Partiamo da lontano. Dal 3 gennaio 2021, Benevento-Milan. A inizio secondo tempo i rossoneri sono in vantaggio di un gol ma hanno un uomo in meno dopo l’espulsione di Tonali, Rebic si ritrova tra i piedi una palla buona per una possibile transizione. Parte in conduzione da dietro la metà campo mentre, alla sua destra, Rafael Leao sprinta in diagonale tagliando tra i difensori, che però coprono bene la profondità al centro. Rebic forse aspetta troppo e gli dà una palla larga, sull’esterno sinistro dell’area di rigore: da quella posizione, sul suo piede debole, difficilmente Leao potrebbe tirare in porta, per qualche ragione Montipò decide di lasciare i pali e provare a contendergli la palla. Leao arriva per primo e Montipò deve tornare indietro, Leao gira su se stesso e quando si accorge che il portiere è ancora a metà strada calcia in pallonetto sul secondo palo. È un gol difficile, di maradoniana memoria, il più bello della sua carriera stando alle sue stesse parole. Sembra rinnovare la speranza che un giorno Leao possa «fare cose importanti», come ha detto Pioli dopo la partita, ricordando però che deve «migliorare sotto il profilo dell’intensità, anche mentale».
Dopo quella partita Leao fa un assist nella sconfitta con la Juventus (la prima sconfitta dopo 27 gare da imbattuti) e Pioli lo loda ancora, stando sempre attento a citare i possibili miglioramenti, questa volta tirando in ballo la «cattiveria davanti alla porta». La partita ancora dopo, Leao segna con il Torino il suo quarto gol in campionato. A questo punto ci siamo avvicinati di poco, siamo arrivati al 9 gennaio 2021. Nei restanti quattro mesi e mezzo, quelli in cui il Milan perderà la testa del campionato e scenderà fino al quinto posto (per poi risalire fino al secondo), Leao realizzerà appena un altro gol e due assist. In assenza di Ibrahimovic e Mandzukic, Pioli è stato costretto ad usarlo spesso come punta centrale e i giornali lo hanno descritto come «svagato», sottolineandone la «scarsa intraprendenza». Rispetto a Rebic, si dice, manca di «freddezza» e Pioli stesso, dopo il pareggio con l’Udinese - ad aprile, poco più di un anno fa - dice che è un giocatore da spazi aperti e davanti a difese chiuse non ha la giusta «scaltrezza», sempre però riconoscendo le sue potenzialità.
Volendo saremmo potuti partire ancora da prima. Da quello che ha detto Pedro Sobral, il suo primo allenatore in Portogallo: ricorda un bambino timido che «si lamentava sempre perché insistevo con lui negli allenamenti». E collegare quest’immagine, con quello che ha detto Zlatan Ibrahimovic subito dopo la vittoria dello Scudetto 2021-22, quando gli è stato chiesto se era merito suo anche la crescita di “Rafa” Leao: «Ho provato in tutti i modi a farlo andare a duemila tutti i giorni e tutte le partite. E devo dire la verità, la sua crescita non è grazie a me, è grazie a lui. Che ha capito quanto è forte e quello che può dare alla squadra».
Ma chiamiamola pure trasformazione. Nel senso che non si torna indietro, che ormai Leao è questo tipo di calciatore qui. Si possono mettere molte mani avanti - aggiungere un almeno si spera, oppure sembra, non ci sono motivi di pensare che non sia così - ma il fatto è che il Rafael Leao di quest’anno non è lo stesso della fine della scorsa stagione. Leibniz scriveva che “natura non facit saltus”, la natura non fa salti, ma si sarebbe dovuto ricredere vedendo come Leao sia passato dall’essere un giocatore fumoso a quello che nel momento più significativo della stagione decide praticamente tutte le partite.
