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Le migliori polemiche del 2020
05 gen 2021
Calcio e polemica sono come il cacio e maccheroni.
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Il 2020 è stato un anno lungo, snervante, difficile per tutti. Il calcio italiano ha navigato nella tempesta come poteva, prendendo una botta qui e una lì, ma riuscendo ad arrivare in porto anche questa volta. Come al solito le polemiche ne hanno scandito il ritmo, che pure questo 2020 poteva essere un’occasione per rimanere compatti, ma dopotutto lo scorpione l’aveva punta la rana mentre attraversavano il fiume: è la sua natura. Le polemiche calcistiche sono sterili, ridicole, violente, esagerate, ma a volte sono anche divertenti, con quel tipo di sottile consapevolezza che quando le rileggi a distanza di mesi pensi “ma quanto siamo scemi”.

Ho scelto di tenere fuori le polemiche con gli arbitri e con il VAR, perché ormai sono un tappeto sonoro, come una radio che accompagna in lontananza un racconto breve che parla di altro, ma anche le polemiche che sono diventate casi giudiziari, come la scelta del Napoli di non partire per Torino, avallata dalla Asl locale; la diversa risposta dei tamponi dei giocatori della Lazio tra il laboratorio convenzionato con la Uefa e quello di Avellino e l’eterna sfida tra Luis Suarez e l’italiano.

Le Poste Italiane contro Maurizio Sarri

È il 12 febbraio e il mondo sembra ancora un posto tutto sommato normale. Maurizio Sarri, allenatore della Juventus, va in conferenza stampa prima della partita di Coppa Italia contro il Milan e gli chiedono conto di una cena avuta qualche giorno prima con Agnelli e Paratici. L’allenatore racconta come sia una consuetudine che hanno: ogni tanto si incontrano e parlano di come sta andando la stagione. Poi aggiunge: «Se non volevo essere sotto esame, facevo domanda alle poste». Forse qualcuno ride, poi si passa ad altro rapidamente.

Qualche ora dopo, però, Poste Italiane tramite i suoi canali ufficiali rilascia un comunicato particolarmente duro nei confronti dell’allenatore della Juventus. La società che gestisce la vostra corrispondenza invita Sarri a informarsi intorno a quella che è “la più grande azienda del Paese”, tra le 500 migliori al mondo per qualità lavorativa, più altri traguardi notevoli che, obiettivamente, nessuno conosceva e che forse ci hanno fatto rivalutare un nome che ci ricorda solo lunghe file agli sportelli. Ma il comunicato non è solo pubblicità: in chiusura Poste invita Sarri ad andarli a trovare “per constatare di persona il nostro lavoro quotidiano, in una delle nostre 15 mila sedi operative”.

Sarri risponderà dopo la partita con il Milan abbassando le penne: «Ritiro la domanda di assunzione alle Poste, l'ambiente mi sembra difficile. Vengo da una famiglia di operai, non mancherei mai di rispetto ai lavoratori», stroncando sul nascere quella che poteva essere la polemica dell’anno a mani basse.




Claudio Lotito contro la medicina

Il 29 febbraio la Lazio vince 2-0 contro il Bologna e va in testa alla classifica. L’8 marzo in uno Stadium tombalmente vuoto la Juventus firma il controsorpasso vincendo contro l’Inter che si stacca: sembra una lotta a due tra bianconeri e biancocelesti per lo Scudetto, ma il mondo si ferma. Dopo le prime settimane di studio circospetto, il calcio italiano inizia a interrogarsi: si potrà ricominciare? Quando?

Il 20 marzo Lotito dice che dal lunedì successivo ci si può iniziare ad allenare di nuovo, i medici della Federazione non sono d’accordo. Allora legge tra le pieghe del Dpcm e ipotizza il 4 aprile, ma poi fa dietrofront. Il 25 marzo in una riunione di Lega in streaming pare dica ai suoi colleghi presidenti: «Avete visto i dati? Oh, se sta a ritirà! Ma poi lo so: io parlo coi medici luminari, quelli che stanno in prima linea, non con quelli delle squadre». Agnelli gli risponde «ora sei anche virologo», litigano.

