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Le migliori parate del "Dibu" Martinez
16 dic 2024
A parte quella contro la Francia, che tanto già la conoscete.
(articolo)
12 min
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IMAGO / Jan Huebner
(copertina) IMAGO / Jan Huebner
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Per Emiliano Martinez, detto “Dibu” per un personaggio di un cartone animato argentino, è difficile tirare una linea netta su dove finisca il personaggio e cominci il calciatore, la scena che fa dalla sua effettiva efficacia. I balletti dopo i rigori, le prese in giro, la faccia da vittima con gli occhi piegati all’ingiù che si trasforma in una frazione di secondo in un ghigno diabolico. Anche quando fa qualcosa di notevole sembra dipendere dal suo carattere, da quel magnetismo teatrale che ha fatto in modo - tanto per fare l’esempio più illustre - che Kolo-Muani calciasse sulla sua gamba protesa l’occasione che avrebbe potuto cambiare la finale dell’ultimo Mondiale (forse, la parata più importante della storia del calcio).

Spingiamo un po’ più in là questa versione dei fatti: Emiliano Martinez è un portiere mediocre che grazie alle sceneggiate fa sbagliare gli attaccanti. Non per niente è uno specialista dei calci di rigore, il singolo momento dove la psicologia conta di più, in una partita di calcio. Si spiega così anche il perché sia arrivato a giocare ad alto livello così tardi, dopo aver passato praticamente dieci anni ad allenarsi con la moglie in giardino. Ma è davvero così? O meglio: può essere davvero così? Un portiere arrivare a vincere un Mondiale e due Premi Yashin consecutivi pur non essendo davvero bravo? Solo grazie ad un atteggiamento che lo porta ad essere magari un po’ più coraggioso degli altri ma che soprattutto spinge gli attaccanti a congelarsi quando sono di fronte a lui.

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In un certo senso sarebbe persino più bello se fosse vero. Testimonierebbe, il caso del "Dibu", di quanto anche nello sport di alto livello la personalità possa fare la differenza. Ma anche se non può essere del tutto questa, la realtà, Martinez fa di tutto per sfumare le linee, cancellare i contorni che separano il suo talento dalla sua espressività. Ho scelto quindi nove sue parate in cui si vede che, al di là dell’agilità, dei riflessi, della tecnica purissima con cui impedisce che la palla entri in porta, ci sia anche qualcosa dentro Emiliano Martinez a permettergli di parare. Qualcosa che gli impedisce di accettare che la palla stia entrando e lui non possa farci niente. La specialità di Martinez è proprio questa: non solo parare, ma parare quando sembra troppo tardi per farlo.

Le parate sono nove perché quella con cui ha portato l’Argentina ai rigori contro la Francia la possiamo dare per scontata, basta chiudere gli occhi per ricordarla. Decidete voi in che punto della classifica si inserirebbe.

9. RIGORE A MANO APERTA

Martinez fa sempre della psicologia. D’altra parte è un gioco tra uomini e la psicologia è sempre presente. L’etichetta vuole che ci sia rispetto reciproco e che si tenga una certa distanza anche verbalmente, proprio perché abbiamo tutti presente quanto possono essere devastanti i danni che fanno le parole. Forse Martinez ne ha dato l’esempio più crudele in quella partita di Copa America con la Colombia (2021) in cui di rigori ne ha parati tre, facendo impazzire in modo particolare Yerri Mina, con i suoi: «Ti mangio, ti mangio, ti mangio».

A volte però basta molto meno. In Conference League contro il Lille, dopo che entrambe avevano vinto 2-1, l’Aston Villa doveva giocarsi il passaggio del turno ai rigori fuori casa, in uno degli stadi più caldi di Francia, Paese che già non lo vedeva di buon occhio per la finale. È la partita in cui Martinez è riuscito a farsi ammonire una volta per perdita di tempo e una seconda, durante i rigori, per provocazioni ai tifosi avversari (fortunatamente i cartellini gialli durante i rigori non si sommano a quelli presi durante la partita).

