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Nagelsmann il secchione
26 gen 2017
L'Hoffenheim è ancora imbattuto in Bundesliga e il suo allenatore deve ancora compiere 30 anni.
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14 min
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Bundesliga, Liga, Ligue 1, Premier League e Serie A sono considerati i cinque maggiori campionati europei. A metà della stagione 2016/2017, tra le 98 squadre che vi competono, una sola di queste è imbattuta: l’Hoffenheim. Potremmo aggiungerci anche la Primeira Liga portoghese e la Prem’er-Liga russa, ma il risultato non cambierebbe: ancora l’Hoffenheim è l’unica formazione imbattuta. Fa impressione pensare che un anno fa, proprio in questo periodo, il club di proprietà del magnate dei software Dietmar Hopp, era ultimo in campionato, con appena due vittorie all’attivo.

La zona salvezza distava la metà dei punti conquistati fin lì e le prestazioni della squadra non facevano presagire nulla di buono, tanto che la prima retrocessione della storia sembrava imminente. A febbraio però giunse la svolta: l’allenatore Huub Stevens, in carica da neanche quattro mesi, fu costretto a dimettersi per un problema cardiaco. La dirigenza decise quindi di promuovere in prima squadra Julian Nagelsmann, 28enne allenatore della formazione under-19. Non un “tappa-buchi”, ma l’allenatore in divenire che l’Hoffenheim si è costruito in casa e che, in ogni caso, sarebbe subentrato al tecnico olandese a luglio, avendo già firmato un contratto triennale.

Così Nagelsmann, che non aveva nemmeno il patentino Uefa Pro, conseguito prontamente in marzo, diventò, nello scetticismo generale, il più giovane allenatore (permanente) nella storia della Bundesliga. Il Rhein-Neckar-Zeitung, un giornale locale, bollò il suo ingaggio come una “trovata pubblicitaria”, mentre il Frankfurter Rundschau ci andò giù ancor più pesante, scrivendo di “un’idea squinternata”.

Giovane vecchio

Nagelsmann era già allora considerato l’enfant prodige del settore tecnico tedesco, ma nessuno si aspettava di vederlo all’opera così presto, tantomeno in uno scenario così complicato. Ma, come ha ricordato lui stesso, quando ha accettato l’incarico aveva già alle spalle una carriera decennale da allenatore e c’era quindi da aspettarsi di vederlo ai massimi livelli molto presto. Dopo aver militato come calciatore nei settori giovanili di Augsburg, Monaco 1860 e nuovamente Augsburg, il ventenne Nagelsmann era stato costretto ad appendere le scarpette al chiodo a causa di un infortunio cartilagineo cronico al ginocchio.

L’Under 19 del Monaco 1860 nel 2004/2005. Nagelsmann è quello evidenziato in alto al centro. Si riconoscono tra gli altri anche Stefan Aigner, il terzo da sinistra nella fila in alto, attualmente in prima squadra al Monaco 1860 oltre a Christian Trasch e Fabian Johnson, rispettivamente quarto e sesto da sinistra nella fila centrale, entrambi militanti in Bundesliga.

Rattristato e rassegnatosi a vivere una vita “normale”, Nagelsmann aveva cominciato a studiare economia, ma gli dei del calcio decisero di dargli una seconda occasione. Al Monaco 1860 si ricordarono di lui e gli offrirono un posto da allenatore delle giovanili: Nagelsmann non ci pensò due volte ad accettare e a lasciare i suoi studi in economia per dedicarsi alle scienze sportive, decisamente più in linea con quello che di lì a poco sarebbe diventato il suo lavoro a tempo pieno.

