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Ci eravamo un po’ dimenticati di Cade Cunningham
31 gen 2025
Da delusione della scorsa stagione a All Star.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Ci eravamo un po’ dimenticati di Cade Cunningham. Del resto, chi avrebbe voglia di guardare le partite di una delle peggiori squadre nella storia della NBA? Questo sono stati i Detroit Pistons 2023/24, capaci di perdere 28 partite consecutive e pareggiare il record negativo all-time nella Lega stabilito due volte dai Sixers. A infrangere una striscia che sembrava non poter finire mai - nessuno voleva regalare una vittoria a una squadra del genere - ci pensò Cade Cunningham con 30 punti, 12 assist e 0 palle perse.

Dal suo arrivo in NBA nel 2021, l’ex giocatore di Oklahoma State è sempre stato il più forte a roster dei Pistons, ma quanto lo era davvero? I risultati di squadra erano pessimi da anni e nemmeno le scelte alte al Draft, nemmeno l’arrivo di Monty Williams in panchina, dopo la ricostruzione lampo dei Suns, avevano sortito effetto, anzi. I Pistons sembravano lo specchio di una città che aveva sofferto come poche la crisi di fine anni ’00, da cui però non era riuscita a sollevarsi, a differenza di Motown.

Ebbene, tutte le partite che non sono riusciti a vincere lo scorso anno le stanno vincendo ora: non ironicamente, visto che quota 14 vittorie, tutte quelle ottenute l’anno scorso, in questa stagione è stata raggiunta il 26 dicembre. Le motivazioni sono svariate, ma l’uomo che più di tutti merita le copertine è proprio Cade Cunningham.

LA CURA
Vuoi per scelte sbagliate, vuoi per caso, negli ultimi 20 anni i Pistons non hanno mai avuto grossa fortuna al Draft. Nelle ultime stagioni, poi, pur vivendo perennemente nei bassifondi della NBA, non sono mai riusciti ad avere una scelta in top 3, a eccezione del 2021. La perenne ricostruzione di una squadra in macerie necessitava di una accelerata sostenuta, e quella sembrava potesse arrivare proprio da Cade, prima squadra All-American con Oklahoma State nel suo unico anno di college. 

L’ultimo decennio delle squadre sportive di Detroit non è stato esattamente scintillante, e che la comunità avesse drammatico bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi si capisce da un semplice fatto; senza nemmeno un minuto ufficiale di NBA, Cade Cunningham fu messo a recitare (parola forte, ma ci siamo capiti) nella pubblicità di una compagnia assicurativa per automobili. Il play texano non cambiò effettivamente faccia alla franchigia, ma finì comunque terzo nelle votazioni per il premio di Rookie of The Year, qualcosa che a Detroit non si vedeva dal 1995 con Jason Kidd – a proposito di quello che si diceva poco fa sulla storia della squadra al Draft.

A posteriori, dei primi tre anni quello fu di gran lunga il più agevole, per lui e per la franchigia. Un infortunio nel suo secondo anni lo costrinse a saltare gran parte della stagione, mentre la stagione scorsa è stata uno scempio senza fine. Nelle sue precedenti esperienze da capo allenatore, Monty Williams aveva costruito delle ottime squadre a New Orleans e Phoenix, e del resto a Detroit non è che avessero fretta: i 6 anni di contratto facevano capire che la costruzione di una cultura di squadra, qualcosa che durasse a lungo, era la priorità, mentre i 78 milioni totali (il massimo di sempre per un coach NBA) erano sufficienti a chiarire che prima o poi i risultati sarebbero dovuti arrivare. Quello tra Williams e i Pistons è stato un matrimonio nato male e finito peggio; il coach aveva più volte rifiutato le avances di Detroit per motivi familiari, essendo la sua seconda moglie malata di cancro (la prima, come è purtroppo noto, morì in un incidente stradale nel 2016). Alla fine era stato il proprietario a intercedere personalmente per fargli cambiare con la classica offerta irrifiutabile; Williams accettò, ma l’idea è che tra ottobre 2023 e aprile 2024 lui volesse essere dappertutto tranne che su una panchina NBA ad allenare una squadra di ragazzi inesperti e da testare ai livelli più alti.Con l’arrivo di JB Bickerstaff è però cambiato tutto. Il nuovo allenatore ha portato un’impronta difensiva di cui la squadra aveva tremendamente bisogno, oltre alla capacità a lavorare con i giovani già apprezzata a Cleveland; veterani come Beasley, Harris e Hardaway Jr. stanno dando un contributo tangibile dentro e fuori dal campo, e poi, finalmente, questa squadra ha un All-Star, e forse anche qualcosa di più. No, le nomination non sono ancora state rese ufficiali, ma è solo questione di giorni prima che Cunningham diventi il primo giocatore dei Pistons dal 2019, dopo Blake Griffin, a partecipare alla gara delle stelle.

