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Il nuovo Mondiale per club cambierà il calcio?
05 nov 2018
La FIFA sta portando a termine una riforma che potrebbe rendere il Mondiale per club la competizione più importante del panorama calcistico mondiale.
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16 min
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Il mondo del calcio è in continuo mutamento e si potrebbe avviare ad una nuova trasformazione. La nuovo formula del Mondiale per club, annunciato qualche mese fa dalla FIFA, e la cui prima edizione si potrebbe svolgere già nel 2021, potrebbe infatti essere l’antipasto della tanto discussa Super Lega, un campionato annuale sovranazionale riservato ai più ricchi club europei.

Il nuovo formato, raggiunto alla fine di una lunga trattativa tra Gianni Infantino e il conglomerato della giapponese Soft Bank nonché alcuni investitori provenienti dal mono arabo e cinese (fra cui il fondo sovrano dell’Arabia Saudita e il colosso dell’e-commerce, Alibaba), vedrà il Mondiale per Club comprendere 24 squadre provenienti da tutto il mondo. Un allargamento non indifferente se pensiamo che attualmente le squadre incluse questo torneo sono sette, per una manifestazione che, come riportato da Forbes, negli ultimi anni ha fallito ad attrarre investimenti e spettatori, principalmente perché si tiene a dicembre, nello stesso periodo nel quale si disputano anche i principali campionati europei.

Poco pubblico, insomma, sia sugli spalti che nelle televisioni. Le ultime due edizioni, giocate in Giappone e negli Emirati Arabi Uniti, hanno offerto uno spettacolo alquanto desolante: le semifinali in Giappone nell’edizione del 2017 (nella quale il Kashima Antlers ha conteso il titolo al Real Madrid in finale) hanno visto solamente 15.000 spettatori accorrere allo stadio, con il prezzo del biglietto più economico che si attestava sui 60 dollari. Se l’affluenza media nel 2016 si attestava sui 29.000 spettatori a partita (con un boost dato dai due match del Real Madrid), nell’edizione di Dubai il dato è crollato significativamente a 16.000, sempre con il Real di Zidane ad innalzare i valori.

Nelle idee della FIFA, il nuovo Mondiale per Club dovrebbe prendere il posto della Confederations Cup, altra manifestazione che ha sostanzialmente fallito nell’attrarre investimenti e sponsor. L’edizione russa è stato proprio l’emblema del suo fallimento, con immense difficoltà nel vendere i diritti televisivi addirittura in territorio russo. La FIFA infatti è riuscita a raggiungere un accordo solo una settimana prima del calcio d’inizio con la 2Sport2, scongiurando così l’imbarazzo di non trasmettere la competizione nel paese ospitante.

Un cambiamento epocale?

La FIFA rivoluzionerà completamente la manifestazione del Mondiale per Club, con 24 squadre suddivise in otto gironi da tre, con le prime classificate che si confronteranno ai quarti di finale. Si calcola che con questa nuova manifestazione, la FIFA punti a recuperare (grazie all’accordo con i nuovi investitori), una cifra che si aggira tra i 650 e i 1000 milioni di dollari, quasi completamente destinati ai club. Nelle stagioni 2018, 2019 e 2020, si manterrà l’attuale formato del Mondiale per Club, una competizione divenuta prevedibile e poco inclusiva, in quanto nelle ultime dieci edizioni, le vincitrici sono state sempre squadre europee, con l’unica eccezione del Corinthians, vincitrice del 2012 ai danni del Chelsea.

Questo allargamento, tra l’altro, potrebbe non essere l’unico. La FIFA infatti sta vagliando anche la possibilità di allargare la competizione in futuro a 32 squadre. La manifestazione, e questo forse è il cambiamento più rilevante, si disputerà in estate, ogni quattro anni, e non più nel mese di dicembre. Nello stesso anno del Mondiale per Club non si terranno altre manifestazioni calcistiche internazionali di rilievo, in modo da dare alla nuova Coppa la massima esposizione mediatica.

