Harry Winks alla Sampdoria
Due anni fa Harry Winks era semi-titolare e comunque uomo simbolo del club del suo cuore, il Tottenham. In All or nothing lo abbiamo visto partecipare a eventi di beneficenza, rappresentare l’anima e la dimensione emotiva di un club iper-contemporaneo e lanciato nel futuro. Oggi è passato alla Sampdoria a fine mercato, gettato via dal suo club (cioè, da Antonio Conte) come fosse spazzatura. Un giocatore comunque da più di 100 presenze col Tottenham, che anche l’anno scorso ha raggiunto le 30 presenze. A 26 anni non sembrava ancora pronto a uscire dal calcio d’élite, e finire in una squadra che lotta per non retrocedere nel campionato italiano. È un movimento di mercato assurdo, certo, ma anche affascinante, che alimenta la singolare tradizione britannica della Sampdoria: Trevor Francis, David Platt, Lee Sharpe e oggi anche Ronaldo Vieira. Eccovi una foto di David Platt con la maglia della Samp.
John Jones - PA Images/PA Images via Getty Images
Winks è una mezzala molto dinamica con un bel piede, che con la giusta mentalità può diventare un grande upgrade per il centrocampo di Giampaolo.
Keita Baldé allo Spartak Mosca
Keita Baldé a un certo punto era sembrato troppo anche per la Serie A. I 30 milioni spesi dal Monaco per averlo, nell’estate del 2017, segnavano l’ambizione del club francese e l’idea che per Keita potesse essere un primo passo verso l’élite del calcio. In Francia però le cose non sono andate come pensavano e dopo solo una stagione Keita è tornato in Italia, con l’Inter. Anche qui non è andata benissimo o, almeno, non come speravano, in uno scarto tra aspettativa e realtà che ha inseguito a lungo Keita, che nei momenti migliori con la Lazio era sembrato poter diventare davvero forte.
Dopo un’altra stagione al Monaco, Keita è passato per Sampdoria e Cagliari, come anestetizzato al ruolo di scommessa delle squadre di media o bassa classifica. La retrocessione dei sardi ha attivato una clausola del suo contratto che permetteva di liberarsi a zero. Keita è libero dal 30 giugno ma solo qualche giorno fa ha trovato la sua nuova squadra, lo Spartak Mosca. Forse la cosa più strana è sapere che le squadre russe possano fare mercato, anche all’estero. In un momento in cui molti giocatori stranieri stanno scappando dal campionato russo, il viaggio all’inverso di Baldé è quantomeno curioso, in un ruolo in cui lo Spartak può schierare Quincy Promes, uno dei suoi migliori giocatori, autore di 7 gol e 3 assist in 7 partite di campionato fin qui (sul giocatore olandese però pende un’accusa di tentato omicidio). Sui social, comunque, lo Spartak ha presentato Keita con ironia, taggando il Barcellona e chiedendo se fossero gelosi che la sua registrazione fosse filata liscia come l’olio (che poi la squadra spagnola, alla fine, ha registrato milioni e milioni di euro di nuovi contratti).
Kasper Dolberg al Siviglia
Sono ormai passati sei anni da quando ci eravamo innamorati di Dolberg, ed eravamo tutti più giovani e ingenui. Possiamo misurare la traiettoria della sua carriera in parallelo alla nostra vita, confrontare gioie e dolori, prendere spunto per riflettere sulla mortalità umana. È difficile che la vostra vita in questi anni sia andata peggio di quella di Kasper Dolberg, almeno in termini di aspettative. Nel 2016 era il miglior giovane centravanti del calcio europeo, nel 2019 gli chiedevamo una resurrezione già improbabile. Nel frattempo sono venuti fuori attaccanti più giovani e più forti di lui (Isak, Darwin Nunez, Erling Haaland) che a confrontarli con lui si farebbe un’operazione crudele. Dolberg dall’Ajax è andato al Nizza, dove è andato sempre leggermente peggio: 11 gol la prima stagione, 6 la seconda, qualche problema fisico, una rapina subita da un compagno di squadra, Lamine Diaby Fadiga, che ha pensato di rubargli l’orologio (è un centravanti anche lui quindi chissà quale intrigo psichico ci sta dietro). Oggi Dolberg passa al Siviglia di Monchi e Lopetegui, un trasferimento non semplicissimo da decifrare.
Dolberg passa in una squadra più ambiziosa del Nizza, in un campionato migliore, eppure non pare aver fatto niente per meritarselo. È però lo stile di Monchi, che in carriera ha spesso provato a risollevare le sorti di ex talenti caduti in disgrazia. (Il DS era particolarmente in fissa con l’Ajax di Bosz, visto che alla Roma prese Kluivert e provò comunque a prendere proprio Dolberg, all’epoca). I problemi di Dolberg per ora sono stati soprattutto intangibili, visto che a livello di talento rimane un giocatore indiscutibili. Un centravanti dalla tecnica finissima, sia nel gioco spalle alla porta che quando calcia. Anche in questi anni minori, al Nizza, ha mantenuto uno stile impeccabile nella finalizzazione. Forse il più forte numero nove a segnare con lo scavetto dai tempi di Hernan Crespo.
