Quando Antonio Conte è arrivato alla Juventus veniva classificato come un’integralista del 4-4-2 o 4-2-4; in pochi mesi, è passato al 4-3-3 e infine è approdato al 3-5-2, mettendo in mostra la capacità di assecondare le caratteristiche dei propri giocatori per giungere al migliore rendimento possibile per la propria squadra.
Alla guida della Nazionale ha ripreso il cammino bruscamente interrotto alla guida alla Juventus: cominciando con il “suo” 3-5-2, poi virando al 4-3-3 nella partita esterna del giugno 2015 contro la Croazia, mantenendolo anche contro Malta e Bulgaria ma, nella sfida di Baku contro l’Azerbaigian che ha sancito la qualificazione dell’Italia agli Europei, ha scelto un inedito 4-4-2. Conte, cioè, sembra avere fatto il percorso inverso di quello fatto alla Juventus passando stavolta dal 3-5-2 al 4-4-2.
Se i cambiamenti alla Juventus erano figli di una sempre maggiore conoscenza di pregi e difetti dei giocatori a sua disposizione, in Nazionale si aggiunge la variabilità della rosa da cui potere attingere gli undici titolari. Ad esempio, se all’inizio del ciclo l’allenatore aveva puntato forte su Ciro Immobile (reduce da 22 gol con la maglia del Torino ad erede designato di Lewandowski al Borussia Dortmund), l’attaccante oggi al Siviglia non è neppure tra i convocati, dopo poco più di un anno e il fallimento in Germania seguito dall'esordio difficile in Liga.
In questo senso, le dichiarazioni programmatiche fatte dall’allenatore a Coverciano durante il ritiro precedente le gare contro Malta e Bulgaria, erano state piuttosto chiare: in quell’occasione Conte aveva puntualizzato che per un calciatore, giocare poco nel proprio club, costituirebbe un problema in funzione di una convocazione e un impiego in Nazionale. Una rivendicazione implicita del proprio ruolo di “selezionatore” che sceglie i migliori giocatori disponibili, senza chiudere il gruppo a una rosa definita di calciatori. Conte aveva anche detto di essere «come un sarto e di dovere fare l’abito con la stoffa a disposizione».
Partendo da queste premesse, per la partita contro l’Azerbaigian ha cucito addosso all'Italia il nuovo abito del 4-4-2. A dispetto dei pochi allenamenti a disposizione e dei continui mutamenti del roster da allenare, il 4-4-2 è stato immediatamente riconoscibile come appartenente al calcio di Antonio Conte: un calcio molto caratterizzato e dai principi piuttosto chiari, definiti e identificabili, indipendentemente dal modulo di gioco adottato.
Come attacca il 4-4-2 di Conte
La partita di Baku contro gli azeri allenati da Robert Prosinecki poteva dare la matematica qualificazione agli azzurri ed evitare loro un ultimo match drammatico contro la Norvegia. Conte ha fatto scendere in campo i terzini Darmian, a destra, e dall'altra parte De Sciglio; Bonucci e Chiellini a comporre la coppia di difensori centrali; in mezzo al campo Verratti e Parolo, sugli esterni Candreva a destra ed El Shaarawy a sinistra. Di punta, quello che sembra ormai, e meritatamente, il centravanti designato: Graziano Pellè; più il capocannoniere della serie A: Eder.
Le direttrici del gioco della squadra sono piuttosto chiare. In fase di possesso l’Italia sceglie di iniziare l’azione dal basso, affidando la costruzione ai piedi dei difensori. Contro gli azeri (4-3-3) i due difensori centrali si trovavano sempre in superiorità numerica in impostazione contro il centravanti avversario e buona parte dell’onere di fare partire l’azione offensiva passava dai loro piedi, in particolare da quelli maggiormente educati di Leonardo Bonucci.