Accanto alla riforma del Mondiale per club, la FIFA vorrebbe anche dare nuovo lustro al calcio per nazionali. L’altro grande progetto in questo senso è la Global Nations League, una competizione che si svolgerà nell’arco di due anni e che prevede la partecipazione di nazionali da tutto il mondo, suddivise in gironi di qualificazione continentali con un sistema di retrocessione e promozioni. Negli anni dispari, ma nel mese di novembre o dicembre, si svolgerà la fase finale di questa nuova manifestazione che vedrà coinvolte otto squadre in un formato ancora da definire.

La FIFA si aspetta che anche questa manifestazione sarà una nuova gallina dalle uova d’oro, così come il nuovo Mondiale per Club. Secondo quanto riportato da ESPN, ogni Federazione che si qualifica per le Final 8 incasserebbe 15 milioni e altri 5 milioni per l’approdo in finale, o 10 per aver vinto il titolo, a cui si sommano dai 37 ai 50 milioni di euro alle cinque migliori squadre del torneo. La vincita potenziale per una Federazione è pari a 75 milioni di euro, più del doppio di quanto incassato dalla Germania in seguito della vittoria del Mondiale in Brasile.

Foto di Pierre-Philippe Marcou / Getty Images

È ancora presto per dirlo e non è detto che queste manifestazioni abbiano effettivamente la fortuna che la FIFA si attende da loro, ma, considerando l’attenzione degli spettatori un bene limitato, potrebbe addirittura prospettarsi lo scenario per cui due delle manifestazioni più importanti nella storia del calcio, la Champions League e il Mondiale, potrebbero essere messe in secondo piano e perdere appeal nei confronti di club e federazioni nazionali, viste le maggiori prospettive di guadagno garantite dalla FIFA.

Quali saranno i club partecipanti

La strada da fare, però, è ancora lunga. Una volta che il Consiglio Direttivo della FIFA accoglierà le nuove proposte, sarà necessario trovare un accordo con le varie confederazioni continentali per arrivare all’approvazione della riforma del Mondiale per club. Secondo quanto emerso dalle prime riunioni infatti, solamente per la prima edizione, non saranno i club meglio piazzati nelle rispettive Champions a prendere parte, ma si procederà ad una selezione per importanza storica ed economica, in modo da puntare maggiormente sul brand piuttosto che sui risultati. Proprio per questo la UEFA, stando alla prima distribuzione proposta, potrebbe avere il 50% degli slot al nuovo torneo, con 12 squadre partecipanti (nel Mondiale per nazionali è del 43.75%, con 14 squadre su 32). La Conmebol (la confederazione sudamericana) avrà invece 4.5 slot (con il quinto da contendersi contro l’Oceania in uno spareggio), mentre Asia, Africa e Nord America avranno due slot a testa. L’ultimo slot sarà infine riservato ad una compagine della nazione ospitante, come accade nell’attuale Mondiale per club.

Ipotizzando che 8 degli 12 slot europei siano occupati dalle squadre che hanno almeno 3 Champions League nell’albo d’oro (Real Madrid, Milan, Bayern, Barcellona, Liverpool, Ajax, Inter e Manchester United), rimarrebbero quindi solo quattro posti liberi rimanenti. Difficile prevedere oggi a chi potrebbero andare, ma è probabile che dovrebbero rientrare tra le altre le “squadre degli Emiri”, cioè PSG e Manchester City, più che altro per motivi economici e di mercato.

In Sudamerica la situazione è meno definita. La squadra con più Libertadores è l’Indipendiente, a quota 7, ma l’ultima è stata vinta addirittura nel 1984. Dopo la disastrosa retrocessione in seconda divisione nel 2013, la squadra argentina è tornata a vincere un titolo continentale nel 2017 (la Copa Sudamericana, l’equivalente, se così si può dire, dell’Europa League). Dietro l’Indipendiente troviamo i connazionali del Boca Junior (a quota 6) e gli uruguagi del Peñarol (5). Nessuna brasiliana nella Top 5 dell’albo d’oro, ma è davvero difficile pensare ad un Mondiale per club senza il Santos, il Gremio e il San Paolo (tutte a quota 3 Libertadores).

