Anche quest’anno torna l’appuntamento di fine mercato estivo con l’analisi dei monte ingaggi della Serie A. Come sempre ci siamo basati sulla stime pubblicate recentemente dalla Gazzetta dello Sport, e in particolare delle variazioni degli stessi rispetto alla scorsa stagione (qui trovate la guida dello scorso anno).
Come sempre dobbiamo prima ricordare un concetto importante, cioè che nessuna squadra ha l’obbligo di rendere pubblici gli stipendi dei singoli calciatori. Nei bilanci si trova spesso un valore aggregato che indica il “costo del personale tesserato”, del quale le retribuzioni lorde dei giocatori della prima squadra (sommate, senza dettaglio delle singole retribuzioni ovviamente) costituiscono una parte importante ma non esclusiva: all’interno della definizione personale tesserato sono compresi anche i membri dello staff tecnico (l’allenatore e i suoi collaboratori).
Inoltre, al valore finale di questa voce di bilancio si arriva aggiungendo altri costi non sempre di poco conto, come i premi (i famosi “bonus”), i compensi ai giocatori dati in prestito (il cui stipendio, salvo casi specifici, non è integralmente pagato dalle squadre per le quali giocano nella stagione di riferimento), gli incentivi all’esodo elargiti ai giocatori ceduti (le cosiddette “buonuscite”) e altre variabili di minore importanza che però contribuiscono ad alzare il totale di qualche milione, soprattutto per le grandi squadre. Per questo motivo, i dati che analizzeremo non sono esattamente identici a quelli che si trovano nei bilanci dei club.
A differenza di quanto fatto nelle ultime edizioni di questa Guida, quest’anno prenderemo in considerazione i monte ingaggi totali forniti dalla Gazzetta senza particolari correzioni, in quanto il quotidiano ha specificato che in essi sono contenuti alcuni stipendi di giocatori poi non inseriti nelle tabelle recanti i nominativi dei calciatori squadra per squadra e gli stipendi lordi dovrebbero essere stati conteggiati correttamente, valutando la diversa tassazione fra giocatori che possono sfruttare le agevolazioni fiscali del Decreto Crescita e non.
Qui sotto trovate il confronto tra i risultati di quest’anno e quelli del precedente:
I dati della Gazzetta dello Sport con il monte ingaggi totale riferito agli stipendi lordi delle 20 rose di Serie A (bonus e staff tecnico esclusi), con la differenza rispetto alla scorsa stagione (non sono disponibili i dati del 2019/20 delle tre neopromosse).
Il monte ingaggi totale delle 20 squadre di Serie A continua a crescere stagione dopo stagione e anche quest’anno non fa eccezione (1288,6 milioni contro i 1256 milioni dell’anno scorso), ma a differenza del recente passato l’aumento è minore e la spiegazione è facilmente rintracciabile nelle difficoltà create dalla pandemia in tutti i conti societari. Se da una parte il Covid-19 ha ridotto i ricavi togliendo importanti risorse ai club da destinare al monte ingaggi, dall’altra ha reso particolarmente difficile cedere i giocatori con ingaggio alto, poco appetibili in tempo di “magra” da parte delle società compratrici. Per questo motivo delle 17 società rimaste in Serie A al termine della stagione 2019/20 solo quattro sono riuscite ad abbassare il monte ingaggi.
Juventus: finite le spese pazze
Chi ha tagliato più di tutti il suo monte ingaggi rispetto all’anno scorso è la Juventus, che ha attuato una politica di ottimizzazione dei costi tramite la decisione di ridurre numericamente la rosa rispetto alla scorsa stagione. Se un anno fa i bianconeri avevano chiuso il mercato con in rosa ancora i pesanti stipendi di Mandzukic ed Emre Can, oltre a quelli di Perin e Pjaca, tutti e quattro sono stati messi fuori dal progetto e ceduti. Quest’anno i bianconeri si sono presentati ai nastri di partenza con appena 23 giocatori in rosa fra i quali Pinsoglio e Frabotta accreditati di ingaggi molto bassi.
L’unico “peso a bilancio” è rappresentato ora da Khedira, con il quale si tratta a oltranza una complicata rescissione. Nonostante questa “cura dimagrante”, la Juventus rimane ancora al comando nella classifica con il monte ingaggi più elevato. Rispetto all’anno scorso, dopo la partenza di Higuain, sono scesi da 10 a 9 i giocatori con stipendi non inferiori ai 6 milioni di euro netti, più di quanti ne abbiano le altre 19 società di Serie A messe insieme. Il gap si è però ridotto non solo in termini assoluti: l’anno scorso la Roma aveva il secondo monte ingaggi costato 158 milioni meno di quello della Juventus, quest’anno invece l’Inter insegue a 87 milioni di distanza. Anche se guardiamo al peso degli ingaggi garantiti ai singoli sono passati da 3 a 8 i calciatori delle altre squadre a toccare e superare quota 6 milioni di stipendio netto (Eriksen, Sanchez e Vidal dell’Inter, Dzeko della Roma e Ibrahimovic del Milan si sono aggiunti a Lukaku dell’Inter, Koulibaly del Napoli e Donnarumma del Milan).
