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L'assurda serie di rigori tra Milan e Rio Ave
02 ott 2020
Ai rossoneri sono serviti 24 rigori per qualificarsi ai gironi di Europa League.
(articolo)
21 min
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Come è andata la partita

Prima di una partita di rigori c’è stata una partita di calcio. Quella che, prima del regime del caos e del surreale, pensavamo fosse una normale partita di calcio. Nell’epopea picaresca dell’Europa League, i preliminari sono l’anticamera pazza e stracciona. Per capire cosa intendo vale forse la pena che vediate il gol segnato ieri dal Rijeka contro il Copenhagen, scritto da Buster Keaton. Una matrioska di azioni finite male una dentro l’altra. Un piccolo trattato di disagio, sfortuna e precarietà dei destini umani: le metafore sul calcio che preferiamo.

L’Europa League è una competizione di per sé lunga ed estenuante, e con i preliminari è come se volesse abituarti alla sua imprevedibilità - al suo regime dell’assurdo - facendoti giocare tantissimi turni preliminari che si allungano in modo kafkiano. Ogni volta che il Milan doveva giocare un’altra partita veniva da chiedersi: “Un’altra?!”.

Eppure questa partita tra Milan e Rio Ave non doveva avere storia: una delle squadre più in forma del campionato italiano contro la quinta classificata del campionato portoghese dello scorso anno, e che in questo veniva da due grigi pareggi. Una squadra la cui cosa più interessante è forse lo stemma, dove la caravella simboleggia la vocazione marinara di Vila do Conde, la città al nord del Portogallo che ospita il club. Sembrava persino la più comoda delle tre partite di preliminari: quella con lo Shamrock poteva presentare le insidie della prima partita, arrivata troppo presto per le gambe e per la testa; il Bodo/Glimt, lo sappiamo, è una delle squadre più interessanti d’Europa, una di quelle dal gioco più brillante. Sembrava difficile da affrontare e in effetti lo è stata. Al confronto il Rio Ave appariva come un ostacolo trasparente tra il Milan e l’Europa League.

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Eppure questo esile fascio d’arcobaleno doveva forse suggerirci l’ingresso di un’altra dimensione.

Prima che il regime del surreale dominasse Rio Ave-Milan le due squadre si erano affrontate in una partita persino noiosa, almeno nel primo tempo. Al 50’ Saelemaekers ha segnato un gol banale, mettendo in porta una palla respinta dalla difesa dopo un calcio d’angolo. A quel punto sembrava tutto indirizzato; finché il Rio Ave, all’improvviso, non fa una grande azione che porta Geraldes e la sua faccia da navigatore del ‘500 a segnare il gol del pareggio. Mancano venti minuti ma non succede quasi niente, se non un tiro del difensore Aderlan Santos, che all’ultimo minuto, d’esterno, quasi non segna il gol qualificazione.

Nel calcio la stanchezza fa diventare le partite torbide e inspiegabili. Ai supplementari in effetti le cose cominciano a farsi strane, a cominciare dal gol con cui il Rio Ave li inaugura. Gelson Dala, con una carriera promettente inariditasi nel tempo, 50 gol ancora minorenne nel campionato angolano, segna in modo strano, ma veramente strano. Riceve palla nel mezzo spazio di sinistra, la porta con l’esterno destro, prova a scaricarla a un compagno ma Kessié è sulla sua traiettoria di corsa; il tocco del giocatore del Milan diventerà però un filtrante alle spalle di Kjaer, Dala la riprende e segna incrociando il sinistro sul secondo palo. La continuità del movimento dopo la sponda, senza un attimo di esitazione, ci fa quasi pensare che Dala l’abbia fatto apposta, che abbia provato un uno-due con Kessié usandolo come muretto.

