Col solito animo grave Gennaro Gattuso qualche settimana fa aveva risposto a una domanda sulla poca produttività del Milan da calcio d'angolo: «Io non faccio il mago. Io vedo cosa facciamo in settimana e quanto lavoriamo su queste situazioni. Se Calhanoglu e Suso non alzano la palla quando calciano gli angoli, è un problema dei giocatori». Un'affermazione curiosa: è impensabile che dei professionisti non riescano ad alzare il pallone. «Non posso fare nulla, forse devo mettermi di fianco a loro con una frusta» aveva chiosato, con ironia ma senza allontanarsi troppo dal tono penitente delle sue conferenze stampa.
Probabilmente Gattuso non scherzava ed era davvero preoccupato: per quanto assurdo possa suonare, alcuni giocatori del Milan faticano ad alzare il pallone e proprio un angolo troppo basso è costato ai rossoneri la qualificazione per la finale di Coppa Italia. Al 58' del secondo tempo i padroni di casa hanno portato ben nove elementi nell'ultimo terzo di campo laziale: Suso alla battuta, Calhanoglu vicino a lui per proporre lo scambio corto, Kessie e Laxalt sul limite dei sedici metri e cinque uomini in area. A coprirgli le spalle era rimasto il solo Andrea Conti. Suso calcia a rientrare ma la palla viaggia a mezz'altezza. La difesa della Lazio non fatica a respingere la sfera che finisce sui piedi di Lulic. Calhanoglu, forse in preda a una memoria muscolare degli anni con Schmidt, aggredisce in avanti il bosniaco ma alle sue spalle nessuno copre la sua uscita.
Avrebbe dovuto correre subito all'indietro, come fa Kessié al centro, ma in ogni caso il Milan non ha disposto marcature preventive per coprire la perdita del possesso. Lulic infatti trova Immobile che ha una metà campo da attaccare senza che nessuno gli contesti il pallone. Nel frattempo lo accompagnano Correa, che taglia alla sua sinistra, Luis Alberto e Acerbi. Per il Milan a difendere restano Kessié, Conti e Laxalt. L'ivoriano probabilmente stringe troppo e libera la linea di passaggio sul “Tucu". Immobile la percorre e, quando Kessie si gira, l'ex Siviglia si è già allargato, ha controllato e ha infilato il pallone tra le gambe di Reina.
[gallery columns="6" ids="44090,44091,44093"]
Visto il contesto, sarebbe riduttivo ricondurre il gol al solo errore di Suso: nessuna marcatura preventiva, Calhanoglu che pressa solitario, Kessié che fa il movimento sbagliato. Allo stesso modo, sarebbe sbagliato ricondurre la sconfitta del Milan ai soli errori ammonticchiati durante quel calcio d'angolo. La semifinale è stata una delle tante partite scialbe degli ultimi mesi rossoneri, che ha evidenziato una serie di limiti offensivi, collettivi e individuali, davvero preoccupanti. Per la Lazio invece si è trattata di una vittoria necessaria non solo per riscattare la sconfitta del Chievo, ma anche per pararsi le spalle nella corsa all'Europa League, con i biancocelesti al momento ottavi alle spalle del Torino.
Di numeri e atteggiamento
Alla vigilia Gattuso era stato abbastanza chiaro: «Veniamo da un primo tempo a bassa intensità. Secondo me non è un problema di modulo ma di come affrontiamo le partite, di come scendiamo in campo. Quarantacinque minuti li abbiamo regalati». Si pensava quindi che il 4-3-3 non sarebbe stato in discussione. Invece, forse grazie alle migliori sensazioni del secondo tempo di Parma, il tecnico calabrese ripropone la difesa a tre, con cui il Milan era riuscito a raggiungere meglio le fasce.
Davanti a Reina per la prima volta è stato schierato Caldara, con Musacchio e Romagnoli ai suoi fianchi. Con Calabria largo a destra, a sinistra invece, probabilmente per via della corsa e dei trascorsi genoani, Laxalt vince il ballottaggio con Rodriguez. In mezzo Bakayoko occupa il centro destra e Kessié il centro sinistra, abbandonando così la catena su cui è più abituato ad agire. Suso e Castillejo si posizionano alle spalle di Piatek. Per la Lazio invece nulla di nuovo, il canonico 3-5-1-1 con tutti i giocatori di qualità titolari dal centrocampo in su. Romulo ha battuto la concorrenza di Marusic mentre nella fascia centrale Milinkovic e Luis Alberto hanno affiancato Leiva, con Correa alle spalle di Immobile.
