L’ultimo decennio calcistico è stato plasmato dalla rivalità tra Leo Messi e Cristiano Ronaldo, che hanno portato Barcellona e Real Madrid su di un’altra dimensione e si sono presi ogni record individuale esistente e ben 6 delle 10 Champions League in palio. Tra gli allenatori il decennio si è aperto con la rivalità tra Pep Guardiola e José Mourinho e si è chiuso con quella tra Guardiola e Jürgen Klopp. L’equilibrio tattico è cambiato: da un equilibrio sostanziale tra calcio proattivo e reattivo, a un imposizione definitiva del calcio proattivo. Questa è diventata la prima scelta nella costruzione di una squadra ambiziosa e che vuole trofei.
All’inizio del decennio la Liga era il punto di riferimento per idee e talenti, ma nella seconda parte la Premier League ha vissuto la sua ascesa, sfruttando la propria ricchezza per diventare un polo di attrazione per i migliori allenatori al mondo e avere uno sviluppo enorme nel proprio gioco. Gli altri grandi campionati hanno visto un deperimento nel talento medio a vantaggio della Premier League e la nascita di superpotenze in grado di sbaragliare la concorrenza: la Juventus e il Bayern hanno vinto 8 campionati, il PSG ne ha vinti 6 degli ultimi 7 e tra Barcellona e Real Madrid ci sono 9 titoli su 10. Un decennio in cui la vittoria di una squadra come l’Atlético Madrid, terza forza economica della Liga, assume quindi i contorni di un’impresa sportiva.
In questo contesto gli anni ’10 sono quelli in cui la Champions League ha preso il comando definitivo come principale focus della battaglia tra i grandi club, dove il divario tra calcio della Champions League e non soltanto il resto d’Europa, ma proprio il resto del mondo si è ulteriormente allargato invece che restringersi. Si possono nominare tra le migliori extraeuropee il Santos 2010/11 di Neymar e Ganso, l’Universidad de Chile 2011 di Sampaoli (o proprio la nazionale cilena 2015) o il River 2018/19 di Gallardo. Purtroppo, però, in termini di gioco espresso e di accumulazione di talento le migliori squadre degli anni ’10 sono state tutte europee.
Abbiamo quindi raccolto le squadre che hanno meglio rappresentato gli anni ‘10, per i risultati raggiunti, la capacità di influenzare il discorso tattico o per la loro spettacolarità. Essendo una classifica abbiamo ovviamente fatto delle scelte. Abbiamo lasciato fuori squadre che avrebbero meritato di farne parte, come per esempio il Porto 2010/11 di Villas-Boas, la Juventus 2013/14 di Conte, il Monaco 2016/17 di Jardim o il Bayern 2014/15 di Guardiola. Ora però è il momento di cominciare.
15. Napoli 2017/18
3 giocatori iconici: Dries Mertens, Jorginho, Lorenzo Insigne
Partita da rivedere: Juventus - Napoli, Serie A, 0-1
Al Napoli di Sarri non sono bastati 91 punti, oltre che la vittoria nello scontro diretto a cinque giornate dal termine, per battere la Juventus di Allegri. Unica squadra a non aver vinto una competizione tra quelle in classifica, ma una delle squadre più iconiche della Serie A di questo decennio. Sarri ha creato un sistema in grado di massimizzare tanto il talento a disposizione, ma che ha anche portato a picchi di gioco di abbagliante bellezza all’interno di una partita. Il gioco del Napoli 2017/18 è stato così influente che la Juventus ha abbandonato un allenatore cucito sulla propria identità storica, ovvero Allegri, proprio per prendere Sarri.
Sarri non ha vinto trofei ma ha portato il Napoli a giocarsela con chiunque affidandosi al proprio gioco, riuscendo a mettere in difficoltà anche squadre contro cui non sembrava in grado di poter controllare il contesto di gioco. Il Napoli ha messo la Serie A davanti a una squadra che riesce a manipolare lo spazio di gioco, invitando la pressione per poter attaccare alle spalle con una facilità disarmante. Particolarmente iconica è stata la catena di sinistra formata da Ghoulam, Hamsik e Insigne. Ma va ricordato anche Jorginho sempre pronto all’appoggio e Mertens a muoversi in profondità e far scappare indietro la linea difensiva. Il gioco del Napoli è stato tanto riconoscibile nella costruzione di triangoli per risalire il campo e nelle combinazioni tra lato forte e lato debole per attaccare la difesa, quanto efficace nell’esaltare i propri talenti che sembravano fatti apposta per questo gioco.
