Come sostiene Federico Buffa, i mondiali di calcio hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno i tempi di quelli che verranno. Anche la nostra nobile disciplina non scherza a questo proposito e se è vero che in diversi Draft di quest’anno Trae Young rischia di essere selezionato prima di Steph Curry, qualche riflessione sul tempo che trascorre impetuoso si riverbera sui nostri fanta-taccuini. Giova ricordare che per allargare il più possibile la platea dei partecipanti, ci affidiamo ancora una volta al formato collaudato di punteggio standard e la nostra classifica è stata concepita per assecondare questa metrica:
Points: 1.0, Rebounds: 1.0, Assists: 1.0, Blocks: 1.0, Steals: 1.0, Turnovers: -1.0
Il sito di riferimento resta sempre lo stesso e ormai molti di voi sono felicemente invischiati in leghe dallo sviluppo pluriennale che sono il perfetto carburante per un po’ di sano trash talking tra amici e conoscenti. È quel periodo dell’anno dove il lavoro o lo studio vengono in parte stravolti dal ritmo del Draft e il vostro smartphone saltella sul comodino in piena notte: sulla chat di lega vi stanno probabilmente insultando per aver bloccato il nono giro alle tre del mattino (sacrilegio!). Buon campionato a tutti, ricordate che ogni lega non dorme mai.
Andiamo a svelare la nostra graduatoria:
1. Nikola Jokic, Denver Nuggets
Una scelta prevedibile come la conduzione di Amadeus nel contesto nazionalpopolare di Sanremo. Come preconizzato nella guida dello scorso anno è ulteriormente salito di livello, scollinando agilmente i 40 fantapunti con questa metodologia di punteggio. Il ritorno in pianta stabile di Jamal Murray e Michael Porter Jr. potrebbe incidere negativamente sul fatturato, ma dopo l’avventura estiva in nazionale, un supporto di qualità appare indispensabile per distribuire le forze durante la stagione. La produzione a rimbalzo è salita a livelli da specialista anni ‘90 con quasi 14 carambole a sera e questo potrebbe essere l’anno giusto per assestare una stoppata di media. Denver si presenta ai nastri di partenza con voglia di riscatto e l’impellente necessità di recuperare il terreno perduto nella corsa al titolo. Fattori che spingono a rifugiarsi nel vecchio adagio: pivot che vince non si cambia.
2. Giannis Antetokounmpo, Milwaukee Bucks
Le precarie condizioni del ginocchio che hanno contrassegnato la sua offseason 2021 hanno solo parzialmente offuscato la personale fantastella. I Bucks hanno imparato ad utilizzarlo con parsimonia come attestano le 65 partite di media distribuite nell’arco di tre stagioni (al netto di quella accorciata): una gestione che lo avvicina più a Joel Embiid che a Nikola Jokic in termini di appetibilità. Con l’approssimarsi della maturità dei 30 anni, i tiri liberi potrebbero flirtare con una percentuale vicino al 75% e da questo punto di vista le prestazioni offerte con la Grecia hanno fornito indicazioni confortanti. Rispetto allo scorso anno si attendono piccoli ma significativi progressi anche a livello di palloni persi mentre il minutaggio compresso non dovrebbe consentire margini di crescita a livello di stoppate e rimbalzi. Milwaukee ha confermato un solido cast di supporto e la possibilità di una nuova corsa per l’MVP è un bonus prezioso.
3. Joel Embiid, Philadelphia 76ers
L’avvento di James Harden e la pesante assenza di Ben Simmons gli hanno consegnato a tutti gli effetti le chiavi della squadra, ormai cristallizzata intorno alle sue caratteristiche. Il suo Usage Rate ha toccato quota 37% e solo Luka Doncic si è spinto vicino a queste vette monopolistiche nel 2021-22. Artista assoluto nella metà campo offensiva, vale da solo un attacco dal rendimento efficace come attestano gli oltre 30 punti per partita e le tonnellate di spaziature fornite gratuitamente ai compagni. Spinto dalla necessità, ha prodotto il maggior numero di presenze in stagione regolare della carriera (68) con un minutaggio di poco superiore ai 30 minuti. Il potenziale di Tyrese Maxey e la ritrovata vena di Harden potrebbero limare i numeri totali, ma è ancora più importante che Coach Rivers non lo utilizzi selvaggiamente nei momenti di stanca. Ha compiuto un altro salto di qualità.
4. Luka Doncic, Dallas Mavericks
Uno dei principali artefici del colpo di stato che ha destituito Rick Carlisle, l’affiatamento tecnico con coach Kidd ha fatto ricredere la critica NBA che aspettava con i fucili spianati. La forma fisica resta ondivaga, la sete instancabile di possessi parzialmente mitigata e l’affiatamento con Jalen Brunson ha fatto davvero la differenza. Con la partenza del compagno di reparto in direzione New York Knicks diventerà vitale il talento tecnico e fisico di Christian Wood, arrivato a sua volta per riempire il vuoto lasciato da Kristaps Porzingis. Questi stravolgimenti minacciano di rallentare la crescita di una superstar di soli 23 anni che è ormai entrata stabilmente nel gotha della NBA. Una certa indolenza difensiva e i numeri scadenti a livello di conversione dei tiri liberi (un mesto 74% per la dolcezza di quelle mani), sono le uniche note stonate di un giocatore che vive costantemente nella dimensione della tripla doppia. Può ancora scalare una marcia?
5. Ja Morant, Memphis Grizzlies
Colpo di scena? Fino a un certo punto. Arriva da una stagione regolare dove si è accomodato tra i top-10 e ha incrementato il fanta bottino di una decina di punti (quasi 34). Lo stile di gioco dispendioso e perennemente a rischio infortunio consigliano di optare per scelte più conservatrici, ma seguendo lo spartito si vince raramente (e ci si diverte meno). Come potenziale è certamente uno dei protagonisti più appetibili dopo gli irraggiungibili primi quattro della classifica: la freschezza, la “fame” tecnica e una squadra schiacciata sulla sua leadership potrebbero significare una crescita capace di fare la differenza. Rispetto i primi due anni nella lega è migliorata la selezione di tiro (50% dal campo) e la capacità di incidere anche a rimbalzo (quasi 6 per serata). Il rischio di una piccola stagnazione dei numeri è possibile, ma se avete il miocardio debole, occhio alle palpitazioni quando si lancia ad attaccare il ferro.
Un po’ di Vince Carter e un po’ di Derrick Rose?
6. Kevin Durant, Brooklyn Nets
Costretto a fare gli straordinari per le scelte di vita di Kyrie Irving, i numeri che ha prodotto hanno dato ragione ai suoi affezionati ma il bottino di 55 partite (e l’anno prima solo 35) ne ha minato l’appetibilità complessiva. A complicare la situazione, dobbiamo aggiungere alla lista la richiesta di trade che fin qui non è andata a buon fine e la gestione erratica di Steve Nash che ha faticato parecchio a governare la nave. A rigor di logica il minutaggio dovrebbe scendere più vicino ai 30 che ai 40 minuti per gestire al meglio un fisico che ha ridefinito i canoni della leggiadria offensiva nella lega. Rispetto alla sua esperienza in maglia Warriors gli viene richiesta una maggiore responsabilità nello sviluppo del gioco, ma a dispetto del numero di assist che è cresciuto, anche i palloni persi hanno cominciato a drenare le statistiche. Safe Pick di grana finissima, solo un poco appannata dal tempo e dagli eventi.
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