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I migliori velocisti (2000-2020)
10 giu 2020
Abbiamo scelto i giocatori più rapidi degli ultimi vent'anni.
(articolo)
19 min
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La velocità, come ripetiamo all’interno del pezzo, è diventata ormai un prerecquisito per giocare a calcio ad alto livello. La lista dei giocatori rimasti fuori da questo elenco è enorme e molti sono giocatori venuti fuori negli ultimi anni ma che hanno dato un’ulteriore accelerata (scusate il gioco di parole) all’evoluzione del calcio contemporaneo: Hakimi, Douglas Costa, Sadio Mané, Leroy Sané, Inaki Williams o Adama Traoré sarebbero tutti potuti rientrare tra i primi dieci. Mancano alcuni precursori di grandissima classe, come Robben o Kakà (di cui però abbiamo parlato approfonditamente quando abbiamo scelto i migliori a dribblare: trovate tutti gli altri pezzi della rubrica qui), ma la velocità è stata fondamentale anche per giocatori che senza di essa non sarebbero arrivati così in alto o che ci ricordiamo praticamente solo per quello (Babangida, Antonio Valencia, Cuadrado, Kyle Walker, Oba Oba Martins, Biabiany, Manolas). Manca soprattutto Messi, semplicemente perché lo abbiamo inserito in quasi tutte le liste presenti in rubrica e abbiamo pensato di poterlo tenere fuori senza far imbestialire nessuno, forse.

Gareth Bale

Dopo mesi di partite passate in panchina, infortuni e ironia sulla sua passione per il golf, è difficile ricordarsi del momento in cui Gareth Bale sembrava un prototipo non solo di atleta ma anche di essere umano futuristico il cui iperatletismo sarebbe stato capace da solo di ridefinire i limiti del calcio e forse anche dello sport in generale. Forse è stata proprio quell’idea, sotto forma di muscoli, a distruggere l’integrità fisica e le prospettive che pensavamo avrebbe potuto avere Bale nel calcio contemporaneo, che negli ultimi anni sono riapparse a intermittenza in alcuni decisivi momenti della Champions League.

Nonostante ciò, Gareth Bale rimane il calciatore che più ha spostato il limite di ciò che si pensava si potesse o non si potesse fare all’interno del rettangolo di gioco con il fisico a propria disposizione. E come ci ricorda l’indelebile gol al Barcellona, in cui Bartra sembra rimpicciolire alle sue spalle per quanto è più lento di lui, Bale lo ha fatto soprattutto attraverso la velocità, con e senza palla. Qualche anno fa, quando Bale aderiva ancora all’idea archetipica che avevamo di lui, Daniele Manusia, in un longform chiamato esplicitamente Venuto dal futuro, scriveva: “Bale è diventato immediatamente il simbolo di un calcio non a misura d'uomo, con un rapporto tra muscoli, elasticità e velocità che fa paura. Micah Richards, che al Manchester City ha giocato contro Bale sulla stessa fascia, descrive così la sua esperienza: ‘Mi faceva sentire piccolo piccolo. Mi ha fatto a pezzi’. Noi ci sentiamo allo stesso modo guardandolo”. Oggi a guardare Bale ci sentiamo un po’ meno piccoli, ma questo non significa che la direzione data al calcio dalla sua carriera sia cambiata poi molto.


Gervinho

Se essere veloci significa essere diretti, allora è strano pensare a Gervinho come un giocatore veloce. L’attaccante ivoriano del Parma è tutto tranne che un giocatore diretto, se non per il fatto che appena entra in possesso il campo sembra iniziare a inclinarsi verso la porta avversaria. Gervinho segue traiettorie tutte sue, che hanno senso solo se abbinate al suo gioco di barcollamenti, finte di corpo, cambi di direzione. Il suo percorso verso la porta è una specie di labirinto invisibile dalla forma del tutto irregolare e imprevedibile. Ma se Gervinho è spesso irresistibile, e lo è ancora in Serie A all’età ormai non più verdissima di 33 anni, è soprattutto perché fa parte di quella categoria ristrettissima di giocatori che sembra essere più veloce con la palla che senza. Non saprei dire se questo è frutto della sua tecnica in conduzione, come lo si potrebbe dire per esempio di quella sovrannaturale di Messi, fatto sta che Gervinho è terribilmente efficace, soprattutto nel riprogrammare continuamente il suo gioco, anche alle sue stesse sbavature in conduzione, come se le imperfezioni tecniche fossero un’arma come un’altra per superare il diretto avversario.