Basta poco: Martinez prende la palla in mano mentre il primo rigorista avversario, Bentaleb, arriva di corsa, sembra anzi affrettarsi come se dovesse togliere la palla dalle mani del "Dibu" altrimenti non avrebbe tirato. L’arbitro si mette in mezzo e il "Dibu", sempre un po’ ridicolo nel suo modo di essere violento, finge di voler controllare che la palla sia gonfia. Poi si mette in porta e para.

La parata passa in secondo piano rispetto a quello che la circonda ma non è banale: non solo Martinez indovina l’angolo e ci si fionda con grande elasticità, ma fa scendere la mano a terra perché Bentaleb aveva tirato rasoterra e rischiava di passargli sotto. In volo, cioè, deve compiere una piccola correzione, un piccolo riflesso, che quasi non si nota. Con la palla che gli torna incontro Bentaleb per un attimo pensa di calciargliela addosso e Martinez ha un piccolo riflesso anche lì, si gira per non prendere la pallonata in faccia, ma Bentaleb stringe l’angolo e spara la palla nel pubblico.

8. TAP-IN NEGATO A CRISTIANO RONALDO

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Dopo essere arrivato in Europa a diciassette anni (perché il padre era stato licenziato e aveva bisogno di soldi, fosse stato per lui sarebbe rimasto in Argentina), all’Arsenal si è trovato la strada chiusa ad Almunia, Fabianski, Ospina e Szczesny. Ha esordito con l’Oxford United (una sola partita in prestito nel quarto livello del calcio inglese, in cui ha preso 3 gol), è stato in prestito in Championship allo Sheffield e al Wolverhampton, poi un anno in Liga al Getafe, stagione 2017/18. Anche al Getafe ha giocato poco ma nella partita con il Real Madrid persa 3-1, si è tolto una piccola soddisfazione: far rosicare, anche se poco, Cristiano Ronaldo.

Dico poco perché Ronaldo aveva già segnato un gol in quella partita e ne avrebbe segnato un altro molto bello poco dopo, di testa, anticipando Martinez in uscita alta sul primo palo. Saltando più in alto, con la testa, di quanto non abbia fatto Martinez con le mani. Però conoscendo Ronaldo sono sicuro che se rivedesse questa parata, ancora oggi, a distanza di più di sei anni, storcerebbe la bocca dal disappunto.

Martinez non era ancora il portiere che conosciamo, non aveva la fiducia nei propri mezzi e neppure, aggiungerei, nel proprio destino. Era meno esplosivo, meno reattivo, eppure era un portiere già formato, di più di venticinque anni. In questa parata si può vedere qualcosa del Martinez che verrà. Quando il cross di Carvajal attraversa l’area il Dibu resta inchiodato coi piedi sulla riga come un marinaio che si tiene con entrambe le mani al parapetto della nave in mezzo alla tempesta. E scende con un tempo reazione rapidissimo, col corpo leggermente inclinato verso la porta, così da allungare il momento in cui i suoi guantoni intercettano il pallone. Si spingerà più in là, ma a rivederla oggi, questa parata è già un inizio di qualcosa.

7. PARARE USCENDO

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Una specialità del "Dibu" sono le uscite. Forse il gesto tecnico più rischioso in assoluto per un portiere, sia per la propria incolumità che per il semplice fatto che, uscendo, si allontana dalla porta. Si nega, cioè, la possibilità di parare l’eventuale conclusione, provando ad anticipare il pericolo stesso della conclusione. Oppure il portiere che esce va incontro alla palla per restringere la porta alla sue spalle, prospetticamente, all’attaccante. Quando non funziona il dubbio che fosse meglio restare tra i pali e parare c’è sempre.

Bisogna avere tempismo e coraggio e anche un po’ di masochismo, per uscire bene. Bisogna esporre il proprio corpo alla pallonata, cercarla, anzi; bisogna gonfiarsi il più possibile, allargare le braccia e le gambe invitando l’avversario a calciare proprio addosso a te. Quando Martinez corre incontro al pallone sembra un’automobile lanciata senza freni contro un muro. Un paio di stagioni fa contro lo United ha respinto un tiro di Greenwood che ha calciato quasi a botta sicura: se guardate bene vedrete che Mings, il difensore, resta dietro di lui. Ci sarebbe dovuto andare Mings su quel pallone, forse, ma il "Dibu" non ci pensa neanche un secondo.

