I dati di quest'analisi sono stati gentilmente offerti da Opta.
In una partita si susseguono più gare diverse tra loro; una squadra può prendere il sopravvento sull’altra e ribaltare le tendenze all’improvviso. È un argomento usato ormai da ogni allenatore. Pep Guardiola, ad esempio, ragiona sulla “questione animica”: a certi livelli, picchi positivi o negativi di rendimento non sono riconducibili allo stato di forma fisico quanto a quello psicosomatico collettivo. Ad esempio la reazione, di impeto o di depressione, a un gol subìto. Allegri, invece, crede così nella gestione delle fase della partita che fa partire dalla panchina giocatori anche all’apice del rendimento, per disordinare i piani avversari in momenti di grande stress.
La partita tra Napoli e PSG ci ha mostrato un’inversione di tendenza tra i due tempi soprattutto a causa di un netto cambio di atteggiamento dei padroni di casa. Dopo il vantaggio di Bernat, nel secondo tempo la squadra di Tuchel è stata stretta in una morsa da cui non è riuscita a uscire, nonostante non ci siano stati grandi cambiamenti dal punto di vista tattico.
Ancelotti ha confermato le scelte felici delle gare con Liverpool e PSG. Maksimovic, Mario Rui e Fabian Ruiz di nuovo utilizzati come ibridi utili per fluidificare il sistema di gioco a seconda delle situazioni. Potevano aiutare a difendere con due linee da quattro e al contempo permettevano di alzare gli esterni senza perdere qualità in fase di costruzione. Maksimovic di accentrava al fianco di Koulibaly e Albiol, con Ruiz che avanzava tra le linee.
Tuchel ha cercato di compensare le assenze di Rabiot e Cavani (non al meglio) con un assetto molto propositivo. Il versatile Kehrer è stato preferito a Kimpembé mentre sulla linea mediana Tuchel ha schierato una coppia molto offensiva come Verratti e Draxler, teoricamente affiancati dai due tornanti Meunier e Bernat. Davanti a loro, il trio Di Maria-Mbappé-Neymar.
La sfida tra Neymar e Allan
Il Napoli ha preferito un approccio conservativo in fase di non possesso, forse incoraggiato dall’utilità di due risultati su tre. Non ha pressato alto e ha cercato di mantenere il controllo della propria metà campo con 9 giocatori davanti a Ospina, lasciando una punta sopra la linea del pallone come riferimento per le transizioni.
Il PSG ha cercato di occupare con più giocatori possibili la trequarti avversaria. In fase di costruzione i parigini si sono disposti con un rombo formato dai 3 centrali più Verratti, unito ai cinque giocatori offensivi solo da un labile filo rappresentato da uno turno tra Draxler, Di Maria o Neymar, che si abbassavano. L’obiettivo era quello di attirare il pressing avversario per poi cercare di verticalizzare verso una delle due punte, attaccando la difesa del Napoli in parità numerica.
Il piano gara ha funzionato. Dopo un quarto d’ora interlocutorio, è salito in cattedra Neymar, diventato il principale collante sulla trequarti, capace di trovare sistematicamente la ricezione e attaccare frontalmente la difesa cercando la rifinitura. Neymar è stato cercato oltre il centrocampo, cercando di non farlo abbassare per aiutare la costruzione bassa. Un frangente in cui era più frequente vedere Draxler o Di Maria.
A fine partita Neymar avrà messo insieme l’82,8% dei passaggi riusciti (48) e ben 7 dribbling su 10 vinti. Questa grande mobilità ed efficacia del brasiliano hanno messo in difficoltà l’organizzazione delle linee del Napoli, sfaldate sia orizzontalmente che verticalmente. La performance maiuscola di Allan, come sempre onnipresente su ogni possesso avversario in un raggio d’azione ampissimo sulla propria trequarti, capace di raddoppiare sistematicamente e andare in aggressione sia in orizzontale che in verticale, ha consentito al Napoli di limitare parecchio le occasioni subite. Allan chiuderà la partita con il miglior score di palle recuperate (9) e contrasti riusciti (4).
Heatmap che rende l’idea della mole di movimento e coinvolgimento di Neymar.
