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Il Milan arriva dove il Napoli si ferma
07 mar 2022
07 mar 2022
Un altro scontro diretto vinto.
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Il Milan è momentaneamente in testa alla classifica, ma oltre al risultato c'è il modo in cui ha ottenuto una vittoria in trasferta al Diego Armando Maradona contro il Napoli. La squadra di Pioli è riuscita a piegare, dopo qualche incertezza iniziale, l’inerzia della partita dalla propria parte. Per farlo ha sfruttato un insieme unico di armonia collettiva e sforzo individuale, resistendo poi al ritorno di fiamma dell’avversario nella parte finale. Era una partita molto pesante in termini di punti, e dall’altro lato il Napoli sarà rammaricato di aver perso una grande occasione e di aver giocato, in generale, con grande discontinuità lungo i novanta minuti.

La contrapposizione delle due strutture in campo ha dato forma a un serie di accoppiamenti, resi più evidenti dall’approccio difensivo del Milan. I rossoneri hanno modulato l’atteggiamento sia per quanto riguarda le corse in pressione avanzata, sia per la gestione delle superiorità numeriche. Quando la squadra di Spalletti iniziava a costruire l’azione allargando i due centrali e alzando i terzini, con Fabian Ruiz e Lobotka a ruotare in mezzo come riferimenti centrali e Zielinski pronto a scendere per dare una mano, il Milan rispondeva tenendo Giroud a “ballare” in mezzo a Koulibaly e Rrahmani, Leão e Messias orientati verso i terzini; mentre nella zona centrale Kessié tendeva a occuparsi del mediano che faceva da primo riferimento. Bennacer controllava l’altro e Tonali invece pensava soprattutto a Zielinski, tenendosi anche pronto a scivolare per dare copertura. Il Milan, insomma, ha rinunciato a un pressing molto aggressivo e sistematico, e ha preferito lasciare spazio ai difensori centrali per avere più controllo dei giocatori alle spalle. Facile intuire il perché: Osimhen andava controllato con una certa cautela. Così, Kalulu e Tomori, posizionati rispettivamente sul centro destra e sul centro sinistra della linea arretrata di Pioli, hanno giocato una grande varietà di azioni difensive contro il centravanti nigeriano, dividendosi marcatura stretta e copertura.

Pregi e difetti delle azioni offensive del Napoli
Nonostante l’attenzione con cui è stato fronteggiato, Osimhen non si è mai arreso e ha provato con grande insistenzaascombinare l’equilibrio dei due centrali rossoneri. Con i suoi attacchi in profondità ha finito per ridurre al minimo lo svantaggio numerico. Osimhen nei primi minuti di gara riusciva anche a staccarsi all’indietro con una certa facilità per dare appoggio, giocando su quella che spesso per il Milan è stata una difficoltà di sistema (cioè la capacità dei centrali di seguire in avanti il proprio riferimento quando questo va incontro) soprattutto nelle partite importanti.

Col passare del tempo però la precisione degli anticipi di Kalulu o Tomori si è fatta sempre più asfissiante, così Osimhen ha finito per concentrarsi soprattutto nelle corse in avanti, sfruttando tutte quelle situazioni in cui uno dei due centrali usciva verso un altro giocatore del Napoli, o scalava lateralmente in copertura, per potergli tagliare alle spalle attaccando la profondità dopo essere partito dal lato cieco del secondo difensore centrale.


Due bei movimenti di Osimhen tra i due centrali (il primo porta poi a un intervento da dietro di Tomori per cui il Napoli ha chiesto il rigore).



In un paio di occasioni questa azione è stata eseguita da sinistra a destra, tagliando cioè davanti a Kalulu per attaccare lo spazio alle spalle di Tomori, e le percussioni verticali di Osimhen hanno creato qualche preoccupazione per i due, che hanno avuto comunque il merito di recuperare prontamente la posizione e ostacolare le possibili conclusioni a rete. Nonostante l’impegno di Osimhen, la partita difensiva di Tomori e Kalulu si è rivelata all’altezza dell’avversario.

Il Napoli aveva iniziato la partita (e l’ha poi conclusa, sull’onda della frenesia per recuperare lo svantaggio) con una certa fluidità nel palleggio e un dinamismo generale che sembrava essere in grado di reggere le marcature strette dei tre centrocampisti del Milan, riuscendo in qualche occasione anche a utilizzarle a proprio vantaggio per trovare ricezioni tra le linee.

