Quando si fa una classifica di fine anno bisogna innazitutto stabilire dei criteri. Specie per una classifica delle squadre di calcio su base annuale, visto che la maggior parte dei campionati finiscono in estate. Per questo motivo i successi non sono stati l’unico parametro tenuto in considerazione per scegliere le migliori 10 squadre del 2017. Ho provato quindi a considerare sia squadre che hanno vinto che squadre che, pur giocando bene questo inizio di stagione, non hanno ancora avuto la possibilità di giocarsi la vittoria.
Ecco insomma le dieci squadre di cui ci ricorderemo tra qualche anno con piacere, per come hanno giocato e per quello che hanno rappresentato.
10. Hoffenheim
Julian Nagelsmann aveva compiuto un miracolo quando, neanche trentenne, era riuscito in pochi mesi a trascinare fuori dalla zona retrocessione un Hoffenheim allo sbando, ma nel 2017 si è superato, riuscendo addirittura a raggiungere i preliminari di Champions League. L’ennesimo fenomeno della scuola di allenatori tedesca è tanto ambizioso e deciso quando parla, quanto bravo a plasmare la sua squadra secondo la propria visione calcistica. Il suo Hoffenheim è una squadra consapevole in ogni azione che compie, messa in campo per giocarsela con chiunque grazie all’efficacia del proprio piano gara.
L’Hoffenheim gioca un calcio anche più ambizioso di quanto potrebbe, offensivo, con la ricerca continua della profondità e attenzione alle marcature preventive, con la sicurezza di sapere cosa fare con il pallone e senza. Il modulo cambia continuamente a seconda del contesto, scivolando dalla difesa a 3 a quella a 4. La palla viaggia sempre a terra precisa, grazie soprattutto all’ordine in campo.
Nagelsmann è un perfezionista e l’Hoffenheim è formato da un gruppo di giocatori prestato anima e corpo alle sue idee. È grazie a questa attitudine che mette in difficoltà qualsiasi avversario, per quanto grande sia la differenza di livello tecnico. L’Hoffenheim nasce come capriccio di un miliardario, con uno stadio da 30000 posti e una fan base non molto più ampia di così. Ad aprile, però, è riuscito a battere persino il Bayern Monaco, che pochi mesi dopo si è rifatto acquistando tre dei giocatori presenti in quella partita: Wagner, Rudy e Süle. In un campionato come quello tedesco, dove i rapporti di forza sono estremamente squilibrati, questo forse è il vero riconoscimento al lavoro di Nagelsmann, e anche il suo limite finora. Per quanto la sua squadra riesca ad andare oltre le aspettative, anche statisticamente, poi si ritrova comunque eliminato dal Liverpool ai preliminari di Champions League e fuori ai gironi di Europa League.
9. Toronto
Foto di Vaughn Ridley / Getty Images.
Dopo aver chiuso il 2016 come migliore squadra della MLS pur avendo perso la finale, nel 2017 il Toronto si è presentato come una vera e propria corazzata pronta di aprire un ciclo. È tornato ancora in Finale contro Seattle ma questa volta ha portato a casa la coppa, oltre al Canadian Championship e al Supporter’s Shield (il titolo che va a chi ha collezionato più punti in regular season).
Se le copertine sono tutte per Sebastian Giovinco, forse il miglior giocatore della storia della MLS, la verità è che Toronto è una squadra completa, capace di giocare un calcio offensivo e che interpreta in modo fluido sia il passaggio tra le fasi di gioco che le posizioni in campo. Toronto è insomma il meglio che la MLS può offrire al calcio in questo momento.
Nessuna squadra della MLS può permettersi un centrocampo completo come il rombo di Toronto, formato dal capitano Michael Bradley alla base, Jonathan Osorio e Marko Delgado come mezzali e soprattutto dallo spagnolo Víctor Vázquez come vertice alto. Il trequartista cresciuto nel Barcellona non è riuscito per questioni fisiche ad avere la carriera che il suo talento meriterebbe, ma in MLS è un vero lusso per conoscenza del gioco e precisione tecnica, soprattutto quando può associarsi con Giovinco.
