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Miscellanea mondiale #1
12 ott 2016
Cose che rendono interessanti anche le qualificazioni ai campionati del mondo.
(articolo)
14 min
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Un aspetto positivo e uno negativo della rimonta dell’Italia

di Federico Aquè

Positivo: ce la caviamo sempre

Se in uno slancio di pragmatismo estremo ci concentrassimo esclusivamente sui risultati, Giampiero Ventura sarebbe difficilmente attaccabile. L’Italia è lì dove dovrebbe essere: in testa al proprio girone insieme alla Spagna, avendo superato indenne il primo incrocio con la “Roja”, che avrebbe già potuto decidere buona parte della qualificazione diretta ai prossimi Mondiali. Invece, le possibilità di strappare il primo posto alla Spagna sono ancora pressoché intatte, un aspetto fondamentale, considerato che gli spagnoli hanno già giocato le due partite più difficili del girone, le trasferte in Italia e in Albania: perdere terreno adesso avrebbe costretto gli azzurri a una rimonta difficilissima.

Buona parte del merito va alla storica capacità di reagire anche nelle situazioni più disperate e impossibili da prevedere, come farsi rimontare in due minuti dalla Macedonia e ri-rimontarla a tempo scaduto: non avremo più un giocatore-talismano al quale affidare le nostre speranze (Immobile è uno degli eroi più improbabili a cui ci siamo affidati negli ultimi anni… qualcuno ha fatto il nome di Giaccherini vs Spagna all’ultimo Europeo?) ma la propensione ad adattarsi e riuscire a cavarsela sempre, anche nei contesti più complicati, non l’abbiamo persa.

Negativo: giochiamo senza centrocampo

La lista degli aspetti da migliorare, dopo un’altra partita deludente contro un avversario modesto come la Macedonia, è inevitabilmente lunga. Ma ce n’è uno in particolare che merita un’attenzione speciale da parte di Ventura: la fase di impostazione.

Il CT azzurro sta giocando una scommessa ad alto rischio, scegliendo praticamente di giocare senza centrocampo e affidando grandi responsabilità ai difensori nella costruzione della manovra. I movimenti dei centrocampisti sono pensati per “sgombrare” il campo e dare il modo ai difensori di avanzare e verticalizzare, saltando la fase intermedia del consolidamento del possesso a centrocampo: troppo spesso in Macedonia l’unico collegamento tra difesa e attacco era rappresentato da un lancio lungo o un passaggio a tagliare le linee di Bonucci.

L’immagine qui sopra mostra bene il vuoto che si crea tra il rombo di impostazione (Bonucci, Barzagli, Romagnoli e Verratti) e il resto della squadra: ovviamente, più si allungano le distanze più diventa difficile innescare la fase di rifinitura, anche se puoi contare su giocatori di qualità assoluta come Bonucci e Verratti (peraltro sacrificato: quanto ci guadagna la squadra chiedendogli di farsi da parte per aprire il campo a Bonucci?).

In questo senso gli aspetti negativi diventano addirittura due: la pericolosità offensiva è limitata e le probabilità di perdere palla si innalzano. Capita, così, che anche una squadra che rinuncia a pressare come la Macedonia riesca a recuperare palla 10 volte nella metà campo avversaria e a segnare due gol sfruttando due errori in impostazione degli azzurri…

Tutte le umiliazioni subite dalla Macedonia

Al 92esimo Ciro Immobile ha segnato il gol della definitiva rimonta, l’Italia ha vinto, è tornata in testa al girone insieme alla Spagna e quindi tutto bene, no? No: quei minuti in cui la Macedonia è sembrata una squadra forte, sicura, persino superiore. Non solo per quei due gol, nati da due errori di disimpegno, ma del modo in cui la Macedonia teneva il campo. Ecco le azioni in cui la Macedonia aveva le sembianze del Brasile del 1970 e l’Italia un ammasso di controfigure di cartone.

Il sombrero di ‘Rivelino’ Pandev: livello umiliazione 6

Il tunnel di ‘Jairzinho’ Hasami: livello umiliazione 7

La “busta” sulla bandierina dopo che hanno sbagliato il calcio d’angolo: livello umiliazione 8

Il torello mentre erano in dieci: livello umiliazione 9

Il momento di leggerezza di Romelu Lukaku

Lukaku è così pesante che a volte non sembra neanche poter giocare a calcio. La sua stazza pare avere una consistenza diversa, che quando si muove lo fa assomigliare a un cavaliere medievale che prova a correre dietro a un pallone. Ci sono poi alcuni momenti in cui Lukaku riesce in qualche modo a liberarsi della forza di gravità, non lievitando ma facendoci a spallate in mezzo a scintille di lava.

