Nella conferenza stampa in cui ha presentato la partita contro l’Atalanta a Stefano Pioli è stato chiesto quale fosse la posizione migliore per Brahim Díaz. «Mi piace dietro la punta, ha un controllo orientato importante e un dribbling pericoloso», aveva risposto il tecnico rossonero, «Può anche partire esterno, ma penso che tra le linee giochi meglio». Per il modo in cui difende l’Atalanta, le note marcature a uomo in ogni zona del campo e l’aggressività estrema, Brahim Díaz poteva avere un ruolo essenziale per il Milan. Poteva cioè imporsi come appoggio sicuro in uscita dalla difesa, farsi dare la palla in mezzo al campo, conservarla e mandare in crisi il sistema di marcature atalantino.
Ogni marcatura saltata nella squadra di Gian Piero Gasperini infatti crea spazi, costringe i compagni alle spalle a fare delle scelte, a decidere se lasciare il loro avversario per pressare chi ha la palla o se invece restare in posizione. Poter contare su un giocatore capace di creare spesso queste situazioni, di vincere il suo duello e di bucare il sistema di marcature dell’Atalanta, sarebbe servito al Milan per giocare ai propri ritmi, per accelerare l’azione e arrivare presto in area, o almeno per tenere la palla, per avanzare con più ordine e non trovarsi sbilanciato in caso di perdita del possesso.
Le scelte di Pioli hanno condizionato la partita
Nel Milan il riferimento intermedio in mezzo al campo, tramite opportune rotazioni che lo fanno abbassare nella posizione occupata di solito dalla mezzala, è il trequartista. È cioè Hakan Calhanoglu, un numero dieci peculiare, che non ha nelle sue corde la capacità di gestire i ritmi, di abbassarli se necessario, ma che rischia di continuo, che gioca quasi solo in verticale ed è abbastanza preciso da trovare soluzioni difficili che permettono al Milan di avanzare velocemente.
In sua assenza - prima della partita contro il Cagliari il turco è risultato positivo al coronavirus - il suo posto sulla trequarti è preso di solito da Brahim Díaz, che come detto da Pioli, per la capacità di dribblare, di girarsi con il primo tocco e di conservare la palla in spazi stretti, dà soluzioni diverse al gioco tra le linee del Milan. Per la partita contro l’Atalanta la posizione di trequartista centrale è invece stata occupata da Meité, arrivato da poco in prestito dal Torino e al suo esordio da titolare. Una scelta spiegata così da Pioli alla fine della partita: «Avevo bisogno di un po’ più di fisicità, avere Diaz a disposizione mi permetteva di fare qualcosa di diverso a partita in corso».
Meité offre il suo meglio quando parte qualche metro più indietro, non deve ricevere in situazioni scomode spalle alla porta e può portare la palla, ma il suo impiego da trequartista era coerente con il piano studiato da Pioli. Aggiungere un centrocampista più fisico, più bravo a difendere e in teoria più utile nel pressing, era cioè coerente con la volontà di uscire velocemente dalla metà campo, di aggirare il pressing dell’Atalanta alzando subito la palla. Oltre a rendere il Milan più pericoloso nei duelli aerei, Meité non aveva il compito di intervenire sul possesso abbassandosi, ma muovendosi senza palla, e in particolare aprendosi a destra, spostava il suo marcatore, allungava le linee e creava spazi al centro. Non aiutava quindi il palleggio ma forzava la ricerca di giocate lunghe.
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Due situazioni in cui Meité si allontana aprendosi a destra. Nel primo caso Castillejo, che riceve spalle alla porta il passaggio in verticale di Calabria, non ha soluzioni comode vicino a lui e torna indietro. Nel secondo Meité si apre per lasciare spazio a Ibrahimovic, cercato da Kjaer con una palla alta. Anche in questo caso il Milan non riesce ad avanzare. Ibra fa scorrere la palla, che però viene intercettata da Romero.
Dopo Rebic e Mandzukic, che hanno giocato una ventina di minuti nel secondo tempo, Meité è stato il giocatore che nel Milan ha toccato meno la palla (18 tocchi) e che ha tentato meno passaggi, appena 13.
Pioli ha insomma rinunciato all’inizio ad avere un giocatore che intervenisse sul possesso in zone intermedie, e ha spinto ancora di più sulla ricerca dei lanci lunghi, in particolare verso Ibrahimovic. Il problema è che lo svedese non è riuscito a pulire il possesso come fa di solito, la manovra è diventata prevedibile e la palla ha faticato a superare la trequarti dell’Atalanta. A soffrire non è stata solo la pericolosità del Milan, anche se il dato degli xG creati (2,2) suggerisce il contrario.