Ora che Giovinco non ha più tutto il peso creativo sulle spalle, difendere contro Toronto è diventato molto più complicato. Altidore, la prima punta, è un giocatore perfetto per la MLS e costringe gli avversari a non potersi rintanare in una difesa posizionale che sarebbe nociva: da un’invenzione dei due registi avanzati o da un cross ben calibrato per la testa del gigantesco attaccante americano, l’occasione da gol arriva con continuità. In questa stagione i numeri sono stati questi: 17 gol per Giovinco, 17 per Altidore, 10 (con 11 assist) per Vázquez. Probabilmente il miglior attacco della storia della MLS. Toronto nel 2017 ha riscritto la storia della competizione.
- 8. Kawasaki Frontale
Foto di AFP / Getty Images.
Da anni ormai la squadra di questa città industriale letteralmente schiacciata tra le due metropoli di Tokyo e Yokohama ha capito che si può emergere anche in un campionato in cui pochissime squadre hanno una visione proattiva del calcio, provando a fare un gol più degli avversari nonostante un budget normale.
Il Kawasaki Frontale si è dato nel nome stesso la missione di essere sempre e comunque una squadra spregiudicata e all’avanguardia e da qualche anno la loro visione corrisponde alla migliore versione giapponese del gioco di posizione. Per anni si era scontrato con i propri limiti, finendo per riproporre il classico cliché della squadra bella e perdente. Ne era venuta un’amara sequenza di secondi posti: 2006, 2008 e 2009. Il 2017 è stato l’anno della rivincita, con un campionato vinto all’ultima giornata proprio per differenza reti, che ha sublimato quindi la natura offensiva della squadra (che chiude a 72 punti e +39 di differenza reti contro i 72 punti e +22 dei Kashima Antlers campioni in carica).
A 37 anni, dopo 14 anni con la stessa maglia con cui ha debuttato come professionista, dopo 3 secondi posti in campionato e 4 finali di coppa perse, Kengo Nakamura ha finalmente vinto il titolo.
Il Kawasaki disegna sul campo una rete di passaggi precisa e ordinata al ritmo del regista Oshima, del trequartista Kengo Nakamura e dei due brasiliani Elsinho e Neto. È una squadra che vuole utilizzare il pallone per dominare la partita, sa accelerare quando ha spazio, altrimenti si installa nella metà campo avversaria con almeno otto giocatori cercando il varco giusto per Yu Kobayashi, una punta rapida e molto mobile, capocannoniere della J.League con 23 gol e votato poi anche MVP del campionato.
Partendo da un’uscita pulita del pallone, la squadra risale il campo mantenendo l’ampiezza con almeno due uomini fissi (i terzini Shintaro Kurumaya e Elsinho), la zona di rifinitura con almeno tre uomini (tra cui il capitano Kengo Nakamura) e due negli spazio di mezzo (gli esperti Hiroyuki Abe e Akihiro Ienaga) e con altri due alla base per riciclare il possesso e aiutare il cambio di gioco (Ryota Oshima e Neto).
Difficile se non impossibile trovare in Asia una squadra che gioca così bene.
7. Atalanta
Foto di Marco Bertorello / Getty Images.
Quella di Gasperini è forse la migliore versione dell’Atalanta della sua storia, forse al pari di quella che ha vinto la Coppa Italia del ’63 e di quella che ha raggiunto la semifinale della Coppa delle Coppe nell’88.
Lo scorso anno la “Dea” ha chiuso la stagione con il record di punti (72) e di vittorie (21) per chiudere col miglior piazzamento di sempre (quarta). L’Atalanta è una squadra piacevole da guardare per come affronta le gare, entusiasta, preparata nei minimi dettagli. Quello dell’Atalanta è un calcio cinetico, fatto di atletismo e tattica, capace di adattarsi agli aggiustamenti avversari e di trovare poi compimento tra i piedi del “Papu” Gómez nel picco della sua carriera. Il lato forte creato nella zona dell’argentino e dell’esterno Spinazzola disordina gli avversari e libera il lato debole per la corsa in area avversaria dell’esterno Conti.
Gasperini sta riuscendo a dare un futuro nel grande calcio a giocatori che sembravano nella media, come Caldara, scopertosi il centrale U-21 dal livello più alto della Serie A, a Kessié, in pochi mesi passato dalla Serie B ad un contratto milionario con il Milan.