È successo anche giovedì, quando, dopo un assist di tacco in profondità, con annesso tunnel, ha trovato un gol che potremmo mettere alla voce “centravanti”. Uno di quei momenti in cui Lukaku sbatte tra i difensori avversari facendo il rumore della ferraglia che sobbalza, poi tira a giro col destro, che non è il suo piede. Poi è tornato a centrocampo cigolando.

Gli attacchi della profondità di Gameiro: cosa guadagna la Francia?

di Emanuele Atturo

Prima della partita contro l’Olanda, un giornalista particolarmente malizioso ha chiesto a Deschamps se questa Nazionale è più forte di quella degli Europei. Dal momento che non sono passati neanche due mesi, il riferimento è a l’unico cambiamento sostanziale nell’undici di partenza: Kevin Gameiro.

In realtà è difficile, giudicando solo in base alla partita contro l’Olanda, stabilire quanto guadagni concretamente la Francia con Gameiro al posto di Giroud. Soprattutto perché la Francia ha giocato una partita complicata, in cui il suo centravanti è arrivato a tirare appena 2 volte negli 80 minuti in cui è stato in campo. Senza Giroud la Francia naturalmente perde in quelle giocate spalle alla porta che danno respiro agli attacchi in verticale dei trequartisti (Gameiro quando è attaccato alle spalle va in difficoltà), ma in compenso ha un terminale molto più efficiente nel dare uno sbocco verticale a un gioco che anche agli Europei era troppo perimetrale.

Gameiro ha quasi un’ossessione per la profondità, nell’azione sotto chiama la palla a Pogba quando questo è ancora dietro il centrocampo. Poi fa un controllo e una protezione del pallone eccezionali, anche se non trova il passo per calciare bene.

Gameiro ha un bagaglio di movimenti senza palla piuttosto vario, può ribaltare il campo in transizione velocemente, anche conducendo il pallone in prima persona, e ha l’elettricità per essere utile anche nei momenti in cui deve defilarsi. Qui per esempio si avvicina prima per fornire lo scarico, poi si rimette subito in moto per inserirsi sul lato. In particolare l’asse con Payet sembra poter dare soddisfazioni: nell’azione sotto si muove ancor prima che il trequartista riceva il pallone.

Gameiro è in uno stato di forma eccezionale: ha già segnato 3 gol e fornito 3 assist in questo inizio di stagione. Per Deschamps era molto complicato tenerlo fuori, anche per dovere verso un’opinione pubblica sempre più insofferente verso un attaccante capace di vanificare le poesie che gli dedica Griezmann. Eppure Giroud è stato importante nell’Europeo di pochi mesi fa, e la strada per la sua esclusione definitiva è ancora lunga.

L’azione del primo gol della Serbia contro l’Austria

Nel primo gol della Serbia le marcature dell’Austria saltano con una facilità disarmante. Ogni tanto però, invece di guardare tutte le cose che non hanno funzionato, dovremmo fare l’esercizio mentale di concentrarci sulle cose belle.

In questo gol ce ne sono tante: il colpo di tacco di prima di Kostic, assurdo per rapidità di pensiero ed esecuzione tecnica; il primo controllo in corsa di Tadic e poi quel rallentamento che sembra fare apposta per far passare il pallone, d’esterno, davanti al difensore un attimo prima che arrivi. Ma anche l’esecuzione a spiazzare di Mitrovic.

Un’azione che rievoca davvero i tempi in cui i serbi erano “i brasiliani d’Europa”. Se volete un’idea dell’incidenza di Tadic nel gioco della Serbia, eccovi una rappresentazione grafica:

Terim sull’orlo del baratro

di Dario Saltari

La Turchia ha iniziato le qualificazioni ai Mondiali del 2018 quasi come aveva iniziato quelle agli Europei appena passati: in maniera pessima. La squadra di Terim ha raccolto appena due punti nelle prime tre partite di qualificazione, pareggiando con Croazia ed Ucraina, e perdendo contro l’Islanda. Delle ultime sei partite ufficiali, la Turchia ne ha vinta appena una, quella contro la Repubblica Ceca all’Europeo di Francia quando era praticamente già eliminata dal torneo. Ma al di là dei risultati, che comunque sono parzialmente giustificati dal fatto che la Turchia ha subito affrontato le tre squadre più temibili di tutto il girone (le altre sono il Kosovo e la Finlandia), a sorprendere sono più che altro le prime crepe in quello che in Turchia sembrava un monolite indistruttibile: l’impero di Fatih Terim.