Come ha scritto Daniele Manusia riguardo al suo incredibile gol segnato la scorsa stagione contro il Cagliari: “Sostanzialmente Gervinho ci ricorda che un gol per entrare nella nostra testa non debba essere per forza di cose inattaccabile da un punto di vista tecnico, quanto piuttosto contenga il coraggio e l’unicità necessaria a spostare i limiti del nostro immaginario un po’ più in là. Per questo il piacere dei gol in solitaria non diminuisce riguardandoli, perché anche se Gervinho magari non aveva in mente di segnare quando è partito da pochi metri fuori dall’area di rigore del Parma, noi non possiamo non vedere tutta l’azione come un un unico movimento in più parti”. In questo gol, la cifra della velocità di Gervinho sta tutta nel semplice tocco di esterno destro a buttare la palla avanti per superare di pura velocità Klavan. Ok, Klavan non è il difensore più veloce del mondo, ma prima di lui Gervinho era riuscito a superare in conduzione anche Lykogiannis e Barella, che avevano provato ad intervenire in scivolata senza nemmeno riuscire a toccarlo.




Kylian Mbappe

Poche settimane fa il quotidiano francese «Le Figaro» ha pubblicato la classifica dei 10 calciatori al mondo, con in cima Kylian Mbappé in virtù di una velocità di punta di 36 km/h, anche se è una classifica da cui mancano molti nomi, a cominciare da quello di Achraf Hakimi che giusto un paio di settimane fa è stato “flashato” a 36,2 km/h in Bundesliga. E se è per questo, lo scorso anno proprio Mbappé aveva toccato i 38 km/h contro il Monaco, superando la velocità media di Bolt e occasionalmente segnando una tripletta.

Sono misurazioni non del tutto affidabili e che lasciano il tempo che trovano, più che altro servono a testimoniare la nostra ossessione per i calciatori come Mbappé in un contesto calcistico in cui, grazie ai miglioramenti nella preparazione atletica, la velocità media è sempre più alta. Se guardate un video di Pelé o di Ronaldo il Fenomeno sembra che siano di un’altra epoca rispetto ai loro avversari, e questa è una cosa che Mbappé ha davvero in comune con loro. Solo che i difensori in mezzo a cui passa Mbappé sono notevolmente più veloci di quelli di cinquanta o venti anni fa.

Kylian Mbappé non è particolarmente fantasioso nei suoi dribbling, anche se lo è eccome nei suoi controlli (anche di prima, di esterno o di tacco) e in quei tocchi di palla che gli permettono di schizzare via più o meno in qualsiasi direzione. Certo non è facile trovare sempre lo spazio in cui infilarsi, soprattutto contro squadre chiuse, ma una volta che si allunga la palla è quasi impossibile stargli dietro perché oltre che veloce è anche piuttosto grosso e potente. Forse anche per via dei calzettoni tirati su fino al ginocchio la sua corsa sembra più leggera di quello che è, sembra quasi che Mbappé non tocchi terra anche se in realtà ogni passo è una piccola esplosione nel terreno. Se lo guardate al rallentatore, con un difensore accanto, la sua elasticità è semplicemente soprannaturale, sembra un uomo di gomma vicino a un uomo di legno.

Michel Platini, parlando di Mbappé, ha detto che la velocità «non è tutto» (anche se poi ha cambiato in parte idea) e anche l’idea dietro la famosa pubblicità Pirelli di Ronaldo con la suola del piede gommata, «la potenza è nulla senza controllo», mostra la nostra diffidenza verso una qualità fisica così basilare. In realtà oggi la velocità è un prerequisito fondamentale per giocare ad alto livello e quei giocatori che ne sono dotati maggiormente, e che sanno usarla bene, hanno un vantaggio competitivo notevole. Mbappé non ha bisogno del controllo, semmai di un volume di gioco alto. Ha bisogno di provare a scappare in velocità ogni volta che può, ogni volta che la difesa avversaria si fa cogliere anche solo leggermente impreparata. L’intensità mentale, la sua fame, unite alla sua velocità e alla tecnica palla al piede lo rendono uno dei giocatori più difficili da difendere degli ultimi venti anni e forse di sempre.