Un Milan disordinato
I rossoneri hanno creato le loro occasioni o da palla inattiva - il tiro di coscia di Ibrahimovic sulla punizione battuta da Tonali, il colpo di testa di Meité a inizio partita sugli sviluppi di un calcio d’angolo - o in situazioni confuse come quella che ha permesso a Mandzukic al minuto 70, subito dopo il suo ingresso, di tirare dal centro dell’area. Il pallone era arrivato in area con un lancio lungo di Musacchio su una punizione battuta a centrocampo, e poi era finito sui piedi di Mandzukic in modo un po’ sporco, dopo un colpo di testa di Djimsiti rimbalzato sui piedi di Kessié, e dopo un altro intervento di un difensore dell’Atalanta, stavolta di Romero, ad anticipare il tiro del centrocampista ivoriano. La palla è rotolata tra i piedi di Mandzukic, che però ha calciato debolmente e si è visto respingere il tiro da Gollini.
Sono stati momenti estemporanei, come quando Brahim Díaz è entrato in area a pochi minuti dalla fine, dopo un rimpallo tra Romero e Djimsiti sulla trequarti, e ha dosato un passaggio leggermente lungo per Ibrahimovic. Occasioni in cui i dettagli fortuiti hanno avuto un ruolo decisivo, spesso concluse con tiri scomodi e difficili, anche quando la palla arrivava in area. L’Atalanta ha respinto più della metà delle conclusioni del Milan, 8 su 14.
Le difficoltà dei rossoneri non si sono limitate comunque alla fase offensiva. Le giocate lunghe hanno accentuato il disordine, allungato le linee e reso la squadra di Pioli più instabile a livello difensivo. Negli spazi che si creavano in mezzo al campo a ogni palla persa, infatti, l’Atalanta poteva ripartire e far circolare il pallone con qualità. Uno scenario in cui, com’era facile prevedere, a prendersi la scena è stato Ilicic.
Certo, vanno riconosciuti gli ovvi meriti dell'Atalanta. Il piano di Pioli non ha funzionato, la continua ricerca della giocata lunga ha reso la sua squadra prevedibile e l'ha penalizzata anche a livello difensivo, ma va detto che i bergamaschi hanno dominato tutti i duelli più importanti. La marcatura di Pessina su Tonali ha tolto al Milan l'uscita sul centrocampista che più di tutti, stando più vicino ai difensori come vertice basso durante la prima costruzione, poteva dare un'alternativa al lancio lungo, e quindi garantire una risalita del campo più ordinata. Kessié è stato limitato da de Roon e non ha potuto risolvere i problemi portando da solo la palla in avanti. Oltretutto commettendo un fallo ingenuo, una gomitata in una situazione innocua, con la palla alta e Ilicic girato spalle alla porta e marcato da Kalulu, ha permesso allo sloveno di segnare su rigore il gol del 2-0. Romero poi è stato determinante per come ha marcato Ibrahimovic, togliendo al Milan l'opzione principale per risalire il campo.
Il terzo gol dell'Atalanta è il simbolo della partita
Il momento simbolico della partita, quello che più di tutti ha racchiuso le difficoltà dei rossoneri in costruzione, la facilità con cui l'Atalanta poteva ripartire e creare pericoli, e in cui ha avuto un ruolo decisivo Romero, anche se non per la sua marcatura su Ibrahimovic, è stato il terzo gol, segnato da Zapata. Era il minuto 76, e a quel punto il Milan aveva cambiato i suoi trequartisti, oltre ad aver perso Kalulu per un infortunio. Díaz era entrato al posto di Meité all’inizio del secondo tempo, Rebic e Mandzukic si erano sistemati sulle fasce, il primo a sinistra e il secondo a destra, sostituendo Leão e Castillejo.
Se nel primo tempo i rossoneri avevano cercato di più l’uscita sulla fascia destra, appoggiandosi a Calabria e utilizzando poi lo spazio che il sistema di marcature dell’Atalanta di solito offre ai terzini avversari per arrivare da Theo Hernández, che si accentrava spesso per ricevere il cambio di gioco e portare la palla nella metà campo avversaria, in questa occasione il Milan prova a costruire a sinistra, e palleggia nella sua trequarti. Díaz si abbassa e va a formare un triangolo con Hernández e Kessié, ma il terzino rossonero cerca più avanti Rebic, seguito alle spalle da Romero.
