Un vecchio motto piuttosto in voga negli Stati Uniti sostiene che, qualora i Padri Pellegrini a bordo della Mayflower fossero sbarcati sulla costa occidentale invece che a Cape Cod, allora l’est del paese sarebbe rimasto per sempre una terra inesplorata e selvaggia. Il motto, che trova le sue ragioni nell’attrattiva climatica e paesaggistica dell’ovest americano rispetto al ben più inospitale est, potrebbe in qualche modo valere anche per gli ultimi vent’anni abbondanti di NBA. Nell’era post-Jordan, infatti, il conteggio dei titoli vinti è impietoso: 15 a 8 per le squadre che arrivano dalla Western Conference. Non solo: per lungo tempo si è dibattuto della superiorità netta dell’Ovest e di come lo squilibrio tra le due conference fosse diventato un problema per la lega. Uno squilibrio che oggi appare colmato se non in pieno almeno in gran parte, tanto che la Eastern Conference si presenta ai nastri di partenza della stagione 2021-22 annoverando non solo i campioni in carica, ma le prime due pretendenti alla vittoria finale e una serie di squadre che hanno poco o niente da invidiare ai dirimpettai dell’altra costa.
1. Brooklyn Nets
Come e più dell’anno scorso, i Nets appaiono nettamente favoriti nella corsa al Larry O’Brien Trophy. E, un po' come per la scorsa stagione, a decidere le sorti della franchigia - e di conseguenza del resto della lega - sarà probabilmente lo stato di salute dei Big Three agli ordini di Steve Nash, reduci da acciacchi fisici che hanno segnato il percorso della squadra durante gli ultimi playoff. Disporre di Harden già dal training camp potrebbe rappresentare un vantaggio non di poco conto, soprattutto nella ricerca di una maggiore coesione a livello tattico. Il lavoro svolto dal General Manager Sean Marks in estate, poi, ha regalato al coaching staff un roster davvero profondo, caso più unico che raro per un super team che concentra gran parte dello spazio salariale sulle stelle di casa. Veterani come Mills e Millsap dovrebbero aiutare nella gestione di uno spogliatoio non proprio semplicissimo, mentre giocatori di ruolo come James Johnson e Jevon Carter possono colmare il vuoto lasciato dagli addii, gli unici significativi, di Landry Shamet e Jeff Green (e magari concorrere a rendere almeno presentabile la difesa: 22° su 30 la scorsa stagione). Difficile, insomma, immaginare un epilogo che non veda Brooklyn quantomeno alle Finals, anche se le incognite – qualcuno ha detto Kyrie Irving? – non mancano. Certo, se poi Durant dovesse continuare a essere l’inarrestabile macchina da pallacanestro vista tra la post-season e le Olimpiadi giapponesi, potrebbe bastare quasi da solo.
2. Milwaukee Bucks
Tra i grandi misteri della NBA, e dello sport in generale, c’è quel bizzarro meccanismo psicologico che fa compiere un balzo in avanti in termini di fiducia nei propri mezzi a chi vince un trofeo. E proprio nel funzionamento di quel meccanismo potrebbe nascondersi il segreto della stagione 2021-22 dei Bucks. Il trionfo alle ultime Finals pare aver regalato una nuova consapevolezza e una cospicua dose di autostima ai ragazzi guidati da coach Budenholzer, che ora si apprestano a difendere il titolo con molte certezze. La prima, ça va sans dire, è Giannis Antetokounmpo: tutto girerà attorno a lui, leader tecnico ed emotivo di Milwaukee. Jrue Holiday e Khris Middleton, finalmente liberatisi dell’etichetta di sopravvalutati di lusso, agiranno di raccordo, adattandosi alle esigenze delle singole partite grazie alla loro versatilità. La rinuncia a PJ Tucker priva coach Bud dell’opzione small ball con Giannis da centro che ha svoltato gli ultimi playoff, ma l’innesto di Semi Ojeleye e il rientro di Donte DiVincenzo potrebbero rivelarsi alternative valide per questa soluzione tattica. Grayson Allen e Rodney Hood appaiono poi in grado di migliorare ulteriormente la pericolosità di squadra dalla lunga distanza, e George Hill garantisce un’alternativa preziosa in cabina di regia. A est, per arrivare alle Finals, occorrerà passare da Milwaukee e i campioni in carica, che oltre alla fiducia acquisita scenderanno in campo con molta meno pressione rispetto a un anno fa, non sembrano disposti a cedere il passo con facilità.
