
Non è mai facile per nessuno ammettere che il tempo sta inevitabilmente presentando il conto. Immaginiamoci per i Golden State Warriors, una delle dinastie più affascinanti e vincenti nella storia recente della NBA, con un impatto che va ben oltre il gioco. In più occasioni la franchigia californiana è sembrata destinata al declino: prima l’addio di Kevin Durant nel 2019 dopo due titoli in tre stagioni, poi con il record di 15-50 nel 2020 e la mancata qualificazione ai Playoffs nel 2021. Eppure, quei passi indietro hanno metaforicamente permesso agli Warriors di arrivare alla vittoria del titolo nel 2022. Poi, un’altra discesa, fino all’uscita al play-in tournament contro i Sacramento Kings della scorsa stagione, con un sonoro 118-94 dopo il quale Steve Kerr aveva dovuto ammettere con franchezza che «non si può rimanere al top per sempre».
È vero: la dinastia dei Golden State Warriors è al tramonto, ma ancora in questa stagione sta cercando di trovare una nuova scintilla, di rinnovarsi intorno a un’idea, che invece è sempre la stessa. Per molte squadre vincenti il rebuilding è spesso un processo doloroso, e magari arriverà anche per loro, ma al momento possiamo parlare più di transizione che di ricostruzione da zero. Certo, i cambiamenti rilevanti ci sono, a partire dall’addio del GM Bob Myers che la dinastia l’ha costruita (sostituito da Mike Dunleavy Jr.) fino all’ultima dolorosissima separazione da una leggenda come Klay Thompson. Tuttavia la franchigia vuole continuare a massimizzare il presente, con un occhio al futuro.
Se la doppia timeline non ha funzionato, oggi accanto a Stephen Curry e Draymond Green, ci sono giocatori come Jonathan Kuminga, Moses Moody e Brandin Podziemski che possono ancora crescere e dire la loro da cast di supporto (più Andrew Wiggins, su cui è difficile pronunciarsi al momento). Anche per questo, in estate, gli Warriors hanno provato a prendere Paul George e Lauri Markkanen per mirare al ruolo di contender, senza però riuscirci. Dovevano essere loro a supportare la creazione di tiri a fianco di Stephen Curry e invece a chi toccherà ora? È la domanda che lì ha inseguiti prima dell’inizio della stagione e allora vale la pena andare a vedere, al momento, qual è la risposta che si sono dati gli Warriors.
La finezza e i quesiti nell’assemblare il roster
La cultura insita nelle organizzazioni è un tema molto considerato in NBA e gli Warriors ne hanno fatto simbolo di eccellenza ed elemento di attrattiva. Lo Strength in Numbers è un richiamo a un impegno collettivo e diffuso, a un'attitudine altruista che vuole fare sentire tutti importanti. Mai come in questa stagione tutto ciò è enfatizzato. Il front office ha spinto sul tasto della profondità e della versatilità con un ulteriore dettaglio non indifferente: l'ammontare totale di salari è sceso da 224.8 a 199.3 milioni di dollari.
Il contratto di Moody è stato esteso a un prezzo ragionevole (tre anni e un po’ a 39 milioni). Tra lui e lo staff tecnico la relazione è ondivaga e sono ancora alla ricerca di un ruolo chiaro. L’estensione è però un segno della fiducia da parte della dirigenza che, magari, spera Moody possa over-performare con tiro da tre punti, gioco in movimento e difesa sul point of attack. Accordo che invece non è stato trovato con Kuminga, che - fin qui - ha rappresentato più un complemento offensivo che non un giocatore su cui costruire. In estate gli Warriors potranno pareggiare ogni offerta in free agency e molto dipenderà da come il giocatore riuscirà a salire di livello in questa stagione (cosa che gli Warriors attendono da un po’).
La sorpresa, ormai garanzia, è però Podziemski. Scelto alla numero 19 al Draft del 2023 (il primo sotto la guida di Mike Dunleavy Jr.), da subito ha dato l’idea di essere una steal non da poco. In campo mostra nessun timore di assumersi responsabilità, di svolgere qualsiasi tipo di compito offensivo o difensivo, a cui aggiunge uno skillset abbastanza ricco. Podziemski ha visione di gioco, footwork, lucidità dal palleggio per essere il compagno di backcourt ideale o un sesto uomo con uno usage importante.
Ma l’aspetto che più lo rende prezioso è l’abnegazione difensiva, la capacità di produrre giocate d’impatto nella propria metà campo in maniera energica. Con senso della posizione eccellente (è stato leader per sfondamenti subiti nel 2023/24) e un totale rifiuto di farsi trovare battuto, Podziemski è l’incarnazione dello spirito con cui l’intero collettivo degli Warriors vuole affrontare questa stagione. Anche a lui è stato chiesto di incrementare il volume di tiri da tre punti, nonostante un inizio non sufficiente (18.8% su 5.3 tentativi), continua a risultare efficace in una serie di aspetti che lo rendono un giocatore speciale.