Stefano Pioli e Paulo Fonseca arrivavano al confronto di ieri sera con aspettative e richieste diverse nei confronti dei propri uomini. Dopo il pareggio col Lecce e i segnali positivi in fase offensiva, il Milan era chiamato a esprimere il massimo delle proprie risorse nel solco dei principi del nuovo tecnico, stavolta contro un avversario di livello più alto. La Roma, al contrario, doveva a dimostrare la validità delle idee di Fonseca anche al minimo del potenziale della rosa, vista l'emergenza infortuni di questo inizio di stagione.
Insomma, nonostante la miglior classifica e un progetto di campo già stabile non era scontato che i padroni di casa fossero favoriti, né che si dimostrassero migliori del Milan in ogni fase di gioco. Il 2-1 finale e la sensazione di controllo sul match sono le migliori certificazioni sulla bontà del lavoro di Fonseca, capace di dare certezze alla squadra su entrambi i lati del campo e di valorizzare seconde linee e giocatori fuori posizione attraverso la forza delle proprie idee.
Basterebbe osservare la naturalezza con cui Mancini si è calato nei panni del regista grazie a un sistema che gli ha fornito i giusti riferimenti di spazi da occupare e di uomini a cui dare la palla. Prendiamo questa azione sul finale del primo tempo, con la Roma in costruzione bassa sulla destra. Il possesso arriva tra i piedi di Spinazzola; Mancini, schermato da Paquetà, si muove verso la fascia, da centrocampista abituato a leggere gli spazi, per uscire dal cono d'ombra del brasiliano e dare una linea di passaggio pulita al compagno. Mancini rigioca subito di prima su Spinazzola. Intanto Biglia abbozza lo scivolamento verso la palla, ma così scopre la traccia su Zaniolo nel mezzo spazio. Spinazzola raggiunge Zaniolo che può cambiare agevolmente gioco per Kolarov su lato debole.
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Una partita decisa sulle fasce
Nonostante le assenze, dunque, la Roma ha dimostrato di avere più certezze. Il Milan aveva provato a puntare sulla continuità riproponendo lo stesso undici che aveva pareggiato col Lecce. In quella partita aveva sviluppato la manovra soprattutto sulle fasce attraverso meccanismi di catena che, con gli scambi alle spalle degli avversari, avevano l'obiettivo di creare il passaggio per il movimento in profondità oppure il cambio gioco verso il lato debole. Stefano Pioli del resto aveva scritto la sua tesi di Coverciano proprio sulle catene laterali.
Anche contro la Roma i rossoneri hanno cercato di costruire sulle fasce. Conti è rimasto vicino ai due centrali determinando il passaggio dal 4-3-3 al 3-2-4-1 in fase di possesso: Suso e Theo occupavano l'ampiezza, Paquetá e Calhanoglu i rispettivi mezzi spazi sulla trequarti, col compito di avvicinarsi alla zona palla e partecipare al palleggio in fascia. Quando il Milan riusciva a far circolare la sfera sul lato oltre la metà campo, allora almeno un giocatore del versante opposto si avvicinava per dare uno sbocco in zona centrale o per attaccare lo spazio dietro la difesa e invitare al filtrante.
La giocata più ricercata però, una volta consolidato il possesso, era il cambio gioco per l'isolamento del compagno aperto sul lato debole, visto che la Roma scivolava in zona palla; da qui la necessità di due uomini larghi come Theo e Suso o Paquetá quando scambiava la posizione con l'ex Liverpool.
Il Milan non ha però mai tratto vantaggio da questa situazione, soprattutto perché ha cercato il cambio gioco come soluzione per evitare di paralizzare il possesso più che per creare reali vantaggi offensivi. I rossoneri non riuscivano a palleggiare in mezzo ai giocatori avversari in fascia: il possesso non batteva gli uomini in pressione e non costringeva gli altri giallorossi ad avvicinarsi per aiutare i compagni. In questo modo la Roma non era quasi mai corta in orizzontale e sul cambio di gioco il destinatario del lancio non era isolato, o comunque non riusciva ad attaccare con palla scoperta una volta eseguito il controllo.