SCUSATE IL RITARDO
Alla sua quarta stagione tra i pro, possiamo ormai dirlo: in attacco, Cade Cunningham può fare tutto, anche grazie a un fisico eccellente per il ruolo (è pur sempre un play di quasi 2 metri per 100 kg). MotorCade sta mettendo a referto i migliori numeri in carriera in qualsiasi voce statistica a eccezione della percentuale ai liberi: sebbene questi numeri non possano giustificare il premio di Most Improved Player, è evidente che senza questo Cade i Pistons non sarebbero questi Pistons.

L’aspetto che salta più all’occhio è la percentuale al tiro da 3; se da un anno all’altro i tentativi di media sono sempre rimasti attorno ai 5-6 a partita, lo stesso non si può dire della percentuale: dal 27.9% del secondo anno, ampiamente insufficiente per una guardia, al 37.7% di questa stagione. Non è ancora il giocatore che volete si prenda una tripla dopo aver insistentemente palleggiato sul posto, ma il miglioramento da un anno all’altro è evidente. L’anno scorso il numero 2 di Detroit si prendeva 2 triple dal palleggio a partita convertite con il 32.5%: quest’anno sono 4.2 con il 35.5%. Lui giustamente si prende anche quello che le difese gli concedono: 2.8 triple di media sono open, secondo NBA Stats, mentre 2.3 sono wide open. In effetti, in situazioni di pick and roll, gli avversari tendono a passare sotto i blocchi e, soprattutto, i lunghi non lo vanno a prendere alti ma rimangono a coprire in drop.

Difficilmente Cunningham batte l’avversario dal palleggio con il primo passo, ma riesce comunque a prendere vantaggio grazie alle finte dal palleggio o ai blocchi rigettati. La tecnica non gli manca e anzi, è uno di quei giocatori che ti chiedi come facciano a battere l’uomo in maniera così costante pur avendo un’esplosività quantomeno nella media del ruolo.

Non essendo particolarmente rapido nel mettere palla per terra, prendere vantaggio tramite il blocco è fondamentale per lui: Cunningham è il secondo giocatore per possessi a partita da palleggiatore in situazioni di gioco a due (11.1, un centesimo dietro Trae Young), situazione in cui produce 10.5 punti di media a gara.

Cunningham è uno dei penetratori più proficui della Lega, non solo per quantità di drive a partita (16.5) ma anche per punti prodotti in questa situazione: sono 11.3 di media a partita, quinto miglior dato in NBA, e sono sempre aumentati di anno in anno dal suo arrivo tra i pro. Rimane comunque un giocatore abbastanza ondivago nelle sue percentuali di conversione, argomento su cui torneremo in seguito.

Secondo la shot chart di Statmuse, al momento di scrivere Cunningham tira con il 51% abbondante ai pressi del ferro, una cifra comunque ben al di sotto della media di Lega (59.6%). Questa tendenza a sbagliare una volta arrivato vicino a canestro si nota molto bene in situazioni di contropiede. Quando deve andare in sottomano tende a sbagliare qualche conclusione di troppo, ma se riesce ad attaccare l’area con cattiveria, allora si porta a casa il ferro e la dignità degli avversari, come ha imparato Houston alcuni giorni fa:

On y’all motherfuckers!

Il discorso è lo stesso anche quando gioca in contropiede, situazione che Detroit esplora spesso (quinta per frequenza di utilizzo delle transizioni), ma con efficienza rivedibile (1.11 punti per possesso, nel 41esimo percentile della NBA). Cade segna 0.88 punti per possesso in contropiede, nettamente tra i peggiori della Lega, almeno se si guarda il percentile (12.4).

Ovviamente, con quel fisico Cunningham prova a punire gli avversari spalle a canestro. Sono 1.4 i possessi a partita di questo tipo, pochi di per sé, ma tanti per il ruolo: davanti a lui in classifica ci sono quasi esclusivamente lunghi di ruolo o comunque esterni (e poi c’è DeMar DeRozan, che è ormai una specie sempre più rara). In queste situazioni gli piace concludere verso il centro con un gancetto, ma anche qui le percentuali di conversione non sono granché (è nel 41esimo percentile di Lega per punti segnati in post). E poi c’è il problema, che persiste sempre, delle palle perse. Cunningham fa veramente fatica a leggere i raddoppi e comportarsi di conseguenza: le palle perse sono 4.7 a partita, peggior dato della carriera, che comunque rimangono ampiamente inferiori rispetto agli assist, 9.4, quasi 2 di media in più rispetto allo scorso anno. Parentesi su queste cifre: ovviamente, un assist è tale se il compagno butta la palla nel canestro, e quest’anno ha sicuramente più compagni in grado di farlo. Malik Beasley è una macchina al tiro da 3 con quasi il 40% su 9.3 tentativi a partita; Tim Hardaway Jr. si è ripreso dopo l’ultima, negativa stagione con i Mavs (38% da 3) e anche Jaden Ivey, prima dell’infortunio alla gamba, aveva mostrato enormi miglioramenti al tiro (41% su quasi 5 tentativi). Tutti e tre, ma anche Tobias Harris, altro veterano arrivato dal mercato, migliorano le loro percentuali al tiro quando assistiti dal nostro.

