Quella di ieri è stata una grande serata per il Napoli. La squadra di Ancelotti non solo ha giocato ad armi pari la partita di esordio in Champions League contro i campioni in carica del Liverpool, e lo ha fatto rimanendo fedele alla propria identità tattica, ma soprattutto ha esaltato le caratteristiche dei propri uomini chiave cogliendo ogni opportunità concessa dagli ospiti. La vittoria finale avrebbe potuto essere meno rotonda o persino non arrivare, se il Liverpool fosse stato più cinico nelle tante ripartenze prodotte soprattutto a inizio partita; ma come da tradizione, in Champions League le migliori prestazioni sono impreziosite dalla capacità delle squadre di rimanere sul pezzo anche a seguito di prolungati scambi pugilistici, ribaltamenti, occasioni subite e ritmi frenetici.
Ancelotti ha costruito parte del suo successo a questi livelli anche infondendo nelle proprie squadre una sicurezza mentale tale da permetterle di controllare i momenti chiave delle partite. E in questo senso, il suo Napoli rimane un animale strano da decifrare: potenzialmente letale per qualsiasi avversario ma anche incline al rischio estremo, quasi in ogni momento. Per questa ragione, quello di ieri non può che essere il primo passo, a cui dovranno seguire altri altrettanto convincenti per poter pensare davvero di superare il girone.
La nuova compattezza del Napoli
Klopp si è presentato al San Paolo con una formazione molto vicina all’undici titolare: recuperato in extremis Robertson sulla fascia sinistra, oltre ad Adrian a rimpiazzare l’infortunato Alisson, l’unica novità era rappresentata da Milner che alla fine ha vinto il ballottaggio con Oxlade-Chamberlain e Wijnaldum. Ancelotti, invece, ha scelto il consueto 4-4-2 con una linea difensiva composta da Di Lorenzo, Manolas, Koulibaly e Mario Rui. A centrocampo Fabian Ruiz è stato confermato davanti alla difesa dopo la partita contro la Sampdoria, questa volta in coppia con Allan, con Insigne e Callejon ai loro lati. Le punte erano Lozano e Mertens, mentre Zielinski, che finora aveva sempre giocato dal primo minuto sulla fascia o al centro, è partito dalla panchina.
Sin dai primissimi minuti entrambe le squadre hanno cercato di mantenere ritmi sostenuti, portando le proprie difese molto in alto e attaccando con tanti uomini. Inizialmente, il Liverpool ha provato a sfondare dal centro, utilizzando Firmino come perno, ma Manolas ha fatto valere le sue doti in anticipo e ha spinto gli avversari ad attaccare attraverso le catene laterali. Il Napoli, però, non si è allargata orizzontalmente e ha mantenuto il suo 4-4-2 compatto al centro e molto orientato alla posizione della palla. La squadra di Ancelotti decideva di abbandonare la sua compattezza posizionale solo per portare pressione individuale sulla costruzione bassa degli inglesi, per coadiuvare i movimenti delle due punte con il mediano e l’esterno lato palla che si sganciavano in avanti. È anche per via di questa pressione che il Liverpool non è riuscito a produrre moltissimo da azioni manovrate, rendendosi pericoloso soprattutto in transizione.
Con il pallone, invece, Ancelotti ha scelto ancora una volta di far disporre la sua squadra con una sorta di 3-2-4-1 in avvio di manovra: Di Lorenzo è ormai perfettamente a suo agio nell’interpretare il ruolo di terzino bloccato, ed è forse una sorpresa dato che si tratta di un giocatore affermatosi, a Empoli, prevalentemente da tornante. I 3 centrali in fase di possesso formavano un pentagono stretto con Allan e Fabian Ruiz, spesso piatti per garantire superiorità numerica costante contro i 3 offensivi del Liverpool e attirare Milner ed Henderson in avanti. Più avanti, Insigne stringeva la sua posizione nel mezzo spazio di sinistra per lasciare spazio alle avanzate di Mario Rui, mentre dall’altro lato Callejon si manteneva defilato. Con Mertens a occupare il corridoio intermedio, infine, Lozano ha agito praticamente da punta centrale.
I due sistemi di riferimento di entrambe le squadre, ben visibili.
L’assetto di riferimento non vincolava tuttavia i giocatori più avanzati nei loro movimenti: si è visto Mertens portarsi largo a destra con Callejon più stretto, o Fabian Ruiz partecipare nell’ultimo terzo con incursioni centrali o sovrapposizioni. Anche Di Lorenzo ha dosato le corse in avanti, ma non ha trascurato del tutto la fase offensiva: quando la manovra partiva con un consolidamento a sinistra, toccava a Mario Rui rimanere bloccato e all’ex Empoli sfruttare lo spazio davanti a sé, seppur calcando corridoi più interni, a causa della posizione esterna di Callejon. Il risultato era un Napoli capace di attaccare l’area rapidamente con 5-6 uomini semplicemente muovendo la palla e senza essere costretto a forzare la superiorità numerica attraverso dribbling e iniziative individuali.
Il grande spazio di manovra concesso dal Liverpool sulle corsie laterali è stato ben sfruttato dal Napoli. Qui Mario Rui non ha il cambio di gioco pulito e decide di ricominciare da dietro; tramite un giro palla difensivo il pallone giunge a Callejon, Mertens si smarca sul lato cieco di Robertson, in profondità, e sfrutterà il passaggio del compagno per arrivare al cross.