14. Borussia Dortmund 2011/12
3 giocatori iconici: Robert Lewandowski, Mass Hummels, Shinji Kagawa.
Partita da rivedere: Borussia Dortmund - Bayern, Bundesliga, 1 - 0.
Mentre le attenzioni d’Europa erano rivolte alla sfida tra Guardiola e Mourinho in Liga, nella Bundesliga rinasceva in gigante addormentato in grado di dare una enorme sterzata al discorso tattico e segnarlo per sempre. Una squadra sempre attraversata da una scarica elettrica. Jurgen Klopp ha riportato il Borussia Dortmund tra le grandi d’Europa con il suo calcio basato sul concetto di riaggressione, in tedesco gegenpressing. Un concetto semplice ma che nell’applicazione del Dortmund influenza enormemente il calcio degli anni ‘10.
Dopo la prima vittoria a sorpresa della Bundesliga, nella stagione 2011/12 il Dortmund è diventata una delle squadre di moda d’Europa: con uno stadio sempre pieno e una curva eccezionale, magliette di grande impatto visivo, un allenatore simpatico e soprattutto giocatori che diventano improvvisamente di culto per come mettono a ferro e fuoco la Bundesliga. C’è il bambino prodigio del calcio tedesco Götze, l’esplosione improvvisa di Lewandowski davanti e l’intelligenza di Kagawa a girargli intorno; la tecnica di Gündogan in regia, l’eleganza di Hummels alla base e due esterni di culto come Błaszczykowski e Piszczek ad arare le fasce. È stato l’anno zero della corsa agli armamenti tattici da parte della Bundesliga, diventata poi uno dei laboratori tattici d’Europa per tutto il decennio.
13. Ajax 2018/19
3 giocatori iconici: Dusan Tadic, Frenkie de Jong, Hakim Ziyech.
Partita da rivedere: Real Madrid - Ajax, ottavi Champions League, 1 - 4.
Per talenti visti in campo, gioco e risultati raggiunti l’Ajax 2018/19 è stata la migliore squadra di un campionato fuori dai top 5 del decennio. Una stagione arrivata proprio nel momento in cui l'Ajax non sembrava mai più replicare gli antichi fasti.
Fino al ritorno degli ottavi di Champions League contro il Real Madrid era evidente quanto giocasse bene la squadra di ten Hag, ma era anche difficile immaginarne l’exploit che l’ha portata a vincere a casa dei campioni in carica ribaltando il risultato dell’andata. Exploit che poi è continuato con l’eliminazione della Juventus a Torino ai quarti e si è fermato solo per la differenza reti per un gol al 96’ in semifinale col Tottenham dopo aver vinto l’andata a Londra.
L’Ajax era zeppo di talenti estremamente peculiari: Frenkie de Jong, Dusan Tadic, Hakim Ziyech e Van De Beek. Ha dominato in Eredivisie e offerto spettacoli indimenticabili nelle tappe a Madrid, Torino e Londra, ma ha soprattutto mostrato un calcio mai visto prima, in cui l’allenatore Ten Hag è sembrato aver scoperto come riportare la teoria della mano invisibile di Adam Smith al calcio, perché ogni giocatore del suo Ajax sembra poter fare la sua partita e però in questo modo innalza tutto il collettivo. L’Ajax è una squadra imprevedibile col pallone, che può risalire il campo con triangoli continui, che con Tadic falso 9 riesce ad essere allo stesso tempo estremamente creativa nei singoli senza sprofondare nell’anarchia tattica. Una squadra fluida nei movimenti in campo e allo stesso tempo ordinata nella pressione alta. L’aggiornamento più accurato del Calcio Totale visto nel decennio.
12. Manchester City 2017/18
3 giocatori iconici: Kevin de Bruyne, David Silva, Sergio Agüero.
Partita da rivedere: Manchester City-Tottenham, Premier League, 4 - 1.