3. Miami Heat
Come rafforzare la propria identità e provare il tutto per tutto: potrebbe essere questo il sottotitolo che accompagna la stagione 2021-22 dei Miami Heat. Tra i giocatori reperibili sul mercato è infatti difficile immaginare qualcuno più contiguo alla Heat Culture del duo Kyle Lowry-PJ Tucker. Parimenti, tuttavia, l’impegno economico assunto per due giocatori rispettivamente di 35 e 36 anni – che va a sommarsi alla sontuosa estensione contrattuale concessa al 32enne Butler - restringe inevitabilmente l’orizzonte temporale in cui questa versione di Miami si troverà ad operare. Conferme importanti come quella di Duncan Robinson e innesti come quello di Markieff Morris allargano le rotazioni potenziali a disposizione di coach Spoelstra, anche se per l’ex Lakers, così come per il confermato – al minimo salariale consentito – Victor Oladipo andrà valutata la tenuta fisica (e l’aderenza della condizione atletica agli esigentissimi standard imposti dalla franchigia). Con Lowry e Tucker gli Heat potrebbero trasformarsi in un colosso difensivo persino più efficace di quello che li aveva portati a due vittorie dal titolo nella bolla di Orlando, ma molto della loro fortuna dipenderà dalla capacità di costruire un attacco fluido ed efficiente. In questo senso, considerando la scarsità di giocatori a roster in grado di inventare per se stessi e per i compagni, l’elemento chiave di questa versione ancora più “brutti, sporchi e cattivi” degli Heat potrebbe essere Tyler Herro, atteso a un pronto riscatto dopo l’opaca stagione seguita all’esplosione nella bolla e tornato dalle vacanze con una nuova collezione di muscoli.
4. Philadelphia 76ers
Inutile girarci intorno: i Philadelphia 76ers sono la squadra più impronosticabile dell’intera NBA 2021-22. Primi a Est al termine della passata regular season, i Sixers sono miseramente crollati durante i playoff. Alla bruciante eliminazione per mano di Atlanta è poi seguita un’estate monopolizzata dal caso – al momento ancora irrisolto – che riguarda Ben Simmons. Ora come ora è davvero difficile fare previsioni sulla squadra allenata da Doc Rivers, perché una possibile riconciliazione con Simmons e il suo reintegro appaiono difficili ed è per contro assai probabile che, prima o poi, il roster potrebbe cambiare faccia in modo significativo. Al momento le speranze di restare nella parte alta della conference passano da un’altra annata in formato MVP di Joel Embiid, a cui verrà chiesto di essere ancor di più punto focale del gioco su entrambi i lati del campo, con annessi rischi di usura e infortuni purtroppo ricorrenti per il centro camerunense. Bloccato dal caso Simmons, il GM Daryl Morey non ha potuto combinare granché sul mercato, puntando così sulle conferme di Danny Green e Furkan Korkmaz per dare continuità alla scorsa stagione e rimpiazzando Dwight Howard con Andre Drummond. In attesa di sviluppi, Tyrese Maxey potrebbe trovare parecchio spazio e questa potrebbe rivelarsi come la nota più lieta di un anno solare davvero complicato per la squadra e la franchigia tutta.