Si arriva al 7 aprile e Lotito torna a spingere per gli allenamenti: «I giocatori hanno un fisico abituato a fare due sedute di allenamento al giorno, se lo blocchi due mesi gli crei non solo decadimento atletico ma anche fisico». Il 13 aprile il dottor Rezza del comitato tecnico scientifico si esprime contro la ripresa degli allenamenti, poi aggiunge: «Da romanista manderei tutto a monte». Lotito lo fulmina: «Alle volte il tifo colpisce anche gli scienziati e dà alla testa...». Lo prendono in giro, ma lui non ci sta: «Mi chiamano Lotito il virologo, lo scienziato, ma alla Lazio ho una struttura eccellente. Ho già tamponi e test sierologici. E ho fatto avere le mascherine anche a qualche presidente. A Formello ho il cardiologo, l'internista, l'otorino e l'urologo, perché cose come il varicocele una volta si scoprivano al militare. Sono in grado di fare la sanificazione anche subito, la mia azienda lavora negli ospedali».

I primi di maggio l’Italia inizia a mettere la testa fuori. Il 6 Lotito inaugura il Lazio Lab a Formello e dice: «Salute e ripartenza possono procedere insieme». Per ripartire viene redatto un protocollo che per molti renderebbe impossibile terminare il campionato. Il 18 in assemblea Lotito chiede di correggere il protocollo: «Ho studiato medicina», dice.


Rocco Commisso contro James Pallotta

Da quando è arrivato alla Fiorentina - o meglio, si è comprato la Fiorentina - Commisso non è mai stato timido davanti ai microfoni. Ad agosto, parlando del passaggio della Roma da Pallotta a Friedkin ha ricordato di quando nel 2011 doveva entrare nel club con DiBenedetto ma poi aveva rinunciato: «Poco dopo arrivò Pallotta. [...] Non sapeva nemmeno parlare italiano, perché lui era americano di terza generazione: io invece parlo italiano, sono stato italiano prima di tanti altri».

Poi aveva snocciolato un paio di consigli al neo-presidente della Roma che suonavano più come attacchi al predecessore: «La prima cosa che consiglierei a Friedkin è di non fare promesse che poi non può mantenere: a Pallotta, ad esempio, dissi che prima di promettere ai tifosi della Roma che la sua squadra sarebbe arrivata nelle top-cinque del mondo, doveva vincere qualcosa».

La sera stessa Pallotta gli aveva risposto con un tweet. Dopo due faccine sorridenti aveva praticamente detto - in inglese effettivamente - che Commisso stava ancora rosicando perché in un incontro di cinque anni prima gli aveva confessato che non lo avrebbe “mai e poi mai” voluto come partner in un grande club come la Roma. Insomma una bella faida tra imprenditori italo-americani che si odiano cordialmente come se fossimo in un film di Scorsese.


“La sinistra” contro Mihajlovic

Il 27 luglio 2020 il Consiglio comunale di Bologna vota a favore della concessione della cittadinanza onoraria a Sinisa Mihajlovic con 26 voti a favore e 3 contrari. Tra le motivazioni si può leggere: «Si è distinto come essere umano prima ancora che come sportivo o allenatore [...] In tanti hanno trovato in lui un esempio vitale, di rigore e umanità, di rinnovata fiducia e di energia verso la vita quotidiana. Del resto la grinta di una squadra di calcio non è tanto diversa da quella di chi la guida».

Qualche giorno prima della cerimonia di conferimento della cittadinanza, in una lettera aperta, un centinaio esponenti della politica e dell’associazionismo bolognese, compreso il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, gli chiedono però «di dissociarsi con chiarezza, pur a distanza di tempo, dai criminali che commisero azioni di genocidio verso civili inermi, così come riconosciuto dal Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia dell’Aja». Si riferiscono all’amicizia dell’allenatore del Bologna con il criminale di guerra Željko Ražnatović (la Tigre Arkan del famoso striscione esposto dai tifosi della Lazio) definito da lui «un eroe per il popolo serbo e un amico vero».

Mihajlovic in un’intervista al Corriere della Sera il giorno dopo sceglie di non rispondere, finendo per rispondere: «Ho già detto quel che dovevo dire. [...]I serbi hanno fatto schifo, come anche i croati. Ma la storia viene sempre scritta dai vincitori. Quindi, gli unici colpevoli siamo noi». Il 2020 quindi è stato l’anno in cui un allenatore di Serie A ci ha detto la sua su chi scrive la storia e chi la subisce.