Al 114’ la situazione emotiva del Milan è: tutti nell’area avversaria e palle benedette in mezzo. Su una di queste, respinta dalla difesa, si fionda Theo Hernandez che prova una bomba di sinistro. Uno di quei tiri presi troppo bene che finiscono centrali. A quel punto sembra tutto finito, ma al 120’ va in scena l’autosabotaggio del Rio Ave. Palla lunga, sponda di Colombo, Calhanoglu lotta con un difensore corpo a corpo, ma quello gli leva la palla con la mano. Ora, è chiaro che non ci fosse nessuna utilità nel toccarla di mano in quella situazione; Calhanoglu era chiuso, la palla da controllare difficile, il tempo scaduto. Il riflesso che porta il difensore Borevkovic a muovere il braccio verso la palla viene da una regione nascosta dell’essere umano che non vorremmo conoscere. Probabilmente pensava che Calhanoglu fosse solo, con un’occasione facile; cioè, non dico che lo pensava, ma che una parte nascosta nei suoi abissi interiori lo temeva, e quindi ha usato quella mano per opporre un rifiuto. È così che Borevkovic viene espulso e lascia il palcoscenico, difensore croato nato in Slavonia, chissà se lo rivedremo mai più. Di certo lo ricorderemo come colui che ci ha regalato una delle serie di rigori più assurde di sempre.

Ismael Bennacer

Di solito si guarda dalla parte opposta in cui si vuole, poi, calciare il rigore. Bennacer invece guarda nell’angolo in basso a destra, sbatte le palpebre come per metterlo bene a fuoco, e poi calcia proprio lì. Forse l’idea di Bennacer è che tirando abbastanza bene in un angolo il portiere non può in ogni modo arrivarci. In questo caso va proprio così: Kieszek si tuffa nell’angolo giusto ma non ci arriva perché Bennacer aveva calciato con un giro tale che senza rete la palla sarebbe arrivata sulla bandierina del calcio d’angolo a destra. Un bel modo per cominciare, con un piccolo brivido.




Francisco Geraldes

Rigore calciato bene, con grande serietà. Preparato con dei passettini nevrotici, calciato forte nell’angolino opposto a quello di Donnarumma. Geraldes non ha avuto una grande carriera, per ora, soprattutto per via dei prestiti degli ultimi due anni all’Eintracht Francoforte e all’AEK Atene in cui ha accumulato un totale di tre presenze. Probabilmente non avremmo saputo della sua esistenza, se non avesse partecipato a questa serie incredibile calciando ben due rigori.




Simon Kjaer

Mauro Suma, che potete ascoltare al commento nel video postato dal canale ufficiale del Milan, definisce addirittura “poderoso” il rigore centrale di Kjaer. A noi sembra che abbia calciato un po’ a caso, forse chiudendo gli occhi, e che gli sia andata bene. Da notare la scelta strana di Kieszek, il portiere, che per qualche ragione prova a parare facendo la famosa “croce iberica”, che però di solito serve in uscita. Ricapitolando abbiamo: un rigore centrale, un portiere che non si butta, una palla che entra lo stesso.




Aderlan Santos

Aderlan Santos è un altro calciatore dalla carriera difficile. Partito dalla terza serie brasiliana ha scalato fino alla prima divisione portoghese col Braga e poi in quella spagnola col Valencia, dove però si è ripiegato su sé stesso tornando in prestito in Brasile e in Arabia Saudita. Dalla scorsa stagione è al Rio Ave, dove sembra aver trovato pace a 31 anni. Calcia il rigore come una persona che teme di sbagliarlo, centrale, con la gamba che vibra come una canna di bambù. Forse sentendo l’odore della sua paura Donnarumma, che si è tuffato a sinistra lasciando scoperto il centro, ride dopo il rigore. Da adesso in poi, Aderlan Santos lo vedremo solo esultare o disperarsi a metà campo, il più emotivo tra i giocatori del Rio Ave.