In questa fase di gioco i terzini rimanevano piuttosto bassi, in controtendenza con la propensione più in voga del momento che vede gli esterni bassi alzarsi per consentire ai due centrali di allargarsi, dilatando la loro distanza reciproca al fine di rendere più difficoltosa l’azione di pressione nei loro confronti e di fornire eventualmente spazio per il supporto alla costruzione di un centrocampista che si abbassa (come nella ormai famosa salida lavolpiana). E in effetti i due interni, Verratti e Parolo, erano tagliati fuori dalla prima costruzione anche dall’incastro tra i due moduli di gioco (4-3-3 vs 4-4-2) che piazza le due mezzali azere direttamente nella zona di gioco dei centrocampisti italiani. Ma era anche una scelta di Conte: né Parolo né Verratti hanno cercato di smarcarsi abbassandosi sulla linea dei difensori.
Darmian e De Sciglio partecipano bassi al giro palla difensivo. I due interni italiani rimangono in posizione e sono marcati dalle mezzali azere.
I due terzini erano costretti a rimanere bassi anche dalla peculiare posizione assunta dagli esterni, che rimanevano sempre alti e larghi, disegnando in concreto il famoso 4-2-4 che all'inizio viene considerato come tipico del CT della nazionale.
Gli esterni Candreva ed El Shaarawy in fase di possesso palla giocano sulla stessa linea degli attaccanti.
Così, lo scaglionamento in campo dei giocatori è funzionale al gioco di Antonio Conte che ama un calcio rapido e veloce negli ultimi trenta metri. L’idea di fondo, schierando i due esterni così alti e aperti, è quella di costringere gli esterni bassi avversari a giocare larghi, dilatare gli spazi tra le maglie della difesa avversaria e, nel caso in cui giochi con una linea a 4, isolare il più possibile i due attaccanti contro i due difensori. La stessa logica conduce, nel 3-5-2, alla posizione avanzata assunta dagli esterni in fase di possesso palla: per Conte è fondamentale che le distanze, sia orizzontali che verticali, tra i giocatori avversari impegnati nella fase di non possesso, siano il più ampie possibile e le sue squadre lavorano in fase offensiva alla ricerca di questo obiettivo.
L’innesco della manovra d'attacco, poi, è frequentemente fornito da un passaggio verticale diretto tra la linea difensiva e la coppia di attaccanti, scavalcando di fatto il centrocampo. La ricezione della punta accende la manovra della squadra che a questo punto diviene rapida, giocata preferibilmente a un tocco e ricca di movimenti preordinati e coordinati tra i giocatori.
Contro l’Azerbaigian la direttrice principale era quella verso Pellè, che, considerando il piede forte e la zona di gioco di Bonucci, da cui parte la maggior parte dei passaggi verso la zona offensiva, si muove preferenzialmente sul centro sinistra della zona d’attacco italiana. La ricezione di Pellè faceva scattare i movimenti degli altri giocatori d’attacco: uno tra l’esterno del lato forte e la seconda punta si muoveva “sotto” per ricevere un passaggio di sponda mentre l’altro attaccava la profondità. L’esterno sul lato debole rimaneva aperto a fornire un’ulteriore soluzione di gioco.
Pellè viene incontro a ricevere il lancio proveniente dalla linea difensiva. Eder si muove con un movimento a ricciolo per ricevere la sponda del centravanti. El Shaarawy attacca la profondità.
Un’altra soluzione ricorrente era l’innesco tramite un passaggio addosso all’esterno. La giocata seguente è automatica: l’esterno gioca di prima verso la punta più vicina che viene incontro, mentre la seconda si muove alle spalle e l’esterno del lato debole rimane alto e pronto ad attaccare la profondità. La prima punta può ricevere il pallone o fare velo per la seconda, per poi muoversi sotto la stessa.
La palla viene giocata addosso ad El Shaarawy che gioca di prima sul movimento incontro di Pellè. Eder attacca lo spazio lasciato libero dal centravanti. Candreva rimane aperto sul lato debole pronto ad attaccare la profondità. Antonio Conte, di certo, sta chiamando la giocata.
Proprio una giocata codificata di questo tipo è nato il gol del vantaggio contro la Norvegia, quando l’Italia era già schierata con il 4-4-2.
Candreva gioca di prima sul movimento di Giovinco.
Giovinco riceve e trova Florenzi in profondità sul lato debole.