Cristiano Ronaldo contro il tampone

Il 13 ottobre Cristiano Ronaldo risulta positivo al tampone dopo un controllo con la sua Nazionale. Viene messo in quarantena, non può scendere in campo. Il 28, l’ultimo giorno disponibile per avere un tampone negativo per giocare contro il Barcellona, Ronaldo risulta ancora positivo. A commento di una foto postata su Instagram scrive «PCR IS BULLSHIT» (Il tampone è una stronzata), una frase che crea un putiferio. Roberto Burioni gli dà il benvenuto tra i virologi, "Sarà utilissimo nella prossima partitella contro gli oculisti" scrive su Twitter; mentre Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, lo difende: «Credo che Ronaldo abbia rappresentato il sentimento di molti italiani». Il calciatore cancella il commento, forse qualcuno gli ha fatto capire che per mettersi contro la scienza deve prima costruirsi un culto (o almeno un partito).

Ronaldo tornerà in campo il primo novembre contro lo Spezia, segnando due gol in pochi minuti. Dopo la partita gli chiederanno conto del commento: «Cristiano è tornato, questa è la cosa più importante», risponderà con la faccia assatanata di chi ha ritrovato la propria anima dentro un gol allo Spezia.




Calhanoglu contro la zona rossa

Il 23 novembre Hakan Calhanoglu pubblica sul proprio Instagram una storia mentre è in compagnia del connazionale Merih Demiral con alla sua destra la geolocalizzazione “Torino”. In quei giorni, però, Lombardia e Piemonte sono zone rosse dove ci si può spostare solo “per comprovate esigenze lavorative o di salute” e il turco ha certamente violato il Dpcm per incontrarsi con il compagno di nazionale. Qualcuno ipotizza sia un incontro di mercato (quindi a pensarci bene, lavoro che giustifica lo spostamento): Calhanoglu non ha ancora rinnovato il contratto con il Milan e la Juventus sarebbe interessata a prenderlo a parametro zero. Sarebbe stato interessante leggere l’autocertificazione di Calhanoglu, forse ora conosceremo il suo futuro.




Luis Alberto contro il Boeing 737

A novembre la Lazio mette le mani su un aereo Boeing 737 da usare per la prima squadra. Sulla coda un'aquila, sulle fiancate lo stemma, sui reattori il 1900, data di nascita del club. «Per volare più in alto nei cieli d’Italia, d’Europa e del Mondo», così lo presenta Lotito ma non è dello stesso avviso Luis Alberto che negli stessi giorni lascia un messaggio criptico nelle sue storie su Instagram: «Tutto molto bello… ma quando ci preoccupiamo di quello che c’è dentro? Apparenza». Interrogato a riguardo da un tifoso durante una diretta su Twitch risponde: «L'ho visto, così tanti soldi spesi… Compra cose, spende cose. Per noi della squadra invece non c'è niente».

Il calciatore si riferisce al taglio degli stipendi avvenuto durante il lockdown (sottoscritto però dalla squadra), al pagamento dei premi collettivi e allo stipendio di settembre, che però la Lazio può pagare fino al 1° dicembre. Subito Luis Alberto capisce di essersi infilato in una polemica scivolosa visto il momento storico e il suo contratto milionario. Prova a rimediare con una diretta Instagram di quasi 5 minuti tra il genuflesso («Chiedo scusa alla gente che si è sentita offesa, non era mia intenzione») e l’ingenuo («non era il momento di dirlo, ma ho sempre detto ciò che penso»). Se per i tifosi non deve essere stato difficile perdonare uno dei giocatori più forti e amati della Lazio, diversamente è andata nelle stanze della società.

Si parla di una pesante multa (sui 70 mila euro) e di una panchina punitiva a Crotone. Negli stessi giorni però Milinkovic-Savic risulta positivo al tampone e allora l’impiego dello spagnolo diventa quasi necessario per Inzaghi, che lo schiera nella trasferta in Calabria dandogli anche la fascia da capitano. Tuttavia il suo impiego diventa un caso: Peruzzi, club manager della Lazio, litiga pesantemente con Tare e Lotito lasciando il suo posto. Secondo alcuni il presidente è ancora infuriato con Luis Alberto e il giocatore verrà messo sul mercato a gennaio. Difficile crederlo.