Il gol che racchiude la strategia del PSG
Il PSG è riuscito dunque ad essere efficace soprattutto grazie alla grande qualità dei suoi interpreti, alternando lanci e passaggi lungolinea, cambi di gioco, filtranti centrali, i movimenti a stringere di Meunier e la verve di Mbappé nello smarcamento, contenuta per la prima parte solo dalle magnifiche prestazioni di Koulibaly e Allan. Nelle fasi di possesso basso del Napoli, il PSG ha cercato di non sbilanciarsi troppo, sapendo anche della scarsa incisività dei suoi giocatori offensivi nel recupero alto del pallone. La squadra di Tuchel ha pressato solo sui rinvii del portiere, costringendolo a lanciare lungo. Il Napoli, una volta riconquistato il possesso, cercava di attaccare attraverso delle ripartenze medio-lunghe, soprattutto nella zona tra Marquinhos e Meunier, costretto spesso a lunghe e faticose diagonali.
Nei primi 45’ il Napoli non è però riuscito ad essere efficace. Il PSG ha chiuso il primo tempo in vantaggio grazie a un’azione manovrata che rappresenta bene la strategia adottata fino a quel momento. I tre difensori centrali sono larghi verso destra, come se fosse una linea a quattro ma senza il terzino sinistro, poiché Bernat rimane alto. Draxler, sempre impiegato nel corridoio di centro-sinistra, si abbassa al fianco dei difensori e attira il pressing di Callejon verso l’esterno; Neymar trova la ricezione alle sue spalle, in posizione defilata, mentre Bernat si alza ulteriormente. Mbappé si sposta in zona luce e tutto il blocco del Napoli scala verso il lato forte. Un contromovimento da manuale e una conduzione decisa di Mbappé vengono poi premiate da una lunga sovrapposizione interna di Bernat tra le maglie azzurre.
L’aggressivo secondo tempo del Napoli
Tornare subito negli spogliatoi è stato utile per il Napoli, che si è schiarito le idee e ha smaltito la classica tensione negativa post-gol. Nella ripresa è tutta un'altra squadra. L’approccio diventa più aggressivo e la squadra cerca di riconquistare più rapidamente il pallone, provando a togliere gli ospiti dalla propria comfort zone. Nonostante in entrambi i tempi la supremazia territoriale maggiore sia stata del Napoli, la maggiore energia in pressione nel secondo tempo ha mandato in confusione i giocatori di Tuchel, come dimostrato anche dallo svarione di Thiago Silva in occasione del rigore guadagnato da Callejon e trasformato da Insigne. La grinta del Napoli ha sortito un effetto positivo: le palle recuperate sono diventate 34, contro le 25 del primo tempo; le ripartenze avvengono in maniera più rapida e sfruttando in maniera fluida le catene laterali. A fine partita Mario Rui sarà il giocatore azzurro con più palloni giocati (80) e più cross (4).
In fase di non possesso il Napoli ha tentato di stringere ulteriormente la larghezza delle linee per proteggere meglio la zona centrale dalle percussioni di Neymar, accettando di concedere qualcosa sui lati. Il PSG ha tentato dunque di ritrovare confidenza sfruttando l’asse che ha portato al gol, e ha giocato un paio di azioni poggiandosi su Bernat e Mbappé, tra le quali anche la discussa occasione del rigore non concesso. Nel corso della ripresa sono subentrati Zielinski per Fabian Ruiz, Ounas per un dolorante Mertens e Hysaj per Maksimovic, ma l’atteggiamento e l’intensità del Napoli sono mai cambiati. Tuchel ha provato a dare una scossa sostituendo l’ammonito Kehrer con Kimpembé, Di Maria con Cavani e Meunier con Choupo-Moting. L’uruguaiano finirà però schiacciato sulla linea dei centrocampisti, senza trovare spunti efficienti, e nel quarto d’ora finale la partita scivolerà fino alla fine senza particolari degni di nota.
Il Napoli di Ancelotti ha aperto quindi il gironcino di ritorno con un’altra prova convincente, che dà una nuova e ulteriore dimensione alla squadra: trovatasi in svantaggio tutto sommato meritatamente al termine di un primo tempo forse troppo remissivo, si è dimostrata in grado di reindirizzare la partita sui binari giusti con fiducia ed efficacia, anche senza enormi occasioni offensive e con un pizzico di fortuna. La situazione del girone rimane in bilico, ma il Napoli non è mai sembrato così competitivo in Europa