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La continuità di Gattuso paga
03 set 2018
Contro una Roma sperimentale, il Milan ha mostrato un'identità forte.
(articolo)
12 min
(copertina)
Foto di Marco Bertorello / AFP / Getty Images
(copertina) Foto di Marco Bertorello / AFP / Getty Images
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Tutti i dati presenti nell'articolo sono stati forniti da Opta.

Milan e Roma hanno scelto strade diverse per rispondere alle critiche ricevute dopo le ultime partite giocate: la sconfitta di Napoli è stata un duro colpo per la squadra di Gennaro Gattuso, subita dopo essere stata in vantaggio di due gol, così come il pareggio strappato contro l’Atalanta da quella di Eusebio Di Francesco, dopo essere stata dominata per un tempo. Alla continuità di Gattuso, che si è limitato alla sostituzione più scontata - il rientro di Hakan Calhanoglu, squalificato a Napoli, al posto di Fabio Borini come esterno sinistro d’attacco - si è contrapposta la flessibilità di Di Francesco, che ha fatto quattro cambi rispetto alla partita contro l’Atalanta e ha modificato anche il sistema di gioco, passando al 3-4-1-2.

«Se vedo qualcosa che non va, devo modificarla: io lo trovo intelligente. Chi non osa non sbaglia mai e io sono qui a prendermi le mie responsabilità», aveva dichiarato Di Francesco in conferenza stampa, anticipando la volontà di cambiare per risolvere i problemi fatti emergere dall’Atalanta e al tempo stesso creare il contesto migliore per affrontare il Milan, controllando i suoi punti di forza e colpendo le sue debolezze.

Come è andato il 3-4-1-2 della Roma?

Il piano studiato dall’allenatore giallorosso però non ha dato le risposte attese. In modo meno appariscente rispetto all’Atalanta, anche il Milan ha dominato il primo tempo (11 tiri a 2 in favore dei rossoneri), chiuso meritatamente in vantaggio con il gol di Kessié. Tanto che Di Francesco è stato costretto a cambiare di nuovo all’intervallo per rispondere alle criticità emerse: con il 4-2-3-1 del secondo tempo la Roma è rientrata in partita e ha trovato il pareggio con Fazio sugli sviluppi di un calcio d’angolo, prima di venire punita all’ultimo secondo da Cutrone (anche Gattuso nel frattempo era intervenuto per modificare la sua squadra).

Per tutto il primo tempo la Roma non è riuscita a sfruttare i vantaggi che, in teoria, avrebbe dovuto concederle il nuovo 3-4-1-2 pensato da Di Francesco. La presenza di Pastore, Dzeko e Schick doveva innalzare la qualità del gioco tra le linee occupando gli spazi ai fianchi di Biglia, una zona particolarmente vulnerabile per il Milan: in fase di possesso la disposizione del tridente offensivo giallorosso prevedeva di fatto due trequartisti - Pastore e uno tra Dzeko o Schick - a giocare ai lati del playmaker rossonero, e un centravanti - chi, appunto, tra Dzeko e Schick non si era mosso incontro - a impegnare la difesa milanista e a occupare l’area.

I due esterni, Karsdorp e Kolarov, erano invece i due riferimenti larghi su cui uscire per sabotare la prima pressione del Milan. Così, con i tre attaccanti e le due mezzali impegnate dai tre difensori e dai due centrocampisti della Roma, su Karsdorp e Kolarov dovevano uscire i due terzini, Rodríguez e Calabria, con una scalata lunga che rischiava di compromettere la stabilità della linea difensiva. Questa, in poche parole, la strategia giallorossa.