Ogni decennio la Premier League ha avuto l’arrivo di un mecenate in grado di riscriverne la geografia e gli anni ’10 sono quelli in cui i petrodollari emiri hanno trasformato una squadra di mezza classifica come il Manchester City in una potenza a livello mondiale, con squadre sparse in tutti i continenti.
La nascita del CityGroup è stato il progetto più ambizioso del decennio. Al Manchester City non bastava vincere la Premier League, voleva farlo costruendosi un brand che associasse il City al miglior calcio giocato al mondo ed è per questo che ha messo in panchina Pep Guardiola.
Dopo un anno di adattamento, la stagione 2017-18 è stata quella in cui Guardiola è riuscito a raggiungere l’obiettivo: il City è la prima squadra ad arrivare a 100 punti in Premier League, quella che ha vinto più partite (32), quella che è finita con lo scarto maggiore sulla seconda (19) e quella con la migliore differenza reti (+79). La precisione tecnica e l’intelligenza di De Bruyne e David Silva sono stati il cuore di una squadra in grado di costruire un’occasione da gol contro chiunque, che ha sbriciolato la concorrenza interna con una facilità disarmante. Il City smonta i sistemi avversari risultando dominante con la manovra e con un pressing alto studiato con precisione maniacale da Guardiola.
11. Leicester 2015/16
3 giocatori iconici: Riyad Mahrez, Jamie Vardy, N’Golo Kanté.
Partita da rivedere: Manchester City-Leicester, Premier League, 1-3.
Il portiere Schmeichel respinge basso un pallone che il centrale Morgan rilancia fuori area e che Kanté intercetta prima che possa arrivare agli avversari. Il centrocampista francese lo appoggia al compagno di reparto Drinkwater che subito lancia largo a destra per Mahrez, che rientrando verso il campo passa in verticale per Vardy già partito dietro la linea difensiva. Vardy non deve neanche stoppare il pallone, prima che il portiere riesca a uscire calcia di prima a incrociare sul secondo palo.
Basta leggere quest’azione per rievocare il ricordo della stagione più assurda della storia della Premier League, quella in cui la squadra di Claudio Ranieri - che veniva pagata dai siti di scommesse 5000-1 ad inizio stagione - finisce per fare 81 punti, perdendo solo 3 partite (due con l’Arsenal e una col Liverpool) e alzando il trofeo con una doppia cifra di vantaggio sulle inseguitrici. Un calcio basato sul contropiede, nato dall’idea di avere prima di tutto una fase di difesa posizionale granitica nel 4-4-2 e poi sfruttare le connessioni tra giocatori.
Una squadra dall’anima estremamente verticale, che voleva arrivare col minor numero di passaggi possibili in area avversaria. Era francamente impossibile prevedere che con questa idea di gioco un gruppo di giocatori semisconosciuti ai più avrebbe dominato una stagione intera la Premier League. Ma è successo ed è stata la più grande storia calcistica del decennio.
10. Juventus 2014/15
3 giocatori iconici: Arturo Vidal, Giorgio Chiellini, Carlos Tevez.
Partita da rivedere: Borussia Dortmund - Juventus, Ottavi Champions League, 0 - 3.
Del lunghissimo ciclo vincente con cui la Juventus ha segnato l’intero decennio di calcio italiano, la versione migliore è stata forse quella che al primo anno di Massimiliano Allegri ha vinto lo scudetto e raggiunto la finale di Champions League a Berlino. Ci è arrivata battendo il Real Madrid campione in carica in semifinale e ha poi dato del filo da torcere al Barcellona della MSN in una finale più equilibrata di quanto il risultato finale possa far immaginare.
Quella Juventus era un connubio tra il calcio di Conte e quello di Allegri, i due allenatori che hanno reso gli anni ’10 il decennio di Juventus. Allegri ha ereditato una squadra già vincente, fondata su una linea difensiva iconica: Buffon, la coppia Bonucci-Chiellini, un attaccante in grado di crearsi un gol dal nulla anche da solo - ovvero Tevez - e uno dei migliori centrocampi in circolazione, Paul Pogba.
Non era scontato, visti gli scarsi risultati del calcio italiano, che questo gruppo riuscisse a incidere anche in ambito europeo. La Juve di Allegri puntava sulle connessioni tra i giocatori, esaltando il collettivo nel miglior modo possibile, non rimanendo mai rigidi nei moduli per esempio. Le caratteristiche del centrocampo per esempio sono state sfruttate passando al rombo da novembre in poi, con Pirlo, Marchisio, Pogba e Vidal come trequartista.
