Pubblichiamo un capitolo del libro De Generaal. La nascita del grande Ajax di Rinus Michels, scritto dal nostro collaboratore Christopher Holter e uscito per Urbone Publishing con prefazione di Alec Cordolcini. Il capitolo racconta la vittoria del primo campionato del suo Ajax.
Il nuovo tecnico ha le idee molto chiare.
Sventata la retrocessione bisogna iniziare a lavorare con pazienza. Si dimostra affettuoso con tutti e pronto a socializzare. Rispetto a quando era alla guida dello JOS, però, Michels cambia radicalmente il suo atteggiamento sul campo di allenamento, prendendo le distanze dai calciatori. Benché alcuni dei suoi calciatori siano stati anche sui compagni di squadra in passato, capisce che per portare disciplina in squadra è necessario stabilire delle precise gerarchie e creare una distanza che gli permetta di prendere decisioni legate al campo senza necessariamente mettere in discussione anche i rapporti personali. La sua fermezza e la sua severità sono semplicemente un modo per spingere i suoi calciatori a dare il meglio durante gli allenamenti.
Nel lavoro per costruire quello che diventerà un meccanismo perfetto, Rinus si avvale di collaboratori che monitorano il corretto svolgimento di tutti gli esercizi e le sessioni di allenamento diventano, col tempo, sempre più dure e non evita di usare il pugno di ferro, abituando la squadra a diventare più forte mentalmente, oltre che fisicamente.
Un giocatore come Cruijff, già molto avanti dal punto di vista tecnico e tattico nonostante la giovane età, non è abbastanza forte fisicamente per entrare stabilmente nei ranghi dei titolare. La sua intelligenza, decisamente superiore alla media, non può bastare se non accompagnata da una giusta struttura muscolare e dalla capacità di mantenere alta la concentrazione durante tutta la partita.
La vera svolta in casa Ajax, però, si ha con la decisione, fortemente caldeggiata dallo stesso Michels, di adeguarsi ai nuovi standard del calcio professionistico, minando ancor di più quella corrente di pensiero che, in Olanda, considerava il calcio come uno sport prettamente amatoriale o, al limite, semi-professionistico.
In quel periodo la maggior parte dei calciatori svolge un altro lavoro per mantenersi e si reca al campo non più di tre volte alla settimana per allenarsi. Klaas Nuninga lavora come insegnante, Ton Pronk gestisce un negozio di articoli sportivi, Theo van Duivenbode lavora in una compagnia di assicurazioni, Bennie Muller è titolare di una tabaccheria. Lo stesso Michels, insegnante di educazione fisica, ha solo mezza giornata libera per dedicarsi agli allenamenti ma è chiaro che per realizzare il suo progetto, quelle poche ore non possono bastare.
Decide, allora, di lasciare il lavoro di insegnante e dedicarsi a tempo pieno alla sua squadra. L’allenatore propone alla dirigenza di garantire una paga ai suoi calciatori, in modo tale da motivarli e permettere loro di liberarsi dalle occupazioni principali e concentrarsi sugli allenamenti.
Ma prendendo quella strada, deve essere chiaro a tutti che entrano in gioco molti interessi, soprattutto economici. “Sarà una scelta che avrà delle conseguenze”, dice in riunione ai suoi calciatori.
Michels vuole controllare tutto e mette le cose in chiaro. Lui saprà qual è la dieta dei calciatori, cosa fanno la sera e che stile di vita hanno fuori dal campo. Quando non può farlo direttamente, si potrà avvalere di collaboratori fidati come Salo Muller, che diventa il trait d'union fra la figura dell’allenatore e i giocatori. Il giovane fisioterapista non si limita a prendersi cura dei muscoli dei suoi calciatori, ma ne diventa amico, confidente, una spalla su cui piangere quando piangere diventa l’unico modo di liberarsi delle frustrazioni e delle tensioni accumulate. “Chi non crede di farcela o non ha voglia, può andare a casa”.
I primi ad accettare sono, in ordine, Piet Keizer, Co Prins e Johan Cruijff, tutti senza un impiego fisso o senza un titolo di studio che possa permettere loro di trovare un lavoro più o meno remunerativo.
Sotto la gestione di Michels, nel giro di pochi mesi l’Ajax ha accelerato il suo processo di crescita in maniera decisa. Il tardo avvento del professionismo diventa solo un ricordo sbiadito. Quella che veste la casacca bianca con una riga verticale rossa al centro è una società sportiva che può fungere da modello in Olanda. Un club in pieno sviluppo e sempre più strutturato, con atleti professionisti focalizzati quanto più possibile sul gioco del calcio e impegnati in sessioni di allenamento programmate, da svolgersi anche più volte al giorno.
Ottenuta la fiducia di Van Praag e con il nuovo contratto in tasca, Michels inizia la nuova stagione con un lungo e massacrante ritiro.
Un paio di settimane prima dell’inizio del campionato, raduna la squadra per comunicare che saranno previste cinque sedute di allenamento al giorno e che non c’è spazio per alcun tipo di distrazione, alla stregua di un addestramento militare. Al termine della preparazione, la rosa è letteralmente sfiancata. I giocatori soffrono una preparazione atletica a ritmi infernali e non sembrano riuscire a recepire l’enorme quantità di informazioni tattiche necessarie a mettere in pratica l’idea di gioco del loro nuovo allenatore. Il credo che Michels vuole trasmettere ai calciatori è quello della disciplina e del sudore e il messaggio è chiaro. Quelli a cui non piacciono i nuovi metodi sono liberi di trovare un’altra squadra.
Qualcuno, all’interno della rosa, non è convinto dei metodi del nuovo allenatore. Correre e ripetere all’ossessione un esercizio tattico annoia chiunque, soprattutto se non si è certi che questo porti risultati in partita.
