Chi in più: Adam Ounas, Kevin Malcuit (fine prestito)
Chi in meno: Tiemoué Bakayoko (fine prestito), Nikola Maksimovic e Elsid Hysaj (svincolati)
Una statistica interessante della scorsa stagione: Il Napoli è la squadra che ha tirato più di tutte alla fine di un'azione di gioco regolare. Con una media di 13 tiri a partita, ha fatto meglio dell’Atalanta (12,4 tiri/partita) e della Juventus (11,4).
Un ambiente spaccato
A due mesi di distanza, il dolore inflitto alle carni dei napoletani per l’esito di Napoli-Verona, costato agli azzurri la qualificazione in Champions League all’ultima giornata, può dirsi attenuato ma non del tutto dimenticato.
È un momento strano per la tifoseria azzurra. La pandemia ha tenuto il tifo lontano dal suo luogo di culto per eccellenza, lo stadio. Negli anni, il Diego Armando Maradona ha rappresentato il collante di una tifoseria, se non addirittura dell’intera società cittadina. Venuto a mancare il centro gravitazionale, i tifosi si sono sparpagliati per le piazze virtuali. I social, i forum, i network locali, altro non hanno fatto che contendersi la loro parte di audience, allontanando i tifosi gli uni dagli altri e su posizioni che ormai sembrano inconciliabili. “Papponisti”, “Tuttapposters”, “Forza fallimento”, intorno al Napoli oggi ci si divide su tutto: dal mercato poverissimo di ingressi, al materiale tecnico rimediato per il ritiro estivo, fino al rinnovo contrattuale del capitano Lorenzo Insigne. È una situazione nuova per persone che per istinto ricercano la solidarietà altrui, od offrono la propria spontaneamente, nei momenti di difficoltà.
Di fronte ai malumori della piazza, il presidente Aurelio De Laurentiis ha appuntato sulla giacca la coccarda della gestione virtuosa. Parafrasando le sue parole dalla prima conferenza stampa dell’anno: il Napoli è un’avventura imprenditoriale, e come tale ai rischi connaturati con l’impresa devono corrispondere guadagni adeguati. Il Napoli non deve solo autosostenersi, deve fare profitto. E nel quadro di una situazione economica per la quale il calo dell’offerta ha provocato il crollo delle valutazioni dei cartellini dei calciatori, si può provare a far profitto solo tagliando i costi. Ecco le ragioni dei dubbi sul ricco contratto di Insigne (gli sarebbe stato offerto un rinnovo a cifre pressoché dimezzate rispetto all’accordo precedente). Ecco l’immobilismo in sede di mercato, entra solo se esce qualcuno, adagio di gallianesca memoria.
Come giocava la scorsa stagione
L’esclusione dalla Champions League e dai suoi introiti ha ridotto ancora di più i margini di manovra del Napoli. Lo scorso anno la squadra di Gennaro Gattuso non ha giocato una stagione all’altezza delle proprie possibilità. Ci è riuscita in parte, quando non è stata falcidiata dagli infortuni o debilitata dal calendario congestionato. Due erano i baluardi tattici di quella squadra: il possesso palla e la capacità di riaggredire.
Il Napoli in campionato ha avuto una percentuale media di possesso palla del 54%, inferiore solo al Sassuolo (58%) e alla Juventus (55%). Gli azzurri spingevano sull’impostazione dal basso palla a terra, per attirare in avanti gli avversari e colpire negli spazi che si creavano alle loro spalle. Questo piano tattico non ha sempre avuto successo, vuoi per l'abilità dell’avversario di turno di mettere pressione, vuoi per le assenze tra gli uomini capaci di attaccare poi lo spazio e permettere alla squadra di risalire. Per queste ragioni, non sempre il Napoli è stato in grado di trasformare il terzo possesso palla del campionato in un vero e proprio dominio territoriale (per la percentuale di passaggi giocati nella metà campo avversaria, il Napoli è stato solo la settima squadra del campionato).