Nonostante le cessioni estive il lavoro di Gasperini non si è fermato, cucendo un’altra versione con la stessa attenzione certosina nei dettagli della prima. Quest’anno è arrivata la rinascita di Cristante -un talento che sembrava senza dimora - e quella di Ilicic, alla migliore stagione della sua carriera. L’Atalanta si è dimostrata competitiva anche in Europa e ha passato i gironi di Europa League al primo posto, con la soddisfazione di insegnare calcio in terra inglese con la goleada a casa dell’Everton.
Da sempre Gasperini è stato un maestro di calcio, ma il matrimonio tra lui e l’Atalanta è qualcosa di davvero grande, di cui dovremmo godere finché dura.
6. Beşiktaş
Foto di Ozan Kose / AFP / Getty Images.
Şenol Güneş è stato l’allenatore della Turchia arrivata terza ai Mondiali del 2002 ed è una leggenda vivente del Trabzonspor, con cui ha vinto 6 campionati turchi, guadagnandosi persino l’intitolazione dello stadio. Eppure non sembra volersi accontentare delle glorie passate. Nel 2017 il Beşiktaş da lui guidato ha vinto il suo quindicesimo titolo di Turchia, aggiungendo la terza stella sopra lo stemma (in Turchia si guadagna una stella ogni 5 titoli). Il suo Besiktas è riuscito però anche ad avere una dimensione europea ed è riuscito a passare il girone di Champions League da imbattuta e con il record di punti (14). Un girone peraltro complicato, dove recitava il ruolo della squadra meno accreditata. La squadra di Şenol Güneş ha superato il Porto, il Lipsia e soprattutto il Monaco (reduce dalla semifinale della competizione) andando a vincere tutte e tre le partite in trasferta.
La flotta messa insieme dai tifosi del Beşiktaş che naviga il Bosforo per festeggiare la terza stella sullo stemma.
Il Beşiktaş di Güneş è una squadra unica nel suo genere. Il 4-4-2 a vocazione offensiva di Güneş sembra un mix improbabile di residui del grande calcio - Ryan Babel, Gary Medel, Atiba Hutchinson, Ricardo Quaresma e Pepe - e talenti emergenti, come la punta tutto fare Cenk Tosun, il regista Özyakup o il trequartista brasiliano Talisca. Un equilibrio retto soprattutto dal dominio mentale di Pepe nel guidare la retroguardia, dall’impegno di Tosun nel giocare per la squadra e dalla precisione tecnica di Talisca. Tutto sta funzionando ben oltre le aspettative.
5. Chelsea
Foto di Michael Regan / Getty Images.
Il Chelsea di Antonio Conte è stato una fiammata. Il tecnico è atterrato in Premier League imparando tutto e subito, e ha bruciato in fretta la concorrenza, portandosi a casa un titolo che sulla carta doveva essere il più equilibrato degli ultimi anni. Lo ha fatto sostanzialmente con la rosa che l’anno precedente era arrivata decima.
In questa stagione sono iniziate le difficoltà. Il rapporto logoro tra Conte e Diego Costa; il calendario più fitto con l’arrivo della Champions League e l’esplosione del City di Guardiola sono tra le cause che hanno portato il Chelsea a non replicare quanto fatto nella stagione precedente. Ma i risultati del 2017 non possono essere dimenticati: poche squadre si sono dimostrate tanto determinate e coese verso un obiettivo unico. Una squadra fatta da 11 giocatori, con appena le aggiunte di Fábregas e Willian che entravano nell’orblita dei titolari. Per il resto i “blues” sono stati un blocco unico e compatto, capace di superare a testa bassa i vari stati di forma dei singoli componenti.
Il Chelsea è riuscito a spazzare via alcuni luoghi comuni della Premier League, quelli di un campionato che permette alle squadre solo squadre reattive perché il controllo del contesto non sarebbe mai davvero possibile. Invece il Chelsea è una squadra proattiva, che cerca il dominio attraverso il suo 3-4-3 in cui ogni linea corrisponde un compito specifico attraverso un giocatore specifico.
A David Luiz corrisponde un’uscita pulita della palla in cui i due compagni ai lati e i due esterni di centrocampo garantiscono linee di passaggio e ampiezza. A Kanté corrisponde la fase di pressione, che per una squadra che preferisce difendere posizionalmente viene attuata a volte da lui singolarmente, unico protettore della fascia centrale. Ad Hazard e ad Diego Costa corrispondono la creazione e la definizione delle occasioni offensive.
