana Venator) ha fatto un salto di qualità davvero eccezionale negli ultimi anni.
La qualità del suo striking, il timing, la precisione sono rimasti inalterati ed hanno subito un’applicazione senza precedenti. La vera efferatezza Hermansson l’ha mostrata in fase di grappling, un’area del combattimento che in breve tempo pare essere diventata la sua preferita e nella quale ha mostrato dei miglioramenti evidenti, palesati sia nel suo ultimo match che già contro il duro Jacare Souza tempo addietro.
Dopo aver superato, fra gli altri, David Branch ed il già citato Jacare, ha subito una dura battuta d’arresto contro il brutale Jared Cannonier, fighter rinvigorito dal passaggio dalla divisione dei massimi-leggeri a quella dei medi. È passato poco meno di un anno che Hermansson è tornato in scena (lo scorso 18 luglio, nel co-main event della card UFC Fight Night 172) battendo in maniera magistrale, con una heel hook, nientemeno che l’ex sfidante al titolo Kelvin Gastelum, dopo poco più di un minuto dall’inizio del primo round, senza subire danni. Oltre alla prestazione di altissimo tasso tecnico, va sottolineato il feroce impatto mentale che Hermansson ha avuto sul suo match, cogliendo di sorpresa un fighter giovane ma esperto come Gastelum. Il “Joker” può così riprendere da dove era stato interrotto, inseguendo la tanto agognata title shot.
Deiveson Figueiredo
Deiveson Figueiredo si è preso con una prestazione da vero squalo il titolo dei Mosca, abbattendo in maniera secca Joseph Benavidez, nel corso della prima ripresa. Era già la seconda volta che Figueiredo e Benavidez si incontravano, i due avevano incrociato i guantini lo scorso febbraio, ed il risultato era stato più o meno lo stesso, con Benavidez che era sopravvissuto per una ripresa in più e con Figuiredo che non era riuscito a centrare il peso, motivo per cui la cintura dei pesi mosca era rimasta vacante. Stavolta non ha lasciato nulla al caso ed è uscito dall’arena con la cintura alla vita, pronto a dominare - a dir suo - non una, ma due divisioni di peso.
Darren Till
In UFC Till ha già combattuto per la corona dei Pesi Welter, fallendo nel tentativo di battere Tyron Woodley nel settembre 2018. Dopo la sconfitta successiva, subita contro Jorge Masvidal, l’inglese ha deciso di passare alla divisione dei Medi, superando di misura Kelvin Gastelum e ottenendo la possibilità di affrontare l’ex campione di categoria Robert Whittaker. Nonostante la sconfitta per decisione unanime dei giudici, Till ha disputato un incontro tattico ed ordinato, limitando i suoi assalti a viso aperto e ragionando invece sui colpi da portare a segno e sui momenti da scegliere.
Forse non l’incontro più esaltante della sua vita, probabilmente tatticamente il più complicato. “Bobby Knuckles” è stato un rebus complicato anche per lui e, d’altronde, nella divisione dei Medi l’unico uomo a batterlo è stato Israel Adesanya. Ma Darren Till dal canto suo ha dimostrato una maturità senza precedenti, resistendo persino alla rottura del ginocchio nel corso del secondo round e continuando a combattere creando pericoli a Whittaker, fino a portarlo alla decisione dei giudici. Una di quelle prestazione generose che potrebbero annunciare il passaggio a una nuova fase della sua carriera.
Ad ogni modo, già il passaggio alla divisione dei pesi Medi sembra aver giovato a Till, un fighter più attento, con la stessa caparbietà ma con un modo di affrontare i match diverso. Sebbene in molti gli abbiano imputato la colpa di esser capace di rispondere solo col suo potente diretto sinistro, Till invece ha fatto vedere sicuramente molto di più. Non carica più i suoi avversari a testa bassa, non taglia le distanze in maniera forsennata, non insegue chi ha davanti; preferisce piuttosto attendere i momenti giusti, scegliere i colpi, misurarli per bene prima di affondare. Darren Till insomma, anche con una sconfitta appena subita, è cresciuto. Si è evoluto. Non nella varietà probabilmente, ma nella concretezza, nella scelta delle azioni, nella gestione dei momenti. A 27 anni il fighter inglese pare essere in grande forma, nonostante l’infortunio appena subito. E noi non vediamo l’ora di rivederlo in scena per capire dove si colloca esattamente nella sua nuova divisione di appartenenza.
Khamzat Chimaev
L’uomo-rivelazione dell’ultimo mese. Se non sapete chi è Khamzat Chimaev (prodotto della promotion mediorientale Brave CF) probabilmente avete vissuto da eremiti gli ultimi tempi, o non seguite abbastanza le MMA. Di nazionalità svedese ma di origini cecene, Chimaev si è presentato al pubblico nel secondo appuntamento sulla Fight Island schiantando, con una prestazione modello-Khabib, John Phillips. Dieci giorni dopo ha distrutto, nella divisione inferiore, quella dei Pesi Welter (tagliando quindi anche il peso), Rhys McKee: entrando nella storia della UFC per aver affrontato due avversari in card differenti nel minor tempo uno dall’altro.
Alcune versioni dicono che a fronte di 192 colpi significativi a segno, Chimaev avrebbe subito un solo colpo, altre arrivano fino a un massimo di due. La certezza è che si tratta di un animale diverso dagli altri e, per poter vendere meglio la propria immagine, il fighter di origine cecena ha anche iniziato il gioco del trash talking su Twitter, puntando a Kamaru Usman, Jorge Masvidal e Conor McGregor. Una smisurata convinzione nei propri mezzi, avallata da due prestazioni eccezionali nella miglior promotion al mondo e da otto finalizzazioni ottenute in altrettanti match in carriera (fa quasi impressione vedere che l’anno d’esordio fra i professionisti è il 2018) lo presentano al grande pubblico che, per carattere, somiglianza tecnico-fisica col più piccolo Khabib, personalità e modo di presentarsi ha per forza di cose spaccato gli osservatori.
Con la sua capacità da grinder, abbinata però ad una tecnica in fase di striking (almeno per ciò che ha fatto vedere in Brave, dove vanta anche un KO con un montante di pregevole fattura), Chimaev si presenta come la next big thing nella divisione dei welter, un’opinione confermata anche dal contendente numero uno al titolo, il brasiliano Gilbert Burns, che nella sera del suo secondo match ha espresso i suoi complimenti su Twitter.
Il protagonista più interessante dell'ultimo periodo in UFC non può quindi essere che lo svedese, apparso nell’ottagono già due volte in brevissimo tempo. Probabilmente non lo vedremo, almeno nel prossimo match, contro un grandissimo nome; ma con un’altra prestazione come le due precedenti non sarà possibile negargli un incontro ai piani alti. Dalle prime impressioni, Khamzat Chimaev sembra tagliato per arrivare in cima.