Tornando alla questione dei tiri in post, Cunningham ha le potenzialità per essere uno scorer su tre livelli. Non è un tiratore particolarmente proficuo dal mid-range (si prende 2.8 tiri dalla media a sera convertendoli con il 42.3%), mentre è quinto per tiri presi nel pitturato, escludendo la resticted area: sono 6.3 a sera, gli stessi di Alperen Sengun e dietro solo a De’Aron Fox, che ha comunque un altro tipo di esplosività rispetto a lui, Zion, Jokic e Jaren Jackson Jr.

Dove deve migliorare è sicuramente l’efficienza, in qualunque parte del campo. In questo momento, quello che gli riesce meglio è attaccare il ferro, situazione in cui comunque è nel 69esimo percentile di efficienza: buono, ma non eccellente. Spalle a canestro crea ma fatica a finalizzare. Il tiro da 3 è migliorato, ma rimane ancora mediocre quando deve crearsene uno dal palleggio (decisamente meglio, invece, quando può tirare piedi per terra). Probabilmente diventare un tiratore da 3 ancora migliore sbloccherà altre aree del gioco suo e dei Pistons, ma già così è un giocatore piuttosto atipico per il gioco NBA moderno, che sfrutta le proprie doti e il proprio fisico per prendersi i tiri dalle sue mattonelle, piuttosto che forzare: il fatto che le difese gli concedano ancora spazio sul perimetro non significa che lui debba per forza sparacchiare da 3 ma che, al contrario, abbia più spazio per raggiungere le sue posizioni preferite di campo e fare male da lì.

AL SERVIZIO DELLA DIFESA
Con l’arrivo di JB Bickerstaff era lecito attendersi fin da subito miglioramenti sul lato difensivo del pallone. Per anni i Pistons sono stati nei bassifondi della Lega anche da questo punto di vista, mentre oggi sono una squadra rispettabile e anche qualcosa di più. Detroit è 16° per defensive rating e 17° per punti subiti a partita, ma ha iniziato il 2025 alla grande nella propria metà campo: a gennaio è arrivata fino al terzo posto defensive rating e al sesto per punti subiti a partita e solo le ultime due sconfitte hanno alzato i numeri (rimane comunque quarta e nona nelle due classifiche, rispettivamente). 

In attesa dello sviluppo di giovani potenzialmente di primo livello sul lato difensivo come Ausar Thompson, Jalen Duren e Ron Holland, i Pistons sono già da ora una squadra che difende con energia, ruota bene e si aiuta quando un compagno è in difficoltà. Il gioco offensivo di Cade viene quasi trasposto nella metà campo difensiva, con pregi e difetti. Il fisico gli permette di marcare anche tre ruoli diversi, ma rimane pur sempre un giocatore con velocità di piedi rivedibile. Detroit lo ha messo sulle tracce di alcuni dei migliori giocatori della Lega con risultati ondivaghi. Sulla palla fa già da ora un discreto lavoro, e se riesce a muovere i piedi un minimo è sufficientemente grosso per tenere l’attaccante di fronte a sé. Di contro, la difesa lontano dalla palla è ancora un grosso work in progress, soprattutto quando deve andare in closeout: la sua idea di closeout, in sostanza, è arrivare a chiudere sull’uomo a tutta velocità, finendo poi per essere battuto dal palleggio, o peggio ancora saltare sulle finte del tiratore. Come detto, però, nel complesso quella dei Pistons è una difesa disciplinata che contesta benissimo le triple dagli angoli e lo stesso Cunningham gioca con un effort notevole:

L’ex Oklahoma State difende quasi 6 conclusioni al ferro concedendo il 54.3% agli avversari contro il 63% abbondante del resto della squadra.

Al momento di scrivere, Detroit è ottava in classifica a Est a 0.5 partite di distanza dal quinto posto, e anche se si dovesse giocare un posto ai playoff tramite play-in sarebbe un miglioramento enorme rispetto alla scorsa stagione. È cambiato il manico, sono arrivati dei veterani e Cade Cunningham si sta trasformando nell’All-Star che la franchigia si attendeva.

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