Nel corso di una serie di playoff, difficilmente gara-1 può essere decisiva. La prima partita serve soprattutto per definire i termini di ingaggio tra le due squadre, iniziare a mettere sul tavolo le proprie carte per capire quali possono essere giocate e quali no nel resto delle partite, andando a lavorare su questo blocco di marmo di 48 minuti con aggiustamenti e limature. Anche gara-1 della serie finale di quest’anno in NBA tra Phoenix Suns e Milwaukee Bucks non fa eccezione: i Suns padroni di casa hanno mantenuto il fattore campo vincendo per 118-105, ma ancor più importante del risultato finale sono i temi tattici che le due squadre hanno messo sul tavolo e il cui sviluppo determinerà la squadra campione di questa martoriata stagione 2020-21.
La prima notizia della serie e la più importante per i destini delle Finals è la presenza in campo di Giannis Antetokounmpo. Dopo aver saltato le ultime due partite e mezza delle finali di conference contro gli Atlanta Hawks, il leader dei Bucks ha recuperato dall’iperestensione al ginocchio e ha giocato alla fine quasi 36 minuti, e pur prendendosi più “pause” all’interno della partita rispetto a quanto siamo abituati dal suo martellante incedere verso il ferro, è apparso in condizioni buone abbastanza per tenere il campo a questo livello dei playoff.
Dal punto di vista dei Suns, invece, l’unico dubbio della vigilia erano le condizioni della mano di Chris Paul, che ha ammesso di star giocando su un legamento dell’indice della mano destra lesionato. La sua prestazione ha fugato ogni dubbio sulla possibilità di avere un impatto su questa serie anche con quell’infortunio (a cui potrebbe essersi aggiunto un altro problema alla sinistra), ma già nel primo quarto i Suns hanno finito per perdere Dario Saric alle prese con un ginocchio dolorante che lo ha costretto ad andare negli spogliatoi dopo appena due minuti.
Booker e Paul disegnano arcobaleni
Il tema tattico più importante del primo tempo di gara-1 è stato sicuramente il cambio difensivo sistematico accettato dai Milwaukee Bucks, anche a costo di lasciare Brook Lopez alla mercé di Devin Booker e Chris Paul. Coach Mike Budenholzer è stato spesso accusato di “talebanismo” nell’insistere sulla difesa in “drop” con il suo mastodontico centro, ma nel momento più importante della sua carriera è andato dall’altra parte, lasciando che il suo lungo marcasse i portatori di palla dei Suns.
Il ragionamento è semplice: lasciare a Booker e Paul un tiro da due punti contestato togliendo dalla partita il resto dei compagni, dai tagli verso canestro di Deandre Ayton alle triple dagli angoli di Jae Crowder e Mikal Bridges. Dall’altra parte poi, nel caso in cui i Bucks fossero riusciti a recuperare il rimbalzo, Lopez correndo in contropiede avrebbe avuto una ricezione comoda sotto canestro contro un avversario molto più piccolo di lui, come è riuscito effettivamente a fare nei primi due canestri della sua partita.
Dopo un errore di Booker, Lopez corre in contropiede e nonostante l’opposizione di Crowder è troppo più alto per non segnare quel gancio. Anche dopo canestro subito, è il più veloce a prendere posizione profonda, segnando quei canestri nei primi secondi dell’azione che sono vitali per l’attacco dei Bucks.
Lopez ha poi chiuso con 17 punti in 23 minuti, ma anche -17 di plus-minus, il peggior dato di squadra insieme al 126 di rating difensivo con lui in campo. Se l’idea di Budenholzer poteva avere senso sulla carta, l’esecuzione è stata però carente: già dopo un paio di possessi Paul e Booker hanno cominciato a massacrare Lopez a ogni occasione disegnando arcobaleni sopra la sua testa e tenendo alte percentuali dalla media distanza (12/22 tra la restricted area e la linea del tiro da tre). Le due stelle dei Suns hanno segnato 25 punti su 17 possessi in cui hanno attaccato Lopez o Bobby Portis dopo un cambio difensivo, con un rating offensivo di 147 semplicemente insostenibile per Milwaukee. Ma la cosa che ha davvero fatto saltare il piano difensivo di Budenholzer, che aveva messo in conto di poter pagare quella situazione, è che i due hanno messo in ritmo i compagni con 15 assist sui 18 di squadra.