Pierre-Emerick Aubameyang

Una volta Aubameyang ha dichiarato che quando era nel settore giovanile del Milan il suo tempo ufficiale sui 30 metri era di 3.9 secondi, ma che li aveva corsi anche in 3.7 secondi, un tempo simile a quello di Usain Bolt quando ha stabilito il record del mondo dei 100 metri. I confronti tra calciatori e sprinter sono affascinanti ma ingannevoli, e se a Bolt non è bastato essere l’uomo più veloce di sempre per essere credibile come calciatore, è difficile pensare che Aubameyang lo avrebbe battuto in una sfida di velocità.

Spesso il puro talento calcistico di Aubameyang è stato sottovalutato. Da anni è uno dei migliori finalizzatori in Europa: ha vinto la classifica marcatori in Bundesliga e in Premier League e nel 2015 è stato premiato come Calciatore africano dell’anno, il primo a riuscirci nella storia del Gabon, di cui è il miglior marcatore con 25 gol. È vero però che se fosse meno veloce sarebbe un attaccante più limitato, farebbe più fatica a battere i difensori e a segnare con la stessa continuità. Il suo talento con la palla, anche in conduzione con molti metri davanti, non è al livello di altri attaccanti di prima fascia che segnano quanto lui, e molti suoi gol sono dovuti alla sua velocità senza la palla, se ha abbastanza spazio per tagliare dietro la difesa oppure per i piccoli scatti in area che lo fanno arrivare per primo sul pallone sui cross dalle fasce o dai lati corti dell’area. Il tempo di reazione per controllare sia la palla che Aubameyang è fuori dalla portata di quasi tutti i difensori, e basta davvero un attimo in cui lo perdono di vista che Aubameyang è già troppo lontano per essere fermato.

Le Figaro ha calcolato che è il terzo giocatore più veloce al mondo, capace di raggiungere i 35,5 km/h, ad Aubameyang però bastano i pochi metri dell’area di rigore per mostrarsi più veloce di chiunque provi a marcarlo.




Mohamed Salah

C’è un modo semplice per dire che Salah è uno specialista della velocità. Diciamo che se Messi fosse meno veloce di quanto è davvero, sarebbe comunque un calciatore eccezionale; se Salah fosse meno veloce di quanto è, invece, anche solo un quinto, probabilmente la sua eccezionalità si perderebbe.

Non fraintendetemi: non sto dicendo che Salah sia una specie di cavallo lanciato sul binario di destra. Un’immagine che ha faticato ad abbandonarlo, finché il numero dei suoi gol non ha raggiunto una proporzione non più ignorabile. Specie col favore del tempo, Salah è diventato un calciatore dalle letture sofisticate e dalla tecnica efficace. Ma la velocità del suo gioco rimane l’elemento che rende Salah unico.

Salah raggiunge quasi i 35 km/h, come i migliori velocisti al mondo. Xavi ha dichiarato che la velocità di Salah a volte è “incredibile”. Quando parte nello spazio tira indietro la schiena: non è elegante ma ha una sua tecnica ed è difficile da spostare nel duello corpo a corpo. Ma bisogna più che altro parlare di come Salah usa questa velocità. Oggi è il calciatore che meglio riesce a conciliare la scelta di tempi negli inserimenti senza palla con la velocità pura, diventando - nelle mani di Klopp - un’arma esplosiva. Ma anche se parliamo di velocità col pallone, e quindi della tecnica in conduzione, Salah è fra i migliori al mondo. L’efficacia con cui riesce a spostarsi da destra verso il centro è paragonabile solo a quella di Lionel Messi. Forse solo dopo l’argentino e dopo Robben quel movimento a convergere verso il centro è riuscito a essere, al contempo, prevedibilissimo e inarrestabile.