L’allenatore turco sta cercando di farsi perdonare l’Europeo francese nel peggiore dei modi. Prima ha fatto fuori i senatori della squadra, come Yilmaz, Inan e Arda Turan, individuati come responsabili delle prestazioni scadenti della Turchia all’Europeo. Soprattutto la frattura con il centrocampista del Barcellona, che rimane un’icona in Turchia nonostante lo psicodramma europeo, è particolarmente clamorosa considerando che Turan ha più volte dichiarato di vedere Terim come una specie di secondo padre. Anche con i giovani rimasti, comunque, le cose non vanno meglio: dopo la partita con l’Ucraina, ad esempio, Terim se l’è presa con Calhanoglu. A peggiorare ulteriormente le cose ci si sono messe le improbabili giustificazioni date alle prestazioni della sua squadra: l’Imperatore, infatti, ha prima dato la colpa allo stress e poi al brutto tempo islandese.

Tutto ciò ha portato qualcuno a chiedersi se quello di Terim sia davvero il migliore dei mondi possibile, se un feroce motivatore privo di un background tattico adatto al calcio moderno possa sopravvivere oggi. Nel frattempo, però, l’allenatore turco sembra volersi abbandonare totalmente alle iniziative personali di Emre Mor, schierato nell’ultima partita addirittura da falso nove, e quindi noi spettatori neutrali possiamo goderci cose come questa.

L’Imperatore è morto, lunga vita all’Imperatore.

La partita di Joe Hart

Joe Hart è un uomo in missione: deve dimostrare all’Inghilterra di non essere un portiere finito. Per questo non solo ha iniziato a giocare il pallone con una sicurezza da Ter Stegen, ma si esercita anche in prestazioni salva-patria. Contro la Slovenia la difficoltà degli interventi è aumentata dal fatto che gli attaccanti avversari venivano serviti direttamente dai difensori inglesi, aumentando l’effetto sorpresa (3 retropassaggi sbagliati).

Dopo pochi minuti Hart deve già accorciare verso l’attaccante lanciato dal suo difensore; poi è reattivo nel respingere un colpo di testa da un metro, e sul calcio d’angolo dopo fa quel tipo di parata in cui i portieri lucidano col Pronto Mobili l’angolo tra il palo e la traversa.

È finita qui?

No, dopo si mangia Ilicic facendo sembrare il suo tentativo di pallonetto ridicolo, velleitario.

Top-4 messaggi geopolitici

di Dario Saltari

Le maniche di Piqué

I giocatori sono sempre più restii a fare gesti con una qualche valenza politica, o anche solo fraintendibili, e Piqué non è un’eccezione. Al di fuori delle foto alla Diada, la festa nazionale catalana, e le provocazioni legate alla rivalità tra Real Madrid e Barcellona, Piqué non si è mai espresso pubblicamente in maniera netta riguardo all’indipendenza della Catalogna (anzi, ha più volte fatto riferimento all’unità del suo paese).

Pensare che un giocatore che rappresenta la Nazionale dal 2009 possa ritagliare il bordo di una manica perché ha i colori della bandiera spagnola quando la stessa maglietta ha uno stemma enorme sopra il cuore che rappresenta la Corona (l’istituzione che più rappresenta la nazione nella sua interezza) è qualcosa che può succedere solo in un paese ossessionato dalla propria unità come la Spagna del 2016.

Il problema non è chiaramente ciò che ha fatto Piqué (a quanto pare ha tagliato una manica lunga, senza bandiera della Spagna, per non avere troppo caldo dato che aveva la maglia termica a maniche lunghe… certo non era facile capirlo subito) ma ciò che Piqué rappresenta. Come lui stesso ha fatto capire nell’intervista post-partita in cui ha annunciato il suo addio alla nazionale dopo Russia 2018: “Per l’ennesima volta sembra che io non sia il benvenuto, e non devo far altro che accettarlo”.

Il Kosovo è un problema

Per l’Ucraina il Kosovo è un imbarazzo. Riconoscere una ex regione autonoma diventata indipendente renderebbe quasi impossibile opporsi all’indipendenza della Crimea, a sua volta una ex regione autonoma. Non riconoscerlo, però, l’avvicina diplomaticamente alla Russia, che è il primo nemico dell’autonomia politica ucraina. Ucraina-Kosovo non si è giocata in Ucraina, ma a Cracovia, in Polonia. Kiev, che non riconosce Pristina, all’inizio voleva rifiutarsi di scendere in campo ma alla fine ha optato per una soluzione democristiana spostando la partita su un campo neutro. Nel rettangolo di gioco non c’è stata storia e l’Ucraina ha vinto 3-0 senza troppe difficoltà.