I Bucks cambiano, ma non sempre lo fanno bene: qui la comunicazione tra Lopez e Holiday è troppo scarsa per questo livello e Ayton ha un alley oop facilissimo al ferro. Questi due punti, insieme a quelli generati dal meraviglioso taglio dal lato debole di Cam Johnson, sono quelli che con l’andare della serie devono essere tolti dalla difesa dei Bucks, altrimenti queste Finals non cominciano nemmeno.
Con un piccolo accorgimento tattico, poi, Booker e Paul hanno anche cominciato a cercarsi un po’ di più. Spingerli verso il centro del campo dovrebbe permettere ai Bucks di “rimanere a casa” sui tiratori dagli angoli come Bridges e Crowder, ma specie nel primo tempo anche CP3 si è piazzato sul perimetro per ricevere gli scarichi di Booker (anche per permettere a Crowder di essere il primo a tornare in transizione difensiva), un deciso passo in avanti rispetto all’inizio della stagione in cui i due combinavano pochissimo e giocavano sostanzialmente “a turni” nel gestire l’attacco. Ora sono a tutti gli effetti un bel rompicapo per i Bucks, che già avevano sofferto i pick and roll di Trae Young nella serie precedente contro gli Atlanta Hawks e ora si ritrovano a fare i conti con due ball-handler di livello mondiale.
Nel terzo quarto Budenholzer è tornato sui suoi passi chiedendo a Lopez di difendere in “drop”, cioè rimanendo a protezione dell’area mentre il piccolo recuperava sul portatore di palla, ma Paul è stato diabolico nel punire anche quella scelta sia mettendosi in proprio che premiando i tagli di Deandre Ayton, ancora una volta eccellente con 22 punti, 19 rimbalzi e 8/10 al tiro. La qualità dei tiri che i Suns riescono a costruire per Ayton è la cartina di tornasole della loro efficienza offensiva: più riescono a coinvolgerlo e più il loro attacco è fluido, costringendo le difese ad accorgimenti che aprono spazio sul perimetro per i tiratori.
Stanotte i Bucks sono stati graziati dalla pessima serata offensiva di Crowder (0/8 al tiro di cui 5 errori da tre, pur garantendo una difesa sempre di altissimo livello), ma le sei triple realizzate da Bridges, Cameron Johnson e Cam Payne su 13 tentativi sono bastate per far girare la partita dalla parte dei Suns. Anche perché dall’altra parte i Bucks non hanno fatto pesare il loro maggior tonnellaggio sotto canestro, ricavando solo 3 punti dai 9 rimbalzi offensivi conquistati e sbagliando tante deviazioni facili.
Il problema dei Bucks: creare attacco oltre a Middleton
Milwaukee ha vissuto il miglior momento della sua partita all’inizio del quarto periodo quando ha rinunciato sia a Lopez che a Portis schierando Antetokounmpo da 5 e provando a cambiare il ritmo della partita, quando però erano già andati sotto di 20 lunghezze e sono riusciti al massimo a tornare a -7 prima di essere ricacciati indietro. La prestazione di Antetokounmpo è stata incoraggiante: il due volte MVP è partito subito forte cercando di schiacciare sul primo possesso della partita e ha segnato 8 punti nel solo primo quarto, venendo isolato sul lato sinistro del campo per attaccare in uno contro uno e trovando un paio di canestri contro Crowder e Ayton oltre che uno splendido assist per Pat Connaughton nel “dunker spot”.
Dopo questi possessi Phoenix è ricorsa molto in fretta alla zona per togliergli quelle situazioni, congestionando l’attacco dei Bucks e le ricezioni di Antetokounmpo.