In un’intervista inglese - in Inghilterra si trovano contenuti davvero su qualsiasi cosa - Salah dice che la velocità non è solo una dote naturale ma che bisogna allenarsi per svilupparla e mantenerla. È strano che il suo gol più memorabile, tra quelli legati alla velocità, Salah lo abbia segnato alla Juventus con la maglia della Fiorentina, che ha vestito per appena qualche mese. Ma la ricordiamo tutta quella corsa assurda e disperata allo Juventus Stadium, quando aveva incenerito in campo aperto Padoin.




Thierry Henry

Anche se la freddezza sotto porta, la calma, la precisione, la meccanica di tiro di Thierry Henry sarebbero da mostrare in ogni scuola calcio, la qualità che per prima si tira fuori quando si parla di lui è la velocità. Ai tempi della rivalità tra Arsenal e Man Untd il centravanti “nemico” Ruud van Nistelroy diceva che se avesse potuto appropriarsi di qualcosa di Henry sarebbe stata la sua velocità. Il padre di Henry ha ricordato che suo fratello correva i 400 metri e che la velocità è un affare di famiglia. In realtà, come è dato per scontato, è una questione culturale che va collegata alle sue origini antillesi, un argomento che da questa parte del mondo viene spesso semplificato come se fosse una dote puramente “naturale”, come se per correre velocemente, specie in un campo da calcio, con la palla, non ci fosse bisogno di lavoro o di tecnica. Era l’eleganza di Henry palla al piede, quando sembrava trascinare la palla come una valigia senza rotelle prima di allungarsela e proiettarsi nello spazio e ampliare la propria falcata, che non permetteva nessuna minimizzazione. Era quella sua allegra voglia di umiliare chiunque si trovasse davanti che ha chiuso la bocca ai detrattori gol dopo gol, stagione pazzesca dopo stagione pazzesca.

La velocità era solo una delle qualità che rendeva Henry superiore ai suoi avversari. Era più intelligente, più furbo (a volte troppo furbo, questo va detto per anticipare i moralisti paraculi che di Henry ricordano solo il fallo di mano contro l’Irlanda, decisivo per la qualificazione della Francia al Mondiale del 2010, come se si trattasse di un crimine contro l’umanità), più dotato tecnicamente. E più cattivo. Henry era uno squalo in una piscina di tonni e non si vergognava o sentiva in colpa per la sua superiorità, che era in parte anche naturale ma soprattutto frutto del suo lavoro, del suo percorso.

È solo grazie a Wenger se ha trovato la propria dimensione di punta, perché come ha detto lui stesso quando è arrivato all’Arsenal aveva già vinto un campionato francese e un Mondiale giocando sulla fascia e non voleva cambiare, ma poi Henry ha abbracciato il cambiamento e si è trasformato nel peggior veleno per le difese di inizio secolo. Il punto non è se Henry sarebbe stato lo stesso con una minore velocità, ma che giocatori come Henry sanno sfruttare ogni qualità, ogni occasione per migliorarsi. La velocità di Henry era una componente importante del suo stile, certo, gli permetteva di eseguire i movimenti della coreografia senza ostacoli, gli dava lo spazio che i difensori inglesi volevano togliergli. La velocità di Henry gli permetteva di essere libero, come se in campo ci fosse stato solo lui.




Lucas Moura

Nella lista dei quasi-gol più belli della storia scritta da Emanuele Atturo è presente anche Lucas Moura, con un’accelerazione palla al piede di inizio marzo del 2014 in un classico tra Paris Saint-Germain e Olympique Marsiglia. Lucas prende palla nella trequarti difensiva e, dopo una sterzata col tacco da destra verso il centro, attraversa il campo dritto per dritto, senza cambiare direzione e rallentando solo per tentare un piccolo pallonetto sull’uscita di Mandanda. Va così veloce con la palla che quattro giocatori dell’OM non riescono a buttarlo giù, per ultimo Nkoulou con una scivolata cui Lucas passa sopra come se corresse sospeso in aria, e la palla non finisce in porta solo perché il pallonetto è lento e dà la possibilità a Fanni di intervenire a pochi passi dalla porta.

