Il Mondiale U-17 è il più prestigioso torneo giovanile per i calciatori minorenni, il primo grande palcoscenico per futuri professionisti. Si disputa ogni due anni e per questa edizione, finita domenica, l’annata di nascita di riferimento era il 2002. Come per tutti i tornei giovanili racchiusi in un periodo di tempo breve, sarebbe sbagliato trarre conclusioni definitive sullo stato dei vari movimenti in base ai risultati ottenuti dalle singole squadre. Per esempio è più probabile che usciranno più giocatori di alto livello dalla Spagna uscita ai quarti distrutta dalla Francia, che dal Messico arrivato fino alla finale. Senza contare che sarebbe un enorme successo per i due paesi se anche solo la metà dei giocatori scesi in campo per la finale tra Brasile e Messico partecipassero in futuro a un Mondiale dei grandi.
La storia ci insegna che solo una piccolissima parte dei giocatori impegnati nel Mondiale U-17 diventeranno poi future stelle. Fatte queste premesse niente ci impedisce di soffermarci sui lampi di assoluto talento che abbiamo visto durante la manifestazione. Ecco quindi 5 giocatori che hanno fatto la differenza e lasciato un segno in questo Mondiale U-17.
Gabriel Veron, Brasile
Pur essendo brasiliano, Gabriel Veron si chiama così proprio in onore al calciatore argentino Juan Sebastian Veron, di cui il vicino di casa ne aveva suggerito il nome ai genitori perché ne era un fanatico sostenitore. Nato nel nord-est nello stato del Rio Grande Do Norte, è stato portato giovanissimo a sud in quello di San Paolo dal Palmeiras, per farlo entrare nelle giovanili. Lì ha rapidamente bruciato le tappe, fino a flirtare con la prima squadra, dove non è difficile immaginarlo titolare in tempi brevi viste le sue caratteristiche.
In campo il suo ruolo è semplice: «Battere l’avversario diretto è il mio compito e mi rende felice riuscirci. Cerco sempre di puntare l’uomo, di superarlo, di creare qualcosa in campo. Mi piacciono i duelli individuali» ha detto a The Athletic.
In questo Mondiale Veron è sembrato inafferrabile per i suoi avversari per via della sua velocità di esecuzione, la potenza atletica e l’abilità nel dribbling. A vederlo giocare con i suoi pari età ha ricordato l’impatto di Douglas Costa in Serie A, ovvero un'ala che va a un’altra velocità rispetto ad avversari che possono solo sperare di non essere umiliati.
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Veron è sembrato correre su piano inclinato in discesa ogni volta che riusciva a ricevere un pallone pulito con cui partire in progressione, con l’avversario diretto sempre in affanno e i compagni in area che dovevano solo fare il movimento giusto per ricevere. Veron non si è distinto solo per la velocità partendo dall’esterno: quando c’è stato bisogno è anche entrato più dentro al campo per ricevere. In questo modo poteva sia aiutare lo sviluppo della manovra brasiliana, legata all’ampiezza e alla profondità data dai terzini, sia essere una minaccia costante in contropiede.
Proprio da una sua azione partendo dal mezzo spazio è arrivato il fallo da rigore che ha permesso a Kaio Jorge di pareggiare in finale. A livello numerico il suo potrebbe non essere sembrato un torneo memorabile (3 gol e 2 assist), ma tra le marcature spicca quella del pareggio nella semifinale con la Francia, che a tutti gli effetti è sembrata la finale ufficiosa del torneo. Da chi ha visto le partite, Veron è stato giustamente votato Pallone d’Oro del Mondiale.
Lorenzo Pirola, Italia
L’Italia, finalista allo scorso Europeo U17, si presentava al Mondiale con l’ambizione di far bene: pur priva del suo miglior giocatore, Sebastiano Esposito, rimasto a giocare con la prima squadra dell’Inter, si presentava con un gruppo affiatato e di alto livello. L'eliminazione ai quarti, ad opera del Brasile padrone di casa e poi campione, è in linea con le aspettative (nei gironi l’Italia ha anche battuto il Messico poi finalista) e ha messo in mostra una generazione composta da giocatori dal talento evidente, come il trequartista Franco Tongya e la punta Nicolò Cudrig.