L’allenatore dell’Ajax vuole mettere da parte l’idea che il calcio sia una semplice somma di duelli individuali da vincere per avanzare lungo il campo. Alla base del suo gioco ci sarà la ricerca del maggior numero possibile di linee di passaggio per il portatore di palla. Per far questo, è necessario che tutti gli interpreti compiano determinati movimenti, in modo tale da generare spazi utili alle giocate dei compagni. Cosciente del fatto di trovarsi ancora in una fase embrionale del suo lavoro, Michels chiede alla società di intervenire anche sul mercato per inserire alcune pedine chiave tra i calciatori a disposizione.
In prima battuta decide di richiamare ad Amsterdam Henk Groot, che due estati prima aveva lasciato l’Ajax per trasferirsi al Feyenoord, pagandolo più di quei duecentocinquantamila fiorini incassati nel 1963. Con lui arrivano anche il duo composto da Ruud Suurendonk e Rudi Gerritsen, che Michels aveva avuto modo di allenare ai tempi dello JOS, insieme al portiere del PSV Eindhoven Gert Bals, scelto per la sua buona visione di gioco e l’abilità nell’impostare l’azione con i piedi.
L’allenatore ha scelto Bals perché fermamente convinto che è dalla porta che la squadra deve cominciare a costruire, senza dover necessariamente limitarsi ad un lancio lungo. Oltre ai nuovi acquisti, Michels punta forte sul recupero dell’esperto Co Prins, fuori per infortunio per gran parte della stagione precedente, e sul definitivo lancio in prima squadra dei talenti delle giovanili Piet Keizer e Johan Cruijff.
Michels decide di dire la sua anche per quanto riguarda la composizione dello staff. Viene assunto un preparatore atletico, Cees Koppelaar, che dovrà seguire i calciatori costantemente durante le sessioni di allenamento e diventerà una figura fondamentale nella preparazione e nella gestione tecnica della squadra. Mirando ad avere una squadra in una forma fisica smagliante, Michels è sicuro di poter applicare un pressing costante sull’avversario.
Chiudere le linee di passaggio, ridurre gli spazi, mantenere una straordinaria compattezza tra i reparti. L’idea è quella di poter schiacciare le squadre affrontate nella loro metà campo quando si ha il controllo del pallone e allo stesso tempo nella fase di non possesso. Una strategia ambiziosa ma con un alto tasso di rischio e che richiede una squadra in perfetta forma, forte fisicamente, tatticamente più intelligente della media e, ovviamente, composta da calciatori estremamente versatili. Per trovarli, Michels si avvale del supporto di Jany van der Veen, ex compagno di squadra, ma anche amico e consigliere. È lui che si occuperà di curare il settore giovanile ajacide e il gruppo di osservatori, dedicandosi ad un lavoro paziente di valorizzazione delle capacità dei singoli, individuando il talento e incanalandolo nel migliore dei modi.
In estate, in attesa dell’inizio del campionato, vengono organizzate delle amichevoli contro due squadre della Bundesliga tedesca, Meidericher SV e Borussia Neunkirchen, alle quali poi si aggiungono gli inglesi dello Stoke City e un piccolo club locale, l’Holland Sport da Scheveningen.
L’Ajax raccoglie due vittorie, un pareggio e una sconfitta, ma tanto basta per iniziare a vedere le profonde novità apportate dal nuovo allenatore. Mutuando il sistema di gioco elaborato dal suo maestro, Jack Reynolds, Michels lo adatta e lo modella sulla base delle sue idee.
L’allenatore sta gettando le basi per un calcio innovativo e rivoluzionario, svincolato dal concetto di ruolo o di marcatura fissa. Schiera la difesa con quattro calciatori sempre in linea. Più avanti, agiscono i sei componenti di centrocampo e attacco che, muovendosi in fluidità, passando rapidamente dallo storico 4-2-4 ad un più moderno 4-3-3.
I risultati arrivano subito, ma per il bel gioco c’è ancora da aspettare. Chi si aspettava anni di magra dopo l’insediamento di Rinus Michels, deve adesso ricredersi: con ventiquattro vittorie, quattro pareggi e sole due sconfitte, il nuovo allenatore ha portato una spiccata mentalità offensiva, una forma fisica devastante e una grande alchimia tra i giocatori.
Dopo cinque anni di digiuno e una retrocessione sfiorata, l’Ajax diventa aritmeticamente Campione dei Paesi Bassi per l’undicesima volta nella sua storia al termine della sfida al Diekman Stadion, casa del Twente, in programma alla ventottesima giornata di Eredivisie. I gol di Keizer e Cruijff vengono accompagnati dall’invasione di campo di decine di tifosi, che si moltiplicano al fischio finale, quando attraverso la radio arriva la notizia dell’inattesa sconfitta del Feyenoord contro il piccolo Elinkwijk.
Al suo ritorno in città, la squadra viene accolta alla Stazione Centrale di Amsterdam da un bagno di folla che scorta Michels e i suoi calciatori fino all’hotel Krasnapolsky, dove è stato organizzato un ricevimento per i nuovi Campioni d’Olanda.
I festeggiamenti ufficiali per il titolo sono, però, rinviati di qualche giorno. Il club ha ottenuto dalla municipalità di Amsterdam e dalla KNVB il permesso di giocare la partita del 18 maggio contro il Feyenoord nello Stadio Olimpico, più capiente e adatto ad ospitare un numero maggiore di tifosi rispetto al piccolo De Meer. Gli oltre cinquantamila biglietti per la partita vengono venduti in un battibaleno e, in uno stadio quasi del tutto esaurito, grazie ai gol di Nuninga e Cruijff, il Klassieker torna ad Amsterdam.
Una piccola rivincita per l’umiliazione subita un anno prima.