Theo Hernandez

Suma si lamenta dei movimenti di Kieszek, che a questo punto è chiaro che non ha un modo suo per parare i rigori, le prova un po’ tutte come un bambino che indossa le giacche del padre davanti allo specchio per capire che uomo potrà diventare, un giorno. In questo caso prova lo “stile Grobbelaar”, muovendosi lungo la linea come un animale che voglia apparirea un predatore più grosso di quel che è. Si può arrivare a 36 anni e fare il portiere senza avere uno stile definito, personale, per parare i rigori? Pawel Kieszek è un personaggio misterioso, si sa pochissimo di lui nonostante la carriera lunghissima tra Polonia, Portogallo e Spagna (e due parentesi in Grecia e Olanda). Che tipo è, qualcuno si ricorda di lui con affetto tra i tifosi che ha avuto? «Quello si muoveva», ha commentato stizzito Suma dopo il gol di Theo Hernandez, negandogli persino il proprio nome. E intanto Kieszek, per la terza volta consecutiva, ha indovinato l’angolo senza arrivarci.




Nikola Jambor

La parte centrale della lotteria dei rigori è quella dove aspettarsi più facilmente degli errori. Se la teoria indica nei primi due quelli da segnare per forza, e quindi da affidare a buoni rigoristi, e l’ultimo come possibilmente decisivo, il terzo lo calcia chi se la sente. Non sappiamo se Nikola Jambor sia stato trattato così, se abbia chiesto lui di calciare o glielo abbia chiesto l’allenatore per piacere. In realtà non sappiamo quasi nulla di lui, un centrocampista cresciuto nello Slaven Belupo e che in tre anni in Portogallo ha giocato non più di una manciata di minuti. Per come si è presentato sul dischetto, per la rincorsa dinoccolata che ha preso, per il movimento a rallentare la corsa appena prima di calciare, per tutte queste cose si poteva pensare a Jambor come uno di quelli che sbagliano i rigori. La sua esecuzione è invece magistrale: pulita, precisa, quasi beffarda per Donnarumma, che intuisce ma che non può parare, perché il pallone si infila in quell’angolo di porta che per chi difende è semplicemente impossibile da difendere.




Brahim Diaz

Brahim Diaz calcia il suo rigore come se fosse un dente da cavarsi. Ci sta: arrivati a questo punto, con nessuno che ha sbagliato i precedenti sei tiri dal dischetto, il pallone inizia - come si dice in questi casi - a scottare. Tutto sommato calciare un rigore come fosse una pratica da sbrigare il più rapidamente possibile non è un cattivo modo di trattarlo. Diaz calcia con un destro secco e potente, forse un po’ centrale, ma tanto il portiere è andato dall’altro lato. Se vuole prendersi un merito, il suo è il rigore che ha fatto fare il rumore più forte alla rete impregnata d’acqua, per quel che vale.




Lucas Piazon

Sembra ieri che Lucas Piazon viene prelevato minorenne dal Chelsea, dopo una brillante carriera giovanile in Brasile. Lo ritroviamo poi, quasi dieci anni dopo e un passaggio a vuoto in Serie A (nel Chievo), nei preliminari di Europa League con il Rio Ave, a calciare un rigore con l’aria scocciata di chi dentro di sé sente che quello non è il suo posto, che quel rigore nell’angolino in basso a sinistra, lo avrebbe dovuto tirare in un contesto migliore. Donnarumma, in compenso, va dalla parte opposta.




Hakan Calhanoglu

Calhanoglu calcia un rigore di grande freddezza. Forte e preciso, senza mai alzare la testa per controllare il portiere, che intuisce ma non ci arriva. E, se ci fosse arrivato, si sarebbe fatto male alle mani. Calhanoglu tradisce un po’ di nervosismo solo quando si asciuga i palmi delle mani sudate sui pantaloncini.




Filipe Augusto

Il rigore più bello della serie? Senza dubbio. Il cucchiaio di Filipe Augusto è così lento che Donnarumma fa in tempo a pensare di rialzarsi e pararlo, dopo essere andato per l’ennesima volta nell’angolino alla sua sinistra. Ed è questo il bello dei cucchiai, che ti danno tutto il tempo di assaporare il loro avvicinamento alla rete, che hanno un effetto sorpresa dilatato e barattano il risultato finale (gol/non gol) con la possibilità di vivere un’esperienza. Quello di Filipe Augusto, oltretutto, è l’ultimo rigore della prima serie di cinque, il primo a eliminazione, per capirci. Se sbaglia, il Rio Ave è eliminato e lui verrà ricordato per quella scelta incosciente. Che carisma deve avere uno per calciarlo in quel modo? Di cos’altro è capace Filipe Augusto e non lo sappiamo?