Quella sera Lucas aveva 21 anni ed era ancora uno dei talenti più esaltanti del calcio europeo, costato 45 milioni di euro al PSG nel gennaio del 2013. Col tempo le sue prospettive si sono rimpicciolite e Lucas ha trovato la sua dimensione al Tottenham, di cui in certi momenti è stato il giocatore più decisivo, ad esempio con la famosa tripletta contro l’Ajax in semifinale di Champions League. È arrivato a correre a quasi 34 km/h, meno di altri giocatori famosi per la loro velocità, ma in pochi riescono a piegare il campo con la facilità di Lucas quando accelera palla al piede.

Qualche anno fa ha parlato così delle sue abilità nel dribbling: «Il dribbling inizia prima che ricevi la palla. La prima cosa che faccio è guardare il mio compagno più vicino per vedere se è marcato. La seconda è vedere quanto è vicino il mio avversario e quanto sono lontano dall’area. Questo mi aiuta a capire se devo prendere la palla e cercare la porta o passarla subito al mio compagno. Una volta che la palla è ai miei piedi e ho deciso che c’è spazio per dribblare sfido il mio avversario e mi concentro sul lasciarmelo alle spalle».




Cristiano Ronaldo

Prima dell’inizio di questa stagione Ronaldo si è allenato con uno sprinter portoghese per migliorare la sua velocità. Dopo l’allenamento Obikwelu, detentore del record europeo sui 100 metri, aveva spiegato: «Ci sentiamo spesso per lavorare su forza e resistenza». Nessuno più di Cristiano Ronaldo sembra una supercar, quelle macchine in grado di arrivare ai 100 chilometri orari in pochi centesimi di secondo, macchine fantastiche che però richiedono una cura continua. La cura che Ronaldo dedica al suo corpo per mantenerlo così rapido e scattante, una storia che conosciamo bene, ma che non può stupirci ogni volta.

Ovviamente Youtube è pieno di video in cui Cristiano Ronaldo sprinta con quel suo modo di fare unico, le braccia vicino al corpo, la testa alta e le gambe che bruciano l’erba. Alcuni di questi video sono imbarazzanti: Ronaldo che parte dalla sua area di rigore e svernicia frotte di compagni ed avversari per essere il primo ad arrivare in porta, sembra quella puntata di Futurama in cui Fry dopo aver bevuto 100 tazze di caffè si muove in un tempo diverso dagli altri. Tuttavia queste situazioni sono piuttosto rare nel calcio e l’espressione più incredibile della velocità di Ronaldo non si nota in campo aperto, dove progressivamente ha smesso di giocare con continuità, ma nelle sterzate, nella capacità di fermarsi e ripartire bruciando tutti sul tempo, negli tagli dall’esterno verso il centro che se rilasciassero delle piccole fiamme non si stupirebbe nessuno. È questo tipo di velocità che gli ha permesso di segnare molti dei 725 gol segnati in carriera.

In un programma americano hanno testato il corpo di Ronaldo in varie prove, mettendolo anche a confronto con uno sprinter professionista: se nei trenta metri piani il portoghese era arrivato dietro di qualche centesimo di secondo, nella corsa a zig-zag gli aveva dato oltre mezzo secondo. Ronaldo magari non vincerebbe una gara tra calciatori sui 100 metri piani, neanche sui 30 probabilmente. Ma ancora oggi, a 34 anni, nei picchi di forma che solo lui sembra in grado di controllare come se fossero la temperatura di un frigorifero, quanti riuscirebbero a batterlo in una gara di sprint dalla fascia sinistra al cuore dell’area di rigore per deviare in porta un cross?




Raheem Sterling

Quando gli hanno chiesto conto del suo curioso modo di correre, Sterling ha rivelato che corre come la madre, che da giovane faceva parte della squadra di atletica della Giamaica. La sua sembra una risposta un po' scocciata, da chi per anni si è sentito accusare di tutto. Giustificare la velocità di Sterling come un fatto genetico, una stranezza dovuta alle sue origini è un altro dei modi sbagliati in cui giudichiamo uno dei calciatori più forti degli ultimi anni.

