Al 40’ Atalanta e Napoli sono agli sgoccioli di un primo tempo incredibilmente intenso e divertente per gli standard dei big match di Serie A. Il pressing a uomo dei nerazzurri ha asfissiato il palleggio della squadra di Conte, che però è ancora viva e pronta ad approfittare di qualsiasi errore degli avversari, come nel caso del gol dell’1-1.
Ederson prova a gestire un pallone vicino alla linea del fallo laterale: l’Atalanta ha appena battuto una rimessa e sembra voler rallentare, dopo un primo tempo ad alti ritmi passato per gran parte sulla trequarti del Napoli. Alle sue spalle, però, c’è Anguissa. Il centrocampista del Napoli sale in pressione e con un contatto sbilancia il suo avversario, consegnando di fatto la palla a David Neres, che gliela restituisce con un bel colpo di tacco. Adesso Anguissa è libero sul lato sinistro dell’area di rigore dell’Atalanta. Arrivato sul fondo, con un cross in cutback, il camerunense serve l’inserimento di McTominay, che batte Carnesecchi con un tiro di piatto nell’angolo alto. È il gol dell’1-2 che chiude un primo tempo sofferto per gli "azzurri", a Bergamo nella loro versione più contiana mai vista prima.
Ormai ci siamo abituati a vedere il Napoli arrivare al tiro in questo modo: un esterno o, come in questo caso, una delle due mezzali arriva sul fondo e, invece di crossare, serve la mezzala libera uno o due metri dietro la linea difensiva, che sta collassando verso la porta.
Trascurando i quattro gol già messi a segno, quello servito a McTominay è stato il terzo assist del campionato di Anguissa – nella stessa partita di Bergamo è arrivato anche il quarto, un cross effettuato con il mancino per il colpo di testa decisivo di Lukaku – mentre per McTominay le reti in Serie A sono salite a cinque, a cui va aggiunto un assist.
È la prova della centralità di Anguissa e McTominay in questo nuovo Napoli di Conte, arrivato a sei vittorie consecutive in Serie A dopo la sconfitta interna con la Lazio.
Una centralità che è in primo luogo realizzativa. D'altra parte, non è una novità che una squadra di Antonio Conte si appoggi alle capacità realizzative dei centrocampisti per sopperire ai limiti offensivi. In Serie A sicuramente ricorderete il terzetto Marchisio-Pirlo-Vidal, grazie al quale la Juventus, priva di un centravanti che segnasse con regolarità, riusciva a distribuire il numero e il peso dei gol durante l’arco della stagione. All’Inter i primi due acquisti della sessione di calciomercato furono due mezzali che si sperava potessero replicare questi standard come Sensi e Barella, con l’aggiunta lussuosa di Eriksen dopo soli sei mesi.
Non sono solo i gol, però. Conte parte dal centrocampo per mettere le basi alla squadra, guidarla nel rispetto marziale dei suoi principi: l’intensità, la ferocia agonistica, la resistenza fisica e mentale lungo i novanta minuti. Le mezzali, nel suo gioco, partecipano a entrambe le fasi molto attivamente, vanno su e giù come stantuffi, aiutando la prima punta a risalire il campo. Allo stesso tempo devono essere in grado di finalizzare la mole di gioco prodotta dalle catene laterali. Un lavoro che ha fatto le fortune di giocatori come Marchisio e Vidal, e che ha cambiato la carriera ad altri, come Giaccherini e Vecino.
L'inserimento delle mezzali in area serve a Conte per produrre una sorta di "effetto sorpresa”, sopperendo così al vuoto primordiale delle sue squadre: i dribblatori. Gli inserimenti dei centrocampisti in area non sono certo una prerogativa delle squadre di Conte, ma in esse diventano particolarmente importanti, in un sistema che fa sempre difficoltà a sorprendere gli avversari. D'altra parte, gli inserimenti dalla "seconda linea", dopo cioè che la linea difensiva è stata abbassata dai tagli degli attaccanti, sono sempre difficili da controllare per le difese avversarie, e continuano ad essere fonte di gol quasi inesauribile.
L'IMPORTANZA DI MCTOMINAY
Anche a Napoli, dove Conte come suo solito ha preteso un ruolo di primo piano nella costruzione della squadra («Mi considero un manager e voglio avere voce in capitolo»), il tecnico salentino ha posto le basi comprando delle mezzali dalle spiccate qualità offensive. Certo, l’estate del Napoli non è andata proprio secondo le aspettative, ma verso la fine del calciomercato, dopo due operazioni estenuanti, il club azzurro è riuscito ad acquistare due rinforzi a centrocampo: gli scozzesi Billy Gilmour e Scott McTominay.