Il senso della scelta di Gattuso sembra subito chiaro a giudicare dal modo in cui si incastrano le due squadre: contro il blocco medio biancoceleste, l'obiettivo è posizionare i due giocatori più talentuosi, Suso e Castillejo, ai fianchi di Lucas Leiva. La Lazio sembra disposta ad accettare il rischio, contando per la protezione dei mezzi spazi sulle letture degli esterni, dei terzi centrali o di Leiva stesso se si scivola verso il lato palla. Simone Inzaghi rinuncia al pressing come suo solito, con le due punte a schermare i passaggi verso il centro e quindi poco svantaggiate dall'inferiorità numerica rispetto ai difensori. Le mezzali controllano il mediano della propria zona (Milinkovic su Kessié e Luis Alberto su Bakayoko), pronte eventualmente a scivolare da un lato all'altro per aggredire il terzo centrale, coperti alle spalle dalla scalata di Leiva. A coprire i fianchi del brasiliano ci pensano soprattutto Luiz Felipe a destra e Lulic a sinistra: il bosniaco stringe su Suso mentre invece Bastos si allarga per controllare Calabria.
Il Milan è libero durante la prima circolazione ma, giunto a ridosso del centrocampo, sembra avere poche idee su cosa fare col pallone. I mediani si muovono poco per liberare le linee di passaggio verso i mezzi spazi e anche Suso e Castillejo non sembrano sapere bene come posizionarsi per chiamare il filtrante sui fianchi di Leiva. Così, il numero otto molto spesso abbandona ogni velleità di occupazione della trequarti e si abbassa fino al fianco di Bakayoko fino a diventare mezzala destra. A quel punto la mediana del Milan diventa una sorta di chiodo dalla testa piatta, con tre centrocampisti quasi in linea e Castillejo vertice alto. Gattuso insomma vorrebbe abbandonare la costruzione laterale con le catene per progredire al centro. Il Milan però non sembra conoscere né i movimenti giusti, quelli con cui liberare passaggi verso la zona di rifinitura, né le caratteristiche individuali adatte.
Suso, Castillejo e Piatek in particolare soffrono questo tipo di sviluppo. L'ex Liverpool dopo tre anni in rossonero non ha ancora imparato a muoversi in zone centrali e a ricevere spalle alla porta per poi associarsi con i compagni. Se si abbassa così tanto vicino ai due mediani è per ricreare le condizioni della fascia: ricevere con spazio a sufficienza per girare il corpo verso il centro del campo. Con i movimenti di ieri Suso cercava condizioni che avvantaggiassero il suo calcio ma, contemporaneamente, finivano per limitare quello del Milan. Castillejo, pur senza abbassarsi, ha lo stesso problema. Sulla trequarti è in difficoltà perché gestisce male le situazioni spalle alla porta: non guarda cosa gli succede intorno, tocca troppo il pallone e non sa come affrontare l'uomo dietro. Piatek, che abbiamo imparato ad apprezzare per il suo rapporto con l'area e la porta, è impreciso nei controlli orientati, non protegge palla e ieri è stato stranamente fiacco nei duelli con i difensori: stesse difficoltà dell'andata, stavolta però col pallone per terra e non per aria.
Le caratteristiche di alcuni giocatori, Suso in particolare, ancorano il Milan a poche soluzioni tattiche predefinite: per assecondare lo spagnolo, principale fonte creativa, sarebbe stato meglio sviluppare sulle fasce. Magari per aiutarlo Gattuso avrebbe potuto invertire Kessié e Bakayoko. L'ivoriano coordina abbastanza bene i suoi movimenti con quelli di Suso e Calabria; riavvicinarlo ai compagni di catena magari avrebbe facilitato qualche sviluppo interessante anche col 3-4-3.
Il Milan insomma non ha mai saputo come fare male alla Lazio e non ha creato nessun pericolo a parte un tiro dalla distanza di Calabria, piuttosto velleitario a dire il vero. Un pattern interessante si era intravisto nel primo tempo, ma i rossoneri non l'hanno approfondito. Data l'assenza di pressing delle due punte, Caldara per due volte si è alzato invertendo il triangolo difensivo. L'italiano si posizionava sulla stessa linea di Bakayoko, mentre Kessié si alzava e portava con sé Parolo. A quel punto Parolo restava in inferiorità contro Bakayoko e Caldara. Reina col suo piede precisissimo giocava il pallone dietro le punte e Luis Alberto e l'occupazione della fascia centrale del Milan aveva finalmente senso, perché generava superiorità posizionale alle spalle delle prime linee laziali. Caldara e Bakayoko potevano trasmettere velocemente e con profitto il pallone verso i mezzi spazi, ma una volta ricevuto i trequartisti non hanno gestito bene la fase di rifinitura.