Se dovessimo scegliere però un solo giocatore tra gli azzurri dovremmo premiare il difensore centrale Lorenzo Pirola della primavera dell’Inter. Lungo tutta la competizione, l’unico avversario ad averlo messo in difficoltà è stato Gabriel Veron, che però nell’uno contro uno è immarcabile a questo livello. Per il resto è stato probabilmente il miglior centrale visto in Brasile: un giocatore ruvido, che riesce a far sentire la propria fisicità in marcatura in ogni zona del campo. Pirola non è veloce nel breve, ma non ha assolutamente paura di uscire in anticipo anche ben lontano dalla linea difensiva.
Pirola è coraggioso quando deve entrare in contrasto, e cerca il pallone anche quando è attaccato frontalmente, e nei duelli aerei, in cui è stato un fattore per l’Italia grazie alla capacità di sfruttare i suoi 185 cm sia sui lanci lunghi degli avversari, sia in attacco, come dimostrato dal gol segnato contro il Paraguay.
In questa azione contro il Paraguay esce a contrastare l’avversario con successo fino al centro della trequarti, gli si pianta davanti non permettendogli il filtrante e poi usa il fisico per togliergli il pallone.
Rispetto ai difensori centrali che ormai rubano l’occhio a livello giovanile per le loro capacità in fase di impostazione, Pirola è un centrale vecchio stile, più a suo agio nelle azioni di difesa che non con il pallone tra i piedi. Tuttavia, pur non essendo particolarmente elegante o tecnico, riesce comunque a eseguire passaggi sicuri e precisi non soltanto in orizzontale e quando possibile prova anche qualche sortita in avanti palla al piede. Insomma, Pirola è uno studente modello della scuola italiana fatta da difensori concentrati, aggressivi e a proprio agio a difendere in area, come Giorgio Chiellini.
Eugenio Pizzuto, Messico
Tornato in Messico nel 2018, dopo un’esperienza all’estero nell’accademia del Wellington Phoenix in Nuova Zelanda (dove era andato a imparare l’inglese), Eugenio Pizzuto, pur non avendo ancora esordito in prima squadra col Pachuca, è già stato convocato per un ritiro con la Nazionale maggiore messicana da Martino.
Del Messico Pizzuto è stato il capitano e ha rappresentato la solidità mentale che ha permesso a una squadra che non ha incantato nel gioco né mostrato particolari talenti (ad eccezione forse di Efraín Álvarez) di raggiungere la finale del torneo.
Centrocampista centrale, pur non essendo un mostro di atletismo, si è messo in mostra grazie a una capacità di lettura superiore alla media sia in fase difensiva con coperture, intercetti e contrasti (uno particolarmente duro gli è costato però anche il rosso nella partita d’esordio contro il Paraguay). Anche in fase di costruzione Pizzuto è stato sempre al centro del gioco.
Qui nella semifinale contro i Paesi Bassi legge con largo anticipo il passaggio che farà l’avversario e intercetta facilmente il pallone ponendosi sulla traiettoria del passaggio.
Pizzuto non è un centrocampista tecnico, ma possiede comunque la visione di gioco e la capacità di provare cambi di gioco e lanci in verticale. Proprio i suoi lanci di sinistro sono serviti al Messico per far avanzare il pallone e rimediare a un manovra fin troppo farraginosa.
Un’azione classica usata dal Messico in questo Mondiale prevedeva il lancio dal centro sinistra di Pizzuto, che dopo essersi andato a prendere il pallone dai difensori cercava direttamente l’esterno destro Efraín Álvarez alle spalle del terzino sinistro avversario. Il suo gol contro il Giappone agli ottavi ha sbloccato una partita complicatissima e, nonostante la squalifica per espulsione, è stato comunque votato Pallone di Bronzo del torneo.