Persino due calciatori molto peculiari, e in quel momento dal valore in certo, erano diventati fondamentali. Pereyra a centrocampo e Morata in attacco, con lo spagnolo tremendamente efficace in Champions League in una coppia perfettamente assortita per caratteristiche tecniche e stile di gioco con Tevez.
9. Real Madrid 2011/12
3 giocatori iconici: Cristiano Ronaldo, Xabi Alonso, Mesut Özil.
Partita da rivedere: Barcellona - Real Madrid, Liga, 1-2.
Dopo essere stato il primo allenatore ad eliminare il Barcellona di Guardiola in Champions League, e il primo a vincere una finale contro di lui, Mourinho è stato anche il primo allenatore riuscito a battere il suo Barcellona nell’arco di un campionato. La vittoria più difficile. Mourinho lo fa con un progetto non solo tattico ma anche mediatico, in cui ha cercato di svuotare mentalmente Guardiola. Al punto che il catalano decise poi di lasciare una delle squadre più forti della storia per prendersi un anno sabbatico. Missione compiuta quindi per Mourinho a Madrid.
Mourinho costruisce probabilmente la squadra che meglio ha saputo interpretare la fase di transizione offensiva, in grado in pochi secondi di passare dalla palla recuperata all’area rivale, con alcuni gol che iniziavano addirittura da un calcio d’angolo a sfavore che si trasformava nell’occasione perfetta attraverso i piedi di Xabi Alonso in regia e i tocchi e i movimenti coordinati di un fronte offensivo formato da Cristiano Ronaldo, Karim Benzema e Mesut Özil. Ha finito per perdere solo ai rigori col Bayern in semifinale di Champions League e ha vinto la Liga arrivando per la prima volta a 100 punti e segnando 121 gol, più di ogni Barcellona di Guardiola.
8. Spagna 2012
3 giocatori iconici: Andrés Iniesta, David Silva, Xavi.
Partita da rivedere: Spagna - Italia, Finale Europeo, 4-0.
Abbiamo deciso di inserire una sola Nazionale in classifica. Bisogna dire che mai come in questo decennio il calcio delle nazionali è sembrato arretrato e poco spettacolare rispetto alle grandi squadre di club in termini di livello di gioco espresso.
I motivi sono diversi. Dal punto di vista tattico, banalmente, una Nazionale non riesce ad avere il livello di preparazione e coesione delle migliori squadre di club al mondo. La grande eccezione a questo contesto è stata la Spagna nell’Europeo 2012, quella dell’apoteosi del tiqui-taca. Del Bosque ha avuto a disposizione un gruppo che giocava insieme ormai da otto anni, che veniva dalla vittoria di un Europeo e di un Mondiale e che era formato sostanzialmente dai giocatori del Barcellona di Guardiola e dal Real Madrid di Mourinho.
A livello di nazionali non esistiva un antidoto al loro calcio di possesso puro, in cui gli avversari si sono trovati davanti la tecnica di palleggio di Xavi, Busquets e Xabi Alonso a centrocampo e di Iniesta, David Silva e Cesc da falso 9 come fronte offensivo. Una squadra fatta di soli centrocampisti, e che usava il possesso palla spesso per scopi difensivi (ribaltando alcune dicotomie paradossalmente ancora in voga nel discorso comune). Quella Spagna, va ricordato, ha vinto un Europeo senza perdere una partita e subendo, alla fine, un solo gol.
7. Atlético Madrid 2013/14
3 giocatori iconici: Diego Godín, Diego Costa, Filipe Luis.
Partita da rivedere: Real Madrid - Atlético Madrid, Liga, 0-1.
Il ciclo di Simeone è stato forse quello più di rottura nel calcio contemporaneo. È stato l’unico a far cambiare dimensione a una squadra senza campioni fuori scala e senza investimenti massicci. Solo programmazione certosina e un’idea di squadra che andava ben oltre la dimensione tecnico-tattica, abbracciando aspetti etici e quasi religiosi.