5. Boston Celtics
Il passaggio dalla panchina alla scrivania di Brad Stevens era probabilmente lo scossone di cui i Celtics avevano bisogno per uscire dall’impasse in cui erano finiti negli ultimi due anni. La decisione di scambiare Kemba Walker, coraggiosa perché contraddice l’operato dall’ingombrante predecessore di Stevens alla guida tecnica della franchigia, ha aperto le porte a un rinnovamento sostanziale del roster. L’organico a disposizione dell’esordiente coach Ime Udoka appare ampio ed è probabile che, almeno durante la prima fase della stagione, il nuovo coach proverà soluzioni diverse nel tentativo di valutare quali siano gli elementi da affiancare al consolidato trio Smart-Brown-Tatum. I cavalli di ritorno Al Horford ed Enes Kanter, seppur con minutaggi limitati, danno buone garanzie nelle due metà campo di riferimento, laddove Grant Williams e Aaron Nesmith potrebbero invece rappresentare un valore aggiunto qualora riuscissero a dimostrare con più continuità doti fin qui messe in mostra solo a sprazzi. Dennis Schröder, potenziale affare di mercato dei Celtics, è atteso a un colpo di reni dopo il passaggio a vuoto della stagione ai Lakers, così come i vari Josh Richardson e Juancho Hernangómez avranno una chance di riabilitare carriere in forte difficoltà. Una stagione a livello MVP di Tatumpotrebbe trasformare Boston nella mina vagante dei playoff a Est, altrimenti i Celtics possono sperare di trovare giusto qualche spunto utile per il futuro.
6. Atlanta Hawks
Il traguardo, tanto meritato quanto inatteso, delle finali di conference ha accelerato il processo di crescita degli Hawks. Atlanta inizia quindi la nuova stagione con aspettative decisamente più importanti rispetto a quelle che l’avevano accompagnata dodici mesi addietro, e lo fa mantenendo in toto l’organico che è arrivato a giocarsi le Finals contro i futuri campioni NBA. La conferma di Collins e l’estensione concessa a Young ne fanno i due punti fermi per il presente e il futuro della franchigia, prime stelle di un organico che era già piuttosto profondo e ora si arricchisce di buoni giocatori di rotazione come Gorgui Dieng, Timothe Luwawu-Cabarrot e Delon Wright. Per ripetersi gli Hawks avranno bisogno di maggior fortuna con gli infortuni, soprattutto nel settore esterni dove De’Andre Hunter e Cam Reddish potrebbero essere decisivi per la tenuta difensiva, e del miglior Trae Young, non solo sul campo. Vista la struttura salariale in essere e i tanti giovani che pretendono di essere pagati quello che valgono, non è escluso che Travis Schlenk si lanci in una o più trade che potrebbero se non stravolgere, almeno mutare in maniera significativa l’identità della squadra.
7. New York Knicks
L’attacco vende i biglietti, la difesa vince i titoli. La celebre massima che accompagna da sempre gli sport americani non dovrebbe riguardare i Knicks, un po' perché non ci sono mai stati problemi a riempire il Madison Square Garden e un po' perché di vincere i titoli, da quelle parti, non si parla da tempo immemore. Eppure lo squilibrio tra difesa (4° miglior rating difensivo della lega nel 2020-21) e l’attacco (22°) ha dettato la linea delle scelte di mercato operate da Leon Rose durante l’estate. Fuori Elfrid Payton e Reggie Bullock, dentro Kemba Walker e Evan Fournier: l’idea di fondo è che la squadra possa beneficiare di due trattatori di palla e creatori di gioco decisamente migliori, sopportando con l’organizzazione e l’impegno individuale l’inevitabile perdita dal punto di vista difensivo. Per il resto ci si affida alla guida di Tom Thibodeau, che ha ridato fiducia e speranza all’ambiente dopo un ventennio di imbarazzo e disastri. Per rimanere nella parte alta della classifica della Eastern Conference i Knicks avranno bisogno di un Julius Randle ancora su livelli da All-Star e che almeno uno tra Immanuel Quickley e Obi Toppin diventi un giocatore di rotazione affidabile.