Il ruolo dei due interni non è centrale nelle fasi preparatorie dell’azione, che viene lasciata principalmente al quartetto difensivo. La loro funzione è quella di equilibratori della squadra, con il compito di accompagnare il gioco dopo l’innesco della manovra offensiva, sia per posizionarsi preventivamente in copertura e prepararsi quindi a un’efficace transizione difensiva, sia per potere partecipare, fronte alla porta, allo sviluppo offensivo.
Il primo gol dell’Italia a Baku è un perfetto esempio del lavoro chiesto agli interni di centrocampo.
La fase d’attacco vera e propria nasce, come sempre, da un passaggio tra un difensore e un attaccante. In questo caso è il terzino Darmian che serve l’esterno Candreva. Verratti si muove accompagnando il passggio e cercando di scavalcare il proprio diretto avversario.
Sullo scarico di Candreva, Verratti si trova a potere giocare fronte alla porta. L’azione è stata innescata. La punta del lato forte, Pellè, viene incontro, Eder attacca lo spazio.
Verratti ha la qualità tecnica per servire il movimento in profondità di Eder. Certo l’interpretazione data all’azione dalla linea difensiva azera non è impeccabile.
L’azione non era di certo improvvisata e si è ripetuta più volte nel corso del match.
La stessa azione di prima. Il fatto che sia giocata 10 metri più indietro la rende più complessa e il passaggio di Verratti verrà intercettato.
Nella partita in terra azera i movimenti ad accorciare dei due interni di centrocampo erano diversi. Verratti, come in occasione del gol, si muoveva su distanze più brevi e rimaneva disponibile per supportare la linea difensiva nelle circolazione del pallone; Parolo si muoveva su distanze più ampie e si alzava accorciando la distanza con la linea dei quattro giocatori offensivi.
Verratti rimane basso, pronto ad alzarsi quando il pallone viaggerà verso la zona d’attacco. Parolo si alza preventivamente.
Sul lancio verso Pellè, Parolo è pronto a ricevere il passaggio di sponda del centravanti e a giocare fronte alla porta.
Come attacca il 3-5-2 di Conte
L’occupazione iniziale degli spazi offensivi è ancora più accentuata con il sistema 3-5-2, con cui la nazionale italiana ha affrontato inizialmente la partita contro la Norvegia, per passare al 4-4-2 a metà secondo tempo e in svantaggio per 1-0.
Anche con il 3-5-2 le fasi preparatorie della manovra sono affidate a 4 giocatori, stavolta i tre difensori e il mediano, che formano un rombo che fa circolare il pallone fino alla giocata verticale verso i giocatori offensivi.
In fase di possesso palla gli esterni giocano piuttosto alti, così come i due intermedi di centrocampo.
Darmian e De Sciglio, gli esterni del 3-5-2- sono quasi sulla stessa linea degli attaccanti. Anche le mezzali Soriano e Florenzi alzano parecchio la propria posizione.
I movimenti coordinati delle due punte ricalcano quelli visti nel 4-4-2 e la direttrice principale della manovra è anche questa volta un passaggio diretto verso uno dei due, che innesca la fase di finalizzazione. A muoversi sugli spazi creati dai due sono stavolta, non gli esterni, ma le due mezzali, che si inseriscono sul lato debole, o, sul lato forte, giocano sotto palla fornendo appoggio agli attaccanti.
Pellè riceve e gioca di sponda per Florenzi, mentre Eder ha attaccato lo spazio profonda liberato dal centravanti.
Fondamentale è l’incertezza che la posizione di esterni e mezzali deve creare agli esterni bassi avversari. Gli esterni, giocano larghi e profondi e le mezzali hanno il loro terreno di caccia nello spazio compreso tra il terzino e il centrale avversario. I terzini avversari sono così costretti a scegliere se allentare la marcatura sull’esterno lasciando però spazio all’inserimento dell’intermedio o avvicinarsi maggiormente al proprio centrale di riferimento, liberando l’esterno.
Soriano gioca nello spazio compreso tra il terzino e il centrale avversario. Il terzino è costretto a stringere la propria posizione, lasciando spazio per la ricezione dell’esterno De Sciglio.
Sia nel 4-2-4 che nel 3-5-2 Antonio Conte assegna un ruolo chiave allo sviluppo alla transizione della manovra da una fase di attesa a una di attacco vero e proprio a un passaggio verticale dalla zona difensiva verso gli attaccanti.
