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La NBA si prepara a sbarcare in Europa
28 mar 2025
Cosa sappiamo finora del nuovo progetto di Adam Silver.
(articolo)
9 min
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IMAGO / Agencia EFE
(copertina) IMAGO / Agencia EFE
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Della volontà della NBA di sbarcare in Europa si parla da anni, ma ora ci siamo. Ieri a New York il commissioner Adam Silver, alla presenza del segretario della FIBA, Andrea Zagklis, ha illustrato il piano d’azione al Board of Governors, l’assemblea dei 30 proprietari della Lega (gli owner delle franchigie), ricevendo un entusiastico appoggio. «L'idea iniziale è una lega di 16 squadre, 12 permanenti e quattro con promozioni e retrocessioni. Vi saranno sia squadre già esistenti in Europa che squadre create da zero. L’importante è rispettare la tradizione del basket europeo: il formato delle partite rimarrà quello FIBA», ha spiegato nella conferenza stampa che ha seguito la riunione.

Non si tratterebbe quindi di una Division europea della NBA, un’ipotesi logisticamente implausibile che per anni ha illuso gli amanti del basket d'oltreoceano, ma di una lega completamente nuova gestita insieme da NBA e FIBA, come succede già in Africa con la Basketball Africa League. Il commissioner ci ha tenuto a sottolineare con forza la sua volontà di rispettare almeno in parte quella che è la tradizione europea delle leghe “aperte”, e cioè con promozioni e retrocessioni, ma «anche con alcune squadre sempre presenti». Un sistema quindi ibrido con quello americano, piuttosto simile alla formula “semichiusa” dell’Eurolega: «Cercheremo di prendere il meglio da entrambe le parti e di mantenere una base permanente, ma anche la sensazione di speranza che c’è nello sport europeo. Abbiamo l’opportunità di cominciare da zero: come potremmo unire le nostre esperienze per renderla la migliore possibile?».

È interessante come Silver, anche in questo stadio piuttosto liminale del progetto, abbia voluto mettere subito in chiaro come la NBA non intenda stravolgere i principi dello sport europeo per imporre quelli, mai troppo amati dai puristi, dello sport negli Stati Uniti. In un certo senso in NBA sembrano aver studiato il fallimento della Superlega nel calcio, cercando di evitare lo stesso disastro comunicativo. In quel progetto era stata prima di tutto la mancanza della «sensazione di speranza» a far imbestialire i tifosi. In questo modo il progetto della NBA può lasciarsi uno spazio di manovra, per capire nel prossimo futuro su quali squadre puntare e come (per le quattro squadre qualificate si parla di considerare i risultati nei campionati Nazionali o nella Basketball Champions League di FIBA). Non che ci sia moltissimo tempo: i contorni temporali del progetto non sono ancora chiari, ma si parla di debuttare già nella stagione 2026/27.

Secondo fonti citate da The Athletic, la NBA avrebbe avviato le prime trattative con quattro squadre già esistenti: Real Madrid, Barcellona, ASVEL (il cui presidente è Tony Parker, molto coinvolto in questo progetto e che ha già dato il suo appoggio alla NBA) e Fenerbahçe. Ma come detto la volontà della NBA è anche di sondare mercati in questo momento non sfruttati dal basket, come Parigi e la Gran Bretagna.

Soprattutto la capitale francese, che negli ultimi anni ha ospitato gli NBA Global Games europei e recentemente le Olimpiadi, è considerata una parte importante di questo progetto. Nei giorni scorsi il Qatar Sports Investments ha confermato di essere già stato contattato dalla Lega riguardo la possibilità di creare una franchigia a nome PSG, o acquisendo Paris Basketball (l’attuale squadra di basket della città, già di per sé creata in maniera abbastanza artificiale) oppure partendo da zero. Il club parigino è da sempre vicino al mondo NBA avendo come socio di minoranza Kevin Durant e come sponsor il brand Jordan, ma si parla anche di una possibile franchigia a nome Manchester City, altro club calcistico molto ricco e con un brand conosciuto in tutto il mondo (e gestito dall'Abu Dhabi United Group, che ha collaborato con la NBA per gli Abu Dhabi Games).