8. Chicago Bulls
Dopo quattro giri a vuoto, l’obiettivo dichiarato dei Chicago Bulls per la stagione 2021-22 è chiarissimo: tornare ai playoff. Per riuscirci il front office capeggiato da Karnišovas ha agito con decisione sul mercato, rinforzando prima di tutto il backcourt con gli arrivi di Lonzo Ball, DeMar DeRozan e Alex Caruso. Gli innesti, a cui va aggiunto Nikola Vučević arrivato lo scorso marzo, regalano a coach Billy Donovan un roster intrigante ma con lacune evidenti. In attacco i Bulls non dovrebbero avere problemi nel trovare il modo di segnare, ma è probabile che le chance di acciuffare uno degli otto posti disponibili per la post-season passeranno dalla tenuta difensiva che, almeno sulla carta, pare alquanto limitata. Il clima nello spogliatoio potrebbe poi risentire del caso Zach LaVine, franchise player designato che però ha un contratto in scadenza a fine stagione per cui finora non è stato possibile trovare un accordo tra le parti, anche perché al giocatore conviene attendere l’estate per un contratto più remunerativo.
9. Indiana Pacers
L’unica vera novità ad animare l’estate dei Pacers è stata il ritorno in panchina di Rick Carlisle dopo quasi 15 anni. Al coach campione NBA nel 2011 coi Dallas Mavericks verrà chiesto prima di tutto di rimettere ordine in uno spogliatoio uscito a pezzi dalla gestione precedente. In campo, invece, Carlisle dovrà supplire alle carenze di un organico che sarà privo di Caris LeVert e TJ Warren fino a data da destinarsi. Diverse questioni riguardanti il roster, prima fra tutte quella che concerne la convivenza a lungo termine tra Turner e Sabonis, dovranno poi trovare una soluzione sul parquet o sul mercato. Il livello di talento medio non è altissimo, ma se Malcolm Brogdon riuscirà a star lontano dai guai fisici e il rookie Chris Duarte, con i suoi 24 anni compiuti, si rivelerà già in grado di offrire un contributo concreto alla causa i Pacers potrebbero giocarsi un posto al play-in.
10. Washington Wizards
La domanda che accompagna la prossima stagione degli Wizards è: quanto in alto puoi arrivare se il tuo miglior giocatore è Bradley Beal? Ammesso e non concesso che Beal finisca per rimanere a Washington, infatti, non è chiaro quale sia il valore complessivo della squadra. Un mercato parecchio movimentato ha ampliato il roster portando diversi elementi nuovi come Aaron Holiday, Kentavious Caldwell-Pope, Kyle Kuzma e Montrezl Harrell, ma l’identità di squadra rimane tutta da definire. Il lavoro per Wes Unseld Jr, altro esordiente su una panchina NBA, non è dei più semplici e la speranza è che Spencer Dinwiddie, potenzialmente gran colpo sul mercato dei free agent, abbia recuperato dall’infortunio che l’ha tenuto fermo per oltre sei mesi. Provare il brivido di difendere, magari con un’impostazione tattica coerente fornita dal coaching staff, aiuterebbe non poco nella rincorsa a un posto nei playoff.
11. Charlotte Hornets
Gli Charlotte Hornets arrivano da una stagione in cui, dopo tempo immemore, pubblico e addetti ai lavori sono tornati a considerarli con interesse. Interesse dovuto in gran parte all’arrivo in North Carolina di LaMelo Ball, rookie che già all’esordio si è dimostrato uno dei giocatori più divertenti della lega. E proprio da LaMelo, come ovvio, riparte la franchigia di proprietà di Michael Jordan, con l’obiettivo di costruire una squadra in grado di correre ancor di più (10° per punti segnati in contropiede la scorsa stagione) e magari di difendere con maggiore efficacia (19° defensive rating nel 2020-21). Kelly Oubre, Ish Smith e Mason Plumlee dovranno rimpiazzare Devonte’ Graham, Malik Monk e Cody Zeller, mentre i rookie James Bouknight e Kai Jones potrebbero trovare minuti e occasioni per mettersi in luce. L’eventuale passo in avanti di almeno uno tra Miles Bridges e PJ Washington, entrambi in contract year, potrebbe fare la differenza tra “squadra da League Pass”’ e “squadra da play-in”.