Dopo due anni da assistente della squadra under-17 del Monaco 1860, accettò di andare a ricoprire lo stesso ruolo all’Hoffenheim per la stagione 2010/2011. L’anno dopo era già primo allenatore dell’Under-17 e tempo altri 365 giorni faceva già parte dello staff della prima squadra. Le sue qualità non erano certo passate inosservate tra i dirigenti del club e anche i giocatori erano impressionati dall’applicazione e dalle conoscenze di Nagelsamann: Tim Wiese, ex portiere dell’Hoffenheim ora passato al wrestling professionistico, lo aveva soprannominato “Baby Mourinho”.

Per coltivarne ulteriormente le doti e metterlo definitivamente alla prova, all’inizio della stagione 2013-14 gli fu affidata la squadra Under-19. Al primo tentativo Nagelsmann vinse prima il girone Sud/Sud-ovest e poi le finali nazionali, mentre l’anno dopo sfiorò un altro cappotto, conquistando di nuovo la vetta del proprio raggruppamento, ma perdendo in finale con lo Schalke 04. Insomma, si trattava di un vincente nato, che tra l’altro proprio in quel periodo Rummenige, Sammer e Guardiola in persona fecero di tutto per portare al Bayern Monaco. Eppure, tutto questo non bastò a fargli ottenere l’appoggio di stampa e opinione pubblica.

Tra i pochi a credere in lui, c’era quello che in un certo senso può essere considerato il suo maestro, Tomas Tuchel, che già nel 2007/2008 lo aveva impiegato con il compito di visionare gli avversari della squadre che allenava allora, cioè le riserve dell’Augsburg e poi lo aveva spinto ad intraprendere la carriera da allenatore. «È un allenatore affamato di conoscenza e che lavora duro. Ha avuto grande successo a livello giovanile. Sono contento, credo in lui». Sono le parole dell’allenatore del Borussia Dortmund prima dell’esordio di Nagelsmann contro il Werder Brema. Il pareggio per 1-1 con la squadra di Skripnik garantì al tecnico classe 1987 il suo primo punto in Bundesliga, primo mattoncino di quella che sarebbe stata una insperata quanto entusiasmante cavalcata verso la salvezza. Con sette vittorie e due pareggi nelle quattordici partite che mancavano alla fine della stagione, l’Hoffenheim fece registrare il quinto miglior rendimento di tutto il campionato, rimanendo in Bundesliga senza dover nemmeno passare dal play-out retrocessione.

Alexander Rosen, il direttore sportivo del club, ha avuto un ruolo determinante nella promozione di Nagelsmann e da come gli brillano gli occhi in questa intervista, ne va molto orgoglioso. In questo filmato di FIFA TV, Nagelsmann indica come maestri Thomas Tuchel e Alexander Schmidt, con cui tra l’altro andava spesso a vedere le partite della Juventus.

Il primo della classe

A luglio Nagelsmann ha gestito la prima preparazione da allenatore professionista, prendendo in mano una squadra che almeno sulla carta non si poteva dire migliorata, visto che Kevin Volland, probabilmente il talento più fulgido in rosa, si era trasferito al Bayer Leverkusen. Certo sono arrivati giocatori poi rivelatisi importanti a stagione in corso come Kevin Demirbay, Lukas Rupp e Sandro Wagner, ma ben lungi da essere elementi in grado di spostare gli equilibri. Eppure l’Hoffenheim ha ripreso il suo percorso come se nulla fosse e ha chiuso l’Hinrunde come quinta forza della Bundesliga davanti al Borussia Dortmund, con 28 punti e uno 0 nell’immacolata casella delle sconfitte. La vittoria con l’Augsburg alla prima di ritorno ha persino proiettato la squadra del Baden-Wurttemberg addirittura al terzo posto, dietro Bayern Monaco e RB Lipsia.