Il Napoli ha spinto sul pedale della riaggressione, per riprendersi il pallone nelle zone alte del campo nell’immediatezza di una perdita del possesso: per numero di azioni di disturbo nel terzo di campo offensivo, è stato la quarta squadra del campionato, secondo i dati Fbref. Il Napoli ha riaggredito tanto, ma ha anche pressato poco. Cioè ha preferito chiudersi dietro, provando a controllare gli spazi, piuttosto che tentare di disturbare l’azione avversaria: per numero di pressioni su tutto il campo, è stato solo quindicesimo. Quando non deteneva il possesso del pallone, il Napoli di Gattuso si chiudeva a protezione dell’area di rigore, aspettando l’errore dell’avversario o la fine dell’azione.
Com’è cambiata, qual è l'identità tattica cercata quest'anno
Le prime uscite del precampionato hanno dato, come di norma, poche indicazioni definitive. In questo periodo si affrontano avversari di rango differente, con livelli di forma spesso completamente sbilanciati. Per di più il Napoli ha dovuto fare a meno nella prima parte del ritiro dei calciatori tenuti a riposo dopo le fatiche nei tornei per nazionali. È sembrata però chiara l’intenzione di Luciano Spalletti di liberarsi dei barocchismi in fase di impostazione bassa della precedente gestione. Il pallone ora passa dai piedi dei due difensori centrali, che hanno come prima uscita privilegiata il perno basso di centrocampo. Sfalsati ad altezze differenti sono posizionate le due mezzali, e a seconda della loro posizione il Napoli in fase di possesso oscilla tra un 4-3-3 e un 4-2-3-1. I cinque uomini citati sono utilizzati per cercare la risalita del pallone nella fascia centrale del campo, in modo da creare subito i presupposti per la creazione di un’occasione pericolosa.
Rrahmani ha un passaggio semplice a destra verso il terzino Malcuit. Sceglie invece di andare per la giocata codificata sul perno basso di centrocampo, Lobotka. Il pallone viene letto e intercettato per il gol del momentaneo 1-0 per il Wisla.
I due terzini sono raramente coinvolti, in questo senso la prima impostazione ora è più vicina a Sarri che a Gattuso. Se non c’è un appoggio sicuro centralmente, si calcia lungo, si cerca uno dei quattro uomini (il centravanti, le due ali, una delle mezzali) che si sono allungati sul campo per ingaggiare la difesa avversaria. Il tempo speso nel primo terzo di campo deve essere ridotto al minimo.
Koulibaly non ha appoggi centralmente sul corto, decide quindi di andare lungo su Elmas. Se c’è la possibilità si risale il campo in fretta, non si gioca lateralmente né all’indietro.
Nella zona di sviluppo, quella intermedia del campo, il Napoli sembra affidarsi più all’istinto dei suoi giocatori offensivi e all’integrazione delle loro caratteristiche migliori, piuttosto che a veri e propri schemi. A destra, per esempio, Politano preferisce ricevere il pallone sulla linea laterale, e rientrare nel campo sul suo piede sinistro. A quel punto, la mezzala di parte si avvicina per offrire uno scarico, mentre Di Lorenzo e Osimhen spingono la difesa ad abbassarsi scattando in profondità. A sinistra, Insigne alterna due movimenti differenti, che Mario Rui prova a compensare. Il capitano o si abbassa per ricevere il pallone nella zona della mezzala, e il terzino si allarga in fascia per attirare il suo omologo dal lato opposto; oppure, quando il gioco si sviluppa sulla fascia opposta, Insigne si allarga per offrire un’alternativa sul cambio gioco e Rui, già stretto per proteggere il Napoli da un’eventuale ripartenza, se vede lo spazio prova ad incunearsi in area centralmente.
Mentre la palla viaggia tra Lobotka e Insigne, Mario Rui vede lo spazio tra terzino e centrale difensivo e scatta in avanti da una posizione più stretta.
Nella zona di finalizzazione, di solito, il centravanti e le due ali si ritrovano molto vicine, a cercare combinazioni tecniche nello stretto per provare a penetrare in area di rigore. Quello che è mancato al Napoli finora, è stato un uomo capace di buttarsi in area sui movimenti incontro degli attaccanti. La pulizia tecnica, la precisione e la potenza di calcio di Zielinski non si discutono, ma il polacco non sembra avere nelle proprie corde l’istinto dell’assaltatore. Ha preso di più l’iniziativa Elmas, schierato da mezzala destra, ma il macedone oggi è un ragazzo di ventuno anni, ancora piuttosto discontinuo nelle sue prestazioni, su cui Spalletti avrà la possibilità di lavorare. Per di più, contro le difese chiuse, la presenza di un solo uomo ad offrire l’ampiezza non aiuta (se un terzino si sgancia, l’altro resta). Il Napoli non ha invece difficoltà ad attaccare il campo lungo, con la supremazia nella corsa palla al piede di uomini come Osimhen, Zielinski, Politano e Di Lorenzo.