Foto di Francois Nel / Getty Images

Nel conglomerato nordamericano quasi sicuri di un posto dovrebbero essere i messicani del Club America, i più titolati con sette CONCACAF Champions League, seguiti dal Cruz Azul con 6. Fra i club statunitensi, invece, solo Los Angeles Galaxy e DC United vantano un titolo. Molto probabilmente, quindi, se ci saranno un club messicano e uno statunitense, vedremo i californiani, anche per appeal storico e giocatori che vi hanno militato.

In Asia la situazione è ancora più complicata: il Pohang Steelers, unico club a detenere tre AFC Champions League, è una nobile decaduta e da diverse stagioni latita a metà classifica nel campionato coreano. Recentemente il club di maggior successo è il Guangzhou Evergrande. Nella zona mediorientale invece, il club di maggior spicco, sono i sauditi dell’Al Hilal, che nella loro storia hanno vinto due Champions e perso quattro finali (l’ultima lo scorso anno contro l’Urawa Red Diamonds), ma nel loro palmares vantano anche due Coppe delle Coppe d’Asia e due Supercoppe (competizioni, però, non più esistenti).

Infine, per l’Africa, potremmo vedere all’opera l’Al Ahly d’Egitto (8 Champions vinte) e i congolesi del Mazembe (5 titoli continentali), con quest’ultimi che sono stati rivali dell’Inter in finale di Coppa del Mondo nel 2010.

Dopo la prima edizione, comunque, quella del 2025 avrà un criterio di selezione differente, basato sui meriti sportivi: nella UEFA si qualificheranno le quattro ultime vincitrici della Champions League, le quattro vincitrici dell’Europa League e infine le quattro squadre con il miglior ranking continentale.

I dubbi intorno alla riforma

Nonostante le prospettive di guadagno, la formula di questo torneo desta comunque qualche perplessità. Sicuramente è un format migliore rispetto a quello di sette squadre al quale assisteremo fino al 2020, e che desta ben poco interesse, ma con 12 squadre europee, il rischio concreto è che il nuovo Mondiale per club diventi una sorta di replica degli ottavi di finale della Champions League, dato il netto divario che oggi sussiste fra squadre europee e degli altri continenti, e che difficilmente sarà colmato nei prossimi anni.

Se prendiamo come metro di paragone le ultime edizioni del Mondiale per Club, basti pensare che spesso le squadre sudamericane, considerate le più accreditate assieme alle europee, hanno faticato anche contro le asiatiche e le africane. Nel 2010 il Mazembe ha battuto con un netto 2-0 l’Intenacional De Porto Alegre, nel 2013 l’Atletico Mineiro di Ronaldinho è stato battuto dai marocchini del Casablanca, nel 2016 l’Atletico Medellin ha subito un netto 3-0 per mano del Kashima Antlers, mentre nel 2015, il River Plate in semifinale ha dovuto sudare per superare un ostico Gamba Osaka.

Foto di Giuseppe Cacace / Getty Images

Forse per garantire una maggiore competitività ci sarebbe bisogno di ridurre gli slot per le squadre UEFA, ma da un punto di vista del puro entertainment una competizione di questo tipo, giocata per di più in Asia o negli Stati Uniti, può sicuramente attirare l’interesse di sponsor, investitori e pubblico. In questo senso, può aiutare fare una tara sui numeri della International Champions Cup, la manifestazione amichevole che si svolge ogni estate fra USA, Cina e Singapore, e che vede spalti gremiti per amichevoli che spesso e volentieri non vedono le squadre schierare nemmeno tutti i titolari. Nel 2017 il match fra Bayern Monaco e Arsenal disputatosi a Shanghai ha fatto registrare il tutto esaurito con 55.000 presenze sugli spalti, mentre a Los Angeles, il confronto fra Manchester City e Real Madrid ha visto ben 93.000 spettatori.

D’altra parte, già nel 2016 si era iniziato a parlare di una World Champions League, con il conglomerato cinese della Dalian Wanda (oggi sponsor della FIFA e proprietario di Infront) che voleva soppiantare l’attuale Champions League per creare una nuova competizione che coinvolgesse 64 squadre da tutto il mondo e che durasse tutto l’anno. Le proposte di Wang Jianlin avevano raccolto l’interesse dei grandi club e di alcuni esponenti dell’ECA (la European Club Association, l’associazione che riunisce i principali club europei). Forse sono state anche queste forze a spingere la UEFA a riformare la Champions League, garantendo quattro slot alle prime quattro nazioni del ranking.