Davide Calabria

Esistono i rigori operai? Probabilmente no, ma Calabria che si presenta sul dischetto dopo il cucchiaio scicchettoso di Filipe Augusto e con tutta la calma del mondo tira un piattone neanche troppo preso bene - il pallone rimbalza addirittura prima di entrare - alla destra del portiere tornando poi indietro come se nulla fosse ha tutta una carica da working class hero che Calabria, nel bene o nel male, si porta dietro da qualche anno.




Gelson Dala

Ci sono rigori che fanno sembrare facile tirare i rigori. Gelson Dala aspetta che Donnarumma si butti, in effetti in anticipo, e poi calcia piano dall’altra parte. Poi esulta con i compagni, perché il suo lo ha fatto e forse ha fatto anche qualcosa in più in questa partita.




Sandro Tonali

Tonali non aveva voglia di calciare quel rigore. Possibile che a vent’anni senta già di avere tutto, o quasi, da perdere? Dopo una sola stagione in Serie A, dopo essere stato acquistato dalla sua squadra del cuore, possibile che Tonali tema di dover dimostrare qualcosa a qualcuno? Se avesse sbagliato, mettiamo, sarebbe stato criticato e messo in discussione? I tifosi del Milan avrebbero cominciato a dire che forse sarebbe stato meglio riprendere Bakayoko, che la coppia Bennacer-Kessié non si tocca? Pioli lo avrebbe fatto giocare meno, Berlusconi avrebbe chiesto il prestito per il Monza? Chi lo sa, ma Tonali sembra avere questo tipo di peso sulle spalle prima e dopo aver calciato il rigore. Il passo con cui torna indietro è pesante, la testa non si alza mai a cercare lo sguardo dei compagni. Ci stiamo spingendo troppo in là con le interpretazioni? Giù le mani da Tonali!




Intermezzo#1: le migliori mani in testa dai rigori di Rio Ave-Milan

1° Monte dopo lo scavetto di Filipe Augusto

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Forse Monte avrà pensato che il momento peggiore della sua serata sarebbe stata l’attesa, che gli sarà sembrata eterna, del finale glorioso della parabola del cucchiao di Filipe Augusto. La sua reazione è spropositata, oltre a mettersi le mani in testa quasi si accascia, è svuotato, come se avesse appena terminato una maratona, reale o dei rigori di questa partita. L’alternativa è che si stesse allacciando la scarpa, purtroppo non si capisce molto con tutta questa pioggia.

2° Monte dopo aver preso due pali

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Che dire. Monte era già partito con l’esultanza, si era già visto nei gironi di Europa League a sfidare nobili decadute nei freddi giovedì di novembre. Dopotutto il suo palo interno sembrava il più classico dei palo interno-gol. Ma, lo sappiamo, le cose sono andate diversamente. A questo punto nessuno più di lui ha più diritto a essere disperato.

3° Bennacer dopo aver sbagliato il suo secondo rigore tentato

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Qui è merito del regista della partita. La disperazione di Bennacer come topos di una lotteria dei rigori che fa il giro e ricomincia.

4° Donnarumma sulla testa di Diaz

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Momento tenerezza tra compagni di squadra tipo Band of Brothers nelle campagne delle Ardenne.

5° Geraldes dopo aver sbagliato il suo secondo rigore tentato

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Il mondo si divide in persone che dopo aver sbagliato un rigore nella famosa lotteria dei rigori tra Milan e Rio Ave si mettono le mani sulla faccia e quelli che dopo aver sbagliato un rigore nella famosa lotteria dei rigori tra Milan e Rio Ave si mettono le mani sulla testa.

6° La panchina del Rio Ave dopo il rigore di Monte

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In un mondo di rasature e doppi tagli non si può più dire “le mani nei capelli”, ma si deve forse dire più correttamente “le mani sui capelli”.