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Due situazioni in cui a inizio partita il Napoli ha sfruttato a suo vantaggio l’orientamento difensivo del Milan, avanzando grazie alla capacità di trovare l’uomo tra le linee.



Dopo i primi venti minuti, però, una volta che le azioni di possesso del Napoli hanno perso continuità e il pallone è stato gestito più a lungo dal Milan, è stata la squadra di Pioli a dare la sensazione di essere più in controllo della gara, per una porzione di gioco che, grosso modo, ha coinciso con la parte centrale del match, cioè la fine del primo tempo e l’inizio del secondo. Sembrava che il Napoli avesse perso la pazienza nel costruire le proprie azioni, facendosi ingolosire in qualche occasione dal lancio in profondità. La squadra ha rinunciato qualche volta a verticalizzare tra le linee, lo strumento offensivo privilegiato dal Napoli quest’anno. Osimhen catalizzava l’impegno dei due centrali, aprendo spazi invitanti alle proprie spalle. La pulizia di esecuzione è andata calando soprattutto all’inizio del secondo tempo, quando il Napoli ha concesso anche qualche ripartenza di troppo.

Per manipolare l’aggressività del Milan sarebbe stata necessaria una partita di grande intensità e precisione di tutti i centrocampisti. Fabian Ruiz, Lobotka e Zielinski erano però in una giornata opaca, mentre il Milan si è difeso sempre con grande attenzione. Spalletti ha ritrovato qualche energia solo quando ha messo in campo l’inviperito Ounas, Elmas e Mertens, oltre a Lozano e ad Anguissa. Attraverso i suoi cinque cambi, Spalletti ha ritrovato una squadra vitale, che ha chiuso la partita in crescendo, pur senza afferrare il pareggio.

La partita del Milan: Leão contro tutti e difesa aggressiva
Il Milan ci ha messo un po’ ad adeguarsi al ritmo del Napoli, prima di torcerlo a suo favore fino alla rete di Giroud. Come era capitato nel derby contro l’Inter l’ex attaccante del Chelsea è stato ancora decisivo in una partita importante, con un’azione furba e sporca in cui ci ha messo molto del suo. Eppure non stava giocando una grande partita. La sua presenza rende il Milan una squadra più incline ad andare a riempire la zona centrale dell’attacco. Stringe i suoi giocatori offensivi a ridosso del centravanti per andare a raccogliere le seconde palle o comunque i suoi tentativi di gioco associativo.

Di recente era stato un limite per il Milan, che adagiandosi su questa strategia aveva perso un po’ della fluidità degli ultimi due anni, quelli della rinascita. Anche nei primi minuti di Napoli la manovra pareva mancare di ispirazione e ritmo: si spegneva di lato o finiva per infrangersi sulla solidità della difesa del Napoli. Col passare dei minuti, il Milan si è sistemato, trovando una struttura che ha facilitato l’espressione individuale. Ha sfaldato il gioco avversario con una prestazione difensiva molto intensa e precisa, che ha via via preso le misure a tutto il blocco centrale del Napoli, partendo dai due difensori centrali su Osimhen fino a Kessié, Bennacer e Tonali, che gestivano i corrispettivi avversari. Il Milan iniziava il pressing con un baricentro alto ma non così aggressivo, tenendo cioè il suo trequartista nominale (Kessié) in una posizione più arretrata rispetto a Giroud, così da non costringere sistematicamente uno dei mediani a scalare in avanti, e di conseguenza uno dei due difensori ad accorciare verso il trequartista del Napoli.


Struttura di partenza del pressing del Milan. Centrocampisti in controllo ravvicinato del trio centrale del Napoli.



In questo gioco-domino, contro una squadra dalle proprietà di palleggio del Napoli non era comunque pensabile un atteggiamento statico. Così, per rompere i ritmi, diventavano importanti anche quei momenti in cui uno dei centrocampisti del Milan lasciava il riferimento per andare a correre in avanti verso il difensore centrale libero o il portiere, mettendo pressione.

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Le scalate in avanti del pressing del Milan, che in questi due casi hanno portato il Napoli a sbagliare la giocata lunga in avanti.



Ma il Milan ha tolto continuità al Napoli anche attraverso il possesso. Tonali ha agito soprattutto davanti alla difesa come unico riferimento, mentre Bennacer alzava spesso la sua posizione e Kessié tendeva a tirarsi fuori dalla trequarti, agendo quasi come una mezzala, andando così a svuotare una zona che veniva riempita dal posizionamento accentrato di Messias e Leão, oppure dalle corse in conduzione di Theo Hernandez.

