
Se per le partite di calcio, come in certi esami clinici, si potesse usare il liquido di contrasto, per Napoli-Torino bisognerebbe prendere Cesare Casadei. Il giovane centrocampista del Torino, arrivato nel mercato di gennaio dal Chelsea, era davanti a uno dei primi bivi della sua breve carriera. Agli inizi di gennaio, forse lo ricorderete, era sembrato vicinissimo proprio al Napoli, un po’ per la stima che sembra riporre in lui il DS del club azzurro, Giovanni Manna, che aveva già provato a inserirlo in uno scambio tra Osimhen e Lukaku; un po’ per quella che prova per lui anche Cristian Stellini, il vice di Conte, che pare lo avesse aggregato alla prima squadra già all’Inter, anche se solo per gli allenamenti. In quei giorni Marco D’Ottavi aveva scritto un pezzo in cui provava ad immaginare un suo futuro in azzurro, in cui probabilmente sarebbe stato la prima riserva di Scott McTominay. “Se Casadei non è riuscito a imporsi nel calcio inglese, in Italia avrà certo vita più facile in tutto ciò che riguarda l’intensità, i duelli con gli avversari, la capacità di resistere alla pressione avversaria e correre in conduzione”.
Alla fine, come sappiamo, l’affare con il Napoli non è andato in porto e Casadei si è accasato al Torino, dove effettivamente si è subito dimostrato pronto per la Serie A. In pochi giorni è diventato uno dei titolari della squadra di Vanoli, che ha subito beneficiato della sua leggerezza di corsa, nella sua forza in conduzione, soprattutto nella sua incredibile supremazia nei duelli aerei. Oggi Casadei è il secondo miglior centrocampista della Serie A per duelli aerei vinti (4.97 per 90 minuti, il 66% di quelli ingaggiati; cioè poco meno del doppio di quelli vinti dal terzo in questa classifica, Bryan Cristante, che arriva a 2.94) e anche ieri ne ha vinti cinque su cinque, di cui due con quello che sarebbe dovuto essere il suo “capo”, Scott McTominay, che dovrebbe dargli almeno un centimetro d’altezza e spesso gravitava nella sua zona. In aria ma non solo, spesso ieri abbiamo visto questo confronto fianco a fianco, tra il presente del Napoli e quella che sarebbe potuta essere una sua versione alternativa.
Che Napoli-Torino sarebbe andata come è andata, dicevo, lo si è capito dai primi minuti della partita di Casadei. Al 6’ il centrocampista granata si è trovato nella zona di una palla vagante lasciata uscire dal cerchio di centrocampo da un contrasto tra Buongiorno e Ché Adams, e raccolta con grande prontezza di riflessi da Scott McTominay. Il centrocampista scozzese ha superato Tameze allungandosi il pallone con l’interno del destro ma così facendo ha dovuto affrontare il ritorno alle sue spalle proprio di Casadei che ha provato a contendergli il possesso in corsa mentre la palla viaggiava a pochi centimetri da loro ed era ancora indecisa se sarebbe stata del Napoli o del Torino.
Casadei e McTominay hanno iniziato a spingersi con le spalle come fanno i cavalli nervosi al canape del Palio di Siena quando il mossiere indugia a dare il via, e per un attimo abbiamo visto cosa significhi avere a questo punto della stagione un giocatore come lo scozzese. Casadei magari non sarà il centrocampista più pesante del campionato, ma spostarlo di certo non è così facile come l'ha fatto sembrare McTominay. Al centrocampista del Torino non è rimasto che accasciarsi al suolo e provare a prendere il pallone con le gambe, con l’unico risultato di colpire il suo avversario e concedere al Napoli una pericolosa punizione sulla trequarti.
Il Napoli quella punizione ha inaspettatamente deciso di batterla corta per avere un possesso sulla trequarti avversaria, e nonostante questo è riuscita comunque ad arrivare al gol che ha aperto la partita. Lobotka ha girato a destra per Di Lorenzo; Anguissa ha suggerito il filtrante in area con un taglio interno-esterno che pochi giocatori sanno fare; McTominay è arrivato prima sul cross basso in mezzo di prima (un’altra giocata di un’intelligenza diversa da parte di Anguissa), abbattendo nel giro di pochi secondi il secondo giocatore del Torino sul metro e novanta, Saul Coco; e il Napoli ha subito messo in discesa una partita che i suoi tifosi potrebbero ricordare per molto tempo.
Il Napoli arrivava alla partita con la notizia della sconfitta dell’Inter e con la possibilità imperdibile di mettere tre punti di distanza dal secondo posto a quattro giornate dalla fine del campionato. Tra la squadra di Conte e questa possibilità, però, aveva una squadra che di fatto non aveva più nulla da chiedere al campionato e che proprio per questo poteva essere più pericolosa di quanto oggi ci può sembrare. Il Torino, al contrario del Napoli, poteva giocare con la leggerezza di non avere nulla da perdere, e non sarebbe stata di certo la prima volta che questo avrebbe fatto la differenza in un momento decisivo della stagione.