In questa classifica ricordiamo la squadra della terza stagione a Madrid, che ha proposto ai massimi livelli l’idea del calcio come guerriglia, in cui vincere ogni singolo duello individuale diventa essenziale per creare il proprio contesto di gioco. La squadra di Simeone ha subito 26 gol in tutto il campionato, mai più di 2 in una singola partita, in Champions League mai più di 1 gol subito nei 90’. Lungo le 38 giornate ha battuto il Barcellona di Messi e il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, e allo stesso tempo si è spinto fino alla finale di Champions League. Finché il pareggio di Sergio Ramos al 93’ ha spezzato l’incantesimo. Uno dei gol più pesanti nel decennio.
Come tenuti tra loro con una corda, le tre linee di giocatori si muovono all’unisono disinnescando la manovra avversaria con ogni mezzo a disposizione. La linea difensiva è pronta a difendere anche nella propria area, con le letture difensive di Godín e Miranda e la velocità sugli esterni di Filipe Luis e Juanfran. Una volta recuperato il pallone, il primo passaggio viene assicurato da un centrocampo abbastanza tecnico da reggere la pressione avversaria: Arda Turan, Tiago, Gabi e Koke. Davanti la volpe Villa e il bufalo Diego Costa caricano anche da soli lo spazio davanti contro difese che devono correre all’indietro. Ogni partita è una sofferenza continua per l’avversario, che deve trovare il modo di scalfire le tre linee strettissime e estremamente mobili negli scivolamenti laterali del 4-4-2 consapevoli che a ogni perdita l’Atlético può trovare la verticalizzazione per Diego Costa, che sembra sempre correre in discesa verso la porta.
In un decennio dominato, a grandi linee, dal calcio di posizione di Guardiola e dalle strategie di pressing di Klopp, Simeone è stato l’unico a mostrare una via verso la vittoria originale ma altrettanto coerente.
6. Bayern Monaco 2012/13
3 giocatori iconici: Frank Ribery, Thomas Müller, Manuel Neuer.
Partita da rivedere: Bayern - Barcellona, Semifinale Champions League, 4-0.
Quello raggiunto dal Bayern 2012/13 di Heynckes è stato il picco raggiunto dalla scuola tedesca nel decennio. Una squadra fondata sulla tecnica in velocità dei suoi migliori interpreti, ovvero Ribery e Robben. Bisogna aggiungere la migliore coppia di terzini del continente, Lahm e Alaba, e il primo grande portiere-libero del calcio contemporaneo, Manuel Neuer. Vanno menzionato altri dettagli che non lo sono: la ferocia in pressione di Mandzukic, l’astuzia nel farsi trovare sempre nel posto giusto al momento giusto di Müller e le perfette geometrie di Schweinsteiger e Toni Kroos.
Il Bayern di Heynckes ha interiorizzato i concetti del gioco del Borussia Dortmund di Klopp e ci ha aggiunto un tasso tecnico e un’esperienza internazionale superiore. Il risultato è stato una squadra che aveva la forma di una valanga.
Il Bayern ha spazzato via chiunque in Bundesliga, perdendo solo una partita e chiudendo a +25 dal Dortmund secondo. In Champions League ha invece compiuto un vero capolavoro, eliminando il Barcellona di Tito Villanova in semifinale in modo così autoritario (4-0 e 3-0) da far sembrare chiuso per sempre il ciclo del Barcellona di Messi, Iniesta e Xavi.
Sembrava l’inizio di un dominio del Bayern sul continente. Dopo l’addio di Heynckes, però, questo gruppo non ha più ritrovato lo stesso livello di competitività in Champions League, rimediando le eliminazioni da squadre proveniente dalla Liga.
5. Liverpool 2018/19
3 giocatori iconici: Virgil van Dijk, Mohamed Salah, Alisson.
Partita da rivedere: Liverpool - Barcellona, semifinale Champions League, 4-0.
La grande rivalità che chiude il decennio è quella tra Guardiola e Klopp, i due allenatori che hanno più influenzato la tattica del decennio e che si sono scontrati faccia a faccia sia in Bundesliga che in Premier League.
