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La partita tra Napoli e Juventus aveva diversi significati. Poteva consegnare definitivamente il campionatoai bianconeri o, viceversa, riaccendere qualche flebile speranza di conquistare il titolo agli uomini di Ancelotti. Dall’altro, se i 13 punti di differenza rendevano meno urgenti le motivazioni legate alla classifica, la partita del San Paolo acquisiva un’importanza capitale per verificare lo stato di forma delle due squadre alla vigilia degli impegni europei.
Al termine della partita la Juventus ha compiuto un passo fondamentale per conquistare l’ottavo scudetto di fila – e non è un dettaglio di poco conto - ma di certo non ha dissipato i dubbi che la accompagnano in vista della gara di ritorno degli ottavi di Champions League.
La resistenza al pressing della Juventus
Uno dei limiti più evidenti mostrati dalla Juventus nell’ultimo mese e mezzo è stato quello della scarsa resistenza al pressing delle squadre avversarie. Contro le fasi di aggressione alta degli avversari la costruzione dal basso bianconera è stata povera di soluzioni e qualità, rendendo la risalita del pallone macchinosa e imprecisa. Il Napoli, capace di giocare con efficacia fasi mirate di pressing offensivo, sembrava un ottimo banco di prova per misurare il lavoro e gli eventuali progressi fatti dai bianconeri nell’impostazione bassa contro l’aggressività della pressione degli avversari.
Tenendo in considerazione solo parte del primo tempo, quella in cui il Napoli ha giocato in undici, i bianconeri hanno utilizzato meccanismi diversi di uscita della palla, ottenendo risultati contrastanti.
Contro il pressing orientato alla copertura delle linee di passaggio del Napoli, la Juventus ha scelto di tenere bassi Cancelo e Alex Sandro e di supportare la costruzione del gioco dei centrali con l’avvicinamento di Pjanic a Bonucci e Chiellini. L’obiettivo era di garantirsi una sufficiente consistenza numerica per muovere la palla in sicurezza senza necessariamente forzare con continuità i più rischiosi passaggi in diagonale o in verticale a saltare la linea di pressione del Napoli.
In questo modo la Juventus è riuscita a far circolare con sufficiente efficienza il pallone nella linea arretrata, alternando le uscite centrali con Pjanic o i centrali a quelle, più frequenti, con i terzini, ieri abili a saltare la pressione avversaria sia dialogando con i centrocampisti che in conduzione. Proprio per questo Alex Sandro è stato il giocatore della Juventus che ha effettuato più passaggi (40) e Joao Cancelo, nonostante sia stato sostituito al sessantunesimo minuto, il terzo (30) dopo Pjanic.
La struttura arretrata scelta dalla Juventus per sfuggire al pressing offensivo del Napoli, con Pjanic vicino ai due centrali e i due terzini piuttosto bassi a disposizione per uno scarico laterale del pallone. Nell’azione mostrata dalla diapositiva, Szczesny giocherà il pallone con Pjanic che scaricherà “a muro” su Chiellini, consentendo un’uscita del pallone pulita alla Juventus
Il cambiamento più evidente nel meccanismo di uscita dal pressing è stata la posizione delle mezzali, in particolare da Matuidi che è quasi sempre rimasto in posizione, fornendo quindi una soluzione di passaggio vicina al portatore di palla. Il cambio di strategia nel comportamento delle mezzali è significativo perché uno dei temi ricorrenti del possesso palla della Juventus è stato il costante inserimento delle mezzali sulla linea degli attaccanti e l’incapacità del centrocampo, svuotato di uomini, a muovere il pallone. La maggiore vicinanza delle mezzali alla zona del pallone durante la fase di costruzione ha migliorato la fluidità della manovra bianconera e aiutato la risalita della palla. La linea di passaggio tra Alex Sandro e Matuidi è stata la più battuta dalla Juventus (14 passaggi tra i due, di cui 9, in avanzamento, dal terzino alla mezzala) e ha costituito la migliore soluzione di uscita palleggiata dalla difesa.
I quattro difensori bianconeri e Pjanic vengono supportati nella costruzione della manovra da Matuidi che, a differenza delle ultime uscite, rimane più vicino al suo mediano.