All'inizio in molti erano scettici, ora però conosciamo il motivo dell’impazienza di Conte, soprattutto in merito all’arrivo di McTominay. Da quando l’ex Manchester United è stato considerato arruolabile, infatti, il tecnico salentino ha cambiato radicalmente sistema di gioco, passando dalla difesa a tre a un ibrido 4-2-2-2, dove era proprio McTominay ad alzarsi alle spalle di Lukaku. A inizio ottobre da quella posizione di seconda punta è arrivato l’1-0 al Como: una combinazione con Lukaku che gli ha permesso di ricevere a ridosso dell’area, dove ha calciato rasoterra alla destra del portiere.
La facilità di calcio è una delle qualità meno conosciute di McTominay, un giocatore che spesso viene appiattito sulla sua esuberanza atletica e che invece ha un ottimo feeling con la palla quando riceve spalle alla porta. Se riesce a girarsi e puntare l’area, poi, il centrocampista scozzese diventa una seria minaccia per le difese avversarie.
Nel 4-3-3 del Napoli il suo ruolo, sulla carta, sarebbe quello della mezzala sinistra con compiti offensivi. In altre parole, McTominay deve connettersi con Lukaku centralmente, cercare una sua sponda per poi allargare il gioco o calciare, mentre dal suo lato è Olivera a dare supporto all’esterno offensivo – e cioè Kvaratskhelia fino a gennaio, e Neres adesso.
Secondo i dati raccolti da StatsBomb, lo scozzese è il terzo centrocampista della Serie A con più tocchi nell’area avversaria (4.11 per 90 minuti, dietro a Fabbian e Pasalic) ed è il primo per tiri effettuati (2.06 per 90 minuti). Dati che confermano come McTominay "compensi" i movimenti di Lukaku agendo praticamente da seconda punta. In un certo senso, è il centravanti belga a lavorare per lui. Gestendo i palloni quasi sempre spalle alla porta, come appoggio per la squadra, e senza riuscire ad attaccare lo spazio come in passato. In questo senso, è significativo non solo il dato sui gol (8), più basso che in passato, ma anche quello sugli assist, che arrivati a questo punto della stagione sono ben 6.
A Torino, nella vittoria di misura di inizio dicembre, abbiamo visto McTominay lavorare in entrambe le fasi con intelligenza. I suoi movimenti senza palla aiutano il Napoli a diventare più verticale durante la costruzione, ad allungare il campo. Quando poi la squadra attacca posizionalmente, avere un centrocampista che attacca così bene l'area è un vantaggio non da poco.
Il gol che regala la vittoria al Napoli è un breve saggio di quanto detto finora. Kvaratskhelia lo serve con un passaggio leggermente arretrato e lo scozzese deve prima controllare con il sinistro, il suo piede debole. Nonostante questo, basta davvero poco spazio a McTominay per portarsi avanti il pallone e fulminare Milinkovic-Savic sul palo vicino con un tiro secco.
Questo tipo di qualità negli ultimi 16 metri è esattamente ciò che serviva al Napoli in estate. La partenza di un creatore come Zielinski aveva lasciato un buco in quella zona di campo, e il Napoli ha deciso di riempirlo con un giocatore decisamente diverso, più adatto alle richieste di Conte.
ANGUISSA, CENTROCAMPISTA TOTALE
Se è più facile spiegarsi l’impatto in zona gol di McTominay, che nell’ultima stagione al Manchester United aveva comunque collezionato 10 gol in 43 presenze, non lo è altrettanto parlare della rinnovata centralità acquisita da Zambo Anguissa. Il centrocampista camerunese è stato uno dei protagonisti dello scudetto vinto con Spalletti, ma nell'ultima stagione era apparso in difficoltà, come se soffrisse in un contesto più caotico e meno adatto alle sue caratteristiche. Di certo era difficile aspettarsi di vederlo sgusciare via dalle marcature a uomo dell’Atalanta da destra a sinistra e mandare in porta i compagni con tranquillità oppure sterzare per liberarsi di un avversario e segnare con una bordata dai venti metri.
Un gol che ad alcuni ha ricordato Yaya Touré.
Prima del suo arrivo a Napoli, Anguissa aveva segnato due soli gol in sei anni di carriera tra i professionisti. Eppure che Conte ci avesse visto qualcosa era chiaro sin dall’estate, quando aveva dichiarato che in coppia con Lobotka «sono tra i migliori in assoluto per come vedo io il calcio».
Nella stagione dello Scudetto, la migliore di Anguissa dal punto di vista realizzativo, aveva segnato 3 gol – di cui 2 nella stessa partita, contro il Torino. Quest’anno ha dichiarato che segnare «non è la mia priorità, la squadra viene prima di tutto» eppure a metà gennaio si è già superato. E probabilmente non si fermerà se è vero, come ha dichiarato, che Conte gli ha chiesto 8 gol. Un numero spropositato per un centrocampista come Anguissa: un maestro della riaggressione e del pressing alto, ma poco a suo agio sotto porta.