Klopp è l’unico allenatore che ha dimostrato non solo di giocarsela alla pari con le squadre di Guardiola, ma che è in vantaggio negli scontri diretti. Il suo Liverpool ha spinto al massimo lo scontro in Premier con il City, perdendo lo scorso campionato di un punto dopo aver perso soltanto una partita in tutto il campionato proprio contro il City. Il Liverpool si è però rifatto con gli interessi in Champions League, dove ha battuto il Barcellona in semifinale e il Tottenham nella finale di Madrid.
Le idee di Klopp toccano quelle di Guardiola su più punti, pizzicando però corde differenti. Le sue squadre si basano maggiormente sull’intensità in campo e sulla capacità di sfruttarla a proprio vantaggio, per asfissiare gli avversari con la palla e senza. Il Liverpool è capace di decidere dove attaccare e soprattutto come far attaccare gli avversari, con il migliore sistema di pressing del decennio: per tipologia di giocatore utilizzato e fiducia nel gruppo.
Bisogna aggiungere la presenza di individualità uniche in ogni reparto: Van Dijk al centro della difesa, Alisson in porta, Trent Alexander-Arnold sulla fascia. Tutti giocatori con un’interpretazione unica e rivoluzionaria nel proprio ruolo. E ovviamente il magico tridente Salah-Mané-Firmino. Il Liverpool è una squadra che Klopp ha modellato a sua immagine, attraverso giocatori che sembrano nati per fare quel tipo di calcio.
4. Barcellona 2014/15
3 giocatori iconici: Leo Messi, Luis Suárez, Neymar.
Partita da rivedere: Barcellona-Bayern, Semifinale Champions League, 3-0.
L’ultima squadra a riuscire a vincere le tre principali competizioni a cui ha partecipato in stagione è il primo Barcellona di Luis Enrique. Con l’arrivo di Suárez, Luis Enrique ha deciso di puntare tutto sul talento del suo nuovo tridente con Messi e Neymar e di costruire quindi una versione del Barcellona più verticale nella propria manovra, portando più peso sulle catene di fascia che per il centro del campo, così da trasmettere il pallone più velocemente alla MSN. Il simbolo di questa scelta è stata la titolarità di Rakitic al posto di Xavi a centrocampo. Un Barcellona che è quindi lontano parente rispetto a quello che con il gioco di posizione di Guardiola aveva iniziato il decennio, ma che riesce ad ottenere gli stessi risultati, dimostrando per l’ennesima volta come non ci sia una sola strada per arrivare alla vittoria. L’importante è scegliere un’identità di gioco giusta per elevare il talento a disposizione.
L’intuizione di Luis Enrique ci mette mesi a prendere forma, ma quando lo fa, nella primavera del 2015, esalta il talento straripante della MSN. Il tridente, in uno stato psicofisico perfetto, risulta indifendibile e fa fuori il Manchester City, il PSG, il Bayern e la Juventus nel percorso verso la vittoria della Champions League. A fine stagione la MSN avrà segnato 122 gol (58 Messi, 25 Suárez, 39 Neymar).
3. Real Madrid 2016/17
3 giocatori iconici: Cristiano Ronaldo, Isco, Sergio Ramos.
Partita da rivedere: Real Madrid-Atlético Madrid, semifinale Champions League, 3-0.
Nessuna squadra ha mostrato di dominare mentalmente la competizione più importante come il Real Madrid di Zidane, in grado di stabilire il record di vincerla per tre stagioni consecutive. Una squadra consapevole della sua grandezza in modo sfacciato, in grado di adattarsi a qualsiasi contesto sapendo quando e dove andare a vincere lo scontro. Il Real Madrid vinceva grazie al dominio tecnico e mentale dei piccoli momenti della gara come nessun’altra. Tra le tre versioni vincenti, però, quella 2016/17 rimane la migliore, con una rosa in cui i giocatori sono tutti nel picco della carriera e i ricambi offensivi sembrano infiniti tra Morata, James, Asensio e perfino Bale in grado di subentrare a partita in corso.
Una cosa va ricordata sulle altre: Zidane sceglie di affidarsi totalmente al talento tecnico di Isco, lasciandogli carta bianca sulla posizione in campo, a patto di legare la squadra e creare un lato forte continuo tra lui e le connessioni che stabilisce con giocatori altrettanto tecnici come Marcelo e Kroos sul lato sinistro o Modric sul lato destro. Davanti Cristiano Ronaldo e Benzema si muovono di conseguenza, occupando da soli tutte le attenzioni della difesa avversaria, con la fame e il talento del portoghese in area di rigore che si unisce ai movimenti di raccordo di Benzema.
