
Forse ve l'eravate perso ma, dopo uno iato di oltre un anno e mezzo, Mohamed Ihattaren è tornato da circa tre mesi a giocare partite ufficiali. A 22 anni l'ex giocatore della Juventus ha già vissuto tre vite: l’astro emergente baciato da un talento cristallino; l’artista dell’autodistruzione che viene allontanato dal calcio dai propri demoni; il figliol prodigo ripartito dalla base, dalle piccole cose di provincia, dove basta poco per sentirsi nuovamente in pace con il mondo.
Questo luogo per lui si chiama Waalwijk, cittadina del Brabante che vanta un raro caso al mondo di squadra di calcio dalla ragione sociale a tema religioso. La squadra si chiama RKC, acronimo di Rooms Katholiek Combinatie, ossia Fusione Romano Cattolica, nome scelto quando nel 1940 venne fondata dall’unione di tre compagini locali, tutte più o meno di area cristiano-cattolica. Da qui il riferimento alla Chiesa romana, per un legame che inizialmente non fu solo simbolico, dal momento che nei suoi primi anni di vita la squadra annoverava nel proprio organico un consigliere spirituale. Un imprinting umile e pacato comunque rimasto nello stile del RKC, che vanta una delle tifoserie più tranquille d’Olanda, un Paese che invece ha pesanti trascorsi di hooliganismo e che anche oggi convive con le frange più violente del tifo organizzato. A Waalwijk, invece, di solito ci si limita a un “vaffanculo” urlato al bus della squadra, o all’allenatore, quando le cose vanno male, e tutto finisce lì.
Ihattaren è diventato un giocatore dell’RKC lo scorso settembre, trovando un ambiente dove qualche parolina ai tifosi scappava eccome. La squadra aveva iniziato la Eredivisie con 8 sconfitte consecutive e, anche dopo i primi punti, rimaneva incollata all’ultimo posto della classifica, zavorrata da errori difensivi, un attacco che girava a vuoto e giocatori che talvolta davano l’impressione di trascinarsi in campo.
LA DISCESA AGLI INFERI
Il giocatore di origini marocchine è stato accolto benissimo, nonostante arrivasse da una traversata nel deserto che durava da tre anni. Il calvario, forse lo ricorderete, è cominciato con la decisione di lasciare il PSV Eindhoven per passare alla Juventus. Poi il prestito alla Sampdoria, la fuga da Genova, il tentativo finito male dell’Ajax di rilanciarlo, la fine del suo contratto con la Juve, le toccate e fuga (a livello contrattuale, non in campo) con Samsunspor e Slavia Praga, le voci forse infondate sulla depressione. Prima di questa stagione, dalla sua ultima apparizione con la maglia del PSV Eindhoven - 7 minuti il 24 aprile 2021 contro il Groningen che certificarono la frattura oramai insanabile tra Ihattaren e l’allora tecnico dell’ex squadra della Philips, Roger Schmidt - in tre anni e mezzo il trequartista aveva sommato solo 276 minuti in partite ufficiali, spalmate in cinque presenze con lo Jong Ajax nella Keuken Divisie olandese (la Serie B dei Paesi Bassi) e una con l’Ajax – 4 minuti nella finale di Coppa d’Olanda persa proprio contro il PSV.
All’Ajax il suo tentativo di recupero era durato quaranta giorni, in un ambiente che comunque si stava sfasciando dopo il licenziamento di Marc Overmars per lo scandalo delle molestie sessuali e l’annuncio del passaggio di Erik Ten Hag al Manchester United. Due eventi importanti nella storia dell'Ajax, ma anche in quella più piccola di Ihattaren, visto che erano stati loro a voler riportare Ihattaren dove si pensava potesse arrivare.