Adil Aouchiche, Francia
Adil Aouchiche è l’ennesimo enorme talento uscito dalla periferia di Parigi. Dopo aver stupito tutti durante l’Europeo U-17 per i suoi inserimenti in area di rigore dalla trequarti (che gli erano valsi il titolo di capocannoniere con 9 gol), in questo Mondiale Aouchiche si è comportato da elegante rifinitore, servendo 7 assist che gli sono valsi il Pallone d’Oro d’argento della competizione.
Grazie alla qualità dei suoi controlli orientati è risultato decisivo quando riceveva tra le linee, anche perché con la palla tra i piedi si muove ad un tempo differente rispetto a tutti gli altri giocatori in campo, ma non perché più veloce, perché è in grado di sfruttare un repertorio di pause e cambi di ritmo già di alto livello.
Ha una sensibilità nei tempi di gioco e un controllo del pallone da giocatore maturo: quando riceve palla sulla trequarti è già in grado di manipolare i tempi di gioco, rendendo difficile capire quello che farà sia agli avversari che i compagni, che più di una volta sono rimasti stupiti dai suoi passaggi. Gli avversari per contrastarlo in maniera efficace, finiscono per temporeggiare, aprendo gli spazi per i suoi filtranti. Nella semifinale con il Brasile è stato lui a inventarsi primo gol, l’azione più rappresentativa del suo calcio è però quella vista contro l’Australia agli ottavi.
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Aouchiche riceve sull’esterno e punta il terzino avversario portandolo fin dentro l’area. A quel punto nota che non c’è il compagno libero in area da servire e allora, invece di saltarlo e crossare, si ferma e aspetta il movimento. Nel frattempo sposta il pallone: se lo fa passare sotto la suola, lo avvicina e lo allontana, tutto mentre il compagno arriva finalmente alle spalle dell’avversario diretto e allora Aouchiche può servirlo con un filtrante rasoterra che supera il suo marcatore e quello del compagno e finisce dentro l’area piccola, per un gol impossibile da sbagliare.
Sontje Hansen
Dopo aver vinto l’ultimo Europeo U-17 giocando da esterno, Hansen è stato il miglior attaccante del Mondiale, chiuso come miglior marcatore con 6 reti. La sua prestazione con doppietta e assist contro gli USA, nell’ultima partita del girone che ha qualificato i Paesi Bassi agli ottavi da una situazione di classifica tremenda, è stata una delle migliori del torneo. A questa ha aggiunto una tripletta negli ottavi contro la Nigeria e un gol e due assist ai quarti.
Ma forse a rendere meglio l’idea del suo impatto c’è il fatto che Antoine Griezmann gli ha scritto un messaggio per congratularsi delle sue prestazioni e per chiedergli di incontrarsi al più presto. Praticamente l’attaccante delle giovanili dell’Ajax, che ancora deve debuttare in prima squadra, ha come estimatore uno dei migliori attaccanti al mondo.
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Vedendo giocare Hansen si capisce subito cosa deve aver colpito Griezmann, perché per fisico e caratteristiche tecniche deve aver rivisto un po’ di sé stesso da giovane. Hansen è già abilissimo a muoversi per il campo, con tagli in area ben calibrati e la capacità di alternare movimenti a venire incontro, per giocare tra le linee, a movimenti in profondità alle spalle dei centrali anche all’interno della stessa azione. Hansen è un attaccante che può occupare ogni ruolo del fronte offensivo, ma che come il francese dà il meglio se quando è lasciato libero di scegliere dove ricevere e far valere un controllo orientato già ben sviluppato che gli permette di essere incisivo anche spalle alla porta fuori dall’area.
Inoltre ha un dribbling nello stretto che è un vero e proprio glitch a livello giovanile per un attaccante con le sue doti di finalizzazione e la sua creatività. Insomma Hansen è di un livello troppo alto per le difese giovanili, che non sono in grado di tenere un giocatore già tanto mobile e al tempo stesso tanto bravo a giocare nello stretto, e per i portieri che non sono abituati a fronteggiare un attaccante che calcia in porta con tanta precisione.