È un passaggio dalla ricezione complessa, e, immediatamente dopo, è generalmente prevista una giocata rischiosa (un velo, un passaggio di prima, una combinazione rapida a 1-2 tocchi). La possibilità di perdere palla è concreta. Per tale motivo è necessario preparare bene questo innesco, dando il tempo alla squadra di salire e di posizionarsi correttamente, tramite una fase di preparazione lenta e apparentemente interlocutoria. Il corretto posizionamento ha una duplice funzione: aumentare la possibilità di riuscita del passaggio iniziale e delle combinazioni successive e, in caso di perdita del possesso, essere ben posizionati per la transizione difensiva.
Anche per questo il calcio di Antonio Conte si può immaginare come un calcio a due velocità: paziente in fase di preparazione, ipercinetico dopo l’innesco offensivo. Fondamentale è la creazione di spazi. A differenza di altri allenatori però Conte, non svuota il cuore della difesa avversaria per attaccarla in un secondo tempo con inserimenti da dietro, ma, al contrario, la satura. Da questo l’utilizzo frequente di moduli di gioco con due punte che quasi sempre giocano in orizzontale. Sono i movimenti coordinati delle punte, che costringono i loro marcatori a seguirli, a creare gli spazi utili per attaccare la porta avversaria.
Difendere
Se giocata con i tempi giusti, la fase di possesso delle squadre di Antonio Conte prepara a una fase di transizione difensiva che è sempre giocata alla ricerca della riconquista rapida del pallone in posizione più alta possibile. Non potrebbe essere altrimenti con così tanti uomini sopra la palla e in posizione avanzata.
Nel 4-4-2, come detto, è fondamentale il lavoro dei due interni di centrocampo che devono accompagnare correttamente il reparto offensivo. È anche questo uno dei motivi per cui adottando il 4-4-2 Conte non abbassa mai sulla linea difensiva gli interni che servono entrambi ad equilibrare lo schieramento con 4 giocatori sulla linea offensiva.
Nel 3-5-2 i difensori centrali hanno più frequentemente la possibilità di giocare marcature preventive molto aggressive, coperti alle spalle dalla superiorità numerica garantita dalla presenza contemporanea dei tre centrali. In caso di difesa a 4 la superiorità numerica in zona difensiva è ricercata tenendo in posizione uno dei due terzini, quando in possesso palla. Un ottimo esempio di transizione difensiva è dato dal gol di Darmian a Baku.
L’Italia perde palla in zona offensiva, ma è molto equilibrata e pronta ad una aggressiva transizione difensiva. Parolo e Verratti marcano dei possibili ricevitori e Darmian, rimasto in posizione durante la precedente fase d’attacco, può giocare in anticipo sul proprio attaccante di riferimento.
Contro l’Azerbaigian in fase di non possesso palla i due esterni si abbassavano per formare una linea a 4 con i due interni. L’Italia si schierava con un 4-4-2 piuttosto compatto e, contro avversari che presentano un play basso, con le due punte che si trovano spesso in verticale, con Eder nella zona del mediano azero.
Il blocco delle due linee si assestava al di qua della linea di metà campo e le distanze tra le linee ernao piuttosto ridotte. La pressione sul portatore di palla era piuttosto decisa quando gli avversari entravano nella zone del blocco difensivo azzurro.
Tra la linea di difesa e quella di centrocampo ci sono circa 10 metri.
Una delle idee in fase di non possesso è quella di orientare il possesso palla avversario verso il lato del campo, utilizzando quindi la linea laterale come alleato per il recupero del pallone. Sulla linea difensiva le marcature sugli uomini che vengono a gravitare sulla propria zona sono piuttosto aggressive e cambiano in qualche maniera l’ordine ortodosso delle priorità delle difesa a zona: palla, porta, compagno, avversario.
L’orientamento del corpo di Candreva in pressione invita il terzino avversario verso la linea laterale. Darmian gioca in marcatura aggressiva sul proprio uomo.
La linea difensiva non cerca di mettere in fuorigioco gli avversari e la copertura al compagno di reparto che aggredisce palla è costantemente attuata.