Dopo un inizio di stagione non brillantissimo, Hazard è tornato ad essere uno dei giocatori più inarrestabili del calcio europeo; vicino a lui Morata si è dimostrato un centravanti perfetto per la Premier League e i 20 gol già segnati lo dimostrano. Nonostante le difficoltà fisiologiche, il Chelsea anche nel 2018 sarà una delle squadre più entusiasmanti da guardare.
4. Monaco
Foto di Micheal Steele / Getty Images.
Per scelta della dirigenza, il Monaco è da anni una squadra che vende i propri migliori giocatori. La squadra del principato si posiziona consapevolmente all’interno della grande catena alimentare del calcio mondiale, dando attenzione e fiducia alla crescita di giocatori acquistati a poco e poi venduti a tanto a quei pochi grandi club che possono poi permettersi di pagare qualunque cifra.
A cicli continui, il gruppo di giocatori messo insieme supera anche le più rosee aspettative, ma la scorsa stagione è stata particolarmente eccezionale. Leonardo Jardim è riuscito a costruire una squadra che non solo è stata in grado di vincere la Ligue 1 in faccia al PSG (con un girone di ritorno da imbattuti, fatto di 18 vittorie e 2 pareggi), ma di arrivare anche alla semifinale della Champions League. Ciò che rende speciale il Monaco di Jardim è la mentalità marcatamente offensiva con cui ha giocato a viso aperto contro avversari di qualsiasi livello, in totale controtendenza con lo stile reattivo tenuto nelle stagioni precedenti.
In un anno il Monaco è passato dall’essere una delle migliori squadre a difendere a una delle migliori ad attaccare. Una squadra giovane e ricca di entusiasmo, che ama andare a tutta velocità mangiandosi il campo partendo da un 4-4-2 sfrontato e fluido, che ha schierato contemporanemente due giocatori tecnici come Bruno Silva e Thomas Lemar sugli esterni, con ampie facoltà per accentrarsi e liberare due come Mendy e Sidibé sugli esterni.
Il tutto condito dalle impressionanti conduzioni di palla dalla fascia centrale del campo di due veri cingolati come Bakayoko e Fabinho. La ciliegina sulla torta, tralasciando la rinascita di Falcao, è stata l’esplosione del talento di Mbappé, perfetto esecutore della mole di gioco creato.
Il gruppo di questa stagione non è al livello del precedente, ma dimenticare il Monaco 2016/17 sarebbe un delitto.
3. Napoli
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Il 2017 è stato l’anno della consacrazione del progetto di Sarri. L’anno in cui il Napoli ha dimostrato di essere l’avanguardia del calcio italiano. Il Napoli ha posto delle domande al calcio italiano come non accadeva da tempo: la vittoria di Sarri è stata la capacità di potersela giocare con chiunque grazie alla forza della propria idea di calcio, contro chiunque, senza timore e pensando sempre di poter controllare il contesto.
Il 2017 è stato quindi anche l’anno dell’esaltazione di talenti mai così raggianti. Insigne innanzitutto, probabilmente il miglior giocatore italiano del 2017; Callejón che ha superato ogni previsione sulla sua efficacia come esterno e ovviamente Mertens, passato da soluzione d’emergenza a quasi capocannoniere del campionato.
Ma la squadra di Sarri non è solo il suo tridente, è un gruppo che gioca un calcio sublime grazie alla capacità di manipolare lo spazio tramite il pallone. Una sinfonia di passaggi e movimenti che coinvolge tutti e undici i giocatori in campo, chiama la pressione avversaria per farla saltare grazie all’innata capacità di sviluppare linee di passaggio e valorizzarle con precisione tecnica, sempre a uno o massimo a due tocchi.
La catena di sinistra - formata da Ghoulam come terzino, Hamsik come mezzala e Insigne come attaccante esterno destro - crea densità in zona palla per disordinare gli avversari, avanza lentamente fino alla trequarti e cerca il filtrante giusto verso la punta Mertens o il cambio di gioco sul lato debole dove si inserisce l’attaccante esterno sinistro Callejón. In ogni partita ci sono almeno quattro grandi azioni che valgono il prezzo del biglietto e se pure gli infortuni sono più difficili da digerire rispetto alle altre squadre, i risultati sul campo rimangono di livello. Il primo posto con cui il Napoli rischia di chiudere il 2017 è lì a dimostrarlo.
2. Manchester City
Foto di Laurence Griffiths / Getty Images.
