Non ho delle statistiche precise, e personalmente non vorrei averle, ma il 2024 potrebbe essere l’anno in cui in tutto il mondo si è tirato di più da 3 punti. E per tutto intendo tutto: NBA, Olimpiadi, Eurolega, campionati nazionali più o meno grandi, campionati amatoriali, campetto, casa vostra, se avete un canestro a casa.
Quella del tiro da tre punti è diventata una rivoluzione controversa come quella francese nella fase del terrore. Non saremo andati troppo oltre è la domanda che serpeggia qui e lì tra i più conservatori. Tirare da dietro l’arco quindi non più come una risorsa, ma come un problema, come una banalizzazione del gioco. Io però non sono qui per parlare di questo: sul tiro da tre punti abbiamo già scritto, più e più volte, e lo abbiamo fatto anche sui problemi degli ascolti televisivi della NBA, se pensate che le due cose siano collegate.
Qui parlerò del tiro da tre punti come atto in sé, ovvero come un tiro che arriva da dietro l’arco. Lo farò parlando di triple segnate, e lo farò in relazione alla loro importanza e alla loro bellezza per scegliere le migliori del 2024. Cosa si intende per bello nel basket? È un’altra domanda gigante, in uno sport dove tutti attaccano e tutti difendono, generalmente una volta a testa. Il giudizio, in questo caso, è soggettivo, e cioè è il mio, ma in ordine sparso perché comunque non mi va di litigare.
Detto questo, cominciamo.
NIKOLA JOKIC PER LA VITTORIA
È il 5 gennaio 2024 e il vostro 5 di fiducia vince una partita destinata al supplementare lanciando una tripla da 11 metri e mezzo mentre sta uscendo dal campo. Che dire? Jokic è un paradosso vivente su un campo da basket, perché da una parte incarna l’ideale platonico del centro - grande, grosso, poco mobile - dall’altro è l’esatto opposto e questo tiro non ci stupisce più di tanto se a segnarlo è lui. La delicatezza delle sue mani è ormai leggendaria, ma forse non si parla abbastanza della peculiarità della sua non ortodossa shooting form. Jokic è lento quando deve preparare un tiro, ma il rilascio avviene praticamente dietro la testa, leggermente spostato verso destra, una specie di piccola catapulta serba contro cui è impossibile difendere, bisogna solo sperare che non abbia preso abbastanza bene la mira.
Storicamente Jokic è sempre stato restio a tirare da tre, anche perché avvicinandosi a canestro diventa praticamente una sentenza, ma in questa stagione sembra aver affinato anche questa arte: a oggi sta tirando col 48.9% su 4.7 tentativi, praticamente un Jason Kapono di 211 centimetri e 130 chili.
JAMES HARDEN PER IL SECONDO POSTO
Per lo show avrebbe funzionato meglio una tripla in step-back, ma ci accontentiamo. Questa è la tripla con cui James Harden ha scavalcato Ray Allen al secondo posto della classifica di chi ne ha segnate di più in NBA, segnando inevitabilmente lo spirito del tempo. Primo, staccatissimo, Steph Curry. Non è una tripla di grande valore per sé, ma è uno dei mille modi in cui Harden può segnarne una e mi andava di celebrare il Barba in questa lista, perché comunque è un maestro del genere.
Harden non ha il friccicore magico delle triple di Curry, ma forse più di lui è stato un fedele servitore della causa del tiro da tre punti, nel bene e nel male. All’interno del sistema di D’Antoni ai Rockets vederlo sparare triple in isolamento è stato a suo modo un grande cambiamento di questo gioco. In quegli anni era davvero un giocatore unico, con uno strano tipo di efficienza sovietica, magari non sempre esteticamente appagante, soprattutto a paragone con la sua versione jazz a Oklahoma City, ma comunque quasi vincente (come sia sfuggito il titolo a quei Rockets è una lunga storia). Rimane comunque un immagine: la barba, il palleggio strascicato, la sensazione che avrebbe potuto segnare tutte le triple del mondo.
UNA TRIPLA DA PROMOZIONE
Non me ne vogliano i tifosi della Fortitudo, ma l’arrivo della Trapani Shark in Serie A potrebbe essere una ventata di ottimismo in un campionato un po’ stantio negli ultimi anni, anche a causa della difficoltà di trovare squadre competitive, specialmente del sud Italia. La promozione di Trapani è arrivata per tanti motivi, dagli investimenti di Antonini, all’arrivo di giocatori importanti, ma anche grazie a questa tripla di Matteo Imbrò, uno che aveva iniziato tanti anni fa proprio da Trapani e che a Trapani è tornato proprio con la missione - riuscita - di salire in Serie A.
Una tripla «in faccia ai dirigenti della Fortitudo», come detto con poca diplomazia da Antonini dopo la partita, segnata da Imbrò con grande senso del momento, per mettere 5 punti tra le due squadre a 40 secondi dalla fine di Gara-4. Imbrò si alza da nove metri con la naturalezza dell'uomo che non può sbagliare e non sbaglia.