Multinazionale Qatar

Nel frattempo il Qatar, che ha finalmente vinto la sua prima partita del girone contro la Siria (qui siamo su livelli simbolici estremi), ieri ha schierato questa formazione:

- Saad Al Sheeb = qatariota

- Ibrahim Majid = naturalizzato kuwaitiano

- Mohammed Kasola = naturalizzato ghanese

- Pedro Miguel = naturalizzato capoverdiano

- Ahmed Yasser = di origini egiziane proveniente dall’Aspire Academy

- Ali Assadalla = naturalizzato bahraino

- Akram Afif = proveniente dall’Aspire Academy

- Hassan Al-Haidos = qatariota

- Luiz Junior = naturalizzato brasiliano

- Boualem Khoukhi = naturalizzato algerino

- Sebastian Soria = naturalizzato uruguagliano

Il Qatar ha preso la globalizzazione un po’ troppo alla lettera. Chissà se i risultati arriveranno in tempo per il 2022.

Fantasmi di guerra tra Albania e Croazia

In un momento in cui, tra referendum ambigui ed elezioni inquietanti, sui Balcani sembra allungarsi l’ombra del passato, gli stadi sono come al solito i primi ad essere coperti dal buio.

Durante la partita di qualificazione ai Mondiali tra Kosovo e Croazia, giocata in Albania per mancanza di infrastrutture, la tifoseria di casa e quella ospite si sono unite nel coro, seguito da applausi scroscianti, “Uccidi il serbo”. La parte peggiore del tifo croato, poi, per non farsi mancare niente, ha intonato anche il sempreverde “Za Dom Spremni” (cioè “Pronti per la patria”), slogan del movimento fascista degli Ustasa che terrorizzò la Croazia durante la Seconda Guerra Mondiale.

Per la UEFA, che aveva già impedito che Bosnia, Kosovo e Albania si incontrassero con la Serbia, è sempre più difficile far giocare partite ufficiali nella regione senza provare un qualche tipo di imbarazzo. Nel frattempo, sotto la cenere, il fuoco continua ad ardere.

I tardivi auguri di Abdulrahman a Totti

Omar Abdulrahman è un giocatore emiratino soprannominato “Maradona della sabbia” e “Messi arabo”. Nel 2012 è stato segnalato da ESPN come il miglior giocatore asiatico. Nel 2013 la FIFA l’ha indicato come più promettente talento d’Asia. Un suo gol è arrivato 39esimo nella classifica dei 50 gol più belli del 2013. Ha fatto un provino al Manchester City ed è stato accostato alla Juve. L’anno scorso era sulla copertina mediorientale di Pro Evolution Soccer insieme a Neymar. Quest’anno il sito Arabian Business l’ha messo tra i 100 giovani arabi più influenti del mondo. Lo scorso giugno ha umiliato David Luiz a calcetto.

Giovedì scorso, con un po’ di ritardo, ha deciso di omaggiare i 40 anni di Totti in maniera originale, propiziando i tre gol degli Emirati Arabi Uniti contro la Thailandia con i gesti tecnici che hanno fatto grande il capitano della Roma.

Il primo con un tacco.

Il secondo con un lancio no-look alle spalle della difesa della Thailandia.

Il terzo con un assist generoso.

Benteke supera Gualtieri per il gol più veloce della storia delle qualificazioni mondiali

Benteke ha segnato a Gibilterra dopo 7 secondi, battendo un record che resisteva dal 1993, da quando, cioè, Davide Gualtieri, di San Marino, aveva segnato all’Inghilterra dopo 8,3 secondi. Oggi Gualtieri possiede un negozio di elettronica, nonostante sia insignito della medaglia d’argento dal comitato Olimpico Sammarinese. L’Inghilterra poi vinse 7 a 1 ma il Mirror il giorno dopo titolò comunque: “End of the World”.

Altre cose notevoli

  • Il big match in Asia, tra Giappone e Australia, è finito 1 a 1. Vale sempre la pena guardare i gol del Giappone.

  • La doppietta del malparrido Pablo Escobar con cui la Bolivia ha pareggiato 2-2 con l’Ecuador (il primo, tra l’altro, è un gran gol). Escobar, in questo modo, è diventato il più vecchio marcatore nella storia delle qualificazioni sudamericane ad un Mondiale.

  • La linea a 7 con cui l’Armenia ha difeso contro la Polonia.

  • San Marino ha segnato un gol in trasferta dopo 15 anni e la reazione in Norvegia è stata questa.

  • Il gol al 95esimo di testa con cui Lewandowski ha comunque fatto vincere la Polonia, appena prima che l’Armenia aveva sbagliato (in 10 uomini!) il gol vittoria con l’attaccante solo davanti a Fabianski.

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