Le forze economiche dietro

Ovviamente, la ragione dietro ad una riforma di questo tipo è principalmente di natura economica. Secondo alcune fonti, infatti, la FIFA avrebbe ricevuto un’offerta da 25 miliardi di dollari per organizzare il torneo da parte di un fondo del quale sappiamo ancora poco. Dietro questa operazione ci potrebbe essere la giapponese Soft Bank, conglomerato attivo nelle comunicazioni, supportato da investitori cinesi, sauditi e americani, pronti a rilevare e gestire i diritti commerciali del nuovo Mondiale per Club per quattro edizioni.

Secondo Forbes, la Softbank è la 38ma compagnia al mondo per volume d’affari e la quarta in Giappone dietro a Mitsubishi, Toyota e NTT, con asset pari a 25 trilioni di Yuan giapponesi (cioè circa 190 miliardi di euro). La SoftBank è attiva in molteplici settori, fra cui telecomunicazioni, e-commerce e sport (vanta anche la proprietà di una squadra di baseball in Giappone, la Fukoka Softbank Hawks). La figura di riferimento è quella di Masayoshi Son, imprenditore di 60 anni che ha profondi legami con la Cina e il mondo arabo.

La Softbank infatti ha investito nel 24% delle azioni di Alibaba, il principale sito di e-commerce cinese, mentre nel maggio del 2017 è nata la Soft Bank-Saudi Tech, una joint venture con il fondo sovrano dell'Arabia Saudita attiva nel settore tecnologico, della robotica e dell’intelligenza artificiale, con un capitale da 93 miliardi di dollari.

Nei mesi scorsi il coinvolgimento dell’Arabia Saudita nella nuova FIFA Club World Cup sembrava essere cosa certa, anche alla luce delle ambizioni del paese arabo di diventare una nuova superpotenza in ambito sportivo, ma Gianni Infantino ha negato il coinvolgimento del fondo saudita nell’organizzazione del nuovo evento lo scorso 24 ottobre dal meeting della FIFA in Rwanda.

Secondo le indiscrezioni del Financial Times, comunque, la FIFA avrebbe il 51% della joint venture che si creerà con i nuovi investitori e i ricavi del massimo organismo del calcio mondiale verranno ripartiti fra i club partecipanti. Con 20 miliardi di euro in quattro edizioni, si parla di circa 2.5 miliardi che finiranno nelle casse dei club ogni edizione, andando a creare un contesto decisamente più ricco di quello offerto dalla Champions League e che potrebbe portare ad una ulteriore disparità economica fra i club, soprattutto europei.

Già oggi la situazione è abbastanza impari. Secondo la classifica della Deloitte Money League 2018, nelle prime tre posizioni, Manchester United, Real Madrid e Barcellona hanno fatturati superiori a 600 milioni di euro all’anno, mentre al 20mo posto troviamo l’Everton, con 199 milioni. Ma se le cose dovessero andare come si aspetta la FIFA, allora la forbice potrebbe addirittura allargarsi.

Le opposizioni

Non è un caso, in questo senso, che il presidente della UEFA Aleksander Ceferin, uno che ha costruito il suo consenso nella confederazione europea appoggiandosi sulle piccole federazioni, sia stato il primo a criticare, con una asprezza inconsueta, i piani di Gianni Infantino ed il "suo" Mondiale per Club. Il numero uno della UEFA si è scagliato in primo luogo contro gli investitori, accusando l'intera operazione di scarsa trasparenza, chiudendo la sua invettiva con la dichiarazione: «il calcio non è in vendita».

La UEFA nella riunione avvenuta in Rwanda avrebbe lanciato la propria controproposta al Mondiale per Club da 24 squadre, con una manifestazione sempre annuale da disputarsi in estate, in modo da mantenere lo status della Champions League come competizione per club più importante. Una situazione intricata quella fra la UEFA e la FIFA, anche in vista delle rielezioni del 2019 alle quali Gianni Infantino ha già presentato la propria ricandidatura.