6 assist e 3 gol nelle ultime sei partite, e tutti importanti: il gol che dopo nove minuti ha sbloccato la partita con il Genoa, dopo i due pareggi consecutivi con Torino e Bologna che avevano messo in dubbio la capacità del Milan di giocarsela fino in fondo; l’assist per Giroud con cui ha pareggiato il gol di Immobile, all’Olimpico; il gol che ha deciso la partita con la Fiorentina quando sembrava ormai avviarsi verso un pareggio pieno di rimorsi; quello che ha sbloccato la partita con l’Atalanta da molti indicata come l’unica partita in calendario che avrebbe potuto far perdere punti al Milan; i due assist con cui Tonali ha ribaltato il risultato a Verona con l’Hellas; i tre assist che hanno chiuso il campionato - e sarebbero stati quattro se non fosse partito leggermente in fuorigioco prima di mettere (di sinistro, con la palla che rimbalzava) il cross sulla testa di Ibra.
Qualcuno ha parlato delle scarse motivazioni, seppur in buona fede, del Sassuolo, in quest’ultima giornata di campionato. Ma si potrebbe vedere anche la cosa dal punto di vista opposto: le motivazioni del Milan erano troppo forti perché il Sassuolo potesse opporvisi. Ed è interessante, nel caso di Leao, proprio perché la componente “mentale” del gioco era quella per cui veniva criticato. Invece contro il Sassuolo è stato uno dei primi giocatori a chiarire come sarebbero andate le cose. Nei primi sedici minuti, prima cioè del primo assist per Giroud, aveva calciato in porta due volte. La prima volta Ferrari aveva impedito il gol con una scivolata miracolosa, dopo che Leao si era sistemato la palla di suola per il tiro. La seconda dopo che aveva saltato Frattesi con un altro numero di suola. Nell’azione dell’assist è lui a rubare palla in pressione ad Ayhan, che poi prova a stenderlo con una scivolata disperata ma non riesce nemmeno a toccarlo.
Lo scorso gennaio, in un pezzo sulla sua prima parte di stagione, non ce la siamo sentiti di sbilanciarci e nel titolo abbiamo optato per la forma dubitativa: «Leao è cambiato davvero?». All’interno scrivevo, però, che c’era stato un sensibile slittamento nel modo in cui veniva percepito il suo peso in campo: «In un certo senso è il contrario della sensazione che dava nelle passate stagioni (comunque poche, questa è la sua quarta in tutto), quando magari era evidente il suo talento, era “bello da vedere”, ma lo accompagnava comunque un’aria innocua. Adesso è chiaro che il suo atteggiamento apparente svogliato è fumo negli occhi o, se preferite, una manovra diversiva, un modo semplice per far abbassare le difese al giocatore che ha davanti, per farsi sottovalutare, e in ogni momento potrebbe uscirsene con qualcosa di determinante».
Adesso possiamo dire che Leao ha vissuto la sua stagione migliore in termini realizzativi (14 gol in tutte le competizioni) e di rifinitura (12 assist). Che i numeri, persino quelli più grezzi, confermano le impressioni. Certo, a proposito di numeri semplici, va detto che Leao ha anche giocato molto di più del passato (quasi il doppio dei minuti giocati due stagioni fa, e quasi 700 in più di quella passata): non ha beneficiato solo di una squadra migliore e più continua rispetto allo scorso anno, ma anche di un utilizzo maggiore, trovando qualità nella quantità.
Vi risparmio il dettaglio fino al decimale delle statistiche più raffinate, ma vale la pena dire che se xG e xA non sono poi così diversi dal passato (rispetto a quanto fatto nelle due precedenti stagioni al Milan, quella al Lille è difficile da valutare considerando il contesto diverso) Leao è migliorato nel risalire il campo portando palla verso la porta avversaria, tira di più e prende la porta con una percentuale superiore, tenta e riesce in più dribbling. In generale, il senso di pericolosità è aumentato perché Leao è più preciso nelle giocate, più a proprio agio. Normale, verrebbe da aggiungere, considerando che questa è solo la sua terza stagione in Serie A.