La chiave della manovra degli azzurri è stata, insomma, l’ampiezza: attirare il Liverpool su una fascia, soprattutto nelle prime battute dell’azione, per poi sorprenderlo sull’altra sfruttando il collasso verso il lato forte degli uomini di Klopp, per ricercare la parità numerica sugli esterni, costringere la linea a scalare velocemente in orizzontale e creare soluzioni di passaggio anche interne, prima che il centrocampo dei "Reds" potesse ripiegare con tutti i suoi effettivi. E in questo gioco, le connessioni tra Insigne e Mario Rui, e tra Mertens e Callejon sono state cruciali nella credibilità delle azioni del Napoli.
Ovviamente, però, il Liverpool ha mantenuto comunque un elevato livello di pericolosità. Ad esempio: due occasioni eclatanti sono arrivate sugli sviluppi da calcio d’angolo per il Napoli, situazione che gli azzurri hanno già sofferto in campionato (come nel caso del gol di Danilo contro la Juventus) e che non hanno portato al gol solo grazie ai recuperi miracolosi di Allan e Mario Rui. Ma la squadra di Ancelotti ha sofferto anche le ripartenze corte, che sono praticamente impossibili da assorbire prima di arrivare in area.
Insigne porta palla centralmente, Di Lorenzo riconosce uno spazio invitante e lascia la sua posizione per attaccarlo. La pressione di Fabinho però funziona e Mané è velocissimo a proiettarsi in avanti per farsi pescare da Henderson. Manolas si trova in una situazione di forte pericolo. L’azione però sfuma, perché Mané trova il tiro solo da posizione defilata.
Le grandi prestazioni individuali
Nell'assorbimento delle transizioni offensive del Liverpool è stato fondamentale Mario Rui. Il terzino portoghese è stato autore di una partita eccellente in entrambe le fasi, considerando soprattutto che il Liverpool provava spesso a cogliere lo spazio alle sue spalle. Mario Rui si è trovato dunque a dover rinculare spesso dalla posizione alta che occupava in fase di possesso per andare a ricomporre la linea difensiva, se non addirittura a scappare verso la porta per chiudere la traiettoria di corsa alle incursioni spaventose di Salah.
Com’è comprensibile, non sempre Rui è riuscito a mettere una pezza, ed è qui che entra in gioco la prestazione monstre di Koulibaly, un difensore sempre più antologico nella sua capacità di esaltarsi in contesti estremi, vivendo quelle situazioni sospese di parità numerica in cui ogni millisecondo di esitazione può essere fatale. Giocando sul centrosinistra, Koulibaly si è trovato in un paio di occasioni a dover gestire gli accentramenti di Salah: dopo aver perso uno scontro fisico in area contro l’egiziano (che ne ha assorbito l’urto in maniera innaturale, come fosse un muro di gomma), Koulibaly è salito in cattedra, come si dice, soprattutto nel secondo tempo, sfoderando anticipi e contrasti decisivi.
Un’azione di copertura magistrale di Koulibaly a Mario Rui. Il portoghese sbaglia l’anticipo su Salah; Koulibaly scappa velocemente all’indietro e si porta in posizione per il duello, temporeggiando. Salah attende l’inserimento del compagno in area e prova un filtrante, ma il difensore lo anticipa e poi è reattivo a riattaccare la palla in scivolata dopo il rimpallo.
Secondo tempo che, a onor del vero, ha visto ritmi un po’ più bassi e un Liverpool leggermente più cauto nello sganciamento dei propri terzini, comprensibilmente preoccupati dalla capacità del Napoli di aprire il gioco in ampiezza. La squadra di Klopp è riuscita comunque a disegnare manovre insidiose grazie alla qualità di Firmino, ma neanche questo è bastato per trovare la rete. I campioni in carica non hanno proposto un calcio diverso dal solito, anzi si sono resi pericolosi più volte, arrivando inesorabilmente in area nonostante gli sforzi difensivi del Napoli, proprio grazie alle collaudate giocate offensive, ma la serata non è stata proficua sotto il punto di vista della concretezza.
Per quanto riguarda il Napoli, invece, oltre ad aver avuto conferma dell’influenza di Koulibaly, della quantità di Callejon e Rui e dell’ecletticità di Mertens, le note più interessanti vengono ancora una volta da Fabian Ruiz, che in una delle partite forse meno appariscenti della sua esperienza italiana ha dato prova di poter fare sostanzialmente qualsiasi cosa, anche da comprimario per la risalita e riciclatore di possessi.
Da sottolineare anche la prestazione di Lozano. Il nuovo arrivato, che in carriera si è imposto come punta esterna, sembra essere stato inquadrato da Ancelotti al centro dell’attacco, seppur con una interpretazione mobile e associativa. La sua capacità di attaccare la profondità e leggere le traiettorie potrebbe rivelarsi un’arma interessantissima per il Napoli, che trova un nuovo modo per abbassare le difese avversarie. Menzione d’onore all’ingresso di Fernando Llorente che, oltre a un pesantissimo gol di rapina ed eleganza, ha consentito al Napoli di poter tenere su il baricentro utilizzando anche qualche lancio lungo centrale, oltre a fornire anche un apporto non scontato in fase difensiva.
Insomma, un’altra grande notte europea per Ancelotti e per il Napoli, che ancora una volta dimostrano di poter reggere senza pressione certi palcoscenici. Nelle prossime settimane sapremo qualcosa di più sui margini di questa squadra, e probabilmente scopriremo anche se il cinismo della macchina da guerra di Klopp si è solo inceppato, o se ci sono problemi più strutturali. In ogni caso, si preannuncia un girone di fuoco, con il Salisburgo che non ha intenzione di fare la comparsa. Come già detto: siamo solo all'inizio.