Gli uomini di Fonseca sono stati precisi nelle scalate e non hanno mai lasciato linee di passaggio libere sul lato forte, a qualsiasi altezza fosse eseguito il pressing. Il riferimento per i movimenti era il pallone; completato lo scivolamento, i giocatori più vicini dovevano controllare e aggredire l'avversario nella propria zona. La disposizione della Roma quindi poteva variare con il movimento verso la fascia e la posizione del calciatore da prendere in consegna: si sono viste fasi di 4-1-4-1, altre di 4-3-3 più puro e altre ancora di 4-4-2 con Pastore al fianco di Dzeko. In generale, il bosniaco e l'argentino si occupavano di coprire i corridoi verso il centro per invitare al passaggio sui braccetti; da lì scattava il pressing sul lato, con Dzeko e Pastore a occuparsi in maniera stabile di Musacchio e Romagnoli.
Se la circolazione si spostava su Conti, allora ci si alzava Perotti; allora Kolarov usciva aggressivo sull'uomo largo (Suso ma a tratti Paquetá quando hanno scambiato la posizione), Veretout si occupava del milanista nel mezzo spazio e alle loro spalle Mancini e Zaniolo seguivano la scalata.
Se invece i rossoneri sviluppavano sulla sinistra, Pastore si alzava su Romagnoli, attento a coprire con la corsa la linea di passaggio verso Kessié. Zaniolo invece si allargava su Theo, anche lui abile a nascondere la traccia verso il centro del campo, con Mancini e Veretout pronti ad accompagnare la pressione.
I tantissimi errori del Milan
Il contesto della partita, in grande misura, lo ha determinato l'incapacità del Milan di costruire in fascia. I rossoneri hanno tenuto palla per oltre il 57% del tempo, un dato particolare vista l'attitudine al possesso della Roma, senza sapere come aggirare la pressione né nella propria metà campo né all'altezza della mediana quando i giallorossi abbassavano il baricentro.
Per eludere la fase difensiva avversaria il Milan avrebbe potuto coinvolgere di più Donnarumma. Il portiere della nazionale negli ultimi anni ha alzato il livello nel gioco coi piedi e avrebbe potuto essere una soluzione utile per creare superiorità numerica contro Perotti, Dzeko e Pastore. In una delle rare volte in cui ha partecipato alla circolazione il Milan è riuscito a giocare in maniera fluida sulla catena di destra e a liberare Leao al centro per un potenziale cambio gioco pericoloso sull'isolamento di Theo. Al 27' con palla a Donnarumma Biglia si è proposto alle spalle di Dzeko. Il portiere ha innescato il regista che ha potuto girarsi. Veretout o Mancini non si sono alzati sull'argentino per restare compatti sulla linea arretrara; Biglia così può giocare a palla scoperta e va da Conti sulla destra. L'italiano scarica su Paquetá largo; Leao intanto si aggiunge alla catena nel mezzo spazio e detta il passaggio a Paquetá. Ricevuta palla, il portoghese con Mancini alle spalle orienta bene il controllo verso il centro del campo. A questo punto potrebbe cambiare gioco su Theo tutto solo sul lato debole. Leao però non si fida del suo sinistro, tocca troppe volte la palla e dà il tempo alla Roma di risistemarsi.
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Leao non ha avuto il coraggio di cercare la soluzione più logica e redditizia. Lo stesso coraggio che avrebbero dovuto avere gli interpreti delle catene per battere la pressione romanista. Ad esempio sarebbero stati utili dribbling e conduzioni. Per quanto sia stato impreciso sia in costruzione che in alcune scalate, Kessié col dribbling in corsa per due volte ha creato scompensi nella difesa della Roma: nel caso del gol annullato a Paquetá e a metà del primo tempo, quando Veretout non è riuscito a contenerlo e lui al limite dell'area ha servito un filtrante corto a Leao. Il portoghese invece di calciare però ha provato a chiudere il triangolo. Avrebbe potuto essere utile in questo senso Bennacer, più abile di Biglia a liberarsi in dribbling. L'argentino si è mosso poco in orizzontale per uscire dall'ombra di Dzeko e Pastore. Se con il Lecce aveva dato continuità al possesso muovendosi in avanti per dare linee di passaggio progressive e non solo di sicurezza, ieri sera è rimasto ancorato alla sua posizione, forse per paura di lasciare scoperta la difesa contro un avversario di alto livello.