Vista l’imponderabile impennata nelle prestazioni e nei risultati dell’Hoffenheim è francamente difficile non ascrivere a Nagelsmann il merito di questo capovolgimento. Il tecnico fatto in casa ha messo a frutto le sue immense conoscenze tattiche, ma anche la parte umana e psicologia ha fatto la differenza considerata la particolare situazione per cui Nagelsamann è più giovane di alcuni dei suoi giocatori. Lui stesso ha dichiarato che la tattica non conta più del 30%, mentre il 70% dell’essere allenatore è rappresentato dalle proprie competenze socio-relazionali: ogni elemento della squadra trae motivazioni da fattori diversi per cui deve essere stimolato in tal senso. È necessario trovare l’equilibrio da qualità tecnico-tattiche e condizione psicologica della rosa.

Il fatto di essere praticamente coetaneo dei suoi calciatori è per sua stessa ammissione un vantaggio non da poco perché gli permette di calarsi nei loro panni e di costruire una relazione aperta senza però trascendere il normale rapporto allenatore-giocatore (motivo per il quale non frequenta i suoi uomini al di fuori dell’ambiente professionale). A sentire le loro dichiarazioni, i giocatori del TSG stravedono letteralmente per lui. Sule è arrivato a dire che il suo allenatore “è unico” perché “capisce quello che i calciatori pensano, ma allo stesso tempo trasuda autorità”, oltre ad essere “invincibile sul piano dell’astuzia”.

Effettivamente proprio uno dei punti di forza di Nagelsmann è la sua abilità nel preparare le partite e a leggerne gli sviluppi in corso d’opera. Nella gara con il Mainz alla seconda giornata, quella in cui l’Hoffenheim è andato più vicino alla sconfitta, il giovane tecnico tedesco ha probabilmente dato il meglio di sé. Partito con il 3-5-2, la sua squadra era già sotto 3-0 dopo 27 minuti di gioco e chiuse il primo tempo addirittura in svantaggio per 4-1. Ma l’Hoffenheim si ripresentò in campo nella ripresa con una sorta di 4-2-2-2, una formazione molto stretta in attacco che permetteva contemporaneamente di trovare superiorità numerica anche all’interno del compatto 4-1-4-1 del Mainz con un occhio alla creazione di isolamenti sul lato debole, sia di proporre un gegenpressing molto aggressivo ogni volta la palla veniva persa in zona offensiva. In tredici minuti, dal 71.esimo all’84.esimo, “die Kraichgauer”, riuscirono a segnare tre gol e a riagguantare il pareggio, rischiando persino di ribaltare il risultato nelle battute finali.

Fluidità

Per Nagelsmann i moduli di gioco sono irrilevanti, perché come ha sottolineato «è una questione di 5-10 metri se una formazione è schierata con il 4-4-2 o il 4-2-3-1». Lui ha utilizzato principalmente il 4-3-3 e una serie di variazioni sul tema del 3-5-2, ma effettivamente le formazioni sono sempre e solo state un mezzo con cui esaltare le qualità dei singoli e sfruttare i punti deboli degli avversari.

L’Hoffenheim ha iniziato questa stagione con il 4-3-3 e pur avendo ottenuto buoni risultati, erano emerse alcune criticità che hanno poi portato al passaggio al 3-5-2. C’erano infatti problemi sia in fase difensiva, che in fase offensiva. Senza la palla, gli uomini di Nagelsmann si orientavano sull’uomo, considerato anche il largo uso del 4-2-3-1 in Bundesliga, cercando di bloccare la costruzione avversaria lungo la fascia. Il problema era che la compattezza locale che si veniva a creare lungo la linea laterale, sguarniva il lato debole: se l’esecuzione non era perfetta, la trappola di pressing veniva disinnescata e l’Hoffenheim era costretto a retrocedere. Inoltre, anche l’approccio uomo a uomo della linea difensiva non era ideale, poiché in più di un’occasione portava i difensori fuori posizione e comprometteva l’ampiezza della linea. Problemi di natura strutturale rimanevano anche con la palla: l’abbassamento del regista (Eugen Polanski) in mezzo ai difensori, stabilizzava l’inizio azione, ma ne pregiudicava lo sviluppo, peggiorando le connessioni con il resto della squadra. In particolare i due interni di centrocampo erano difficilmente raggiungibili e isolati.