Nella partita contro la Norvegia il 3-5-2 è stato davvero poco impegnato nella fase pura di non possesso palla, ma è possibile notare come, abbassando i due esterni nella linea dei difensori e con 3 centrocampisti invece di 4 a coprire tutta l’ampiezza del campo, la fase difensiva è generalmente meno aggressiva, guadagnando però in protezione bassa dell’area di rigore. La posizione assunta dalla squadra rende inoltre meno agevole una rapida transizione offensiva: ci sono tanti uomini sulla linea arretrata e gli esterni devono risalire tutto il campo per giungere nella loro posizione ottimale. In quest’ottica il 4-4-2 consente transizioni positive più rapide ed efficaci, come in occasione del secondo gol segnato contro l’Azerbaigian.
L’Italia riconquista palla e gli esterni partono immediatamente in verticale. L’Italia segna il secondo gol all’Azerbaigian.
Road to France 2016
Il primo obiettivo di Antonio Conte è stato centrato. L’Italia si è qualificata agli Europei non perdendo nemmeno un match e arrivando davanti a una Nazionale di buonissimo livello come la Croazia di Modric e Rakitic.
La storia tattica di questo percorso racconta che l’Italia ha iniziato il proprio cammino utilizzando il 3-5-2 ampiamente sperimentato dall’allenatore nei suoi anni alla Juventus. Dopo i due sofferti pareggi contro la Croazia a Milano e la Bulgaria a Sofia, Conte ha cambiato sistema di gioco schierando un convincente 4-3-3 nella trasferta di Spalato. In occasione della penultima gara del girone ha adottato il 4-4-2 che era considerato il suo marchio di fabbrica ai tempi dell’approdo sulla panchina bianconera.
Indipendentemente dal modulo messo in campo, il calcio di Antonio Conte è ampiamente riconoscibile e si farebbe poca fatica a individuare una squadra da lui allenata pur senza saperlo.
È un calcio estremamente organizzato, con principi piuttosto chiari e movimenti e linee di passaggio codificati e automatizzati. Caratteristica principale della fase di possesso palla è il gioco a uno-due tocchi, che prevede insistita circolazione di palla tra i difensori, anche in zone di campo piuttosto basse e accettando rischi pur di non “buttare via” il pallone. La circolazione di palla è propedeutica alla creazione di spazi e invita gli avversari alla pressione per “aprire il campo” alla manovra offensiva. Il passaggio di innesco della fase di attacco è quasi sempre opera di un difensore che serve in verticale uno giocatori offensivi. Innescata, la fase di finalizzazione è giocata con estrema velocità, con particolare ricchezza di movimenti, netti, precisi, sincroni nello spazio e nel tempo. Tali giocate rappresentano la soluzione privilegiata per la ricerca del gol.
Al di là della qualità assoluta del gioco dell’Italia in queste qualificazioni, appare chiaro come il commissario tecnico non abbia cambiato la sua idea di calcio e non la abbia adattata in qualche maniera al contesto di una nazionale, parecchio diverso da quello di un club. Pur con tempi a disposizione molto ridotti Antonio Conte ha lavorato e lavora per avere una squadra che possa mettere in campo soluzioni di gioco provate con continuità in allenamento. La nazionale italiana è pienamente riconoscibile come una squadra allenata da Conte e ciò è comunque un indice della bontà del lavoro del commissario tecnico.
Guardando alla fase finale degli Europei non può non essere evidenziato come l’allenatore avrà a disposizione la squadra per un tempo relativamente lungo se paragonato a quello disponibile durante le qualificazioni. Tra la fine del campionato di serie A e l’inizio della rassegna continentale ci sono 25 giorni. In Francia vedremo di certo una squadra parecchio organizzata e nel calcio delle nazionali questo rappresenterà un vantaggio per l’Italia.
Se l’organizzazione del gioco rappresenta una certezza, permangono dubbi sulla qualità assoluta della squadra e curiosità sul modulo di gioco con il quale Antonio Conte deciderà di affrontare gli Europei.