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La posizione avanzata di Bennacer entra direttamente in due azioni “calde”: il rigore reclamato nel primo tempo e l’azione con cui il Milan guadagnerà la punizione dai quali sviluppi arriverà il gol di Giroud.



Sebbene non siano nate grosse occasioni, il controllo sulla partita del Milan è stato più sereno quando si è sistemato così, insinuandosi nelle poche incertezze o difficoltà difensive della struttura del Napoli. La squadra di Spalletti portava Zielinski insieme ad Osimhen in prima pressione, abbassando i due esterni. Il Milan rispondeva spesso allargando molto i due centrali in impostazione e separando così, prendendosi qualche rischio in caso di eventuale transizione difensiva, i due attaccanti di Spalletti dal resto del blocco, giocando sull’avanzamento degli esterni alti e bassi.

Le uscite del Milan hanno cominciato a trovare varietà e respiro, e sugli scudi è salita ancora una volta la catena di sinistra, con Hernandéz e Leão. Il primo ha creato opportunità portando palla con le sue incursioni centrali diventate marchio di fabbrica, seminando per strada i difendenti del Napoli che provavano ad aggrapparglisi addosso, e utilizzando i corpi dei compagni quasi come degli accessori inanimati a cui appoggiarsi per riprendere il pallone un attimo dopo.

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Due azioni esemplificative del modo di usare il centro del campo del Milan. Nelle prime due slide, dopo una percussione centrale di Theo in seguito a un recupero palla, il gioco viene allargato in fascia per Leao. Nella terza immagine, Bennacer colpisce di testa un lancio di Theo e serve Leao sulla corsa, che arriverà al tiro.



Il portoghese, invece, oltre ad alternarsi con Hernandez nell’occupazione interna o esterna del corridoio laterale e a muoversi a ridosso della punta, è riuscito a trarre profitto anche da situazioni in cui si trovava sull’esterno in svantaggio numerico. Leão sembra aver raggiunto un momento in cui invece che essere in difficoltà quando viene raddoppiato, si galvanizza, riuscendo con una frequenza impressionante a superare chi si frappone fra sé e l’area di rigore, qualche volta passandogli quasi letteralmente attraverso.



Quando Leão vive questi momenti magici, la definizione di “isolamento laterale” diventa quasi stringente: è più una sfacciata sfida all’avversario, un controllo del contesto tecnico e fisico in grado di annullare qualsiasi inferiorità numerica. In breve, se dall’altra parte abbiamo visto Osimhen arrangiarsi dignitosamente ma non riuscire mai del tutto a sovrastare Tomori e Kalulu, il Milan ha avuto in Leão un’arma in più che gli consentiva di imprimere accelerazioni, avere un riferimento immediato a palla recuperata, muoversi in avanti sia in situazioni con più spazio che meno. E così facendo, l’intasamento centrale di corpi che il Milan creava più o meno costantemente, diventava un bel grattacapo per l’assetto difensivo del Napoli, che insomma era chiamato sia a gestire il sovrannumero di rossoneri al centro sia a tenersi pronto a scivolare lateralmente per disturbare Leão. Alla fine, né Hernandez né Leão hanno trovato il gol o sono entrati direttamente nell’azione che ha portato al vantaggio di Giroud, ma la loro influenza gravitazionale è stata determinante per togliere al Napoli un po’ di sicurezza e convinzione, spezzando la partita in più tronconi.

Giocando in casa e con la possibilità di portarsi al primo posto in classifica, il Napoli aveva una certa pressione addosso. Secondo ilsuo stesso allenatore, forse gli azzurri non sono ancora pronti a gestire questo tipo di situazioni: «Se giochi per la testa della classifica il livello di tensione sale, se non la reggi devi spostarti».

Il Napoli di certo deve interrogarsi sui propri limiti, ma non bisogna togliere meriti al Milan. Rispetto agli ultimi anni la squadra di Pioli non è sempre continua nella proposta di gioco, ma quando il livello si alza è capace di andare oltre i propri limiti. È una squadra ostica, capace di riscattare i periodi più opachi con vittorie pesanti. Il Milan ha messo insieme 21 punti contro le prime sette della classifica: nessuna ha fatto meglio. Non è detto che basti per lo scudetto, ma da ieri sera la candidatura della squadra di Pioli è ancora più solida.

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