Dopo di loro è stato il turno di Wesley Sneijder, che si era offerto come suo consulente personale durando solo due settimane. Poi ci ha provato l'allenatore delle giovanili dell'Ajax, Gerald Vanenburg, che ha tenuto duro un po’ più a lungo, ma alla fine il risultato non è cambiato. L’ex Ajax Jan van Halst parlò di ricaduta «nella sua dipendenza», non intendendo però con questo termine un qualche tipo di sostanza, ma un ambiente tossico costituito da frequentazioni poco raccomandabili e da uno stile di vita non idoneo a quello di un atleta. In un’intervista, l’ex tecnico Aad de Mos non usò giro di parole: «Tra qualche tempo lo vedremo difendere i colori dei dilettanti dell’Elinkwijk [squadra amatoriale di Utrecht, nda]».
Dopo la fine del contratto con la Juventus, le esperienze successive di Ihattaren sono finite ancora prima di iniziare. Al Samsunspor si accordò per un contratto inizialmente a gettone, ma il suo procuratore gli fece cambiare idea pretendendo fin da subito uno stipendio mensile. Il presidente Yüksel Yildirim gli rispose a mezzo stampa sul giornale locale Halk: «Sei un giocatore problematico, perché dovremmo pagarti se non giochi?». Con lo Slavia Praga invece la rottura fu più soft, con uno spostamento iniziale nella seconda squadra e la scelta del giocatore, dopo quattro mesi, di tornare a casa e concentrarsi sulla carriera vicino alla propria famiglia. La società ceca avallò la richiesta senza problemi.
I problemi, più che altro, Ihattaren sembrava averceli belli grossi fuori dal campo. Prima le presunte minacce di morte ricevute dalla criminalità organizzata, poi la denuncia per percosse avanzata della compagna Yasmine Driouech (Tiktoker piuttosto nota in Olanda), poi ritirata, anche se la pubblica accusa appare decisa a non archiviare il caso e convocare nuovamente il giocatore davanti a un giudice. Nel frattempo, la coppia si è riconciliata, è convolata a nozze e su Ihattaren erano cominciate a girare le voci più disparate, alcune delle quali lo volevano addirittura prossimo all’annuncio del proprio ritiro dal calcio.
Per qualche ragione, il nome di Ihattaren ha continuato a generare l'interesse dei giornali, nonostante ormai non giocasse più. Solo l'Algemeen Dagblad, il secondo quotidiano più letto del paese dopo il De Telegraaf, ha pubblicato 604 articoli con il tag Ihattaren da quando ha iniziato ad affacciarsi al mondo del calcio, ovvero sei anni fa. Significa circa 100 articoli l’anno.
L'ARRIVO AL WAALWIJK
In mezzo a questo ciclone di avvenimenti è difficile spiegarsi come il Waalwijk abbia pensato proprio a lui in un momento in cui sembrava non riuscire nemmeno ad avvicinarsi alla porta avversaria. Evidentemente non è stata una preoccupazione del tecnico Henk Fraser e del direttore sportivo Mohammed Allach, che dopo un colloquio con il giocatore hanno deciso di puntarvi per centrare una salvezza all’apparenza impossibile, o quasi (in Olanda retrocedono direttamente solo le ultime due classificate, mentre la terzultima accede ai playoff promozione/retrocessione che coinvolgono i club della B).
Incredibilmente il matrimonio ha funzionato. Tre mesi dopo la firma del contratto da parte di Ihattaren, infatti, non solo la squadra di Waalwijk ha abbandonato l’ultima piazza, ma negli ultimi sei turni di Eredivisie ha raccolto 10 punti, un ritmo da squadra ai primi posti della classifica. Per quanto può sembrare assurdo, la scintilla è scattata proprio con l’arrivo di Ihattaren, contestuale alla conferma di Fraser a dispetto dei pessimi mesi iniziali. Le ultime ottime prestazione del Waalwijk sono coincise infatti con un rendimento di alto livello di Ihattaren, che ha ricominciato a girare dopo aver smaltito la ruggine accumulata negli ultimi mesi. Dopo l'esordio da titolare lo scorso 14 dicembre, non è più uscito dall'undici iniziale e adesso siamo a otto partite da titolare di fila.