Il 4-4-2 mostrato a Baku e, in parte contro la Norvegia, richiede la presenza di due interni capaci di coprire ampie zone di campo, sia in orizzontale che in verticale. Già alla Juventus e con cinque anni di meno la presenza in campo di Andrea Pirlo fu uno dei motivi del passaggio al centrocampo a tre e dell’abbandono del 4-4-2. In quest’ottica nemmeno Marco Verratti, che ha giocato a Baku, appare il centrocampista ideale in questo modulo di gioco e già in Azerbaigian, contro avversari tutto sommati modesti, la fase di non possesso palla, specie sulla linea degli interni, non è sembrata impeccabile, con uscite fuori tempo e spazi lasciati alle spalle. Daniele De Rossi è diventato un giocatore troppo statico per interpretare efficacemente il ruolo. Un ruolo da titolare nel centrocampo di un ipotetico 4-4-2 è di certo assegnato a Claudio Marchisio, ma trovare accanto a lui un compagno di livello assoluto ed adatto al ruolo non è semplice. Anche perché tutti i centrocampisti in rosa alla nazionale sono abituati a giocare in un centrocampo a 3.
Allora l’abito buono potrebbe tutto sommato essere quindi il 4-3-3. Molto dipenderà dalle condizioni psico-fisiche di Andrea Pirlo. La MLS inizia a marzo e ciò potrebbe consentire al regista del NY City di giungere a giugno in buona forma. Se Pirlo farà parte della squadra, un centrocampo a 3 con Verratti mezzala destra e Marchisio mezzala sinistra sarebbe un reparto di ottimo livello. In assenza di Pirlo la configurazione potrebbe prevedere Marchisio come play e un giocatore abile negli inserimenti come Parolo in posizione di intermedio di sinistra.
Nella zona degli esterni offensivi Antonio Conte ha la possibilità di scegliere tra varie opzioni. Un grosso aiuto al CT della nazionale può arrivare da Maurizio Sarri che condivide col tecnico salentino l’idea di una fase di attacco rapida e iper-organizzata che potrebbe consegnare all’Italia un Lorenzo Insigne pronto ed allenato al calcio richiesto da Conte. Oltre a Candreva ed El Shaarawy, nel ruolo è stato già convocato Domenico Berardi, potenziale crack la cui evoluzione deve essere attentamente seguita durante la stagione, dallo stesso Eder, che nella Sampdoria è spesso impiegato come esterno e, con caratteristiche diverse da Alessandro Florenzi che pare essersi ormai evoluto in un giocatore di fascia.
Inoltre Il 4-3-3, tra i moduli utilizzati da Conte, è quello che nell’interpretazione del tecnico salentino dei vari sistemi di gioco, appare più vario ed imprevedibile e che quindi soffrirebbe meno il lavoro preventivo degli allenatori avversari contro le linee di gioco codificate dell’Italia.
Meno probabile sembra l’utilizzo continuativo del 3-5-2 che abbasserebbe la qualità complessiva della squadra. Appare invece ipotizzabile l’impiego del 3-5-2 come arma tattica in funzione difensiva: la capacità di protezione della porta del trio Barzagli-Bonucci-Chiellini è ormai ampiamente testata ad altissimi livelli e frazioni di partita giocati prudentemente in difesa di un risultato favorevole non sono certo da escludere nella testa di un allenatore che coniuga un approccio al calcio organizzato non tipico della scuola italiana, con l’attenzione per i particolari e all’interpretazione dei momenti del match che derivano dai tanti grandi allenatori connazionali avuti nella sua carriera da giocatore.
Germania, Spagna, probabilmente Belgio e Francia sembrano più pronte dell’Italia, ma dietro queste quattro squadre c’è un ampio spazio che il livello dei calciatori italiani e il meticoloso lavoro di Antonio Conte è in grado di occupare. Più che la qualità assoluta delle prestazioni che l’Italia ha mostrato sino ad adesso, a far ben sperare è l’osservazione tangibile che il lavoro svolto durante gli allenamenti è minuzioso e continuo e ha fatto emergere chiaramente il disegno tattico ricercato dall’allenatore. Il livello assoluto delle prestazioni è destinato a migliorare grazie alla prosecuzione del lavoro nei prossimi appuntamenti e, infine e soprattutto, durante il periodo precedente la fase finale degli Europei.