Antonio Conte contro il piano B

Nell’ultima giornata del girone l’Inter non riesce a piegare la resistenza dello Shakhtar Donetsk pareggiando per 0-0 in casa e uscendo dalla Champions League. Ai microfoni di Sky, subito dopo la partita, Anna Billò fa notare a Conte come i nerazzurri sembrano aver fatto un passo indietro a livello di gioco rispetto alla stagione precedente. A quel punto l’allenatore, già pungolato da altre domande, sbotta: «Un problema di gioco in che senso? Lo Shakhtar ha stravolto un sistema di gioco che per loro è ‘l’Ave Maria’», sottolineando come molte squadre contro l’Inter si adattano per rendergli la vita difficile. «Pensate prima di fare le domande» aveva concluso prima che Capello si infilasse nella discussione chiedendogli «Visto che vi studiano, tu non hai mai un piano B per ribaltare le situazioni?».

Ne era nato un siparietto:

Conte: «Sì, il piano B ce l’abbiamo»

Capello: «Non l’ho visto stasera»

Conte: «Non ve lo diciamo perché non vogliamo renderlo pubblico altrimenti poi ci parano pure il piano B e siamo rovinati».

Per alcuni questo piano B di Conte era la difesa a 4, vista a Cagliari qualche settimana dopo, per altri invece non esiste nessun piano B. Abbiamo però scoperto che ad avere un piano A e un piano B è Gasperini:




Papu Gomez contro Gasperini

Ricorderemo il 2020 anche come l’anno in cui una ghiotta notizia di calcio è arrivata al mondo tramite un vocale whatsapp che inizia le parole “Uè Bandidos”. Un audio in cui si racconta come Gomez e Gasperini siano arrivati alle mani alla fine del primo tempo della gara contro il Midtjylland dopo che il Papu aveva disatteso agli ordini del suo allenatore, con intervento di Ilicic a manforte del compagno. Nel secondo tempo l’argentino non era effettivamente tornato in campo e, sempre secondo il famoso vocale, Gasperini ha fine partita aveva dato le dimissioni, respinte da Percassi.

Inizialmente la credibilità della notizia era vaga, più fiducia nel linguaggio schietto di chi aveva registrato il vocale che conferme, ma poi erano stati gli stessi protagonisti a portare i panni sporchi in pubblico. Dopo la partita con la Fiorentina - giocata senza Gomez - l’allenatore aveva confermato che c’era un problema con l’argentino «Il ruolo del 'Papu' però in alcune partite era difficile da proporre per la nostra squadra [...] Non so come si supererà il tutto». Frasi che aprivano anche a una possibile cessione del calciatore a gennaio, che fino a un paio di settimane prima sembrava impensabile.

Gomez aveva risposto con una storia su Instagram rivolgendosi ai tifosi con la frase “Quando andrò via saprete tutto” e forse sapremo la sua versione a breve. Negli stessi giorni era uscito un secondo audio, in cui si ipotizzava che dietro la lite tra i due ci fossero delle avance di Gasperini alla moglie di Gomez, ma insomma era stata la chiara esagerazione tipica del giornalismo via vocale whatsapp.

Gomez era poi tornato tra i convocati contro la Juventus, pescato in panchina mentre canticchiava l’inno della Juventus. Nel secondo tempo era entrato, aiutando la squadra ad arrivare al pareggio, ma - a meno di sviluppi - quella è stata l’ultima apparizione di Gomez con la maglia dell’Atalanta.




Papu Gomez contro il Tapiro d’Oro

Siccome le tragedie non vengono mai sole, negli stessi giorni Gomez riceve una visita da Valerio Staffelli di Striscia la Notizia che vuole consegnargli il “Tapiro d’Oro”, un premio a forma di tapiro riservato a chi non se la passa bene. Il calciatore si era nascosto in macchina per non interagire con l’inviato, che gli chiedeva se «aveva tirato quattro schiaffi al signor Gasperini, o forse era un pugno». Poi, non ripreso dalle telecamere, qualcuno aveva mandato in mille pezzi il povero tapiro schiantandolo al suolo. Staffelli aveva accusato neanche troppo velatamente il Papu di essere il colpevole, ma quello aveva rispedito le accuse al mittente sostenendo che la versione di Striscia la Notizia fosse “completamente falsa”. Probabilmente non sapremo mai chi ha rotto il premio, peccato: meriterebbe un premio.




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