Speriamo di rivederlo.
Alessio Riccardi al Latina
Mini-contributo creato solo per ricordarvi il momento in cui Alessio Riccardi è stato oggetto di una sollevazione popolare romana. Riccardi era la next big thing del ricco settore giovanile della Roma. Un numero dieci dalla tecnica sopraffina, con una singolare capacità di segnare gol alla Juventus. Viene soprannominato “Il piccolo Pjanic”. Forse per questo la Juve ha provato a soffiarlo alla Roma, inserendolo in uno scambio di fine mercato con Rugani che è sembrato un affondo per la Roma. Il numero dieci della primavera della Roma, romano e romanista, alla Juve in cambio di Rugani (più 25 milioni!). In quei giorni il CT della Nazionale, Roberto Mancini, diceva: «Ci mancano i numeri dieci, ora giocatori così non ne abbiamo, speriamo che tornino fuori per il prossimo Mondiale: magari Riccardi della Roma». Nemmeno ci andremo, al prossimo Mondiale. Riccardi è rimasto alla Roma dopo una mini sollevazione sui social. Il ds della Roma Morgan De Sanctis ha dovuto specificare che «Non abbiamo mai pensato di privarci di Riccardi». Tre anni dopo Riccardi ha giocato appena 6 partite tra i professionisti, col Pescara, e ora passerà al Latina, in Serie C.
Renan Lodi al Nottingham Forest
Lo strapotere economico della Premier League rispetto agli altri campionati ci costringe a razionalizzare trasferimenti altrimenti inspiegabili: com’è possibile che un terzino nelle rotazioni dell’Atletico Madrid, che la scorsa stagione nonostante non fosse più un titolare fisso ha comunque accumulato oltre 1800 minuti in tutte le competizioni (tra cui due quarti di finale di Champions League contro il Manchester City in cui è partito da titolare), possa decidere di passare in una piccola squadra inglese neopromossa? Lo stesso Simeone, costretto a spiegare in conferenza stampa, è sembrato interdetto. «Renan Lodi aveva bisogno di giocare con continuità e di accumulare minuti vista questa situazione che appare continuamente dell’immagine lontana del Mondiale. Evidentemente nel suo ruolo c’è tanta competizione, e ad alcuni piace competere mentre altri preferiscono andare in altre squadre per ottenere i minuti in più che in teoria potrebbero portarli al Mondiale nella forma migliore».
La cosa davvero strana di questo trasferimento è che in realtà nell’Atletico Madrid non c’è una competizione così infernale per il ruolo di terzino sinistro. È vero: Lodi aveva già perso il ruolo di titolare fisso da quando Simeone aveva deciso di passare alla difesa a tre, preferendogli sull’esterno sinistro un giocatore più offensivo come Ferreira-Carrasco. Allo stesso modo è vero che anche l’Atletico Madrid sembrava voler puntare su altri profili, prelevando Reguilon dal Tottenham. Eppure Lodi sembrava il prototipo di terzino perfetto per il gioco di Simeone: molto forte fisicamente, con grande capacità aerobica e una buona sensibilità tecnica, l’esterno brasiliano è duro da superare in uno contro uno e in avanti garantisce una presenza fissa. Adesso Lodi contribuirà alla lotta salvezza del Nottingham Forest che - incredibile a dirsi - è una delle squadre che ha speso di più in Europa in questa sessione di mercato. Quasi 160 milioni messi sul mercato per i soli cartellini, senza contare i riscatti, per soli 7 ricevuti dalle cessioni. Che dire, crepi l’avarizia.
Alexander Kokorin all’Aris Limassol
In un anno e mezzo a Firenze Kokorin ha giocato 216 minuti, quasi tutti in maniera disastrosa, con uno degli stipendi più alti della rosa. In un tempo relativamente breve ha vissuto l’esplosione di Vlahovic e la sua partenza, la parentesi così e così di Piatek, Cabral e ora la ricerca di riscatto di Jovic. Tutto sembrava scorrergli addosso, lui imperterrito continuava a rimanere in panchina, con la sua faccia da schiaffi e una sfiducia dei tifosi così pacifica da essere diventata quasi affetto. Sembrava sarebbe rimasto per sempre, avrebbe preso fino all’ultimo euro del suo contratto, fisso in panchina come monito del fatto che nel mercato l’errore è sempre dietro l’angolo e invece, proprio sul gong, Kokorin è passato all’Aris Limassol.
Vai con la nostalgia.
Un trasferimento, pare, fortemente voluto dal giocatore che, al contrario di quello che pensavano tutti, voleva spazio per giocare e che all’Aris avrà come partner d’attacco Stepinski, appena arrivato dal Verona. Kokorin-Stepinski come coppia d’attacco c’è da credere possa mettere a ferro e fuoco il campionato cipriota, che l’Aris non ha mai vinto. Il club cipriota ne pagherà il 30% dell’ingaggio del russo e se son rose fioriranno.