7° Colombo dopo aver spedito il suo pallone nel Rio Ave

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Colombo ha visto il suo pallone scappare verso la curva vuota e poi con un riflesso da gatto si è portato le sue mani giganti tra i capelli.




Gabrielzinho

Gabriel Airton de Souza, in arte Gabrielzinho, è il giocatore che è andato più vicino a sbagliarlo, prima che Colombo diventasse il primo giocatore a sbagliare un rigore di questa serie. La rincorsa lunga e curva, i passettini a cui poi segue una rincorsa lenta che fa arrivare Gabrielzinho sul pallone praticamente da fermo. Forse si aspettava che Donnarumma si muovesse, invece stavolta il portiere resta impassibile. Alla fine però Gabrielzinho lo frega con una coordinazione farlocca che lascia intendere che volesse tirare in basso a sinistra - le braccia larghissime, le spalle piegate tutte da quella parte - e un tiro dalla parte opposta, colpendo la palla sotto col piatto. Questi sono i rigori che ogni tanto finiscono due metri sopra la traversa. “Not today”, ha detto Gabrielzinho.




Lorenzo Colombo

Fin troppo banale che a spezzare l’incantesimo della serie di rigori infallibili ci abbia pensato Colombo, cioè il più giovane in campo, nato poco prima del rigore di Shevchenko a Manchester. Col senno di poi fin troppo facile pronunciare le frasi di circostanza di questi casi: “Aveva già sbagliato dalla rincorsa”; “Ha gli occhi bassi”; “Si caca sotto”. Colombo tira uno di quei rigori che finiscono sugli spalti che sembrano sbagliati di cinquanta metri. Dopo si mangia la maglia, che però sembra una tovaglia dell’osteria creando un certo effetto comico.




Nélson Monte

Nélson Monte sembra sinceramente un bravo ragazzo. Un difensore tecnico ed elegante, uno di quei calciatori che non ti stupiresti se un giorno se ne uscissero citando il tuo libro preferito, o la tua canzone preferita. Ma si sa, le cose più terribili succedono sempre ai bravi ragazzi. La crudeltà del rigore di Monte non ha paragone con nessun altro rigore di questa serie ed è, in assoluto, piuttosto rara. Un doppio palo di questo tipo, con la palla che scorre alle spalle di Donnarumma con l’aria di voler entrare, salvo poi, non si capisce bene come o perché, ruotare sul secondo palo verso l’esterno, traumatizzerebbe chiunque. Monte guarda la palla mentre corre - come detto, forse sta anche per esultare - e quando capisce che è fuori non reagisce in nessun modo, come nei veri traumi ci vuole un po’ di tempo per rendersi conto di cosa è successo. Dopo che la regia ha inquadrato un paio di giocatori del Rio Ave con le mani nei capelli, torna su Monte e anche lui a quel punto ha le mani nei capelli. Forse è in questo momento che è chiaro che il Milan uscirà vincitore da questa serie di rigori, di sicuro è questo il momento in cui le cose scivolano nell’assurdo.




Rafael Leao

Anche Leao non sembra voler calciare questo rigore, è l’ultimo giocatore di movimento del Milan ad andare sul dischetto prima di Donnarumma, forse è ritenuto il peggiore a battere i rigori o quello meno in fiducia in quel momento. In effetti il portoghese era entrato nel secondo tempo al posto di Maldini per rendere più pericoloso il Milan, magari per sfruttare con la sua velocità gli spazi che avrebbe concesso il Rio Ave, e invece era stato il giocatore che più aveva fatto disperare Pioli e i tifosi milanisti, perdendosi tra giocate leziose e inconcludenti e letture costantemente sbagliate. Qui sembra svogliato perfino nella rincorsa, in pratica non la prende e si limita a dei passettini laterali rispetto alla palla, ma poi segna calciando centrale. Il Milan era appena stato graziato dal doppio palo colpito da Nélson Monte e forse alla fine è stato un bene che il rigore successivo sia capitato all’unico giocatore in campo a non sentire il peso di quei momenti così tesi.