Nel primo caso Suso e Kessié mettono in mezzo Leiva, liberando Castillejo sulla destra. L'ex Genoa non allarga bene, servendo il pallone a metà tra il numero sette e Laxalt. Il numero sette torna indietro per ricevere ma con un controllo troppo lento favorisce il rientro della difesa. A quel punto cerca subito il cross per il taglio di Calabria sul secondo palo: uno sviluppo simile a quelli visti a inizio anno con gli inserimenti di Bonaventura sul lato debole, ma senza nessun esito positivo, visto che il cross parte dalla trequarti.
[gallery columns="7" ids="44096,44095,44097,44098"]
La seconda volta, sempre l'ex Villarreal, tocca troppo il pallone: non lo scarica su Kessié per poi muoversi in avanti, né lo appoggia a Laxalt per cercare la combinazione di catena. I vantaggi precedenti vanno in fumo ancora prima di poter dare i loro frutti. Tuttavia il Milan ha avuto buone prospettive offensive solo quando si è affidato alla costruzione dal basso, senza dubbio l'apporto tattico migliore dei due anni di gestione Gattuso.
[gallery columns="6" ids="44101,44100,44099"]
Senza snaturarsi
Mentre i padroni di casa cercano sviluppi diversi dal solito, Inzaghi si affida alla sua solita idea di calcio, e questo ha funzionato. La Lazio non ha superato del tutto i suoi problemi in fase di attacco posizionale ma ha cercato di aggirarli con una strategia coerente. Gli esterni occupano il campo in ampiezza mentre Immobile attacca la profondità; l’obiettivo è quello di creare lo spazio tra le linee in cui far banchettare Correa e le mezzali. Delle volte la Lazio ha la possibilità di creare superiorità numerica e posizionale contro i due mediani. Gli esterni alti e larghi attraggono Calabria e Laxalt; contemporaneamente Correa e le due mezzali – anche Parolo entrato nel primo tempo al posto dell'infortunato Milinkovic Savic – si posizionano sulla stessa linea di Bakayoko e Kessié. I milanisti si ritrovano tre contro due in una zona in cui, soprattutto grazie a Correa e a Luis Alberto, la Lazio riesce a dialogare come forse nessuno in Italia.
Luis Alberto (che esce dal cono d'ombra di Suso), Correa e Parolo mettono in
inferiorità numerica i mediani del Milan. Ne nasce una bella combinazione vanificata dal
fuorigioco di Immobile.
I rossoneri comunque proteggono abbastanza bene la zona centrale, grazie alla fisicità dei mediani e alle uscite dei difensori. Il problema è che la squadra di Inzaghi dà il meglio di sé proprio quando può giocare in transizione, un aspetto favorito dalla strategia offensiva del Milan. La Lazio per costruzione è una squadra verticale, con le punte sempre pronte a ricevere dai centrocampisti. Se si recupera palla in zona centrale, Correa, Luis Alberto e Immobile sanno combinare con precisione in velocità per raggiungere la porta avversaria in pochi secondi e con interazioni ad alto coefficiente di difficoltà. Il Milan, incerto su come costruire al centro, perdeva spesso il pallone nella zona di Leiva, Luis Alberto e Parolo, così ha favorito le ripartenze verticali della squadra di Inzaghi. Nel primo tempo però Correa è stato troppo fumoso, cercando con insistenza il dribbling invece di dialogare con i compagni, e la Lazio non ha potuto punire la cattiva costruzione rossonera.
Stavolta il karma però ha premiato le idee più chiare dei biancocelesti. Poche squadre avrebbero saputo sfruttare l'errore su calcio d'angolo del secondo tempo come la Lazio, forse la squadra migliore della Serie A a mettere le difese in inferiorità numerica durante le transizioni. Una vittoria meritata, che ha premiato la squadra che si è snaturata meno.
Per il Milan invece la partita di ieri è stata l'ennesima occasione per mettere in evidenza le incongruenze di una rosa costruita male e attorno a giocatori capaci di rendere solo in condizioni ideali. In questo senso Gattuso non ha aiutato la sua squadra, cambiando a fondo la strategia del Milan in una partita importante. Indipendentemente dal piazzamento finale, è probabile che il Milan dovrà prepararsi ad affrontare l’ennesima rivoluzione estiva.