Tra la sorpresa di molti, il Mo Ihattaren presentatosi al Mandemakers Stadion di Waalwijk era solo un lontano parente del giocatore legnoso e appesantito che frequentava i campi della B olandese con lo Jong Ajax. «A livello di condizione Ihattaren è molto più avanti di quanto possiate immaginare», aveva dichiarato Fraser dopo le prime settimane del giocatore in squadra: «E non lo schiero subito dall’inizio solo per preservarlo da eventuali infortuni. Sa che deve avere pazienza, anche se fisicamente si sente pronto».
Ihattaren è tornato in campo lo scorso 29 settembre, 10 minuti contro l’Ajax, 896 giorni dopo la sua ultima partita in Eredivisie. Il suo riavvicinamento al ritmo partita è durato altri due mesi, nei quali ha disputato solo spezzoni di gara, trovando anche il gol il 29 novembre contro l’Heerenveen, gentile omaggio del rigorista Michiel Kramer che gli ha ceduto il tiro dal dischetto. «Avevo pensato a un cucchiaio», ha dichirato a ESPN a fine partita «Ma non volevo deludere Michiel che mi aveva ceduto il tiro. Mi sembrava una mancanza di rispetto nei suoi confronti». La rete ha interrotto un digiuno che, a livello generale, durava da 2 anni e 7 mesi (Jong Ajax-Vvv Venlo 6-1 del 29 aprile del 2022) e, per quanto riguarda a un campionato di massima divisione, si estendeva a 3 anni e 7 mesi (PSV-Heracles Almelo 3-0 del 4 aprile del 2021).
Più del gol, comunque, ha sorpreso soprattutto lo stato di forma di Ihattaren, affidato alle cure dell’ex Ajax Noordin Wooter. Lui stesso, d'altra parte, ha ammesso che qualcosa è scattato. «Ho lavorato su me stesso. Se non mi sento a mio agio, il calcio non è la mia priorità. Ai tempi dell’Ajax dovevo fare molta strada anche in termini di forma fisica, ma non accettavo lo stato delle cose e gli avvertimenti di chi mi circondava». Un processo che forse ha a che fare anche con la morte del padre, avvenuta ai tempi del PSV. Non a caso il primo gol con il Waalwijk lo ha dedicato alla madre, la persona della famiglia a cui è più legato dopo quel trauma.
LA RINASCITA
La prima da titolare, come detto, è arrivata il 14 dicembre contro il Fortuna Sittard. Ihattaren inizia l’azione che si conclude con la rete del polacco Oskar Zawada per cercare una rimonta che non si concretizzerà (da 0-3 finirà 2-3). Soprattutto, però, risulta essere il giocatore che ha percorso più chilometri di tutti in campo: 11.7. Sei giorni dopo mette da calcio d’angolo sulla testa di Zawada la palla della rete del RKC, che pareggia 1-1 con il PEC Zwolle. Arriva poi la pausa invernale, che trascorre tra Almere e Culemborg ad allenarsi con il suo staff (tra i quali figura anche uno psicologo, Bram Bakker) e con Wooter. Il nuovo anno vede l’RKC cedere di misura (2-1) alla Johan Cruijff Arena contro l’Ajax, in quella che finora è l’unica sconfitta in campionato degli uomini di Fraser nel 2025. Il gol della bandiera lo segna proprio Ihattaren, imbeccato dall’ex meteora genoana Denilho Cleonise, prima di esultare davanti ai suoi ex tifosi. «Non sono mai stato un tipo politicamente corretto», dichiara sorridente a fine gara «E mi brucia non avere fatto risultato ad Amsterdam».