Le occasioni per attaccare in campo lungo non mancheranno al Napoli. Nel precampionato e di partita in partita, il Napoli ha cambiato atteggiamento, passando per un controllo ossessivo degli spazi contro avversari di blasone, come il Bayern; oppure ha optato per tentativi di recupero alto del pallone contro avversari più abbordabili, come l’Ascoli. Non è che contro il Bayern il Napoli non abbia provato a pressare, ma è sembrato che i trigger, gli eventi che scatenano la pressione, non fossero stati compresi allo stesso modo da tutti i giocatori. Ne è venuta fuori una pressione disarmonica, facile per il Bayern da bucare. Spalletti a un certo punto dalla panchina ha chiesto di smettere di tentare, e di restare piuttosto stretti e bassi in controllo della zona centrale del campo. Anche contro il Wisla, squadra che ha già iniziato il proprio campionato ed è più avanti nella preparazione, il Napoli ha spesso preferito cedere il controllo della palla.
Elmas è in ritardo nella sua uscita, Lobotka reagisce e va a prendere l’uomo che era del compagno. Il movimento verso sinistra dei due apre un varco per un’imbucata semplice semplice.
Contro l’Ascoli si è visto qualcosa di diverso, perché l’avversario lo consentiva, certo, ma anche perché con qualche allenamento in più i giocatori hanno dimostrato una maggiore comunione d’intenti. Il Napoli piazzava uomini sulle linee di passaggio e invogliava l’Ascoli a giocare su un lato del campo. Un passaggio laterale verso il terzino era il trigger che spingeva i giocatori azzurri a stringere in zona palla. Gli avversari assediati erano così costretti a calciare lungo o a rischiare la giocata.
Anche per quanto riguarda il modulo tenuto quando il Napoli non era in possesso di palla, Spalletti non s'è fatto problemi a variare l’atteggiamento e la distribuzione delle sue pedine. Contro il Bayern e il Wisla, il Napoli ha mantenuto un 4-1-4-1 ordinato, con Lobotka uomo d’ordine e d’interdizione tra le due linee. (La società pare stia cercando un mediano, dopo il grave infortunio di Diego Demme, il teorico titolare nel ruolo). La mossa che ha mandato in tilt il Bayern è stato il passaggio al 5-3-2, adottato per lo più con l’intenzione di difendere meglio l’ampiezza portata dalle ali bavaresi. I difensori del Bayern hanno perso i riferimenti e nella zona centrale più congestionata hanno perso due palloni sanguinosi regalando due reti in un minuto. Contro l’Ascoli schierato con il rombo di centrocampo, il Napoli si è sistemato alto sul campo con un 4-4-2 provocato dalla rotazione asimmetrica del centrocampo dal lato di Politano, con Insigne che saliva al fianco di Osimhen. L’impressione è appunto che Spalletti stia preparando il Napoli a gestire avversari differenti in modo differente.
Giocatore chiave
Dopo aver contratto il COVID, essersi infortunato prima alla spalla e poi alla testa, dopo aver pagato lo scotto del noviziato in un campionato e in un paese nuovo, aver digerito il peso del prezzo altissimo pagato dal Napoli per il suo cartellino, da Victor Osimhen ci si aspetta una stagione da almeno venti gol. Sic et simpliciter.
Giocatore di cui avere la maglia
Ad avercela, una maglia, sarebbe bello prendere quella di Lorenzo Insigne. Non sia mai che sia l’ultima.
Miglior scenario possibile
La squadra si compatta intorno a un condottiero carismatico come Luciano Spalletti. Il ritorno allo stadio fa il resto. La spinta propulsiva del tifo, di nuovo compatto, come un moltiplicatore di forze per raggiungere agevolmente la qualificazione alla Champions League 2022/23.
Peggior scenario possibile
Bucare ancora l’ingresso in Champions League.