Se la NBA sta finalmente portando avanti il progetto di sbarcare in Europa è proprio perché crede ci sia un mercato ricco e inesplorato: «Il basket è il secondo gioco dopo il calcio per popolarità, e 5 degli ultimi 6 MVP sono europei», ha detto Silver, «ma c’è grande distanza tra come opera la pallacanestro in Europa rispetto a come facciamo noi». Il senso delle sue parole non è da leggersi in chiave sportiva: non sta parlando delle differenze nel regolamento (che dovrebbe rimanere quello FIBA) o dell’organizzazione del campionato, ma della diversa capacità di capitalizzare il prodotto “basket” a livello economico. Una difficoltà confermata anche da Zagklis: «Data la popolarità di questo sport e il successo delle competizioni per squadre nazionali, c'è un potenziale inesplorato nel basket europeo per club. Una nuova lega in Europa combinerebbe l'acume imprenditoriale della NBA con l'esperienza internazionale della FIBA al fine di attrarre nuovi tifosi e investitori, massimizzare i benefici per i club e creare sinergie a vantaggio di tutti gli stakeholder».

Sopra tutta questa storia il fantasma che si aggira è ovviamente quello dell’Eurolega, il più importante torneo di basket in Europa in questo momento, quello che Silver vuole brutalmente rimpiazzare. Nei mesi scorsi si pensava che l’ECA (l’Euroleague Commercial Assets che gestisce il torneo) avrebbe potuto sedersi al tavolo con NBA e FIBA e far parte in qualche modo del progetto, ma gli eventi di ieri sono la conferma che invece non ci sarà, considerata un interlocutore irrilevante. Un’assenza non da poco, perché bisognerà capire quale sarà l’impatto di questa rivoluzione sul basket europeo. L’Eurolega, infatti, finora ha sempre avuto il maggior peso e negli anni ha cercato di rafforzare la sua posizione dominante, come ad esempio quando nel 2016 ha fatto la guerra alla FIBA che voleva creare la sua Champions League (competizione che esiste ma con un blasone e premi molto inferiori all'Eurolega).

Le frizioni tra FIBA ed Eurolega non sono una novità sia per la gestione dei campionati che delle pause per le Nazionali, e Zagklis, pur non nominandola direttamente, ha accusato l’Eurolega di non aver saputo fare il suo lavoro: «Alcuni di loro [club di basket] prendono parte a quella competizione, possedendone anche una quota. Il nostro ruolo... è unire l'ecosistema del basket. Ci abbiamo provato in passato, ci stiamo provando ora e continueremo a provarci... FIBA è qui per tutti. Vogliamo che i nostri club di vertice guadagnino di più, siano sostenibili, perché la maggior parte di loro non lo è».

Quello che sostengono Silver e Zagklis da una parte contiene una verità lampante, dall’altra sembra ignorare alcuni principi dello sport in Europa. È verissimo che l’Eurolega non riesce a sfruttare al meglio le potenzialità del più importante torneo europeo di basket (anche se uno dei motivi è proprio l’esistenza della NBA, che catalizza l’interesse di una parte degli appassionati), dall’altra però non si può ignorare lo spettacolo sportivo che riesce a offrire. Uno spettacolo che non è solo merito dei giocatori in campo e degli investimenti delle società, per quanto negli ultimi anni il livello medio del basket in Europa sia salito molto, ma anche di tutto il contorno.