Il Manchester City di Guardiola aveva chiuso la prima metà del 2017 come una squadra in costruzione, incapace di trovare continuità. Il mercato estivo ha coperto però le due lacune più grandi: il portiere e i terzini. Il lavoro di Guardiola ha fatto il resto.
Ora nessuno sa come battere il City di Guardiola, nessuno è riuscito ancora a trovarne gli effettivi punti deboli. Primeggia praticamente in ogni statistica, sia in termini offensivi che difensivi. Ha battuto tutte le pretendenti al titolo: il Chelsea e lo United con autorità, il Liverpool, il Tottenham e l’Arsenal con 3 o più gol. I titoli si vincono in primavera è vero, ma la seconda parte del 2017 del City è un’esibizione di dominio come se ne ricordano poche.
17 vittorie consecutive in Premier League nel 2017, come nessuno prima, ormai lasciato alle spalle anche l’Arsenal degli Invincibili. Da ieri sera, dopo la vittoria 1 a 0 in trasferta contro il Newcastle, sono diventate 18.
Tra i piccoli aggiustamenti della seconda parte del 2017 c’è l’invenzione di Delph come falso terzino, ma anche l’aver liberato David Silva dai compiti di regia in fase di uscita del pallone. Ora lo spagnolo ha alzato il proprio raggio d’azione, più vicino all’area di rigore, e arriva a risultare decisivo nella definizione della giocata come come non mai. La presenza di Ederson in porta, la sua varietà e precisione tecnica, ha posto un dilemma quasi inaffrontabile alle pressioni avversarie. Poi ci sono giocatori che hanno trovato il modo di giocare il loro miglior calcio in carriera, come i giovani Sterling e Stones o gli esperti Fernandinho e Otamendi.
La ciliegina sulla torta è però l’esplosione definitiva di De Bruyne come rifinitore partendo dal ruolo di mezzala destra. Il belga è arrivato a livelli impensabili di versatilità tecnica e comprensione del gioco e attualmente è indubbiamente il miglior giocatore della Premier League.
1. Real Madrid
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I titoli però, dicevamo, si vincono in primavera e nessuno sembra aver capito questa verità tanto banale quanto Zinedine Zidane. Dopo aver vinto la Champions League alla sua prima stagione, attraverso un lavoro più che altro psicologico, al suo secondo anno Zidane ha fatto sentire la sua mano sul Real Madrid. Il cambio tattico decisivo è stato seminato in inverno ma ha raccolto i suoi frutti in primavera, quando il Real Madrid come squadra liquida è arrivato alla sua apoteosi tecnico e tattica.
È arrivata la vittoria della Liga e della Champions League, la seconda consecutiva,un record da quando è cambiato il formato. Il cambio tattico ormai è noto: Isco è entrato nell’undici titolare al posto del perennemente infortunato Bale. Il talento andaluso è esploso come vertice alto del rombo di centrocampo formato con Casemiro come vertice basso e Kroos e Modric da interni.
Il rombo a centrocampo è diventato la base per la costruzione di un sistema liquido in cui i movimenti di Isco, volti a sovraccaricare la zona della palla o a creare un lato forte in ogni parte del campo, portano alla scomposizione della sistema avversario.
La squadra di Zidane crea un contesto di caos perché poi è in grado di controllarlo grazie alla tecnica, cosa impossibile per il resto del continente. L’entrata di Isco nell’undici e il contemporaneo lavoro di Zidane sia nella gestione della rosa (su tutti il lavoro su Cristiano per portarlo a dosare le forze e giocare solo le partite più importanti) hanno permesso al Madrid di giocare nei mesi che contano per alzare i trofei in Spagna e in Europa.
Una squadra consapevole della sua forza in modo sfacciato, in grado di adattarsi a qualsiasi contesto sapendo che tanto, prima o poi riesce a segnare il gol della vittoria. Il Madrid di Zidane è una squadra fatta di connessioni tra giocatori che si conoscono a memoria e che inventano sul momento la combinazione vincente, scegliendo quando e come prendersi il dominio del pallone e quando attaccare in velocità.
Una squadra che vince grazie al dominio tecnico e mentale dei piccoli momenti della gara. Il sogno di Florentino Pérez: una squadra che gioca un bel calcio, che vince perché abituata a vincere, come se la realtà obbedisse a una specie di forza superiore.