Nelle ultime partite il suo contributo offensivo è diventato chiave per i meccanismi del Napoli. Anche Anguissa è tra i centrocampisti che toccano più palloni nell’area avversaria (2.25 per 90 minuti) oltre ad avere ottimi numeri per xG assisted su azione (molto simili a quelli di Reijnders, per intenderci). Con il passaggio a un 4-3-3 “simmetrico”, Anguissa sembra aver beneficiato dell’intesa con la catena di destra storica del Napoli. Il camerunese riesce infatti a svuotare e riempire costantemente i corridoi liberi insieme a Politano e Di Lorenzo, alternando inserimenti profondi a momenti in cui è lui a mantenere l’ampiezza, mentre Di Lorenzo si smarca verso il centro del campo.
«Il mister mi dice di non essere pigro», ha detto ancora Anguissa «Oggi il centrocampista deve fare tutto e io ci provo». Contro l’Atalanta è stato cruciale per il Napoli appoggiarsi alle sue corse, così da tagliare il campo e le marcature a uomo della squadra di Gasperini. Anguissa è l’unico centrocampista del Napoli che può svariare in lungo e in largo, talvolta con gradi di libertà sorprendenti per una squadra di Conte. Contro l’Atalanta le sue statistiche raccontano di una partita imperiosa: 6 duelli vinti, 3 recuperi, 2 intercetti, 89% di passaggi riusciti.
Anguissa può abbassarsi per aiutare Lobotka in palleggio quando il Napoli costruisce, e nell’arco di pochi passaggi può trovarsi nel mezzo spazio di sinistra, sovraccaricando il lato di McTominay. Che le sue caratteristiche più offensive stiano fiorendo lo si vede, per paradosso, anche da una percentuale di passaggi completati che supera di poco il 60% – segno che è sempre più propenso a prendersi dei rischi per eludere il pressing.
IL NAPOLI POSIZIONALE DI CONTE
Nelle ultime giornate il suo stato di forma eccezionale si è riversato su tutta la squadra, e la sua influenza è cresciuta sempre di più. Ma alla base c'è un'evoluzione da parte del Napoli, che gradualmente ha adottato alcuni principi del gioco di posizione. In particolare sembra che sia stato di particolare aiuto la scelta di spostare i due terzini – Di Lorenzo e Olivera – ai lati di Lobotka in fase di impostazione.
Oggi infatti il Napoli si dispone in prima costruzione con Di Lorenzo al fianco di Lobotka, portando le due mezzali all’altezza di Lukaku e con i due esterni – Neres a sinistra e Politano a destra – larghissimi sulle fasce.
In questo sistema, quindi, il pallone viene fatto circolare in orizzontale fino a recapitarlo su uno dei due esterni, in particolare David Neres, che sta diventando sempre più influente nelle ultime settimane per via delle vicende che hanno riguardato Kvaratskhelia. Gli esterni devono creare superiorità con il dribbling ma, rimanendo così esterni, lasciano per forza di cose l'incombenza di occupare la trequarti e poi l'area ai due interni di centrocampo: McTominay e Anguissa, appunto.
Contro l’Hellas Verona lo abbiamo visto almeno due volte: Neres inafferrabile a sinistra, Lukaku attacca la porta per far collassare i centrali a ridosso del portiere, e dietro la linea a turno una mezzala libera di calciare.
È una soluzione studiata, che funziona per l'efficacia già detta dei passaggi in cutback, e nonostante il centrocampo del Napoli non abbia storicamente molti gol nei piedi. Lo ha detto lo stesso Conte: «Se andate a vedere questa squadra ha pochi gol in carriera». E in effetti è così, se si pensa a Politano, generoso ma inconcludente sotto porta, a Neres stesso, più dedito all’assist che all’attacco della porta, ma anche appunto ad Anguissa e Lobotka, per non parlare dei difensori. Oggi sia McTominay che Anguissa stanno overperformando da un punto di vista realizzativo. Il centrocampista camerunese addirittura ha il doppio dei gol, parametrati sui 90 minuti, rispetto agli xG avuti a disposizione, e forse potrebbe fare anche meglio.
Questo lavoro sta aggiungendo un livello al gioco di McTominay e Anguissa, che ovviamente sono già eccezionali per i motivi che conosciamo - non ultimo: sono tra i centrocampisti che corrono di più nel nostro campionato, con più di 12 chilometri di media a partita. Aiutati dall'assenza dell'impegno europeo, la loro freschezza atletica sembra inesauribile e chissà che alla fine non faccia davvero la differenza. Al di là di come andrà a finire, Conte ci ha già restituito una delle migliori coppie di mezzali del panorama europeo, che insieme a Lobotka compongono un centrocampo formidabile. Se il Napoli è lì dov'è oggi, una buona parte del merito va soprattutto a loro.