Una posizione negativa condivisa nei giorni scorsi anche dal “Consiglio Strategico per il Calcio Professionistico” della confederazione continentale che ha «espresso all’unanimità serie riserve sul processo che circonda le proposte relative al nuovo Mondiale per Club e alla Global Nations League», e più in particolare sui tempi stretti e sulla mancanza di informazioni concrete, sottolineando la necessità di una procedura chiaramente definita, che rispetti le strutture esistenti e gli organi decisionali e che coinvolga tutte le principali parti interessate.

Altra figura di un certo spessore che si è spesa contro la proposta dell'organizzazione quadriennale del mondiale per Club è stata quella di Lars-Christer Olsson, ex segretario della federazione svedese ed attualmente rappresentante dell’ECA (European Club Association). Lo svedese si è pesantemente opposto al progetto per la scarsa trasparenza non solo nei meandri impervi delle strategie decisionali, ma, ancora una volta, contro l'utilizzo dei fondi privati promessi da soggetti esterni al mondo del calcio. Un altro motivo che spiega la netta contrarietà di Olsson è quella del possibile ampliamento del gap finanziario tra grandi squadre e medio-piccole, visto che le prime attingerebbero a ulteriori risorse dalla partecipazione al torneo mondiale, allargando così il divario rispetto ai piccoli club, rendendo ancora meno competitivi i campionati nazionali.

Foto di Toshifumi Kitamura / Getty Images

D’altra parte, anche il CEO della Premier League, Richard Scudamore, avrebbe scritto personalmente a Gianni Infantino lo scorso 9 marzo, condividendo preoccupazioni simili, le stesse, tra l’altro, del Presidente della Juventus Agnelli che, nel giorno della sua nomina a presidente dell'ECA, ha fatto capire di non aver gradito la presentazione del nuovo piano dei vertici della FIFA, approvato e deciso senza discussione né consultazione.

Non tutti i club club però si sono opposti. Il Real Madrid, ad esempio, è stato il primo club a sostenere i piani che porteranno all’espansione della Coppa del Mondo per Club a 24 squadre, facendo intendere tramite le parole del Direttore delle Relazioni Istituzionali Emiliano Butragueño che il loro sostegno alla nascita di questo nuovo torneo sarebbe totale e disinteressato. Non potrebbe essere altrimenti, del resto: un montepremi, pari al 75% di 3 miliardi di dollari di entrate, fa ovviamente gola a tutti, persino ad una delle società più ricche d'Europa.

Dove si potrebbe disputare?

Anche sui paesi ospitanti si è discusso molto. Le destinazioni più plausibili, per massimizzare i ricavi, sembrano essere le stesse della International Championship Cup, dunque Cina e Stati Uniti, con il colosso asiatico che è dato per favorito nell’organizzazione della prima edizione del 2021. Se gli USA organizzeranno il Mondiale per Nazioni del 2026, assieme a Canada e Messico, la Cina ha già espresso la volontà di ospitare una Coppa del Mondo (molto probabilmente nel 2030) e per il paese asiatico il nuovo progetto della FIFA rappresenta una ghiotta opportunità per ospitare un evento internazionale di assoluto spessore data l’influenza economica nel massimo organismo del calcio mondiale guidato da Infantino.

A seguito degli scandali del 2015 che hanno travolto Sepp Blatter, molti sponsor fra cui Emirates, Jhonson&Jhonsom, Castrol, Sony e Emirates, hanno deciso di rescindere il contratto con la FIFA, lasciando ampio spazio di inserimento alle aziende cinesi. Già quello di Russia 2018 si potrebbe definire come il Mondiale dei brand cinesi, e se la Dalian Wanda e il produttore di elettrodomestici Hisense sono già noti in tutto il mondo, il produttore di cellulari Vivo e la Mengniu Group (di latte, con Messi come brand ambassador) possono, dopo il Mondiale russo, sperare di far breccia anche in Europa.

Insomma, anche per capire dove sta andando il calcio si potrebbe applicare la grande massima del giornalismo investigativo “follow the money”. La FIFA, d’altra parte, l’ha già capito da tempo.

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