Ivo Pinto

Pinto avrà pensato che “era la giornata sua”. Condannato alla perfezione dal gol di Leao, il suo diretto avversario, Pinto aveva tecnicamente sbagliato il suo rigore. Tra l’altro non si può neanche dire che il pallone sia entrato per colpa di Donnarumma, sembra più una scelta del destino, che dopo aver inguaiato Monte con quel doppio palo si è sentito in dovere di restituire qualcosa al Rio Ave.

Qualcuno potrebbe pensare invece che il destino non esiste e che è stato Donnarumma stesso a voler prendere questo gol per trasformarsi poi nel portiere-eroe non grazie alle mani ma grazie ai piedi. Noi però crediamo al karma e non ai complotti.




Intermezzo #2: e ora chi può comprare il Milan del Rio Ave?

Dopo l’acquisto di Hauge sarebbe bello se il Milan consolidasse la tradizione di comprare un giocatore contro cui ha giocato in Europa League.

Nélson Monte

Mi pare chiaro che il punto debole del Milan siano gli esterni bassi oltre Theo Hernandez. Nélson Monte può davvero essere così peggio di Calabria e Conti?

Lucas Piazon

Piazon a 17 anni era considerato il nuovo Kaká, e anche se ora è caduto in disgrazia quale squadra è migliore per il nuovo Kaká se non il Milan? Sogno una presentazione del Milan facendo finta che sia davvero Kaká: Piazon all’aeroporto vestito come Kaká a Linate, cioè come un testimone di Geova. Maldini che lo accoglie al ristorante con "Amici Mai" di Venditti a tutto volume.

Gabrielzinho

Nome stupendo che sognerei vedere stampato sulla leggendaria maglia del Milan.

Filipe Augusto

Un bel mediano brasiliano carismatico di 27 anni che ne dimostra 45. Tra le sue skills: tira i cucchiai, sa segnare da calcio d’angolo (fatto a luglio in campionato); era un pupillo di Paulo Roberto Falcao, che di centrocampisti ne dovrebbe capire qualcosa.

Francisco Geraldes

Francisco Geraldes è stato fotografato sulla panchine del centro sportivo del Rio Ave a leggere Cecità di Saramago; forse è il suo modo per concentrarsi prima delle partite. La fondazione Saramago ha visto la foto e gli ha inviato altre copie dell’autore.

https://twitter.com/FJSaramago/status/885788244289433602?s=20

È venuto fuori che Francisco Geraldes è un avido lettore, un fan di Orwell e Paulo Coelho. In più, gioca piuttosto bene a centrocampo, come ha dimostrato nella partita di ieri. Avere un intellettuale fra i piedi fa sempre comodo.




Gigio Donnarumma

Francamente, non si capisce come voleva calciare il suo rigore Gigio. Ci sta, è un portiere d’altra parte. Se Donnarumma avesse detto a Pioli, negli allenamenti prima della partita, “Mister posso provare a calciare io qualche rigore che non si sa mai”, lo avrebbero preso tutti per pazzo. E forse Gigio si è rifiutato di pensare a quella eventualità finché non si è concretizzata, un’idea troppo matta per provare a razionalizzarla. Quindi è arrivato sulla palla e solo in quel momento si è chiesto: “A proposito, come si tirano i rigori?”. Non si capisce neanche con che parte del piede abbia colpito il pallone. Il collo? Collo interno? In ogni caso ha colpito la palla con la grazia di un peso massimo che prende il tè con i pupazzi della figlia e inavvertitamente distrugge la tazzina giocattolo nella propria mano.




Pawel Kieszek

La differenza tra questo rigore e quello di Donnarumma è che Kieszek voleva tirare sotto l’incrocio, in alto a destra, aprendo il piatto all’ultimo. Sembra quasi che, dopo aver visto Donnarumma, volesse fargli vedere come si calciano in realtà i rigori. Se quello non aveva idea di come colpire la palla, Kieszek forse ne aveva una troppo precisa e ambiziosa. Se questo renda il suo rigore migliore o peggiore di quello di Gigio lo lasciamo decidere ai lettori, a noi basta la risata autoironica del portiere polacco, che si è reso conto da solo di che razza di pretesa avesse.