Di Francesco puntava a colpire le possibili incertezze dei terzini sulla scelta se uscire o meno in pressione, incanalando il gioco verso Karsdorp e Kolarov per poi risalire il campo con i tagli davanti agli esterni di uno dei trequartisti. Questo meccanismo non ha funzionato praticamente mai, i tagli dei trequartisti sono stati controllati dai giocatori del Milan che riuscivano anche a proteggere bene il centro negando ricezioni tra le linee a Pastore, Schick e Dzeko. Anche sulla fascia i tentativi di risalire il campo si sono scontrati con la disciplina di quelli rossoneri: i giallorossi ci hanno provato soprattutto a destra ma da quel lato si è messo in evidenza Calhanoglu con un paio di bei recuperi coprendo le spalle a Rodríguez.

In difficoltà ad attaccare sia in ampiezza che in profondità, la Roma ha tirato in porta una sola volta in tutto il primo tempo, con un colpo di testa centrale di Schick.

Dzeko, Pastore e Schick sono piatti dietro il centrocampo del Milan, che nega la verticalizzazione a Fazio. In assenza di movimenti in profondità la Roma gioca la palla a destra ma Calhanoglu ripiega coprendo Rodríguez e intercetta il passaggio.

Il nuovo sistema, oltretutto, ha peggiorato il pressing sulla prima costruzione del Milan, uno dei princìpi più importanti del calcio di Di Francesco e, più in generale, la fase in cui la Roma è sembrata eccellere la scorsa stagione. Pur ricercando la solita aggressività sulla prima impostazione avversaria, i giallorossi hanno recuperato meno palloni nella metà campo avversaria rispetto al Milan.

La prima pressione spettava a Pastore, Schick e Dzeko, disposti in maniera più chiara in fase difensiva secondo la struttura che prevede un trequartista e due punte. Pur partendo da posizioni diverse - Dzeko si metteva tra Musacchio e Calabria per oscurare il passaggio laterale, mentre Schick stava davanti a Romagnoli per impedirne le verticalizzazioni - le due punte pressavano i difensori centrali del Milan mentre Pastore marcava Biglia.

Il Milan però poteva uscire facilmente sui terzini, sui quali dovevano alzarsi Karsdorp e Kolarov - il contrappasso per la strategia descritta sopra - e riuscivano a manovrare tra De Rossi e Nzonzi, sfruttando le loro difficoltà ad accorciare in avanti. La squadra di Gattuso ha mescolato la pazienza nella costruzione dal basso, ragionata e orizzontale, coinvolgendo in maniera attiva anche Donnarumma, e la ricerca veloce della profondità dietro la linea difensiva giallorossa dopo aver trovato spazio alle spalle della prima pressione.

Dzeko resta tra Musacchio e Calabria, Pastore marca Biglia e Schick si alza a pressare Romagnoli. Alla sua sinistra il capitano rossonero ha una linea di passaggio semplice verso Rodríguez.

Il piano del Milan

Ci sono state diverse occasioni in cui il Milan avrebbe potuto sfruttare il campo alle spalle della difesa romanista - il gol annullato a Higuaín nel secondo tempo nasce proprio da una situazione di questo tipo - ma l’imprecisione dei passaggi o i movimenti fuori tempo di chi doveva scattare in profondità hanno impedito ai rossoneri di essere ancora più pericolosi.

In pratica era il Milan a eseguire il piano immaginato da Di Francesco: uscire sulle fasce e giocare tra le linee prendendo in mezzo De Rossi e Nzonzi nelle grandi porzioni di spazio che erano chiamati a coprire.

La prima idea per rifinire l’azione era come al solito quella di affidarsi alle iniziative di Suso e ai suoi cross a rientrare dalla destra, ma la difesa a cinque della Roma garantiva ai giallorossi superiorità numerica e fisica in area di rigore. La linea a cinque permetteva anche di coprire l’ampiezza e di controllare i cambi di gioco del Milan (decisivi nelle azioni dei due gol segnati a Napoli), una delle poche cose che ha funzionato del nuovo sistema di Di Francesco.

Il ritorno tra i titolari di Calhanoglu, però, ha aggiunto imprevedibilità: con la sua qualità e i movimenti a entrare dentro il campo quando il gioco si sviluppa sulla fascia opposta, il turco ha alzato i livelli degli scambi nello stretto al limite dell’area.