Il Real Madrid nella singola partita diventa praticamente ingestibile, può aggiustare il proprio sistema a seconda dell’avversario, scegliendo se tenere il pallone e recuperarlo subito dopo la perdita asfissiandolo o se lasciare che sia l’avversario a giocare e puntare sui suoi errori per punirlo con cinismo. Una chimera che piega le regole del calcio al proprio volere.
2. Internazionale 2009/10
3 giocatori iconici: Diego Milito, Wesley Sneijder, Esteban Cambiasso.
Partita da rivedere: Internazionale - Barcellona, Semifinale Champions League, 3-1.
Quella portata da Mourinho al suo arrivo all’Inter nel 2008 è una vera rivoluzione nel metodo di allenamento e di gestione del gruppo, una cosa che in Italia non si vedeva forse da qualcuno venuto da fuori forse da addirittura da Helenio Herrera con l’Inter degli anni ’60. Ma il vero capolavoro è arrivato al secondo anno: una stagione praticamente irripetibile per l’unione simultanea di singoli fattori. A cominciare dalle migliori stagioni della vita sia dei nuovi arrivati che dei senatori della squadra. Da Eto’o, Lucio e Sneijder che avevano la voglia di vendicarsi dopo essere stati scaricati da altre squadre, a Milito, Motta e Pandev che invece aspettavano l’occasione per dimostrare il proprio valore in una grande. Ma anche chi era già in squadra, come Samuel, Zanetti, Stankovic, Chivu, Cambiasso, Julio Cesar o Maicon hanno fatto stagioni ben al di là delle aspettative.
L’Inter era una squadra organizzatissima, determinata, capace di essere sia padrona del campo che cinica e capace di resistere e accettare le proprie debolezze, specie in Europa. È stata la prima squadra a trovare il modo per eliminare da una competizione il Barcellona di Guardiola, rifiutando apertamente di contendergli il pallone e sapendo però dove e come attaccare. Una squadra versatile e in missione come forse nessun’altra vista in questo decennio.
1. Barcellona 2010/11
3 giocatori iconici: Leo Messi, Andrés Iniesta, Xavi.
Partita da rivedere: Barcellona - Real Madrid, Liga, 5-0.
La sconfitta con l’Inter ha aperto il decennio, ma ha generato anche la nascita della squadra più influente del decennio stesso. Messi falso 9 da arma tattica diventa fulcro del sistema con la cessione di Ibra. Con un rombo centrale formato da Busquets, Xavi, Iniesta e Messi nei vertici il Barcellona raggiunge il picco del suo gioco: una squadra costruita in buona parte con giocatori cresciuti in casa, che conoscono a fondo il gioco e si conoscono a memoria tra di loro. Il Barcellona risaliva il campo attraverso la creazione di triangoli continui e una circolazione quasi telepatica del pallone, costante superiorità dietro la linea di pressione avversaria nella fascia centrale del campo. L’immediata riaggressione dopo la perdita costringeva gli avversari a poter ragionare solo in modo reattivo. Vanno menzionati due attaccanti esterni veloci e intelligenti come Pedro e Villa, che davano profondità dietro la linea difensiva avversaria; in più un rifinitore sulla fascia come Dani Alves, sempre vicino a Messi e Xavi, il Barcellona riusciva a manipolare lo schieramento avversario a piacimento, giocando con la palla veloce a terra. anche nelle zone di campo più congestionate, dando una sensazione di controllo costante.
Il Barcellona 2010/11 ha vinto Liga e Champions League attraverso azioni di gioco mai viste prima, e che hanno fatto tornare di moda la versione “catalanolandese” del gioco di posizione. Da lì si è anche riaperto l’infinito dibattito tra calcio proattivo e reattivo. Se a inizio secolo i seguaci del calcio reattivo avevano più esempi dalla propria parte, quest’ultimo decennio ha portato in auge squadre a cui non solo viene chiesto di vincere, ma di farlo anche attraverso una proposta di gioco proattiva. Nella grande rivalità del decennio Mourinho ha vinto la battaglia, ma Guardiola ha vinto la guerra.