Bennacer, di nuovo

Bennacer si è trovato nella situazione assurda di dover vivere per la seconda volta un momento di grande tensione. La prima volta aveva eseguito alla perfezione il suo gesto tecnico senza curarsi di ciò che aveva intorno, stavolta prende la palla meno bene e soprattutto il portiere avversario ricordava come lo aveva calciato. Questo ci insegna che il perfezionismo non paga sempre, che bisogna imparare a fare scelte impulsive con flessibilità e creatività, senza pensare che ci sia solo un modo per fare le cose - qualsiasi cosa, ma specialmente calciare i rigori.




Geraldes, di nuovo

Dopo Bennacer però arriva Geraldes, che ci insegna che anche a cambiare idea spesso si va incontro alla catastrofe. Prende la rincorsa come nel primo rigore, ma calcia dalla parte opposta. Chissà, magari ha cambiato anche perché Donnarumma era andato deciso dalla parte giusta. Magari c’è qualche studio al riguardo che può smentirci, ma a naso diremmo che è più difficile tirare il rigore dal lato del piede che si usa (i destri a destra, i mancini a sinistra cioè), cercando un angolo ampio. Dato che non è un portiere, Geraldes calcia tutto sommato benino, allarga il piatto quei pochi centimetri di troppo che mandano la palla sul palo e rendono ancora più ridicola questa serie dei rigori. A questo punto, sembra che sia impossibile segnare due rigori di seguito.




Kjaer, di nuovo

Kjaer passerà alla storia come l’unico di questa banda di disperati sotto il diluvio ad aver segnato due rigori. Per farlo si è affidato alla costanza: se ho segnato tirando il primo con gli occhi chiusi, tanto vale calciare anche il secondo con gli occhi chiusi. Se nel primo era stato in qualche modo fortunato, il portiere aveva deciso di rimanere fermo, e il rigore di Kjaer gli era passato accanto, in questo secondo rigore Kjaer è molto più preciso. Calcia di mezzo collo pieno dritto per dritto come se la porta fosse distante non undici metri, ma centoventi e lui dovesse arrivarci. Per qualcuno i rigori centrali sono i rigori migliori, probabilmente non è vero, ma andatelo a dire oggi ai tifosi del Milan.




Santos, di nuovo

Santos si porterà appresso per tutta la vita lo stigma di aver terminato una lotteria dei rigori che per un attimo abbiamo pensato non sarebbe finita mai, come i vent’anni o la prima repubblica. Santos non calcia neanche malissimo - meglio del primo mi sembra - la differenza è che questa volta Donnarumma sembra essersi espanso fino a coprire tutta la porta. Il portiere del Milan non deve neanche buttarsi praticamente, lo para come parerebbe un rigore calciato da Santos con un palloncino.

Insomma alla fine al Milan sono serviti 24 rigori per arrivare in Europa League, allo stesso modo per cui al Rio Ave sono serviti 24 rigori per non arrivare in Europa League. È la formula stessa della lotteria dei rigori che funziona come uno specchio distorto, dove sconfitta e vittoria vengono portate fino all’estremo. Mai come ieri il Milan è stato a un passo dal perdere e il Rio Ave dal vincere, ma è vero anche il contrario, cioè che il Milan è stato a un passo dal vincere e il Rio Ave dal perdere, prima di perdere davvero. Questa tensione morale, che fa parte dello sport, poteva arrivare in maniera naturale, invece è arrivata nel bel mezzo di una tempesta tropicale, in una lotteria di rigori durata così a lungo dal passare dal normale, all’esaltante fino al grottesco.

Dopo la partita, felice e docciato, il Milan non è riuscito a prendere l'aereo per tornare a Milano. Per alcuni minuti si è pensato che è perché fosse arrivato troppo tardi. Un pensiero accettabile, quasi scontato, magari il Milan si era organizzato per supplementari e una decina di rigori, quindici al massimo, di certo non ventiquattro. Poi si è saputo che in realtà l'aeroporto era stato chiuso a causa del tifone che si è abbattuto su quella parte di Portogallo.


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