Il Milan ha creato solo in circostanze caotiche, generate da duelli aerei e seconde palle finite sui piedi dei rossoneri. In quelle situazioni Calhanoglu al solito si è dimostrato signore del caos, un giocatore capace come pochi di dominare il disordine e dargli una logica. Come nel caso del tacco con cui ha mandato in porta Leao a inizio primo tempo, in un'azione generata da uno dei tanti lanci di Conti e da un intervento maldestro di Fazio.
Per il resto la prestazione del Milan è costellata da tantissimi errori individuali, anche gravi, anche vicini alla propria porta, che alla fine sono costati il risultato.
Bisogna dire che la Roma ha eseguito bene i compiti in fase di non possesso. Certo, sviluppo e rifinitura non sono stati il massimo, ma è sempre difficile costruire senza i propri uomini migliori. I giallorossi non hanno giocato lunghe fasi di attacco posizionale, ma sono riusciti lo stesso a guadagnare le proprie occasioni attraverso recuperi palla aggressivi che hanno colto impreparato il Milan.
Sulla fascia la Roma ha contestato ogni ricezione agli avversari. Con l'occupazione del centro nelle fasi iniziali del possesso ha cercato invece di generare il dubbio nei difensori del Milan e di inclinare le loro scelte verso l'errore. Come è accaduto in occasione del gol decisivo di Zaniolo. La Roma aveva costretto ancora una volta il Milan al passaggio laterale. Il difensore in possesso aveva la palla sul destro e Antonucci in pressione chiudeva con la corsa il passaggio su Biglia. Accanto all'argentino c'era Kessié; per raggiungerlo Calabria avrebbe dovuto spostarsi la palla sul sinistro, in modo da allontanare la traiettoria del passaggio da Dzeko al centro. L'unico modo per servire Kessié di destro era con l'esterno, una giocata che ovviamente Calabria non ha nelle sue corde. Lui ha provato comunque il tracciante di interno e ha regalato la sfera al bosniaco. Da lì l'intervento di Musacchio che si trasforma in assist per Zaniolo.
La scelta disgraziata di Calabria. La palla è evidentemente troppo sotto al corpo per cercare il passaggio di destro. Difatti il pallone scorre lentissimo e Dzeko fa in tempo a mettersi sulla traiettoria e rubare il possesso
La Roma è stata brava a indurre il Milan all’errore, ma i rossoneri sono stati davvero sciatti in alcune situazioni. Come negli errori in marcatura sui calci d'angolo, che hanno portato tra l'altro al primo gol di Dzeko in versione “Masked Kane”.
Nota di merito infine per Pastore, dimostrazione di quanto Fonseca sia riuscito a mettere tutti a proprio agio. Il Flaco si è inserito nelle pieghe della partita con dribbling e tocchi di suola che hanno spezzato il ritmo del Milan e dimostrato il controllo psicologico e tecnico della Roma sul match. Il doppio tunnel del primo tempo ai danni di Suso e Biglia - pur fermato da Conti - è una giocata che appartiene solo a lui in Serie A, il sintomo di una condizione fisica finalmente stabile per un giocatore alla terza partita da titolare in sette giorni. Di sicuro gli infortuni sono un grave deficit, Fonseca però, con principi che hanno migliorato le individualità, è riuscito ad allargare la rosa.
Il Milan invece sembra faticare ad assorbire i principi di Pioli, molto diversi da quelli di Giampaolo. Non potrebbe essere altrimenti dopo così poco tempo. A preoccupare è però la mancanza di qualità dei singoli, evidente anche contro un avversario ai minimi termini, il vero punto di contatto tra tutte le ultime gestioni tecniche dei rossoneri. Anche in questa partita il Milan è sembrato costruire le sue migliori occasioni attraverso il caos e le seconde palle, aggirando il problema della qualità, ma se vuole diventare quel tipo di squadra avrebbe bisogno di alzare l’intensità delle proprie prestazioni. Chissà che non sia questa la strada che proverà a percorrere Stefano Pioli. Per ora il Milan ha l'aria di una squadra confusa.