12. Toronto Raptors
Un po' come le grandi banche internazionali coinvolte nel collasso finanziario del 2008 erano “troppo grandi per fallire”, i Toronto Raptors della stagione 2021-22 sembrano “troppo buoni per fare schifo”. L’addio, peraltro annunciato, a Kyle Lowry ha reciso in maniera forse definitiva il cordone ombelicale con la squadra che vinse il titolo nel 2019. Fred VanVleet, Pascal Siakam e OG Anunoby, unici reduci da quel trionfo dove recitavano il ruolo dei giovani comprimari in rampa di lancio, insieme al valore aggiunto portato da Nick Nurse in panchina dovrebbero compensare le lacune di un roster non brillantissimo quanto a talento. Goran Dragic, ammesso che resti, avrà un ruolo importante in attacco, dove oltre a VanVleet non ci sono grandi creatori dal palleggio, mentre sarà interessante il lavoro svolto dallo staff di Nurse, tra i migliori della lega in ambito player's development, con Scottie Barnes e Precious Achiuwa. Qualche diatriba passata nello spogliatoio potrebbe tornare d’attualità, spingendo magari Masai Ujiri a valutare possibili trade.
13. Cleveland Cavaliers.
Il grande gioco delle coppie, che ha contraddistinto la squadra nelle ultime due stagioni, si conferma il leitmotiv dei Cavs anche per il 2021-22. Oltre al dualismo Garland-Sexton, a cui il front office non ha trovato soluzioni sul mercato, l’estensione concessa a Jarrett Allen e la scelta di Evan Mobley al Draft hanno generato una situazione abbastanza simile anche nel ruolo di centro. Il reparto lunghi, affollato anche dalla presenza del fantasma del Kevin Love passato e da ciò che resta di Lauri Markkanen (provato anche da 3 in pre-season), è forse il manifesto della disfunzionalità del roster. La speranza è che Isaac Okoro, al suo secondo anno, faccia un salto di qualità sostanziale, ricoprendo così quel ruolo di ala dove le alternative a disposizione di Bickerstaff - che già di suo non è esattamente un genio della lavagnetta - fanno tremare i polsi. L’impressione è che non ci siano le premesse per fare molto meglio rispetto a quanto combinato dal secondo addio di LeBron James in poi.
14. Detroit Pistons
Una delle regole auree della NBA prevede che se una squadra si affida a una point guard esordiente, allora conviene non tenere conto del bilancio tra vittorie e sconfitte. Ed è probabile che i Pistons edizione 2021-22 non guarderanno tanto alla classifica e preferiranno concentrarsi su un roster che, almeno nel quintetto base, è a dir poco intrigante. Difficile prevedere quale sarà l’impatto di Cade Cunningham, la point guard esordiente di cui sopra, ma l’accoppiata con Killian Hayesè quanto di più eccitante si sia visto a Detroit da almeno 15 anni e le caratteristiche dei due sembrano perfette per la pallacanestro contemporanea. Anche il tandem Saddiq Bey-Jerami Grant offre buone garanzie sugli esterni, mentre da Isaiah Stewart ci si attende una presenza difensiva più continua e qualche ruvidezza in meno. Al netto di Hamidou Diallo e di qualche onesto mestierante come Cory Joseph e Kelly Olynyk, la panchina è una piccola bottega degli orrori con cui coach Casey dovrà suo malgrado fare i conti.
15. Orlando Magic
Un po' come i Thunder a ovest, i Magic saranno il cantiere aperto della Eastern Conference. L’opera di ricostruzione avviata con le cessioni di Vučevic e Fournier lo scorso anno è destinata a proseguire ed è presumibile che le rotazioni privilegeranno i tanti giovani arrivati negli scambi che hanno cambiato volto al roster e tramite il Draft. A Orlando la stagione 2021-22 potrebbe trasformarsi in un lungo casting con l’obiettivo di individuare quali potrebbero essere gli elementi su cui puntare per il futuro a medio-lungo termine. In questo senso Jamahl Mosley, esordiente dal sostanzioso curriculum come assistente deputato allo sviluppo dei giocatori, potrebbe davvero essere l’uomo giusto al posto giusto. Il tutto senza troppa ansia di vincere le partite e con un occhio rivolto alle palline della Lottery, dove ultimamente i Magic non hanno avuto grande fortuna, pagando le famose due prime scelte assolute in fila del 1992 e 1993 che hanno portato alla creazione del duo Shaq&Penny. Solo che sono passati quasi 20 anni ormai.