In questa stessa partita, poco prima, aveva preso gol facendosi scivolare una palla sotto le gambe. Il coraggio del "Dibu" è quello di chi ha sempre qualcosa da farsi perdonare.

6. DANNY WELBECK PENSAVA DI POTERGLI SEGNARE DI TACCO

Come detto, l’apprendistato di Martinez è durato dieci anni esatti, dal momento del suo arrivo al passaggio all’Aston Villa. Dopo il Getafe ha dovuto passare un altro anno in Championship, al Reading, e poi un’altra stagione in purgatorio all’Arsenal, quella 2019, in cui ha giocato appena 9 partite. Tra cui questa con il Watford in cui ha salvato il risultato di nuovo con un grande riflesso. Il tacco di Welbeck è un po’ lento e centrale, ma quando calcia l’attaccante è dentro l’area piccola e Martinez aveva fatto un passo in fuori perché Ismaila Sarr ha crossato praticamente a un metro dal primo palo.

Welbeck era sicuro di aver segnato e dopo che l’azione sfuma si gira a ridere guardando Martinez, con i capelli ancora da tamarro sudamericano, lo sguardo triste e le spalle basse. Niente prese per il culo, niente linguacce, niente movimenti del bacino contro il palo. «Ho sempre avuto talento», ha detto Martinez col senno di poi, ricordando il periodo dei prestiti e delle porte chiuse nell’Arsenal «ma in quegli anni avevo paura di smettere di amare il calcio». E però, devono essere state queste parate, lentamente, a costruire dentro di lui la certezza di quello che poteva fare, a tenere vivo il suo amore per il calcio nonostante tutto.

5. TOGLIERE LA PALLA DA SOTTO LA TRAVERSA: FATTO

Ci sono davvero moltissime parate eccezionali di Emiliano Martinez, specialmente considerando che sono appena quattro stagioni e mezza che gioca con costanza ad alto livello. È un tipo scaramantico, va in giro coi peluche gli danno i figli, ad esempio, ma ha preso anche precauzioni più serie per restare ad alto livello. Fa pilates, yoga e ha uno psicologo che, dice, lo fa tornare coi piedi per terra quando vola troppo alto e lo tira su quando invece sta troppo in basso. Galleggiare alla giusta altezza da terra è fondamentale per un portiere: qui, tre anni fa contro il Leicester, schiaffeggia una palla che lo aveva già scavalcato. Martinez sembra potersi estendere sempre un po’ oltre di quello che ci si aspetta.

4. DOPPIETTA CONTRO HAALAND

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Emiliano Martinez ha parato due conclusioni ravvicinate di quello squalo di Erling Haaland nella stessa azione eppure queste parate non sono neanche nel podio delle sue migliori parate. Il che la dice lunga su quanto sia eccezionale Martinez. Prima blocca con entrambe le mani un diagonale di sinistro che avrebbe buttato giù un muro, poi, sulla riga salva un colpo di testa da dentro l’area piccola. Sembrano parate relativamente normali, ma molto dipende dalla posizione di Martinez, che si sposta di continuo accorciando prima verso Haaland, poi coprendo il palo alla sua sinistra per poi spostarsi su quello opposto: il colpo di testa Martinez lo para correndo. Al posto giusto, al momento giusto: per i portieri forti è (quasi) tutto lì.

3. IL PIU' FORTE DI SEMPRE A PARARE COI PIEDI?

Anche quelli che mettono più in dubbio il suo talento devono riconoscere che il Dibu Martinez è eccezionale nel parare con i piedi. Non solo perché veloce e aggressivo nelle uscite, e spesso accorcia al punto da coprire quasi interamente lo specchio all’attaccante, ma anche proprio per un istinto che sembra guidarlo quando deve parare con le gambe. Martinez usa i piedi come una coppia di mani supplementari, calciando il pallone appena calciato, a volte. Contro l’Ispwich Town, un paio di mesi fa, a tu per tu con Delap, ha chiuso l’angolo in basso a sinistra all’ultimo momento: sembra quasi che lasci lo spazio per il tiro per invitare l’attaccante a calciare da quella parte, per poi parargli il tiro.