Il Milan è passato in vantaggio proprio con una combinazione appena fuori dall’area che ha scoperto la vulnerabilità del lato destro della Roma: Karsdorp, come gli è capitato spesso, è stato attirato fuori posizione dalla ricezione di Bonaventura, Fazio è stato quindi costretto a fare ciò che gli riesce peggio, cioè scalare lateralmente e correre verso la propria porta, facendosi bruciare nello scatto da Rodríguez. Il difensore argentino si è poi rivelato molto poco reattivo quando lo svizzero si è girato per crossare con il destro una palla molto intelligente tra difesa a portiere, che ha attraversato l’area e su cui si è avventato Kessié.

Se l’accoppiamento tra Karsdorp e Fazio si è rivelato decisamente infelice, finendo per esporre i limiti di entrambi, va comunque sottolineata la pigrizia del resto della difesa, che lascia passare il cross e si perde l’inserimento di Kessié.

Per mettere in discussione il controllo che il Milan stava esercitando sulla partita, Di Francesco è così tornato al 4-2-3-1 dopo l’intervallo, come aveva fatto contro l’Atalanta, togliendo Marcano e inserendo El Shaarawy. Il 4-3-3, quindi, non viene utilizzato dalla Roma già da una partita e mezza: una notizia quando si parla di Di Francesco.

La Roma con il 4-2-3-1

La scelta del nuovo sistema era motivata dal desiderio di avere maggiore profondità e ampliare le linee di passaggio dietro le mezzali del Milan, rinunciando a un difensore e aggiungendo un giocatore in zone avanzate. Oltretutto, la presenza di due giocatori per fascia rendeva più semplice risalire il campo per vie laterali e rendeva le cose più semplici anche in fase difensiva, con le sovrapposizioni dei terzini rossoneri che adesso erano coperte da El Shaarawy e Schick - spostato a destra, con Pastore invece posizionato dietro a Dzeko.

Il nuovo sistema consentiva anche di occupare meglio il campo durante la prima pressione, proprio con i due esterni piazzati davanti ai terzini del Milan, togliendo quindi alla squadra di Gattuso la via d’uscita privilegiata per sviluppare l’azione.

Anche se non ha prodotto molte occasioni in più - nel secondo tempo i giallorossi hanno tirato 4 volte - con la nuova disposizione la Roma riusciva almeno a consolidare il possesso spingendo più in basso il Milan. Dopo l'intervallo la squadra di Di Francesco è passata dal 42,7% al 57% di possesso, ribaltando i rapporti rispetto al primo tempo. Nzonzi e De Rossi avevano maggiore successo nel manipolare le posizioni delle mezzali rossonere e avevano più opzioni da servire tra le linee, e anche il gioco in ampiezza era facilitato dalle combinazioni tra terzini ed esterni.

Pastore si muove nello spazio liberato dall’uscita di Bonaventura e allo stesso tempo può associarsi ai compagni sulla fascia, El Shaarawy si accentra a fornire un’ulteriore opzione tra le linee.

Il nuovo contesto ha avuto l’effetto di spingere il Milan ad attaccare di più in transizione e di portare di diversi metri più avanti il proprio palleggio, utilizzando una costruzione più verticale nella propria metà campo e manovrando con maggiore pazienza in quella della Roma, dandosi quindi la possibilità di recuperare immediatamente la palla dopo averla persa.

Gattuso, poi, ha interpretato il nuovo contesto inserendo due giocatori verticali e abili a correre palla al piede negli spazi come Laxalt e Castillejo, rinunciando poi anche alla qualità di Bonaventura per aggiungere peso in attacco con Cutrone.

L’azione che risolve la partita parte proprio da una palla recuperata da Calabria su un errore piuttosto banale di Nzonzi - a dir la verità esausto già da tempo - che ha permesso a Higuaín e Cutrone di trovare la giocata giusta, approfittando della scarsa reattività e delle incomprensioni tra i giocatori della Roma dopo aver perso la palla.