Hernández cerca Rebic, Romero lo segue ed è pronto all’anticipo.
Il difensore argentino riesce ad anticipare Rebic, ma non a tenere vicino la palla, che schizza su de Roon e finisce tra i piedi di Tolói un po’ più indietro, vicino al cerchio di centrocampo. L’Atalanta resta quindi in possesso e può ripartire mentre il Milan è sbilanciato. Tolói può appoggiarsi su Pessina, libero davanti a lui, e sulla destra, rispettando uno dei princìpi offensivi di Gasperini, che prevede l’ampio coinvolgimento dei difensori durante il possesso, Romero avanza dopo aver cercato l’anticipo offrendo una linea di passaggio comoda a Pessina.
Romero avanza dietro Tonali e viene trovato da Pessina.
Quando riceve, Romero ha davanti solo i due difensori centrali rossoneri, Kjaer e Musacchio, e ha due compagni ai suoi fianchi a cui passare la palla, Zapata a sinistra e Ilicic a destra. Alla fine sceglie il passaggio più comodo, verso Zapata, che entra in area sulla sinistra e, arrivato davanti a Donnarumma, lo supera calciando sul primo palo.
Dopo aver portato la palla per qualche metro, Romero sceglie il passaggio sulla sinistra per Zapata.
Come guardare al futuro
È fin troppo facile dire che sia stata la peggiore partita del campionato del Milan, quella che ha fatto emergere in modo più chiaro i suoi limiti. Non riuscendo ad appoggiarsi su Ibrahimovic, e quindi a risalire il campo e a mettere in pratica le giocate studiate per far avanzare la palla nella metà campo dell'Atalanta, alla squadra di Pioli sarebbe servita un'alternativa, una circolazione più ordinata che tenesse le linee più vicine e facesse alzare il baricentro con un po' più di pazienza. Al Milan è però mancato anche l’appoggio sui centrocampisti, e la scelta di Meité come trequartista ha forzato la ricerca di giocate lunghe e aumentato il disordine. Non che le cose siano migliorate dopo l’ingresso di Díaz nel secondo tempo, ma in mezzo al campo ai rossoneri sarebbe servito proprio un giocatore capace di tenere la palla, di vincere il suo duello e di creare buchi nel sistema di marcature atalantino generando spazi e superiorità numerica.
Sono stati soprattutto i migliori rossoneri per rendimento, quelli che più di tutti hanno permesso al Milan di restare in cima alla classifica nella prima parte del campionato, a deludere le attese. Ibrahimovic è stato limitato dalla marcatura di Romero, Theo Hernández ha avuto spazi per avanzare, specie nel primo tempo, ma è stato quasi sempre impreciso, che si trattasse di rifinire o di portare la palla nella metà campo avversaria. Kessié ha commesso un fallo ingenuo in occasione del rigore e ha faticato a far emergere il suo contributo, contro la squadra che più di tutte in Italia spicca per fisicità, aggressività e dinamismo.
Giocare la partita sul terreno preferito, in cui a contare sono state soprattutto le qualità che la definiscono meglio, ha favorito l’Atalanta, che secondo Gasperini ha esibito una delle migliori prestazioni da quando è iniziato il suo ciclo. «Siamo stati bravi e superiori un po’ su tutto, per noi è una grandissima soddisfazione essere venuti a San Siro a giocare in questo modo», ha detto il tecnico atalantino alla fine della partita.
Per una volta la sua squadra non ha dovuto concentrarsi sulla creazione paziente di spazi, palleggiando con insistenza nella metà campo avversaria, e ha lasciato che a fare la differenza fossero le caratteristiche che più la definiscono, la superiorità nei duelli, la facilità con cui recupera la palla, la circolazione veloce e di qualità favorita dagli spazi ampi lasciati dal Milan. Forse il limite più grande è che in pratica ogni azione deve passare dai piedi di Ilicic per essere pericolosa, ma è difficile non appoggiarsi di continuo allo sloveno quando è in questi periodi di forma, felice e sicuro di sé stesso, capace di realizzare quasi tutto quello che gli passa per la testa.
Nonostante la sconfitta il Milan ha conservato il primo posto ed è campione d’inverno, un traguardo impensabile a inizio stagione. L’Atalanta ha invece stabilito il suo record di punti nel girone d’andata (36) e con questa vittoria rilancia con forza le sue ambizioni, visto che negli ultimi due anni è stata la squadra che ha fatto più punti nel girone di ritorno. Insomma, a metà campionato le gerarchie ai vertici della classifica sono ancora fluide e possono cambiare in poche giornate.