IT’S DAME TIME
La storia giudicherà l’esperienza di Lillard a Milwaukee in base alla vittoria o meno dell'anello, ma questo buzzer beater è semplicemente assurdo e racconta una piccola parte del suo infinto talento. I Bucks non hanno time-out per avanzare e sono sotto di due a 5.2 secondi dalla fine. Sembra un’impresa disperata ma invece è proprio il tipo d’impresa che è su misura per Lillard. Lo scarico per Lopez e il passaggio di ritorno, la corsa a mangiare il campo, la sterzata improvvisa e la tripla rilasciata sulla sirena, con la spinta centripeta della corsa che lo manda a sinistra, ma la compostezza e l’eleganza del gesto che lo tiene in qualche modo in perfetto equilibrio per trovare solo la retina (scusate non ci sono molti sinonimi per questa cosa).
IL GOLDEN DAGGER DI STEPH CURRY
Nella finale Olimpica di Parigi la Francia sembrava non mollare mai, nonostante l’impegno di Curry a mortificare ogni singolo tentativo di recupero dei padroni di casa. Una tripla, due triple, tre triple in fila. Dopo aver faticato per tutta la prima parte del torneo, semifinale e finale erano tornate a essere il posto in cui i suoi tiri pesano più degli altri, non solo perché valgono un punto in più, ma perché piovono particolarmente sadici. Non è un caso che il suo soprannome sia Baby-Faced Assassin. L’ultima tripla però, quella che il commentatore Noah Eagle ha brillantemente battezzato in diretta golden dagger (dagger vuol dire pugnale, in NBA viene usato per indicare il canestro che "ammazza" una partita) è quella che rimarrà scolpita nel Monte Rushmore delle triple, se esiste un Monte Rushmore delle triple (immagino di no).
C’è qualcosa in questo canestro, oltre l’importanza capitale del momento, che è qualcosa che hanno solo le triple di Steph Curry. È un tiro che la Francia non vuole fargli prendere per nessun motivo al mondo, gli manda prima un raddoppio, poi un secondo quando il pallone torna tra le sue mani. Se guardate a sinistra, liberi e aperti ci sono Kevin Durant e LeBron James, no dico KEVIN DURANT E LEBRON JAMES. Eppure Curry è inevitabile. Con un palleggio dietro la schiena evita il recupero di Fournier, poi un altro palleggio per stabilizzarsi e crearsi quel minimo di spazio necessario a mettersi al lavoro. Il resto è una questione di attimi, se batti le ciglia te lo perdi ‘sto tiro. Il rilascio di Curry è qualcosa di semplicemente ridicolo per rapidità e pulizia. La palla che si alza oltre le braccia protese di Fournier e Batum, con quella parabola così arcuata che non dovrebbe avere fisicamente successo e invece ce l’ha: solo rete, solo oro.
Come si dice: appendetelo al Louvre.
SABRINA IONESCU ALLE WNBA FINALS
Prima di questo tiro, Sabrina Ionescu ne aveva sbagliati almeno un paio molto più facili che avrebbero potuto chiudere gara-3 delle Finali WNBA contro Minnesota. È però questa una delle caratteristiche dei grandi tiratori: si tira e basta, senza pensare a quello che è successo prima. Una mentalità à la Kobe che Ionescu ha fatto sua e che le fa sembrare perfettamente normale prendersi questo tiro sul 77 pari a pochi secondi dalla fine, a quasi 9 metri dal canestro, marcata da una delle migliori difensore della Lega, Kayla McBride.
Questa vittoria avrà un'importanza decisiva per la conquista del titolo per le Liberty, in una delle finali più equilibrate di sempre, decisa poi al supplementare di gara-5.
LUKA DONCIC IN FACCIA A RUDY GOBERT
Il povero Rudy Gobert ha tanti difetti, ma anche troppa sfortuna. Nessuno più di lui riesce a finire dalla parte sbagliata della storia, dove per storia in questo caso si intende Luka Doncic. Sono i secondi finali di gara-2 delle finali di Conference e Dallas è sotto di due punti con una rimessa da effettuare a metà campo. La risposta è solo una: si va da Doncic. Lo sloveno riceve marcato da McDaniels, Lively sale, più che per portargli un blocco per forzare il cambio di Minnesota, che lo accetta con una passività forse anche troppo eccessiva (e se fosse la facilità con cui le difese accettano i cambi il problema della NBA moderna?).
Va bene fidarsi di Gobert, ma mandare un uomo di 216 centimetri a difendere a 12 metri dal canestro contro uno sloveno mefistofelico non sarà un rischio? Doncic, che non è e non sarà mai un tiratore da tre generazionale, è di certo uno che sente il sangue degli avversari, le loro paure gli fanno acuire i sensi e la precisione. Gobert fa quello che può, turbina i piedi per stare dietro ai palleggi di Doncic, ma non serve a nulla. A Luka magic basta un piccolo step-back dopo la rumba, il tempo per guardare il canestro e rilasciare la tripla. Il resto è storia: «motherf**ker! you can’t f**king guard me!».