Se la risalita del pallone è migliorata, la Juventus non è però riuscita a capitalizzarla con continuità. Allegri aveva scelto per la sua squadra il 4-3-1-2, disegnando un rombo di centrocampo con Bernardeschi in posizione di vertice alto. L’idea è stata probabilmente disegnata sulla tendenza del Napoli ad allungare le distanze tra le linee; ma anche, più in generale, per preparare la sfida contro il centrocampo in linea dell’Atletico Madrid. L’intenzione era di creare superiorità numerica e posizionale in zona centrale contro i due interni di Ancelotti e di consentire a Bernardeschi o alla mezzala dal lato debole, di ricevere alle spalle dei due interni della squadra di Ancelotti.
Emre Can e Bernardeschi si muovono alle spalle di Allan e Fabian Ruiz e il quadrilatero di centrocampo della Juventus è in superiorità numerica.
Il piano gara iniziale si è però scontrato con la timidezza e l’imprecisione tecnica dei giocatori bianconeri, che hanno quasi sempre preferito aprire il gioco sull’esterno invece che cercare passaggi più rischiosi. Anche i movimenti delle punte, Cristiano Ronaldo e Mandzukic, non hanno aiutato lo sviluppo interno del gioco. I due hanno sempre preferito comodamente allargarsi sull’esterno evitando le più complesse ricezioni interne che avrebbero potuto, tramite la ricerca del “terzo uomo”, liberare fronte alla porta Bernardeschi o le mezzali.
La prudenza dopo l’espulsione di Meret e il gol di Pjanic
L’espulsione di Meret e l’immediato vantaggio su punizione hanno reso il contesto tattico molto favorevole alle Juventus, con il Napoli che si è schierato con un 4-4-1 con Insigne unica punta. Tuttavia, spaventato dalle incursioni di uno scatenato Zielinski - 2 dribbling, 8 tiri e nessun passaggio sbagliato – Allegri ha cambiato strategia abbassando la linea difensiva per togliere profondità alla squadra di Ancelotti, ritenendo che per gli azzurri, oltretutto privi del sostituito Milik, fosse più scomodo attaccare la difesa bassa e schierata dei bianconeri.
A supporto della scelta, Allegri è passato al 4-4-2, con Bernardeschi allineato sulla fascia destra in una linea di quattro centrocampisti. In questo modo, i bianconeri hanno rinunciato, pur in superiorità numerica, alla ricerca del gioco alle spalle del centrocampo avversario, pur di difendere costantemente con due linee da quattro. Una scelta di estrema prudenza che ha privilegiato la difesa posizionale al contenimento dei pericoli tramite il possesso palla, teoricamente reso più agevole dall’uomo in più.
Abbandonando il 4-3-1-2, dopo il vantaggio la Juventus si schiera con il 4-4-2 abbassando la linea difensiva.
L’espulsione di Pjanic all’alba del secondo tempo ha per certi versi cristallizzato le scelte molto caute di Allegri, che, in dieci uomini, ha abbassato Mandzukic sulla fascia sinistra per ricomporre una linea di centrocampo a 4, lasciando Ronaldo come unico terminale offensivo del 4-4-1.
La Juventus ha scelto consapevolmente di difendere bassa e con grossa densità centrale, lasciando al Napoli la possibilità di crossare (ben 31 i cross della squadra di Ancelotti) fidandosi della solidità nel cuore dell’area contro l’attacco azzurro privo di Milik. Ma la strategia ha finito per costringere la Juventus a un intero tempo di continua fase difensiva: il possesso palla dei bianconeri nel secondo tempo è stato appena il 31% e la squadra di Allegri è riuscita a calciare a rete soltanto una volta. Con Ronaldo estremamente pigro nel fungere da riferimento offensivo per fare salire la squadra e uno schieramento eccessivamente basso e piatto, la Juventus è stata del tutto incapace di guadagnare campo e di mantenere il possesso, concedendo di fatto il pallone al Napoli per tutto il secondo tempo. Solo a cinque minuti dalla fine, e dopo lo scampato pericolo del rigore calciato sul palo da Insigne, Allegri ha inserito Dybala che, muovendosi tra le linee, ha subito alleggerito la pressione avversaria.
La partita del Napoli
Nella fase iniziale della partita, prima dell’espulsione di Meret, il Napoli aveva provato ad approfittare delle difficoltà che la Juventus ha mostrato nelle ultime partite a difendere in un campo grande, attaccando velocemente sui palloni recuperati all’altezza della linea mediana di centrocampo.