Se l’Eurolega attuale è nata nel 2000 (quando la FIBA si è dimenticata di registrare il marchio, a proposito di fare bene le cose) il torneo in sé è del 1958 e negli anni si è stratificato nella memoria dei tifosi come LA competizione che tutti sognano di vincere. Chi scrive è cresciuto con i racconti della vittoria del Banco Roma nel 1984 (negli anni in cui le squadre italiane dominavano in Europa) e si è appassionato a questo sport guardando in televisione le Final Four del 1998 vinte dalla Virtus Bologna. Silver ha citato spesso il calcio europeo come riferimento, e se la Champions League come torneo è lontano anni luce da quello delle prime edizioni, la musichetta prima delle partite rimane la stessa, la coppa anche, così come le squadre si qualificano più o meno sempre allo stesso modo.

Un torneo creato da zero può davvero attrarre allo stesso modo i tifosi? Può ricreare lo spettacolo delle sfide alla Stark Arena o all’O.A.K.A.? E i derby? Ovviamente esistono i campionati nazionali, che NBA e FIBA vogliono intaccare il meno possibile, ma le partite di Eurolega sono le serate in cui il basket europeo si mette in vetrina e mostra la sua unicità: Stella Rossa-Partizan di Eurolega arriva in molti Paesi, quello di campionato no. Non è detto che le due squadre di Belgrado non possano far parte del progetto, ma i tifosi saranno pronti a impegnarsi allo stesso modo? Accetteranno di partecipare a un torneo contro squadre create dal nulla con i soldi in arrivo dal Medio Oriente?

Una questione che non è una novità e che non basta per demonizzare questo nuovo torneo. Sempre più squadre in Eurolega hanno difficoltà a tenere il passo economico richiesto, e non si può ignorare che ogni club abbia bisogno di soldi per offrire il miglior spettacolo possibile. Nel 2026 a molte squadre scadrà la licenza dell’Eurolega ed è facile capire perché tutte abbiano lasciato la porta aperta a Silver. Si parla di 500 milioni di euro solo come investimento iniziale, più tutti i vantaggi di competere in una lega gestita dalla NBA. Inoltre, anche per i giocatori partecipare a una competizione strettamente legata alla NBA può essere un incentivo sia a livello economico che sportivo. E, inevitabilmente, la bellezza di un torneo è data anche dal livello di chi la gioca.

In tutto questo sarà interessante anche capire che ruolo può avere l’Italia. «Guardiamo alla grandezza di certi mercati, città note anche negli Stati Uniti. Ma ci sono zone di interesse nel sud dell’Europa da esplorare: è tutto molto da esplorare», ha detto Silver. Da noi l’unica squadra con una struttura che potrebbe essere pronta a partecipare è l’Olimpia Milano. In qualche articolo si cita Roma come possibile città in cui stabilire una squadra, ma sembra semplicemente un obbligo mediatico, perché comunque parliamo di una delle città europee più conosciute al mondo. Nella capitale non solo manca una squadra di alto livello, ma mancano totalmente le strutture a meno che qualcuno non voglia riqualificare in meno di un anno la Vela di Calatrava, il palazzetto dello sport incompiuto a Roma, e creare i Roma Gladiators.

Quello di ieri, comunque, è stato solo il primo passo. Nei prossimi mesi sapremo davvero qual è l’idea della NBA, se vuole entrare a gamba tesa sul basket europeo o se sta soltanto cercando partner commerciali europei e soprattuto esteri qui da noi, tra l’altro in un momento storico in cui i rapporti tra Stati Uniti ed Europa sono ai minimi termini, almeno a livello politico.

La NBA ha iniziato a iniziato a entrare nel nostro continente nel 1992 col Dream Team alle Olimpiadi di Barcellona, e da quel momento ha conquistato sempre più spazio. Gli eventi di ieri sembrano solo il naturale proseguimento dell'idea che era stata prima di David Stern e oggi di Adam Silver, ovvero la diffusione del marchio NBA in tutto il mondo. Se in campo il basket oggi è uno sport sempre meno americano e sempre più globalizzato, non è detto che debba essere lo stesso fuori, o almeno così pensano in NBA: staremo a vedere se l'Europa sarà pronta ad accettarlo.

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