Higuaín + Cutrone

Anche se sono stati protagonisti dell’azione decisiva, sembra comunque difficile che il futuro prossimo del Milan preveda la coesistenza di Cutrone e Higuaín in un 4-4-2. A fine partita Gattuso ha scartato questa ipotesi spiegando che la sua squadra rischierebbe di diventare troppo piatta.

Contro la Roma, il Milan ha riscattato la povera produzione offensiva di Napoli, tirando per ben 26 volte, come non gli capitava dalla partita contro il Crotone dello scorso gennaio. L’inserimento di Cutrone non sembra quindi una priorità, o almeno non quanto lo sviluppo di un’intesa sempre più forte tra Higuaín e i suoi compagni.

Il “Pipita” ha risolto la sfida con l’assist decisivo, un filtrante da grande numero 10, ha segnato un gol annullato dalla VAR per un leggero fuorigioco, ha tirato con maggiore frequenza rispetto all’esordio a Napoli, ma oltre a trovare una forma più costante (è sembrato leggermente in calo rispetto alle primissime uscite) deve ancora conoscere meglio i suoi compagni per capire come muoversi e sfruttare le loro rifiniture.

In un’occasione, in un tipico movimento a supporto della manovra, Higuain ha perso una palla che poteva costare caro alla squadra, su pressione di Pastore, e se Dzeko avesse centrato la porta col sinistro dal limite dell’area magari staremmo parlando della sua prestazione in termini più contrastanti. Higuaín sta ovviamente compiendo i normali passi di ambientamento per adattarsi ai compagni e farli adattare alle sue caratteristiche, e riuscire nonostante le difficoltà a essere subito decisivo dà una bella spinta al suo percorso di inserimento.

Anche gli xG premiano in maniera chiara il Milan.

La Roma è smarrita?

Se Gattuso ha scelto la strada della continuità puntando per ora a inserire soltanto il miglior giocatore arrivato in estate, e utilizzando gli altri nuovi acquisti per cambiare in corsa la partita, Di Francesco sta provando a gestire con flessibilità la rosa che gli è stata affidata dopo un altro mercato piuttosto movimentato.

Sia contro l’Atalanta che contro il Milan il piano iniziale non ha funzionato, costringendo la Roma a primi tempi di grande sofferenza. Contro la squadra di Gasperini il 4-3-3 di base di Di Francesco è stato letteralmente tagliato a fette dalle transizioni avversarie; e contro i rossoneri la squadra di Di Francesco non è riuscita a tradurre sul campo praticamente nessuno dei vantaggi immaginati dal passaggio al 3-4-1-2.

Ma va detto che ancora una volta i giallorossi erano riusciti a raddrizzare le cose dopo l’intervallo e il passaggio al 4-2-3-1, che al momento sembra il sistema che garantisce maggiore equilibrio. Non può bastare la scelta di un modulo a restituire le certezze che Di Francesco aveva trovato una stagione fa, in particolare in fase difensiva. In tre giornate la Roma ha subito 59 tiri: un’enormità per una squadra di vertice. Soprattutto, è apparsa pericolosamente passiva, con una difesa posizionale piuttosto bassa - il Milan, che pure raramente ha pressato nella metà campo offensiva, ha tenuto un baricentro più alto e recuperato la palla a un'altezza superiore -, con una linea addirittura sulla propria area di rigore - e la palla sempre scoperta - che poco si sposa con l’ideale della squadra aggressiva che recuperava palla nella metà campo avversaria.

Anche l’anno scorso, comunque, il tecnico giallorosso aveva iniziato male la stagione ma era riuscito in poco tempo a trovare la quadra, dimostrandosi più flessibile e pragmatico di quanto pensassero in molti. L’esperienza di un anno fa gli servirà di sicuro per provare a risolvere i problemi anche stavolta e, per una volta, la pausa per le partite delle Nazionali sembra arrivare al momento giusto.

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