La strategia di Ancelotti era piuttosto chiara e puntava, in accordo con la progressiva trasformazione del Napoli in una squadra sempre più verticale, ad evitare che la difesa bianconera si potesse schierare, cercando subito la profondità, anche a costo di sacrificare la precisione delle giocate. Dopo soli 20 minuti, il piano gara di Ancelotti ha dovuto subire un’immediata modifica, e la scelta forte del tecnico azzurro è stata quella di rinunciare a Milik, e di conseguenza a un riferimento avanzato su cui appoggiarsi per fare avanzare la squadra in inferiorità numerica, pur di mantenere in campo l’agilità e la velocità su cui aveva puntato ad inizio partita.
Così, nel 4-4-1 giocato nel primo tempo dopo l’ingresso del portiere Ospina in sostituzione di Milik, Insigne si è allontanato dai centrali avversari lasciando spazio per gli inserimenti profondi di Callejon e Zielinski. Ad inizio ripresa, con una mossa dai risultati positivi, Ancelotti è passato invece al 3-4-2, con Callejon e Zielinski esterni. Il Napoli ha creato una zona forte del palleggio sulla propria fascia sinistra dove Zielinski si aggiungeva costantemente largo sull’esterno. La mossa ha costretto Allegri a sostituire Cancelo, in effettiva difficoltà difensiva, con De Sciglio e a rinforzare gli argini con Bentancur, schierato come esterno destro di centrocampo dopo l’ingresso in campo al posto di Mandzukic. Il tecnico azzurro si è mostrato particolarmente abile a cambiare a proprio favore il piano inclinato della partita, reagendo con brillantezza alle mutate esigenze dovute alle due espulsioni, ma i gravi errori dei suoi uomini gli sono costati il match e le poche residue chance di correre per la vittoria dello scudetto.
Le prospettive
La distanza del Napoli dalle squadre che la seguono in classifica certifica la bontà del lavoro di Carlo Ancelotti che, dopo un inizio cauto, si è allontanato con decisione dal lavoro di Maurizio Sarri per abbracciare un calcio più verticale e meno rigido nello sviluppo del gioco in fase offensiva.
In un match reso imprevedibile dalle espulsioni, Ancelotti pareva aver rimesso in piedi una partita che alla fine del primo tempo pareva ampiamente persa, grazie a una buona lettura della nuova situazione tattica e alle imprevedibili debolezze degli avversari. I 16 punti di distacco, se da un lato certificano l’abbandono di ogni possibilità di vittoria del campionato, dall’altro potrebbero consentire al Napoli di concentrarsi sull’Europa League e sulla ricerca della vittoria di un trofeo che manca da troppo tempo e che il lavoro di Sarri prima e Ancelotti adesso meriterebbe.
La Juventus invece è vicinissima alla vittoria del suo ottavo scudetto consecutivo, mostrando una superiorità in patria schiacciante e indiscutibile. Nell’ottica della partita di ritorno contro l’Atletico Madrid, il match contro il Napoli ha però lasciato impressioni contrastanti.
La circolazione del pallone contro il pressing avversario è apparsa migliorata e alcune soluzioni di gioco – la posizione dei terzini e quella delle mezzali e quella di Bernardeschi alle spalle del terzino avversario – sono apparse ricercate per risolvere i problemi in fase di possesso delle ultime partite e funzionali ad affrontare il 4-4-2 della squadra di Simeone. Tuttavia la Juventus è apparsa ancora lontana dai suoi momenti migliori e l’eccessiva prudenza di giocatori - e anche di Allegri - sembra un freno alle fortune della squadra, evidenziandone le fragilità.
In campo, a dispetto, delle scelte iniziali, troppo spesso gli uomini di Allegri hanno preferito, dopo avere eluso il primo pressing avversario, rinunciare a cercare gli uomini alle spalle del centrocampo avversario, rifugiandosi in comodi passaggi laterali. In vantaggio e in superiorità numerica, Allegri ha rinunciato al possibile vantaggio strategico del rombo di centrocampo per abbracciare una difesa bassa e posizionale basata su due strette linee da quattro. Pur consapevole, come ammesso dallo stesso Allegri nel post-partita, della necessità di un gioco tra le linee per mantenere il possesso e allentare la pressione sulla difesa, il tecnico bianconero non ha rinunciato a Mandzukic e al suo 4-4-2 ritardando l’ingresso di Dybala che avrebbe potuto aiutare la squadra a risalire, creando linee di passaggio più efficaci, sparite nel 4-4-1 dell’intero secondo tempo.
Contro l’Atletico Madrid, insomma, servirà una Juventus decisamente migliore di quella che ha compiuto forse il passo decisivo verso lo scudetto a Napoli.