Così Nagelsmann ha rispolverato il 3-5-2, o meglio il 3-1-4-2, utilizzato già nella passata stagione. In porta c’è Baumann, uno dei migliori portieri tedeschi, mentre solitamente la difesa a tre è costituita dall’ex mediano Vogt come difensore centrale, Bickacic sul centro-sinistra e il 21enne Sule, l’elemento più solido e talentuoso del pacchetto arretrato (non a caso già prenotato dal Bayern Monaco per la prossima stagione) sul centro-destra. Rudy (che continuerà a giocare con Sule in Baviera), un po’ il jolly della squadra, è passato da terzino o mezzala a giocare davanti alla difesa, con il sorprendente Demirbay e il gioiellino Amiri oppure Rupp da mezzali. A destra il titolare è il ceco Kaderabek, mentre a sinistra abbiamo visto alternarsi Toljan e Zuber, più pericoloso negli uno contro uno. In attacco è diventato insostituibile Wagner, già autore di 10 gol, che di solito gioca accanto a Kramaric, 6 gol, tanti quanti Uth, la prima opzione offensiva in panchina.

Il 3-1-4-2 ha nettamente migliorato le connessioni della squadra. La linea difensiva a tre permette di non sacrificare il mediano costringendolo ad abbassarsi, che invece rimane davanti ai tre difensori per formare una sorta di rombo d’impostazione. Vogt parte infatti più basso rispetto ai centrali di fascia, che si allargano il più possibile sugli interni per rendersi meno vulnerabili al pressing avversario e permettere ai fluidificanti di alzarsi e allargarsi fino a pestare la linea laterale.

La struttura del 3-1-4-2 in possesso: difensori laterali e mezzali si posizionano sui mezzi spazi, mentre i fludificanti si allargano anche molto. Generalmente i due attaccanti giocano vicini nel tentativo di innescare una combinazione in seguito ad un passaggio in verticale.

Le due mezzali si posizionano a loro volta sui mezzi spazi, cercando di assumere posizioni che aprano linee di passaggio percorribili per i compagni e di fatto costituendo due triangoli con gli esterni e i centrali di fascia. I due attaccanti, soprattutto Wagner, sono perfettamente a proprio agio nel giocare spalle alla porta e non è rado vedere un passaggio giungere da uno dei difensori direttamente sui piedi delle punte.

Nell’Hoffenheim di Nagelsmann si possono riconoscere alcuni elementi del gioco di posizione, che in un certo senso sono stati rielaborati e amalgamati con principi più tipici del calcio tedesco. Infatti c’è una tendenza al gioco verticale abbastanza netta, per cui non di rado il centrocampo viene saltato, ma in generale le opzioni di passaggio, soprattutto diagonali, non mancano.

La ricerca della verticalità è uno dei principi più importanti del modello di gioco dell’Hoffenheim.

In una recente intervista a The Ringer, l’allenatore del TSG ha dichiarato che a suo dire l’importanza del pallone sta venendo sottovalutato ultimamente, tanto che a suo dire in Bundesliga ci sono solo tre squadre che cercando di risolvere le partite con la palla, mentre le altre si concentrano sulla fase difensiva. Certo è più complicato allenare la fase di possesso e sviluppare idee originali, ma se tutti la tralasciassero il calcio sarebbe più noioso. Ecco perché bisogna avere il coraggio di sperimentare.

È molto interessante vedere come, a seconda dei movimenti dei compagni, i giocatori reagiscano con azioni di supporto o contro-movimenti che non compromettono le connessioni e, anzi, aumentano invece le possibilità di una combinazione. Su questo aspetto incidono le istruzioni individuali e gli allenamenti di Nagelsmann, uno a cui piace sperimentare molto, tanto che difficilmente ripete lo stesso esercizio nel corso di una stagione.