UNA TRIPLA CHE SA DI SCHIACCIATA
Una volta si diceva che una schiacciata poteva cambiare il corso di una partita per il suo impatto emotivo, cioè valere più dei suoi due punti nominali grazie al suo potere di fomentare l’ambiente e galvanizzare la squadra che la metteva a segno. Si può dire lo stesso per un tiro da 3 oggi? Decisamente sì, a vedere questa tripla di Kōstas Sloukas nella finale di Eurolega tra Panathinaikos e Real Madrid. Siamo quasi a metà dell’ultimo quarto, i greci sono avanti di due punti, 73-71, contro gli spagnoli stra-favoriti per la vittoria finale, una squadra definita degli invincibili. Dopo questa tripla, a cui segue sempre un’altra tripla sempre di Sloukas (perché comunque il potere di una tripla è esponenziale, segnarne due in pochi secondi equivale a segnare tre canestri da due, che solitamente richiedono almeno 5 possessi) il Pana non si guarderà più indietro, giocando gli ultimi minuti come su una nuvola, tanto da finire per vincere quei 5 minuti e spicci di 12 punti.
PAYTON PRITCHARD DA METÀ CAMPO
Tendiamo a considerare “tiro da tre” tutto quello che arriva da appena dietro l’arco o comunque verso gli otto-nove metri dal canestro. Ma se ci pensate il tiro da tre è tutto quello che non è tiro da dentro l’area, quindi tantissimo spazio (non fatemi fare il conto matematico). Certo, tirare da metà campo in partita farebbe di voi degli scemi, soprattutto perché voi non siete Payton Pritchard. Non è una skills che ti fa vincere il titolo di MVP o firmare i max-contract, ma Pritchard potrebbe essere il miglior giocatore nel tiro da metà campo allo scadere della storia della NBA, uno che magari potrebbe portare le logo 3's a un livello successivo.
Qui Pritchard segna sulla sirena di metà partita di gara-5 delle Finals coi piedi ben piantati dietro la linea di metà campo. Il tiro segnato da più lontano alle Finals dal 1998 è la caption del video. Non è un canestro decisivo, i Celtics avrebbero vinto quella partita anche con me al suo posto probabilmente, ma è il canestro che fa partire la festa del TD-Garden, segnato da uno dei favoriti dei tifosi. Quello che mi stupisce è che Pritchard è sì un ottimo tiratore, ma non sembra avere la forza e il fisico per tirare da così lontano. E infatti per arrivare al canestro deve saltare molto, piegare il busto in avanti, tutte cose che distruggono la precisione di un tiro. E però i suoi tiri rimangono sempre molto precisi. Misteri della fede.
CAITLIN CLARK PER LA STORIA
Spiegare il Caitlin Clark effect sarebbe difficile per me, specialmente in poche righe (qui se volete approfondire l’impatto avuto sugli Stati Uniti). Questo canestro è però una spiegazione abbastanza simbolica del perché sta cambiando la traiettoria del basket femminile col suo gioco. Con questa tripla incredibile, segnata con un arresto e tiro da 10 metri, Clark ha superato il record di Kelsey Plum per il maggior numero di punti segnati nel college basket femminile di Division 1, un record che negli Stati Uniti - dove il basket collegiale è un culto - ha avuto grande risonanza (qualche settimana dopo avrebbe battuto anche quello maschile di Pistol “Pete” Maravich).
«Sapevate tutti che per il record avrei tirato dal logo», ha detto dopo la partita, come se fosse una cosa assolutamente normale, o facile. In Clark il basket sembra sgorgare con la naturalezza di acqua fresca da una sorgente, e non c’è niente di più bello e divertente da guardare, come si stanno accorgendo anche in WNBA.
MARCO BELINELLI A PRESCINDERE
Quando Marco Belinelli ha lasciato l’NBA per firmare per la Virtus pensavamo (o almeno lo pensavo io) che il suo sarebbe stato un rapido crepuscolo. E invece 4 anni dopo siamo ancora qui, a stupirci per quanto riesca ancora a essere decisivo a 38 anni. Belinelli è la dimostrazione che il talento, la passione per questo gioco e quelle mani lì valgono più del tempo che passa. Non è stato un 2024 vincente per lui, ma vederlo aggiustare i piedi per prendere una tripla è ancora uno degli spettacoli più significativi del basket italiano.
Tra le tante ho scelto questa segnata contro l’Efes nel play-in di Eurolega (ma avrei potuto scegliere questa contro Venezia nei playoff della Serie A, forse più sua come stile) perché Belinelli è stato uno dei motivi della buona stagione europea del club di Bologna. Vederlo a suo agio anche in Europa è sempre bello. Qui sbaglia una prima tripla, ma quando il pallone gli ritorna tra le mani è già scritto cosa sta per succedere. Dall’angolo, con spazio, dopo aver aggiustato i piedi: una sentenza. È una tripla importante che lancia lo splendido finale della Virtus che espugna Istanbul e lancia sogni europei (che, purtroppo, sarebbero finiti al turno successivo).