Dopo un pari con lo Sparta Rotterdam, l’RKC vive il suo miglior momento stagionale centrando tre vittorie consecutive, tutte con Ihattaren assoluto protagonista. Nel 2-0 al Willem II propizia da corner l’autorete di Tommy St. Jago che apre il match, risultando il giocatore gialloblu con più tocchi di palla negli ultimi 16 metri e quello che ha effettuato più passaggi verso l’area di rigore. Sette giorni dopo travolge l’Almere City (1-4) con un gol, un autogol procurato (palo su punizione e palla infilata in rete dal portiere avversario) e nove occasioni da rete create. La media voto della giornata sui media (De Telegraaf, AD,
Voetbal International, De Volkskrant) è un 8 pieno, e per la prima volta viene inserito nella top 11 della Eredivisie. Un posto che non lascia nemmeno la settimana successiva, al termine di una prestazione totale sulla trequarti, impreziosita dall’assist per la terza rete del RKC nel 5-0 complessivo rifilato al NAC Breda.
Gli highlights di Almere City-Waalwijk 1-4.
Certo, gli avversari sono quello che sono, ma è tutto relativo. Non bisogna dimenticare infatti che la rosa del Waalwijk è quella dal minor valore in assoluto della Eredivisie (10.45 milioni di euro secondo Transfermarkt, 3 milioni sotto l’Almere City penultimo). E in ogni caso la notizia rimane il suo ritorno in condizione in un campionato di primo livello dopo anni di assenza, il fatto che sia tornato ad essere un fattore, un giocatore che fa notizia per quello che fa in campo. Considerato tutto quello che è successo, come si fa a darlo per scontato?
Se l’oasi di tranquillità offerta da Waalwijk si è rivelata essere un toccasana, non vanno dimenticate le persone con le quali Ihattaren si è dovuto interfacciare. Su tutti il tecnico Fraser, che con Allach ha deciso di puntare le sue carte su un giocatore che negli ultimi anni è stato definito con una sola parola: problematico. «Un termine che qualifica chi lo usa non la persona a cui è indirizzato», ha detto Fraser «È ovvio che chi parla in questi termini non lo conosca di persona».
L'esperienza di Fraser è il convitato di pietra di questa storia. Un tecnico che ha allenato solo in Olanda, e la cui dimensione è quella da squadra medio-piccola (la Coppa d’Olanda vinta con il Vitesse nel 2017, primo trofeo del club in 125 anni di storia, è stato il suo apice, per ora), ma che ha anche lavorato con giocatori di alto livello, essendo stato assistente di Louis van Gaal sulla panchina della Nazionale olandese.
La sua relazione con Ihattaren è stata descritta con una bella analogia dal giornalista di AD, Fabian van der Poll, che ha paragonato il ritorno di Ihattaren alla storia di Quasi Amici, il film del 2011 di Olivier Nakache e Éric Toledano. Nella pellicola Driss, un piccolo criminale delle banlieue parigine, si candida più o meno per caso per un lavoro presso il ricchissimo Philippe, un aristocratico tetraplegico che cerca un assistente a tempo pieno. Mondi lontanissimi che in apparenza non possono incontrarsi, e che invece ovviamente si incontrano. Philippe vede qualcosa in Driss, che nessuno del suo entourage e della sua famiglia nemmeno considera, e gli offre una possibilità. Un'opportunità che Driss non avrebbe avuto altrove. E che porta a un legame fortissimo.
"Anche Henk Fraser è un Philippe”, ha scritto Van der Poll “Non perché aveva bisogno di aiuto, ma perché ha puntato su ragazzo ferito, di quelli che la maggioranza tende a evitare. Come Philippe, anche Fraser ha guardato con altri occhi, è andato a fondo e ha visto qualcosa. Sarebbe stato molto più semplice pescare un mestierante del centrocampo in Germania o in Belgio, e piegarsi all’ordinarietà, invece di rischiare e scrivere una storia che scalda i cuori”.