Nagelsmann considera la flessibilità posizionale uno dei cardini del calcio del futuro: “Ci sarà la possibilità di spostare un difensore centrale in posizione di mediano, un mediano in attacco e far abbassare un attaccante a centrocampo. I giocatori devono essere flessibili: più variazioni di posizioni puoi offrire, più sarai pericoloso.”

Manie di controllo

Nell’economia dell’attacco sono molto importanti i calci piazzati, sempre ben curati ed efficaci, tanto che circa un terzo dei 28 gol segnati in campionato hanno avuto origine su un calcio da fermo. Altrettanto pericolose le transizioni, come hanno potuto provare sulla propria pelle sia il Bayer Leverkusen (sconfitto 3-0 alla BayArena) che il Borussia Dortmund (2-2). Proprio nella partita contro le “aspirine” Roger Schmidt è stato espulso per aver urlato «Chiudi il becco e vatti a sedere! Pensi di aver inventato il calcio?» a Nagelsmann, reo di essere un po’ troppo espansivo nel suo dirigere la squadra dalla panchina.

In fase difensiva gli orientamenti sono piuttosto variegati e dipendono dall’avversario. Solitamente coesistono l’orientamento sull’uomo e sulla posizione dei compagni ma le gerarchie dei riferimenti possono cambiare da gara a gara. L’Hoffenheim fa un largo uso del deckungsschatten, cioè la schermatura delle linee di passaggio che si ottiene con il posizionamento del difensore tra il pallone e il potenziale ricevitore, tanto che lo staff di Nagelsmann ha sviluppato un indice che permette di misurare quanto tempo i giocatori avversari, o i propri uomini, vengono mantenuti in zona d’ombra. “Ogni contrasto aggiunge casualità al gioco, quindi preferisco cercare di intercettare il pallone bloccando le linee di passaggio” è stata la spiegazione del 29enne allenatore.

La squadra pressa in un 5-1-2-2, con gli attaccanti che cercano di orientare il gioco dei centrali verso le fasce, schermando la ricezione sui centrocampisti e il fluidificante del lato palla che assume un posizionamento anche decisamente aggressivo (ma che cambia leggermente tra destra e sinistra), mentre la linea difensiva scivola e di fatto si riorganizza a quattro. Con l’aiuto della mezzala e l’utilizzo di marcature preventive l’obiettivo è quello di isolare il portatore di palla, ingabbiandolo in una situazione di inferiorità numerica che lo costringa a cedere il possesso.

In zone più basse di campo l’Hoffenheim cerca sistematicamente di diminuire le opzioni a disposizione del portatore di palla per costringerlo a prendersi scelte rischiose che incrementino le probabilità di recuperare il possesso del pallone.

Due esempi in cui l’Hoffenheim ha praticamente tolto ogni linea di passaggio al portatore di palla avversario, tratti dalle partite contro Bayern Monaco e Borussia Dortmund.

Se c’è un difetto è quella della difesa della propria area di rigore. Ci sono ancora meccanismi da sistemare: non di rado quando c’è da mantenere il risultato, i difensori perdono i propri riferimenti e questo spiega perché è capitato già diverse volte che l’Hoffenheim, una volta passato in vantaggio, si sia fatto raggiungere.

Certo, non è facile chiedere di più a una squadra che sta già andando nettamente oltre le aspettative e che, se il campionato finisse oggi, sarebbe qualificata alla prossima Champions League. La tendenza al perfezionismo di Nagelsmann fa però sperare in nuovi miglioramenti. Tanto più che pur essendo cosciente del fatto che aspirare al titolo già nei prossimi anni sia utopico, considera quello con l’Hoffenheim un progetto decennale, con la volontà di vincere qualche trofeo come principale fonte di motivazioni. Il confine tra arroganza e ambizione è sempre sottile, ma d’altronde accontentandosi non si va molto lontano nella vita.

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