Il leader dei Bucks ha chiuso con 20 punti e 17 rimbalzi in 35 minuti di gioco, anche se il dato più interessante (e incoraggiante in vista di gara-2) è che pur in una sconfitta di 13 lunghezze è riuscito a chiudere con +1 di plus-minus, complici soprattutto quei minuti nel quarto periodo giocando da 5. Il problema per Budenholzer è che la coperta è troppo corta per poter schierare quei quintetti su un minutaggio consistente. Sotto questo punto di vista l’assenza di Donte DiVincenzo, infortunatosi al primo turno dei playoff e fuori per il resto della serie, è cruciale perché costringe a schierare due tra Tucker, Connaughton e Forbes attorno alle tre stelle. E nessuno dei tre è affidabile in entrambe le metà campo, almeno per questo livello.
Per cercare di riempire tutti i minuti possibili in ala coach Budenholzer ha chiesto gli straordinari a Khris Middleton, rimasto in campo per 44 minuti e mezzo e autore alla fine di 29 punti con 12/26 al tiro. Per molti versi, l’attacco dei Bucks si appoggia interamente sulle sue spalle: per dare una chance ai suoi Middleton è chiamato a giocare una grande partita ogni volta che scende in campo ed è l’unico in grado di creare qualcosa a metà campo se la transizione non è riuscita a trovare punti facili, anche perché gara-1 ha esposto in maniera chiara i limiti di shot-making di Jrue Holiday.
L’ex giocatore di New Orleans sta disputando degli eccellenti playoff in termini di creazione per gli altri (anche stanotte 9 assist per i compagni), ma ha tirato solamente 4/14 dal campo sbagliando tutte le 4 triple tentate. Se Holiday non è in grado di incidere in attacco e di attaccare in uno contro uno Devin Booker, i Suns hanno vita troppo facile nel concedere anche un po’ di riposo in difesa alla propria stella, quasi mai attaccata dal palleggio (mentre lui è stato chirurgico nell’andare a stanare Forbes a ogni occasione possibile). E continuando a cambiare in difesa tolgono anche Holiday dai due migliori realizzatori avversari: ieri notte l’esterno dei Bucks ha difeso solamente su 7 dei 40 tiri tentati da Booker e Paul. Troppo poco.
Chris Paul, ChrisPaul-ing
La serie è ovviamente solo all’inizio e si sono solo delineati alcuni dei temi tattici che andranno a definire la squadra campione per la stagione 2020-21, ma bisogna spendere almeno qualche parola per la partita disputata da Chris Paul. Dopo aver atteso questo momento per ben 16 anni di carriera, al suo debutto alle Finals CP3 ha risposto con una prestazione piena di cose da CP3: tiri dal palleggio, gestione dei ritmi, giocate di pura malvagità cestistica.
Tra le tante angherie perpetrate a Lopez e Portis, entrambi umiliati dal palleggio in diverse occasioni, scelgo invece questa contro Antetokounmpo. Paul riconosce il momento della partita che sta sfuggendo dalle mani dei Bucks e nota la stanchezza sul volto di Giannis, che fatica ad accoppiarsi con lui in transizione. Non appena supera la metà campo cambia velocità col palleggio e se lo mette alle spalle, rallentando una volta arrivato in area per farsi fare fallo e chiudere il gioco da tre punti. Ci deve essere un girone dell’Inferno per questa perfidia.
Paul ci ha messo un po’ a registrare la lunghezza delle braccia della difesa di Milwaukee, perdendo addirittura due palloni e vedendosi deviati due passaggi nella stessa azione, una rarità assoluta. Ma ancora una volta si è confermato glaciale nel gestire il vantaggio accumulato — nelle 12 occasioni in cui i Suns sono andati avanti di 10 lunghezze in questi playoff non hanno mai perso — e nel punire ogni scelta difensiva della panchina dei Bucks. Una volta che ha preso ritmo lui, i Suns hanno realizzato una valanga di canestri specialmente nel terzo quarto vinto 35-27: i suoi 32 punti e 9 assist all’esordio nella serie finale lo piazzano al fianco di Michael Jordan nel 1991 come ultimo ad avere almeno 30 e 8 al suo debutto al grande ballo. Non che ci si potesse aspettare altro da un 36enne del suo livello, ma Chris Paul alle Finals sembra proprio nel suo habitat naturale. E questa è una pessima notizia per i Milwaukee Bucks.