Milan e Roma: stretta necessaria
I recenti passivi di bilancio fatti segnare dal Milan (-195 milioni) e dalla Roma (-204) sono in parte spiegabili con i mancati ricavi dovuti alla pandemia, ma in parte riflettono anche una situazione non florida delle casse societarie già evidenziata in passato. Per questo motivo non sorprende che entrambe le dirigenze, sia Elliott per il Milan che il neo-entrato Friedkin per la Roma, abbiano avuto più degli altri l’esigenza di abbassare il proprio monte ingaggi e, nonostante tutte le difficoltà del caso, ci sono riusciti.
Il Milan si è liberato rispetto a dodici mesi fa degli stipendi di Suso, Reina, Borini, Caldara e Ricardo Rodriguez tutti superiori ai 2 milioni, garantendo solo a Ibrahimovic fra i nuovi arrivi uno stipendio superiore a questa cifra. La Roma, partendo da ingaggi base più elevati, si è liberata fra gennaio e il mercato estivo degli stipendi da 3 milioni netti a stagione di Kalinic, Florenzi, Perotti e Kolarov, quantità di denaro garantita al solo Pedro fra gli acquisti estivi. La quarta e ultima squadra ad aver leggermente abbassato il proprio monte ingaggi, di appena un milione, è stata la Sampdoria.
Inter, Lazio e Atalanta: effetto Champions e non solo…
Tre delle quattro squadre che hanno maggiormente alzato il loro monte ingaggi parteciperanno quest’anno alla Champions League, e ovviamente non è un caso. Lazio e Atalanta, negli ultimi anni molto attente nel tenere in equilibrio i propri bilanci nonostante il tentativo (spesso riuscito) di rinforzare la rosa, hanno sicuramente sfruttato i soldi garantiti dalla prossima partecipazione alla massima competizione continentale per puntellare le proprie rose ed elargire qualche aumento di ingaggio ai propri giocatori più meritevoli.
Lotito per esempio ha alzato da 2,5 a 4 milioni netti lo stipendio di Immobile e da 2,5 a 3,2 quello di Milinkovic-Savic, superando il tetto ingaggi autoimposto nella scorsa stagione a quota 2,5 milioni. Salgono da 3 a 9 i calciatori della Lazio con uno stipendio di almeno 2 milioni netti all’anno, fra i quali i neo-arrivati Andreas Pereira e Muriqi. Crescita più contenuta invece per l’Atalanta che, nonostante i grandi risultati ottenuti sul campo è accreditata dell’undicesimo monte ingaggi della Serie A. A Bergamo hanno ottenuto un ritocco verso l’alto dell’ingaggio Gomez (unico membro della rosa a guadagnare 2 milioni netti), Ilicic, de Roon e Toloi, e sono stati garantiti stipendi a sette cifre anche a Miranchuk e a Caldara, quest’ultimo tornato a Bergamo nel corso della scorsa stagione.
Discorso un po’ diverso per l’Inter che oltre ad avere, rispetto al recente passato, fondate speranze di partecipare a tutte le prossime edizioni della Champions League ha anche una ricca proprietà che, nei limiti dei problemi creati dal Covid-19, sta portando avanti l’opera di rafforzamento della squadra candidandosi sempre più come principale antagonista della Juventus.
Anche sotto la spinta dell’allenatore Conte, voglioso di avere in rosa giocatori di esperienza più che giovani promesse da far crescere, l’Inter ha quindi portato avanti un mercato oculato dal punto di vista del rapporto fra spese ed entrate come costi dei cartellini, ma espansivo rispetto al monte ingaggi con l’inserimento in rosa di giocatori dagli elevati guadagni quali Eriksen (7,5 milioni, arrivato a gennaio), Sanchez (5 milioni di stipendio l’anno scorso, 7 dopo il riscatto di quest’anno), Vidal (6,5 milioni), Hakimi (5 milioni) e della coppia Perisic-Nainggolan entrambi rientrati alla base e accreditati rispettivamente di ingaggi netti da 5 e 4,5 milioni. Ha invece lasciato Milano direzione Cagliari Godin che guadagnava 5 milioni netti l’anno. In mezzo a queste squadre si fa notare anche l’aumento del monte ingaggi dell’Udinese, che presenta ai nastri di partenza quest’anno una rosa più ampia e tre giocatori con ingaggio di 1 milione (de Paul, Deulofeu e Pereyra) contro gli zero della scorsa stagione.