Lo stile di corsa dell’esterno del Manchester City è effettivamente molto particolare: tiene i polsi bloccati, le braccia vorticano come se fossero un'elica, la testa è alta e il sedere sembra quasi sbandare. È un modo di correre curioso, spesso preso in giro (anche da Hazard), ma non si può dire che non sia efficace. Sterling è uno dei giocatori più veloci nel campionato più veloce al mondo. Il suo corpo sembra fatto per andare più veloce di chi gli sta intorno, con un baricentro basso e un culo sporgente che gli permettono di esplodere in accelerazioni improvvise che lo rendono imprendibile per tutti i difensori della Premier.

Secondo la sua pagina Wikipedia la velocità massima fatta registrare da Sterling è di 35,02 chilometri orari, ma forse non è il picco della velocità dell’inglese ad essere stupefacente, nonostante comunque sia circa quella di un motorino, quanto la capacità di usarla in spazi stretti per creare vantaggi al gioco del Manchester City. Sterling riesce a saltare gli avversari in velocità anche quando sono rintanati dentro l’area di rigore, arrivare sul fondo con uno scatto bruciante di pochi metri, pattinare tra corpi immobili. Oggi Sterling è un giocatore veloce di piedi, di testa, di movimenti. In passato era spesso etichettato come una di quelle ali rapide ma casiniste, non in grado di prendere buone decisioni o essere precise sotto porta. Grazie al lavoro con Guardiola per Sterling essere così rapido è diventata un’arma unica, che lo rende uno dei migliori giocatori al mondo.




Alphonso Davies

È strano parlare, in una rubrica dedicata ai migliori specialisti degli ultimi vent’anni, di un calciatore che gioca titolare appena da qualche mese, e che quindi sembra più appartenere al decennio precedente. Alphonso Davies, però, anche in poche partite sta rivoluzionando, soprattutto attraverso la velocità, l’interpretazione del ruolo di esterno basso. In particolare, però, sta spostando un po’ più in là quanto può essere veloce un calciatore. Mentre guardava BVB-Bayern Lukaku, per dire, si è sentito di twittare: «Davies is fast as f*ck».

Nel mondo degli analisti sui social si è aperto il dibattito: Davies sta davvero dimostrando che per un esterno basso non contano le doti tecniche e di lettura ma solo la velocità e la forza fisica per coprire campo e recuperare?

In realtà Davies ha già evidenziato gli scompensi difensivi che può portare la sua interpretazione del gioco. Non tanto per l’intepretazione spregiudicata, che lo porta a fungere spesso da ala aggiunta, perché le doti di recupero di Davies gli permettono effettivamente di recuperare qualsiasi situazione. Sono invece le sue letture in fase di difesa posizionale, oltre a un certo impaccio nell’uno contro uno quando gli spazi si restringono e il territorio diventa quello della tecnica. Quando si tratta di divorarsi l’esterno sinistro, in avanti all’indietro, con o senza palla, Davies è bruciante. Sembra conoscere qualche trucco per teletrasportarsi da un frammento spazio-temporale all’altro. A inizio stagione il suo compagno, Kingsley Coman, ha stabilito il record di velocità della storia della Bundesliga (per qualche ragione battuto più e più volte nelle settimane successive), ma lo stesso Coman ha dichiarato che il più veloce del Bayern Monaco non è lui ma Davies: «Se consideriamo la velocità negli slalom o nei cambi di direzione forse io sono leggermente più veloce, ma in linea è lui». Sono diverse le azioni in cui Davies ha messo in mostra la sua velocità prodigiosa. Una è il recupero su Haaland nella sfida probabilmente decisiva per l’assegnazione della Bundesliga.

Difficile trovare un’azione più evidente della sua superiorità atletica, ma anche dell’efficacia pratica delle sue doti. È impressionante non solo per il vantaggio che aveva Haaland, ma anche per il fatto che il norvegese è un altro freak dalla velocità notevole. Davies lo ha fermato senza neanche andare in affanno.

Probabilmente Davies dovrà limare alcuni suoi difetti in fase difensiva, ma già oggi la sua velocità - ma anche la sua tecnica col sinistro, in cross quasi mai banali - lo rende un’arma devastante per il Bayern Monaco.

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