Ma è ancora più eccezionale la parata fatta alla fine della scorsa stagione contro l’Arsenal, con Leandro Trossard a un paio di metri dalla riga di porta. Certo, Trossard calcia in modo che lui pari e un po’ di magnetismo magari Martinez lo esercita davvero, ma affinché un portiere pari l’attaccante deve sempre mettere la palla in modo che ci arrivi. I tiri imparabili, be’, quelli non li para nessuno. Martinez para anche i tiri quasi imparabili, quelli che il 99% degli altri portieri non riuscirebbe a intercettare. Quanti portieri aprirebbero la spaccata così rapidamente, con la sua precisione nel calciare il pallone? Se non è il più forte di sempre a parare con i piedi, non ci va lontano.

2. PARARE UN TIRO GIA' DENTRO LA PORTA: FATTO

So già che per qualcuno questa parata è più bella, o difficile, di quella che ho messo in prima posizione. Rimando a tra poco le ragioni della mia scelta, soffermandomi per ora solo sull’eccezionalità di una parata che, di fatto, Martinez compie con la palla già dentro la porta. Lui è quello messo meglio per vederlo, deve infilare la sua mano dietro la riga per colpire il pallone. Il confine tra dentro e fuori la porta è impresso in profondità nel cervello di un portiere, non ha bisogno di guardare davvero la riga di porta o il palo per saperlo, il "Dibu". Però ci prova lo stesso. Si tuffa all’indietro, si tuffa dentro la propria porta per mettere il pallone fuori, con una mano che stringe come se stesse catturando una zanzara, o salvando un bicchiere di vetro caduto dal tavolo. È una parata incredibile ed estrema, non c’è un tiro entrato così tanto in porta che però è stato parato. Solo un portiere reattivo e che gioca coi millimetri come il "Dibu" poteva farla.

1. PARARE SENZA QUASI RENDERSENE CONTO: FATTO

Nuno Espirito Santo, allenatore del Nottingham Forrest ed ex portiere, dopo la partita ha detto che gli sarebbe piaciuto essere il tipo di portiere che fa questo genere di parate. Ma non lo era. Jamie Redknapp ha detto di non ricordare una parata migliore di questa in Premier League: «Sembrava un mago, un colpo di prestigio». Sembrava, anche, che non lo avesse fatto apposta Emiliano Martinez. Che si sia ritrovato la palla lì, sulla mano sinistra. Solo guardando il replay si vede il movimento complesso che deve compiere per pararla.

Se quella con la Juventus era una parata tutto sommato normale, per il movimento che ha dovuto fare, qui Martinez ha dovuto inventare un gesto ad hoc per togliere il colpo di testa di Nico Dominguez dalla riga. Il presupposto è che, come contro la Juventus e come quasi in tutte le altre parate citate, la velocità della palla e dei suoi riflessi è irreale, sono parate davvero alla portata di pochissimi, ma qui deve fare qualcosa in più. Martinez compie una torsione su se stesso per dare alla palla una direzione opposta a quella che aveva: la schiaccia con la mano e, cadendo dentro la porta, ci si appoggia spingendola verso fuori.

Ovviamente tutto questo lo fa senza avere la minima percezione cosciente di cosa stia accadendo. È qualcosa dentro Martinez che lo fa muovere in quel modo. È qualcosa dentro di lui, forse quei dieci anni passati pensando di non poter mai fare il portiere ad alto livello, che lo fa reagire di fronte a una situazione così disperata, trovando una soluzione unica. Ci vuole fiducia, certo, ma anche fantasia per togliere una palla del genere dalla porta.

Emiliano Martinez passerà alla storia come uno dei portieri più eccezionali di sempre. Anche se in un tempo breve, ha messo in mostra delle qualità fuori dalla norma anche per l'élite dei portieri di livello internazionale. Le provocazioni, i balletti, i gesti francamente un po’ ridicoli, non sono nulla in confronto alle sue qualità strettamente calcistiche.

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