Il Napoli e le altre
Dopo essersi fermato a un solo milione dal traguardo, entra nel ristretto gruppo di squadre che garantiscono ai propri calciatori almeno 100 milioni di ingaggio il Napoli, salito da 99 a 105 milioni principalmente per il rinnovo di Zielinski (passato da 1,1 a 3,5 milioni a stagione) e l’approdo in rosa di Osimhen (4,5 milioni di ingaggio) al posto di Callejon (che ne guadagnava 3).
Si fanno notare i monte ingaggi in espansione della Fiorentina, con Commisso che non si è lasciato andare a spese pazze ma ha alzato il livello medio degli ingaggi dei migliori giocatori della squadra, e del Parma che ha lasciato andare il giocatore più pagato della scorsa stagione (Darmian) ma è salita da cinque a sette giocatori con stipendi “milionari” in rosa.
Fra le neopromosse quella che si presenta ai nastri di partenza con la squadra più costosa è il Benevento, che ha in rosa tre giocatori con ingaggio superiore al milione di euro fra i quali Glik che ne guadagna addirittura 2,5 netti all’anno cifra che, lontano dalle sei “big” della Serie A, guadagnano solamente Ribery alla Fiorentina (4 milioni) e Godin al Cagliari (3 milioni). Proverà invece a essere ancora una volta la sorpresa del campionato il Verona nonostante un monte ingaggi superiore solamente a Crotone e Spezia e con il solo Kalinic in rosa a guadagnare più di 700 mila euro. L’unica squadra a non avere “milionari” in rosa è il Crotone: il “Paperone” della squadra è infatti Magallan il cui ingaggio è di 750 mila euro.
Quanto pesano gli ingaggi?
Altre informazioni interessanti possono arrivare confrontando tra loro le squadre sulla base della percentuale spesa nel monte ingaggi rispetto al fatturato. Va precisato che i fatturati che teniamo in considerazione, per omogeneità con i dati del passato e mancanza di numeri precisi relativi ai bilanci 2019/20 di molte squadre, sono quelli precedenti al periodo Covid-19 che ha di fatto sballato tutti i possibili conti di questo tipo alzando notevolmente queste percentuali. Attualmente ci sono cinque squadre che superano quota 60% e sono in primis la Lazio con il 67%, seguita dal Torino con il 65%, dal Cagliari e dal Parma con il 63% e dal Bologna con il 61%. Sopra il 50% si posizionano la Fiorentina (55%) e il Genoa (54%).
In calo rispetto all’anno scorso la Juventus che raggiunge appena il 48%. Stessa percentuale per il Napoli mentre abbiamo valori ancora più bassi per Roma (45%), Inter (40%) e Milan (39%). La più virtuosa in assoluto è l’Atalanta che destina al monte ingaggi dei calciatori appena il 32% del suo fatturato.
Quanto pesano i titolari?
Un ultimo confronto interessante è quello che riguarda il peso sul monte ingaggi degli undici giocatori più costosi, ritenuti per semplicità i “titolari”.
La squadra che spende di più per i propri titolari rispetto alle riserve è la Juventus con il 77,3% del totale monte ingaggi. Questo dato si spiega sia con l’elevatissimo stipendio di Cristiano Ronaldo (31 milioni), sia con la già citata riduzione numerica della rosa che diminuisce il totale degli stipendi dei giocatori meno pagati. Sopra il 70% anche il Benevento con il 75,3% (pesano oltre a Glik gli stipendi di Iago Falque, 1,7 milioni, e Lapadula, 1,6 milioni), la Lazio con il 73,8% (dovuto in gran parte ai già citati rinnovi) e la Sampdoria con il 70% (ben nove blucerchiati superano il milione di ingaggio nonostante un monte ingaggi totale di 34 milioni). Scende invece a 66,2% il monte ingaggi dell’Atalanta, che aveva quello più elevato nella scorsa stagione, e a 63,8% quello del Napoli. Entrambe hanno riequilibrato un po’ fra questo mercato e quello di gennaio la differenza di costi fra titolari e riserve.
Fra il 60 e il 70% troviamo il Milan con il 69,2% (percentuale alzata molto dalla presenza di Ibrahimovic), l’Inter con il 67% e la Roma con il 61,6%. Fra le grandi i giallorossi son quelli che hanno puntato più di tutti su una rosa maggiormente equilibrata dal punto di vista del monte ingaggi. Quattro le squadre con una percentuale relativa a questa statistica inferiore al 60%, nell’ordine sono il Genoa con il 58,3%, il Sassuolo con il 55,3% dove l’unico a guadagnare cifre nettamente superiori al resto della squadra è Berardi (1,8 milioni mentre nessuno dei suoi compagni supera l’1), lo Spezia con il 55,1% e fanalino di cosa l’Udinese con il 55% (19 giocatori della rosa friulana guadagnano almeno 500 mila euro su un tetto massimo di un milione).