Il premio a Leao come MVP è, ovviamente, un premio che va a tutto il Milan, perché per giocare al livello a cui sta giocando adesso non serviva solo avere maggiore fiducia, concentrazione, esperienza, ma anche avere intorno una squadra sempre più affiatata ed efficace, compagni che conoscono la sua imprevedibilità e sanno metterla a profitto (vedi la bella sintonia con Giroud).
Oppure vedi anche i due gol di Tonali con l’Hellas…
In fin dei conti Leao è sempre stato veloce, ha sempre avuto la rapidità di un elastico che parte dalle dita di un bambino mentre dribblava. E, se è per questo, non sembra neanche tirare così meglio di prima - questo è l’aspetto su cui forse ha più margine di miglioramento. A calcio, ce lo dimentichiamo troppo spesso, non si gioca da soli.
Adesso Leao, e i suoi compagni, sanno che quando punta il terzino davanti a sé può superarlo anche con pochi metri a disposizione, allungandosi la palla con l’esterno e mettendo la spalla davanti, sterzando poi sulla riga di fondo come un giocatore di hockey capace di arrivare a tutta velocità prima di frenare con i pattini di traverso. Sanno, i suoi compagni, e sa anche lui, che paradossalmente crossa meglio col sinistro di come tira col destro, e che quando si ferma in modo affettato - mettendosi in posa prima o dopo di un dribbling - sta solo preparando la mossa successiva.
Meglio continuare a correre, quando Leao ha la palla. Una cosa che hanno imparato i difensori a loro spese. Seguire il suo ritmo, le micro-pause e le micro-finte di cui riempie i suoi passi, è quasi impossibile. Il fatto che Leao usi così bene il sinistro, unito al suo controllo in velocità, gli permette (giocando a sinistra) di sfruttare il vantaggio che hanno i giocatori ambidestri, a cui non puoi negare sia la profondità lungolinea che lo spazio per rientrare dentro al campo.
Il dribbling lungolinea resta la specialità della casa, ma come detto Leao ha dato solidità al suo gioco curando anche gli altri aspetti fondamentali per un trequartista esterno di alto livello (il gioco tra le linee, anche nello stretto, la finalizzazione, i duelli aerei). Il suo volume di gioco non è ancora elevatissimo - e può aumentare, come anche la sua intensità - ma compensa provando a far male alle difese ogni volta che può. E già così trova un “suo” momento almeno un paio di volte a partita. Pioli lo sa e ha cominciato a tenerlo in campo anche nei momenti di stanca - contro la Fiorentina, sullo 0-0, ha sostituito tutti e tre gli altri giocatori offensivi, tenendo Leao proprio in vista di un’occasione come quella che gli ha dato la vittoria.
Nessuno in Serie A ha deciso in questo modo la parte finale del campionato e se dovesse continuare su questa scia anche la prossima stagione parleremmo di uno dei migliori esterni d’Europa. Ma Leao era cresciuto, cambiato, già prima, quando sembrava essersi preso le responsabilità del suo talento, diventando un punto di riferimento tecnico per una squadra che, senza Ibrahimovic, non poteva puntare tutto sulle discese di Theo.
Zlatan, nell’intervista post-partita citata sopra, chiudeva il ragionamento dicendo: «La mia paura è quando lui capirà quanto è forte, quanto forte diventerà dopo». Leao è stato il giocatore più decisivo rischiando quasi ad ogni azione, in un campionato in cui il rischio non è molto apprezzato. Giocatori con il suo talento sono rari, certo, ma bisogna anche dargli fiducia dopo un paio di stagioni così così. La parte più bella della sua storia è proprio questa: che Leao è sì cambiato, ma restando se stesso, seguendo le premesse del suo talento. E così facendo, ha cambiato anche le certezze di chi pensa che basti dare un’occhiata a un giocatore per conoscerlo definitivamente.