Nonostante questo, ne è uscita invece una partita incredibilmente bloccata, in cui la squadra di Vanoli ha di fatto avuto una sola occasione per segnare, quando all’11’, su una palla rimessa in area da Linetty di testa dopo un calcio d’angolo, Ché Adams si è ritrovato da solo a pochi metri dalla linea di porta, anche se forse in fuorigioco.
Il contesto tattico probabilmente ha fatto la differenza. Vanoli è infatti uno dei discepoli di Conte e le due squadre, per principi, sono piuttosto simili: cura estrema della prima costruzione, risalita del campo attraverso giocate codificate e rotazioni, giocate a parete sulle due punte del 3-5-2, riduzione al minimo del rischio e quindi affidamento solo sporadico al dribbling. Napoli e soprattutto Torino sono tra le squadre che dribblano meno in Serie A: quella di Conte è solo settima nel nostro campionato per dribbling riusciti (una statistica che è destinata a scendere ancora dopo l’addio di Kvaratskhelia), quella di Vanoli addirittura penultima (4.06 dribbling riusciti per 90 minuti, più solo dell’Inter, notoriamente una delle squadre che dribbla meno in Europa).
In un contesto così statico, con le energie rimaste ormai al lumicino e la paura di commettere un errore che ormai peserebbe come un’intera stagione, abbiamo visto una partita ridotta ai minimi termini, cioè ai duelli corpo a corpo tra avversario e avversario, che poi se ci pensate è davvero la forma primordiale del calcio, quando si gioca in uno contro uno sotto casa, sul cemento, anche senza porte, solo per il gusto di dribblarsi a vicenda. In questo gioco, che è il preferito di Antonio Conte, il Napoli è davvero imbattibile. Quando Lukaku pianta i piedi e fa perno con il bacino, quando Anguissa mette il corpo tra l’avversario e la palla per condurre in verticale, quando Buongiorno manipola il diretto marcatore mentre la palla è in viaggio, il Napoli semplicemente ha pochi avversari, non solo in Serie A ma anche nel resto dei principali campionati europei.
Sono ormai diverse settimane che il Napoli è ben contento di ridurre il calcio a questo, il che è una forza quando le energie sono quasi finite, ma anche un limite, soprattutto offensivamente. Con Lukaku alle prese con il suo ormai consueto calo della seconda metà di stagione, Kvaratskhelia ormai a Parigi, e David Neres e ora anche Anguissa fuori per infortunio, la squadra di Conte non ha molte altre risorse per entrare in area avversaria che non si chiamino Scott McTominay. Ma Scott McTominay non è un giocatore come un altro e in un calcio fatto di spinte e corpo a corpo si muove come un pesce nell’acqua, anche quando, come ieri all'inizio del secondo tempo, viene privato della sua spalla; anche quando viene marcato da un giocatore che fisicamente dovrebbe essere alla sua altezza, e che teoricamente è più giovane e fresco di lui.
Per Casadei il primo tempo, alle prese con Scott McTominay, è stato un incubo. Guardate per esempio al 24’ come viene fatto sbandare con una semplice pressione alle spalle. Cosa significa controllare il pallone, se alle spalle ti sta arrivando McTominay?
Una delle poche azioni potenzialmente pericolose del Torino era arrivata pochi minuti prima, quando Linetty (probabilmente il migliore in campo dei suoi) era riuscito a superarlo con un tunnel di punta che deve essere stato percepito come una liberazione.
La partita di fatto è finita con il gol del 2-0, dove lo scontro fisico tra Casadei e McTominay è arrivato al suo apice. Dopo un cross respinto, il Napoli ha sviluppato l’azione a destra con Politano, che ha messo in mezzo una palla improvvisa, inaspettata, dopo un cambio di passo che gli ha permesso di crearsi lo spazio nell’uno contro uno con Biraghi. McTominay ha continuamente tenuto a distanza Casadei con il braccio sinistro, ma quello non ha mollato. Sulla palla che spioveva intorno al dischetto del rigore, finito alle spalle del suo gigantesco avversario, Casadei ha di nuovo provato a buttarsi in scivolata per mettere il piede davanti, nella speranza di sporcare il pallone, buttando tutto il suo peso sull’avversario. Un’altra volta, però, si è dovuto arrendere di fronte a quello che è a tutti gli effetti un oggetto inamovibile, che è arrivato di nuovo prima con la punta del piede. È stata un'azione che forse più di tutte le altre di questa stagione ci ha fatto percepire l'intelligenza del centrocampista scozzese, la capacità di prevedere l'andamento del gioco, ma anche il suo peso.
Dopo il gol, Casadei è rimasto qualche secondo a terra, sfogando la sua frustrazione a pugni sul prato del Maradona. McTominay, invece, si è alzato per prendersi l’abbraccio del suo pubblico, a braccia larghe. È stato il momento in cui ai tifosi del Napoli deve essere stato definitivamente chiaro chi fosse la persona che li aveva portati fino a lì, a poche partite da uno Scudetto che meno di un anno fa sarebbe sembrato uno scherzo.